La Crisi della Morte di Ernesto Bozzano

LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Ernesto Bozzano
LA CRISI DELLA MORTE
ARMENIA
Copyright © 1981 Armenia Editore
Copyright © 1998 Gruppo Editoriale Armenia S.p.A.
Via Valtellina, 63 - Milano
Stampato dalla Print Duemila s.r.l.
per conto del Gruppo Editoriale Armenia S.p.A.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Prefazione alla nuova edizione
La crisi della morte è, a ragione, il libro più famoso di Ernesto Bozzano, il grande
erudito della ricerca psichica. Stampato e ristampato innumerevoli volte, è stato anche
tradotto in parecchie lingue straniere suscitando sempre un lusinghiero interesse.
Il motivo di tanto favore è presto detto: nessuno prima e dopo di lui ha descritto
con tanta chiarezza, attraverso testimonianze di prima mano, quello che succede nel
momento della morte, il primo impatto con la dimensione post-mortale, le sensazioni e
gli incontri nell'aldilà, la nuova forma di vita che ci attende tutti una volta
compiuto il «grande passo».
Come arrivò Bozzano a raccogliere questo particolarissimo materiale? Studiando e
confrontando la vastissima messaggistica medianica pubblicata sulle più qualificate
riviste del settore in tutto il mondo, in particolare quelle francesi, inglesi e
americane.
Quando si parla di messaggistica medianica, si intende ciò che i medium producono per
iscritto o verbalmente nelle loro sedute, che sovente avvengono in stato di trance.
Tra i molti temi che vengono trattati, quello del «passaggio» è sempre stato uno dei
più dibattuti; ed è interessante constatare come attraverso medium che non si
conoscono, che non hanno contatti di alcun tipo tra loro e vivono in tempi e ambienti
diversi, arrivino descrizioni fondamentalmente molto simili.
Il grande merito di Ernesto Bozzano, poliglotta e studioso attento di questi temi, è
stato quello di raccogliere le testimonianze, tradurle e confrontarle, creando un
corpus di informazioni che - comunque la si pensi - non può essere ignorato o liquidato
con troppa facilità.
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Bozzano stesso, per altro, ebbe un'educazione assolutamente positivista e solo sulla
base dei fatti arrivò a poco a poco a convincersi dell'interesse e del valore della
fenomenologia medianica. Qualche notizia biografica su di lui sarà utile a meglio
inquadrare i fatti.
Nato nel 1862 a Genova da famiglia benestante, Ernesto Bozzano dimostrò fin da
ragazzino un grande amore per il sapere; avviato alle scuole tecniche, non completò
questi studi, evidentemente non adatti a lui, ma in compenso acquisì da autodidatta una
vastissima cultura in campo filosofico, letterario e scientifico. Il suo ideale era il
sistema di pensiero di Herbert Spencer, positivista serio e rigoroso.
Bozzano non ebbe mai un'attività vera e propria, in quanto le sue agiate condizioni
economiche gli consentivano di vivere di rendita; in realtà però lavorò moltissimo per
tutta la vita, anche se in campi diversi da quelli ai quali aveva dedicato la sua
gioventù. Nel 1882 era stata infatti fondata a Londra la «Società per la Ricerca
Psichica», che si dedicava allo studio dei temi che oggi definiamo parapsicologici, in
particolare la trasmissione del pensiero e la medianità, ed era frequentata da
personalità di grande rilievo nel mondo culturale e scientifico. Bozzano cominciò a
leggere le pubblicazioni della «Società» e a seguire le appassionanti descrizioni e
discussioni che figuravano sulle sue pagine. Per farsi un'idea migliore dei fatti,
iniziò anche a frequentare le sedute di alcuni medium, e fu proprio in una di queste
occasioni, nel 1892, che ebbe la prova che lo convinse: attraverso la scrittura
automatica della signora Attilia Montaldo si presentò la sua amatissima madre, morta un
anno prima, che gli ripeté le ultime due righe dell'epigrafe che lui aveva appena posto
sulla sua tomba e lo sollecitò a dedicarsi a questi studi con queste parole: «Continua
per la nobile via in cui ti sei messo. E' questa la tua missione sulla terra».
