giovedì 7 giugno 2012

Il Cambiamento

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Non si può vivere senza morire. La morte, per alcuni, è un'attesa, una lotta, una speranza di sollievo al dolore, un passaggio a una vita migliore; per altri è un'ingiustizia, un'assurdità, un'offesa, un castigo. Dinanzi alla morte non si resta indifferenti: la sua presenza scatena una molteplicità di reazioni fisiche, emotive, spirituali.
Il lutto è il processo di elaborazione del dolore, delle reazioni vissute nel dire addio a una persona cara. C'è chi riesce a gestire con le proprie forze una vita cambiata e chi resta nello smarrimento e nello sconforto; chi cerca l'aiuto di uno psicologo, uno psichiatra o un sacerdote e chi sana il cuore ferito attraverso la condivisione della sofferenza con altre persone provate da dolori analoghi. Molte persone ricorrono a tranquillanti o ansiolitici per ridurre l'ansia, a sonniferi per riuscire a dormire, ad antidepressivi per affrontare i momenti più bui.
Ci sono due termini usati per illustrare le reazioni che accompagnano l'esperienza di un distacco: cordoglio e lutto.
Cordoglio, dal latino cor-dolium - il cuore che duole - è il processo di reazioni o il travaglio interiore sperimentato da chi vive una perdita. Il cordoglio coinvolge la sfera emotiva, cognitiva e comportamentale della persona. Il tipo di perdita definisce l'entità e la durata del cordoglio; ad esempio le reazioni che accompagnano il fallimento di un matrimonio saranno, in genere, più forti di quelle sperimentate da chi deve lasciare la propria terra per compiere degli studi all'estero.
Il lutto, dal latino lugere - piangere - si riferisce più propriamente al tipo di perdita connesso alla morte e include, oltre al cordoglio interiore, un insieme di pratiche e riti esterni, di natura culturale, sociale e religiosa, che l'accompagnano.
In altri luoghi permane la tradizione di vestirsi di nero da parte delle vedove; in altri si tramandano pratiche religiose o culturali che contribuiscono a dire addio al defunto, anche attraverso il supporto della comunità.

Il processo del lutto.
Il lutto è un lavoro che richiede:
- tempi adeguati;
- rituali e manifestazioni esterne;
- processi psicologici.

Tempi adeguati
Il tempo, da solo, non guarisce il dolore. Una persona depressa, che si chiude nella propria casa nell'illusione che il tempo la curi, si accorgerà ben presto di sentirsi, con il passare dei giorni, sempre più depressa, sola e demotivata. Il fattore decisivo non è il tempo in sé, ma ciò che si fa con il tempo e se esso viene usato per attivare risposte costruttive dinanzi alla sofferenza o meno.
Come il processo dell'attaccamento richiede i suoi tempi, così quello del distacco; più forte è il legame, più sofferto sarà il przzo del distacco. Se sono necessari mediamente nove mesi per dare alla luce un bambino, occorrerà almeno altrettanto tempo per elaborare il cordoglio che accompagna la morte di un proprio caro.
Rituali e manifestazioni esterne
Le importanti esperienze di vita hanno bisogno di rituali per non rimanere incomplete e incompiute. I riti delle esequie, i necrologi, il vedere il cadavere, le veglie funebri, le messe di anniversario, le espressioni di condoglianze da parte di amici e conoscenti diventano forme rituali che aiutano nell'elaborazione del lutto. E' ovvio che, nei casi in cui manca la certezza della morte, o non si è potuto vedere il cadavere o non ci sono stati riti per suggellare il distacco, il processo di elaborazione del lutto si complica.
Processi psicologici
Il superamento di una perdita è legato a una serie di compiti da completare:
- l'accettazione della perdita;
- l'espressione dei sentimenti e il graduale superamento di reazioni che bloccano la crescita;
- l'adattamento a una vita cambiata;
- il coinvolgimento in nuove relazioni o in lavori e progetti che reimmergano nella vita.

La mancata elaborazione di una perdita significativa può provocare:
- malattie somatiche;
- problemi psicologici;
- talvolta, morti anticipate.
Tra i fattori rilevanti che incidono nell'elaborazione di una perdita, si segnalano i seguenti:
- Fattori circostanziali, quali il tipo di perdita, i ruoli interpretati dal defunto e le implicazioni pratiche per i superstiti;
- Fattori personali, quali il sesso e l'età dei superstiti, l'autoimmagine, gli atteggiamenti assunti dinanzi al distacco, le risorse cui attingere: materiali, psicologiche, spirituali ecc.
- Fattori socio-culturali che, da una parte, includono le forme di supporto esterno a disposizione dei superstiti (ad esempio, famiglia, amici, contesti di appartenenza sociale, ruoli professionali ecc.), dall'altra elementi culturali che possono aiutare e, talvolta, ostacolare l'elaborazione del lutto.