Ogni esitazione scomparve: Ernesto Bozzano aveva trovato la sua strada.
Studiò e sperimentò a lungo. Insieme a Enrico Morselli e Francesco Porro, entrambi
docenti presso l'Università di Genova, al giornalista Luigi Vassallo e al dottor
Giuseppe Venzano fondò anche un centro, il «Circolo Scientifico Minerva» per lo studio
dei fenomeni paranormali, che per vari anni fu la più importante istituzione italiana
in questo campo. Notevoli in particolare i cicli di sedute con la famosa medium Eusapia
Paladino.
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Nel 1922 Bozzano lasciò Genova e si ritirò insieme alla famiglia del fratello nella
villa di Savona, dove fino alla morte, avvenuta nel 1943, si dedicò allo studio e alla
stesura dei suoi numerosi libri e articoli. Visse isolato nella sua biblioteca di
tremila volumi, tutto intento all'indagine metodica del vastissimo materiale che la
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
letteratura specializzata di tutto il mondo metteva a sua disposizione; suo è il metodo
di indagine basato sull'analisi comparata e la convergenza delle prove, l'unico
adeguato alla casistica in oggetto. Le sue pubblicazioni spaziano in tutti i campi
della ricerca psichica: ipotesi spiritica, fenomeni di identificazione, bilocazione,
profezia, popoli primitivi e manifestazioni supernormali, telepatia, xenoglossia,
visioni dei morenti, letteratura dell'aldilà e altro ancora.
Anche se datati, in quanto si basano su materiale pervenuto oltre cinquant'anni fa, i
testi di Ernesto Bozzano sono fondamentali per chiunque voglia accostarsi seriamente
alla ricerca psichica. Potrà, fra l'altro, interessare sapere che quanto è stato
successivamente raccolto conferma sostanzialmente il materiale utilizzato dal
ricercatore genovese: per farsene un'idea basta consultare le raccolte più recenti di
messaggistica medianica, disponibili nella letteratura specializzata. Il che conferma e
avvalora il lavoro di Bozzano.
La crisi della morte, in particolare, è un libro che dovrebbe essere letto con
attenzione da tutti coloro che sono interessati al proprio destino «oltre la soglia» e
a ciò che avviene al momento del trapasso. Le testimonianze raccolte con tanto amore e
attenzione da Ernesto Bozzano aprono alla speranza e invitano a credere che con la
morte non tutto finisce ma che, al contrario, la crisi del passaggio segna per l'anima
l'inizio della grande avventura nel mondo spirituale.
Di testimonianze come queste abbiamo oggi più che mai bisogno.
Paola Giovetti
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LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Introduzione
Com'ebbi già ripetute volte a dichiarare, da qualche anno io mi dedico all'indagine
delle principali raccolte di «rivelazioni trascendentali», applicando alle medesime i
processi scientifici dell'analisi comparata e della convergenza delle prove, ottenendo
risultati tanto inattesi quanto importanti. Infatti, dalle indagini intraprese, emerge
la
prova
che
le
copiosissime
informazioni
conseguite
medianicamente
intorno
all'ambiente e all'esistenza spirituale concordano mirabilmente tra di loro per ciò che
si riferisce ai ragguagli d'ordine generale, i quali sono anche i soli che si
richiedono onde concludere in favore della genesi estrinseca delle rivelazioni in
esame, giacché le apparenti discrepanze d'ordine secondario, quali si rinvengono nelle
rivelazioni stesse, derivano palesemente da cause multiple chiaramente discernibili e
pienamente giustificabili. Aggiungo in proposito che talune categorie di siffatte
presunte discrepanze contribuiscono efficacemente a fornire una chiara visione
sintetica intorno alle modalità con cui si estrinseca l'esistenza spirituale, in quanto
appaiono determinate dalle condizioni psichiche particolari ad ogni singola personalità
di defunto comunicante.
Ciò premesso, ritengo necessario insistere sul fatto che se persevero ad occuparmi di
un tema condannato all'ostracismo dalla scienza, ciò è dovuto alla circostanza che, in
grazia delle mie laboriose ricerche, ho acquisito la certezza che in un non lontano
avvenire la sezione metapsichica delle «rivelazioni trascendentali» assurgerà ad un
grande valore scientifico e, in conseguenza, costituirà la branca più importante delle
discipline metapsichiche. Che vale, dunque, se ora tale branca è ripudiata dai
metapsichicisti ad orien-
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tamento rigorosamente scientifico, ed è totalmente negletta da una gran parte degli
stessi spiriti, tra i quali, alcuni anni or sono, mi trovavo anch'io?
Riconosco che non poteva accadere altrimenti, in quanto è conforme all'evoluzione
naturale delle ricerche metapsichiche che queste si siano iniziate indagando sulle
manifestazioni supernormali a svolgimento prevalentemente fisico, per rivolgersi quindi
alle manifestazioni a svolgimento prevalentemente intelligente, in cui erano presenti
elementi verificabili, tali da consentire l'identificazione personale dei defunti
comunicanti. Ne deriva che solo quando si sarà raggiunta la certezza scientifica in
ordine alla genesi estrinseca della parte più interessante della fenomenologia
metapsichica, solo allora si comprenderà il grande valore scientifico, morale e sociale
delle rivelazioni trascendentali sistematicamente indagate, le quali assurgeranno
rapidamente al posto d'onore nella classificazione delle manifestazioni metapsichiche.
Comunque, l'alba di un tal giorno non è spuntata ancora; il che non impedisce a un
indagatore isolato di precorrere i tempi, in modo da formarsi, sulla base dei fatti,
una precisa opinione sull'argomento. Nel qual caso, e per il vantaggio di tutti, questi
è tenuto in coscienza ad avere il coraggio della propria opinione, anche se i tempi
immaturi lo espongono a critiche più o meno severe. Orbene, io mi sento questo
coraggio: ho mutato opinione riguardo al valore tecnico implicito nelle raccolte di
«rivelazioni trascendentali», e non esito un istante a dichiararlo.
A ciò m'incoraggia l'esempio di eminenti studiosi, i quali non esitarono a pubblicare
dichiarazioni analoghe. Così si esprime sull'argomento il professor Oliver Lodge:
«Queste sono le cosiddette "rivelazioni inverificabili", giacché non è possibile
stabilire indagini per la loro verifica, come avviene per le informazioni concernenti
ragguagli personali o vicende mondane... Comunque, io propendo a credere, insieme ad un
numero sempre crescente di altri studiosi, che va maturando il tempo per la raccolta
sistematica e la discussione del materiale metapsichico di natura "inverificabile":
materiale che si presta ad essere indagato e controllato in base alla intrinseca sua
consistenza, la quale conferisce al medesimo un grado notevole di probabilità, nello
stesso modo in cui le narrazioni degli esploratori africani si prestano ad essere
analizzate e controllate in base alle loro concordanze... Rammen-
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to che, dal punto di vista filosofico, venne osservato come tutto concorra a far
presumere che, in ultima analisi, la vera prova della sopravvivenza dipenderà dallo
studio e dalla comparazione di queste "narrazioni di esploratori spirituali", anziché
dalle prove derivanti dai ragguagli personali forniti circa eventi del passato, in
merito ai quali - fino a quando non si perverrà a sviscerare a fondo la natura della
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
memoria - è sempre possibile congetturare che tutto il passato risulti potenzialmente
accessibile alle facoltà supernormali della subcoscienza umana..., per quanto io non
ritenga razionale l'ipotesi dell'esistenza di una memoria impersonale...». (Raymond,
pagg. 347-348) (1).