La legge del distacco è iscritta nella mappa dell'esistenza umana e abbraccia l'orizzonte fisico, psicologico, mentale e spirituale.
E' inevitabile passare attraverso la notte per vedere il nuovo giorno, affrontare l'inverno per scoprire una nuova primavera, dire addio alla giovinezza per entrare pienamente nell'età adulta. E' dalla morte che scaturisce il miracolo della nuova vita: ogni vita è intrisa di morte e ogni morte è abitata dalla vita. Questo inevitabile connubio accompagna la storia di ogni essere vivente e richiama una verità essenziale dell'esistenza, espressa da Gesù in una metafora: "se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto".
Le piccole perdite allenano e preparano ad affrontare quelle più grandi.
Possiamo parlare di tre principi che governano la vita:

Non si può vivere senza soffrire
Molti si illudono di poter conseguire la felicità senza imbattersi nella sofferenza, senza pagare il prezzo del cambiamento e della crescita. La vita è contrassegnata dal senso di limite che ne colora ogni esperienza.
Ogni scelta, la più bella, contiene l'ombra del disappunto per tutto ciò che non si è scelto o non è stato possibile conoscere o vivere. Inoltre, anche i momenti più gioiosi nascondono il rammarico della fine: si esaurisce una tappa della vita, una vacanza, un idillio d'amore, un tramonto.
Il soffrire è il prezzo che si paga per i propri attaccamenti.

Non si può soffrire senza sperare
Il principio del soffrire ha valore solo se assume un significato nello sperare. L'uomo non cerca il soffrire per il soffrire, a meno che non sia masochista.
Dare un senso al dolore significa trovarne elementi di luce e trasformarlo in luogo di crescita. Anche la morte più tragica può schiudere slanci di amore insospettati, dare vita a iniziative che umanizzano la comunità cristiana e civile.

Non si può sperare senza aprirsi
La speranza fuorisce quando chi è in lutto non si isola, ma si apre agli altri, al mondo, alla vita. Una ferita che si apre alla luce, gradualmente , si rimargina e guarisce; al contrario, quando si chiude produce pus e sconvolge l'organismo. Il dolore, per sanarsi, invoca apertura di mente e di cuore.
L'aprirsi agli altri richiede umiltà e coraggio, ma poi produce liberazione interiore, equilibrio graduale, opportunità di amare e sentirsi amati.
Il cambiamento: condizione essenziale della crescita
La vita è un viaggio che richiama la vulnerabilità degli attaccamenti e l'inevitabilità delle separazioni.
La legge del distacco è iscritta nella mente, nel cuore, nel corpo e nello spirito. Da una parte, questa verità dell'esistenza produce sofferenza e travaglio, dall'altra, favorisce la crescita e la maturazione.
Risulta facile capire come i distacchi e le separazioni causino afflizione e patimento; è invece più difficile scoprirne la fecondità e gli stimoli innovativi.
A livello mentale, ad esempio, cosa succederebbe se una persona rimanesse prigioniera dei propri schemi mentali e pregiudizi, delle proprie fissazioni e rigidità, che generano solo false sicurezze e mancanza di apertura e dinamismo?
A livello affettivo, quali ricadute negative potrebbero avere atteggiamenti di eccessivo attaccamento o gelosia nei confronti di persone amate, l'uso di sentimenti per colpevolizzare o strumentalizzare il prossimo, l'attivazione di meccanismi di difesa quali la proiezione, la negazione o l'isolamento, che impediscono un sereno confronto con la realtà e con gli altri?
A livello fisico, quali compensazioni potrebbero nascondersi dietro un'ossessiva cura del corpo o all'ombra di un eccessivo uso di farmaci, del consumo smodato di cibi e bevande, dell'incremento di malattie psicosomatiche, del rifiuto di riconcigliarsi con la legge dell'evoluzione e dell'invecchiamento?
A livello spirituale, quale prezzo si potrebbe pagare per rimanere schiavi del materialismo e della ricerca spasmodica del piacere, per la difesa degli atteggiamenti narcisistici ed egoistici che interferiscono con la capacità di donarsi agli altri e di aprirsi a una visione più prodonda delle cose, in cui l'esistenza è vista come un cammino più che come un destino?
Chiaramente il distacco non solo genera incomodità, disagio e dolore, ma è anche un invito e passaggio necessario per la trasformazione personale.

tratto da -esperienzalutto.altervista.org-

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