Anche il professor Hyslop, a proposito della pubblicazione di due raccolte del
genere, osserva:
«Nulla vi è d'impossibile nei ragguagli contenuti in questi ricordi... La
consuetudine dei più è quella di mettere in ridicolo la concezione di un ambiente
spirituale qual è quello che si adombra in simili messaggi; ma questi signori che
dispensano il ridicolo con tanta leggerezza non pensano che così facendo presumono di
conoscere tutta la verità intorno al mondo spirituale... Io non mi pronuncio né per una
parte, né per l'altra, ma dichiaro di non avere obiezioni da opporre all'esistenza di
un ambiente spirituale qual è quello descritto, anche quando appare più assurdo del
nostro ambiente terreno. Io non so comprendere perché si esiga che il mondo spirituale
debba essere più ideale del nostro. Entrambi i mondi sono l'opera del medesimo Autore,
si chiami esso la Materia o Dio. Nessuno può affermare o negare a priori. Il negare o
il porre in ridicolo le "rivelazioni trascendentali" equivale a conoscere con certezza
scientifica la verità sul mondo spirituale e questa è una presunzione indegna di uno
scettico ragionevole... Insomma, i libri come questo sono importanti, in quanto ci
forniscono una prima idea sul mondo spirituale, offrendoci così una prima opportunità
di comparare tra di loro i particolari contenuti nelle diverse rivelazioni ottenute...
Ora, nel caso nostro si riscontra che i ragguagli forniti in questi messaggi dalla
personalità comunicante concordano con altri forniti per il tramite di medium che non
erano religiosi, e non avevano la cultura e l'intelligenza di questa medium...».
(American Journ. of the S.P.R., 1914, pagg. 235-237).
«Aggiungo che esiste il modo di controllare le affermazioni intorno all'esistenza
spirituale, e ciò all'infuori della prova indiretta
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ottenuta con l'identificazione personale dello spirito comunicante. Tale mezzo consiste
nello sperimentare con un numero adeguato di medium, per compararne i risultati, dopo
avere raccolto le debite informazioni circa la cultura speciale in argomento di ogni
medium. Qualora si pervenisse ad accertare che uno dei medium intervenuti nella
sperimentazione era assolutamente ignaro delle teorie spiritualiste (con ciò
escludendosi l'ipotesi di una collaborazione subcosciente), allora sarà il caso di
sperimentare con altri medium onde ottenere ragguagli sul medesimo tema; e così via di
seguito, senza intercomunicazione tra i medesimi. E' chiaro che, in tali circostanze,
una concordanza di elementi fondamentali, ripetutasi con un centinaio di soggetti
diversi, andrebbe assai lontano in favore della dimostrazione dell'esistenza reale di
un mondo spirituale analogo a quello rivelato...». (Ivi, 1914, pagg. 462-463).
Queste le opinioni di due eminenti uomini di scienza a proposito del valore teorico
implicito nelle raccolte di «rivelazioni trascendentali». Osservo che il metodo
d'indagine proposto dal professor Hyslop s'identifica con quello da me adottato. Egli,
infatti, propone di sperimentare con numerosi medium, ignari delle dottrine spiritiche,
per compararne quindi i risultati. Ciò è teoricamente possibile, ma praticamente
difficile, in quanto è raro che un solo ricercatore pervenga a disporre di numerosi
medium, in modo da condurre a buon fine una simile formidabile impresa.
Risulta pertanto più pratico il profittare dell'immenso materiale accumulatosi in
questi ultimi anni riguardo alle rivelazioni trascendentali, per intraprenderne una
severa selezione, classificarlo, analizzarlo, compararlo, avendo cura di assumere
informazioni circa le cognizioni particolari di ogni medium in ordine alle dottrine
spiritiche. Ora è questo il compito che mi ero proposto con le mie laboriose indagini,
alle quali dedicai parecchi anni di lavoro. Senonché, avendo osservato che la mole del
materiale raccolto, e in parte commentato, assumeva proporzioni tali da impedirne la
pubblicazione per le stampe, ritenni consigliabile di limitarmi a un saggio sui
risultati conseguiti esponendo un numero adeguato di «messaggi trascendentali»
riguardanti le impressioni provate dalle personalità dei defunti comunicanti al momento
del loro ingresso nel mondo spirituale. Al contempo, giudicai opportuno avvertire come
questa tipologia di messaggi, per quanto teoricamente interessante e suggestiva, non
fosse precisamente la più efficace per la dimostra-
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zione della tesi qui sostenuta, che è quella delle concordanze esistenti tra i
ragguagli forniti dai defunti sull'esistenza spirituale; e non è la più efficace in tal
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
senso giacché risultando essa una semplice sezione iniziale del tema, in cui si
espongono episodi intorno ai quali si esercitano in piena efficienza gli effetti della
«legge di affinità», ne deriva che ogni spirito disincarnato è tratto necessariamente a
gravitare verso quello stato spirituale che s'identifica col grado di evoluzione
psichica raggiunto in conseguenza del transito dell'esistenza incarnata: questo fatto
non può determinare differenze notevolissime nelle narrazioni che ci pervengono dai
defunti circa il loro primo ingresso in ambiente spirituale. Comunque, si vedrà come
tali discrepanze si verifichino unicamente nei particolari secondari, sia personali che
di ambiente, non mai però per le corrispondenti condizioni d'ordine generale.
Prima d'inoltrarmi in argomento mi rimane una dichiarazione da fare, e ciò allo scopo
di prevenire una domanda che molto probabilmente si affaccerà alla mente dei lettori.
La dichiarazione verte sulla circostanza che tutti gli episodi che andrò citando, in
cui defunti raccontano le vicende del loro ingresso in ambiente spirituale, sono tratti
da raccolte di «rivelazioni trascendentali» pubblicate in Inghilterra e negli Stati
Uniti. «Perché» si chiederanno i lettori «questo esclusivismo puramente anglosassone?».
Rispondo che il motivo è uno solo, e letteralmente perentorio: né in Francia, né in
Germania, né in Italia, né in Spagna, né in Portogallo esistono raccolte di
«rivelazioni trascendentali» in forma di trattati, o narrazioni continuate, organiche,
suddivise in capitoli, nonché dettate da una sola personalità medianica, e convalidate
da ottime prove di identificazione dei defunti comunicanti. Nelle poche raccolte
pubblicate nelle nazioni citate, costituite da brevi messaggi ottenuti col sistema
degli interrogatori rivolti a una moltitudine di «spiriti», non si rinvengono episodi
vertenti sulla crisi della morte, fatta eccezione per il noto libro di Allan Kardec
Ciel et Enfer, nel quale si rinvengono tre o quattro brevissimi episodi del genere: per
quanto, tuttavia, si rilevino in essi talune concordanze fondamentali con le narrazioni
degli altri spiriti comunicanti, tali casi appaiono troppo generici e troppo vaghi per
essere presi in considerazione in un lavoro di analisi comparata.
Stando le cose in questi termini, è chiaro che se i popoli anglosassoni risultano i
soli, fino ad ora, a mostrare di saper apprezzare il
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grande valore teorico-pratico delle «rivelazioni trascendentali» mentre, in pari tempo,
risultano anche i soli a dedicarvisi con metodi razionali, allora a me non rimaneva
nulla di meglio da fare che prendere il materiale di cui abbisognavo là dove si
trovava; tanto più che proponendomi di scrivere una serie di monografie intorno alle
concordanze e alle discordanze che i processi dell'analisi comparata pongono in grande
rilievo nelle raccolte di «rivelazioni trascendentali», non potevo esimermi dal
cominciare dal principio, ovvero da ciò che i defunti hanno da dire intorno alla «crisi
della morte».
* * *
Passando all'esposizione dei casi, citerò anzitutto alcuni episodi desunti da opere
dei primi studiosi, allo scopo di fare emergere come già dai primordi del movimento
spiritualista si conseguissero messaggi medianici in cui si descrivevano l'ambiente e
l'esistenza spirituali in termini identici a quelli che si conseguono oggigiorno. E ciò
malgrado la mentalità dei medium di allora fosse dominata dalle concezioni tradizionali
intorno al paradiso e all'inferno, e in conseguenza fosse ben lontana dall'aspettarsi
messaggi in cui i defunti affermassero che l'ambiente spirituale era l'ambiente terreno
spiritualizzato.
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LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Casistica e commenti
Caso I
Ricavo questo episodio da un libro che s'intitola Letters and Tracts on Spiritualism
(1), in cui sono raccolti gli articoli e le monografie pubblicati dal venerando giudice
Edmonds, nel ventennio che va dal 1854 al 1874. Come tutti sanno, il giudice Edmonds
era un notevolissimo medium psicografico, veggente e parlante. Dopo alcuni mesi dalla
morte di un suo caro collega, il giudice Peckam, perito in un naufragio, avvenne al
giudice Edmonds di dettare psicograficamente un lungo messaggio in cui l'amico defunto
narrava le vicende della sua morte. Dal messaggio in questione stralcio i brani
seguenti:
«Qualora avessi potuto scegliere il moto con cui disincarnarmi, non avrei certo
adottato quello a me imposto dal destino. Nondimeno, ora non ho più nulla in contrario,
data la natura meravigliosa della nuova esistenza schiusasi tanto improvvisamente a me
dinanzi.
«All'istante della morte, rividi come in un panorama le vicende della mia intera
esistenza. Ogni scena, ogni azione compiuta passarono dinanzi al mio sguardo come se
fossero impresse nella mia mente in formule luminose. Non un solo mio amico, dalla
prima infanzia alla morte, mancò all'appello. Nel momento in cui sprofondavo in mare
stringendo fra le braccia mia moglie, mi apparvero mia madre e mio padre e fu mia madre
ad estrarmi dalle acque, dando prova di un'energia di cui ora soltanto comprendo la
natura. Non ricordo di avere sofferto. Quando m'inabissai nel gorgo delle onde non
provai sensazioni di paura, e neanche di freddo o di soffo-
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camento. Non ricordo di avere udito frangersi i marosi sulle nostre teste. Mi separai
dal corpo quasi senza avvedermene, e con mia moglie sempre stretta fra le braccia,
tenni dietro a mia madre venuta ad accoglierci e guidarci.
«Il primo sentimento penoso mi colse quando rivolsi il pensiero all'amato fratello.
Mia madre percepì quel pensiero, e subito osservò: "Anche tuo fratello sarà presto dei
nostri". Da quel momento ogni sentimento di tristezza scomparve dalla mia mente.
Rivolsi lo sguardo alla scena drammatica di cui anch'io ero stato protagonista, e ciò
per un senso di sollecitudine verso i miei compagni di sventura; ma subito mi avvidi
che a loro volta essi venivano salvati dalle acque allo stesso modo in cui ero stato
salvato io. Ogni cosa a me intorno appariva così reale che se non fosse stata la
presenza di tante persone ch'io sapevo defunte, mi sarei creduto nel corpo, e mi sarei
prestato ad estrarre materialmente i naufraghi dalle acque.
«Volli informarti di tutto questo affinché tu possa inviare una parola di conforto a
coloro che immaginano che i loro cari periti con me abbiano sofferto agonie terribili
al momento di affogare... Non vi sono parole per descrivere la felicità da me provata
quando vidi venirmi incontro, ora l'una ora l'altra delle persone da me più amate in
terra, le quali accorrevano tutte a darmi il benvenuto nelle Sfere degli immortali. Non
essendo stato malato e non avendo sofferto, io mi trovavo in condizioni di adattarmi
immediatamente alla nuova esistenza...». (Ivi, pag. 303).
Con quest'ultima osservazione, lo spirito comunicante accenna a una circostanza la
quale concorda con le informazioni cumulative ottenute sul medesimo tema da
innumerevoli altre personalità medianiche comunicanti: solo nei casi eccezionali di
morti improvvise, prive di sofferenze, e combinate a stati d'animo sereni, si
realizzerebbe la possibilità di sottostare alla crisi della disincarnazione senza che
vi sia bisogno di un periodo più o meno lungo di sonno riparatore. Nei casi, invece, di
morte dopo lunga malattia, o in età avanzata, o con la mente assorta in preoccupazioni
mondane, oppure oppressa dal terrore della morte, o anche semplicemente ma fermamente
convinta dell'annientamento finale, gli spiriti disincarnati andrebbero soggetti a un
periodo più o meno lungo di sonno riparatore.
Noto che le osservazioni esposte si riferiscono già ad uno di quei «particolari
secondari» cui allusi in precedenza, in cui si rilevano apparenti discrepanze che in
realtà sono governate da una legge ge-
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nerale, la quale si estrinseca necessariamente nelle modalità più svariate nei riguardi
delle personalità dei defunti, e ciò a causa delle diversissime condizioni spirituali
in cui si trovano all'istante della loro disincarnazione.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Da rilevare inoltre il particolare interessante del defunto comunicante il quale
informa che al momento della morte ebbe la «visione panoramica» delle intere vicende
vissute. Come è noto, tale fenomeno è familiare agli psicologi, e si realizza in
prevalenza proprio nei casi dei salvati da un grave pericolo di morte per annegamento.
Ora, nel caso indicato, come in numerosi altri del genere, assistiamo al fatto
importante di un defunto il quale afferma di essere a sua volta passato per
l'esperienza della «visione panoramica» di cui parlano i naufraghi sottratti alla
morte. Ciò diviene teoricamente importante quando si riflette che il giudice Edmonds
non conosceva l'esistenza dei fenomeni di tal natura, come non li conoscevano gli
psicologi dei suoi tempi. Ne deriva che non poteva autosuggestionarsi in tal senso e
ciò costituisce una buona prova in favore della genesi estrinseca del messaggio di cui
si tratta.
Noto infine come in questo episodio, occorso nei primordi delle manifestazioni
medianiche, già si rilevano in buon numero i particolari fondamentali intorno ai
processi della disincarnazione dello spirito, i quali verranno in seguito costantemente
riaffermati in tutte le rivelazioni del genere. Tale, ad esempio, risulta il
particolare dello spirito che non si accorge, o quasi, di essersi separato dal corpo, e
tanto meno si accorge di trovarsi in ambiente spirituale; o l'altro particolare dello
spirito che ritrova se stesso in forma umana, e si vede circondato da un ambiente
terreno, o quasi terreno, e ritiene di esprimersi a parole così come prima, nonché di
percepire come prima le parole altrui. Si rileva inoltre l'altro particolare dello
spirito disincarnato che, giunto sulla soglia della nuova esistenza, trova ad
accoglierlo e a guidarlo altri spiriti di defunti, che per lo più sono gli stretti suoi
parenti, ma possono risultare altresì i suoi più cari amici, o gli «spiriti-guida».
Particolare fondamentale anche questo, che, con gli altri, verrà confermato da tutte le
successive rivelazioni trascendentali fino ai giorni nostri; salvo sempre circostanze
più o meno speciali di defunti moralmente inferiori e degradati per i quali
l'inesorabile «legge di affinità», legge fisico-psichica irresistibile nella sua fatale
potenza di attrazione dei simili, preparerebbe ben diverse condizioni di ricezione
spirituale.
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Caso II
Ricavo questo secondo episodio dal volume della De Morgan From Matter to Spirit a
pagina 149 (2). La personalità medianica del dottor Horace Abraham Akley descrive in
questi termini la propria esperienza della separazione dello spirito dall'organismo
somatico:
«Come capita a molti, il mio spirito non pervenne tanto facilmente a liberarsi dal
corpo. Sentivo che mi liberavo gradatamente dai vincoli organici, ma ero in condizioni
di coscienza poco lucide, e mi pareva di sognare. Sentivo come se la mia personalità si
fosse suddivisa in più parti, che però rimanevano collegate da un vincolo
indissolubile. Quando l'organismo corporeo cessò di funzionare, lo spirito poté
liberarsene completamente; e allora mi parve che le parti disgiunte della mia
personalità si ricomponessero in una sola. Simultaneamente mi sentii sollevare al di
sopra del mio cadavere, a breve distanza da esso, di dove scorgevo distintamente le
persone che facevano cerchio intorno alla mia salma. Non saprei dire per quale potere
io pervenissi a sollevarmi e a librarmi in aria. Dopo tale evento, suppongo di aver
trascorso un periodo abbastanza lungo in condizioni d'incoscienza, o di sonno (il che,
del resto, avviene comunemente, per quanto non si realizzi in ogni caso), e lo desumo
dal fatto che quando rividi la mia salma, essa giaceva in condizioni di avanzato
sfacelo. Non appena ripresi conoscenza, tutte le vicende della mia vita sfilarono a me
dinanzi come in un panorama; ed era tutto il mio passato ch'io rividi, incluso l'ultimo
episodio della mia disincarnazione. La visione mi passò dinanzi con tale rapidità che
non ebbi quasi il tempo di riflettere, per quanto mi sentissi come preso in un vortice
di emozioni. Quando la visione fu sottratta al mio sguardo con la meditazione sul
passato e sul futuro, succedette in me un vivo interessamento per le condizioni
presenti...
«Avevo sentito dire dagli spiritualisti che gli spiriti disincarnati erano accolti
nel mondo spirituale dai loro parenti, o dai loro spiriti-guardiani. Non vedendo
nessuno a me intorno, ne conclusi che gli spiritualisti si erano ingannati. Non appena
tale pensiero mi traversò la mente, vidi due spiriti da me non conosciuti, verso i
quali mi sentii attratto per sentimento di affinità. Venni a sapere ch'essi erano stati
due uomini assai colti e intelligenti, ma che, come me, non si erano curati in vita di
sviluppare in se medesimi gli elevati principi della spiritualità. Mi chiamarono per
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
nome, sebbene io non
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lo avessi pronunciato, e mi accolsero con tale benevola familiarità che me ne sentii
piacevolmente confortato. Con essi abbandonai l'ambiente in cui ero morto, e dove mi
ero trattenuto fino a quel momento. Il paesaggio attraversato mi parve lattiginoso,
caliginoso, ma quelle ombre mi condussero in un luogo dove trovai adunati numerosi
spiriti, tra i quali ve n'erano parecchi da me conosciuti in vita, e deceduti già da
qualche tempo...».
Noto che nell'ultimo paragrafo dell'episodio esposto è presente un altro dei consueti
particolari secondari talora divergenti nelle descrizioni di tanti altri spiriti
comunicanti: particolare che troverebbe la sua ragione d'essere nelle condizioni
spirituali, non troppo evolute, del defunto comunicante. Per lo più, nei messaggi di
«rilevazioni trascendentali» avviene di leggere che gli spiriti dei defunti si
ritrovano in ambiente più o meno radioso, dove sono accolti dagli spiriti dei loro
stretti parenti. Qui si rileva invece che lo spirito comunicante si ritrova in ambiente
caliginoso, dove è accolto amichevolmente da spiriti a lui sconosciuti, ma che gli
risultano affini per le condizioni spirituali. E' facile dedurre che l'apparente
discrepanza tra le prime impressioni di questo spirito disincarnato con altre assai più
frequenti dipenda dalla circostanza che, come dichiara egli stesso, tanto lui quanto
gli spiriti dei defunti che vennero ad accoglierlo avevano in vita trascurato di
sviluppare in se medesimi l'elemento spirituale; conformemente, per legge di affinità,
un ambiente di luce non si conformava alle condizioni transitorie ma ottenebrate dei
loro spiriti.
Da un altro punto di vista, rilevo come anche in questo episodio lo spirito
comunicante affermi di essere passato per la prova della «visione panoramica» del
proprio passato, esperienza che in questo caso, anziché svolgersi spontaneamente per
una sovreccitazione sui generis delle facoltà mnemoniche, conseguente alla crisi
dell'agonia (come spiegano gli psicologi), sembrerebbe invece provocata dalle «guide»
spirituali, allo scopo di predisporre lo spirito nuovo arrivato a una sorta di «esame
di coscienza». Tale interpretazione del fenomeno emergerà più palesemente da taluni
episodi che seguiranno.
Infine, rilevo come in questo caso, occorso nel 1857, sia presente già la narrazione
di un incidente interessante di «bilocazione» al letto di morte, seguito dal fenomeno
in cui lo spirito disincarnato rimane per un dato tempo sospeso in aria al di sopra del
cadavere: in-
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cidente che in seguito si rileggerà frequentemente nelle comunicazioni di tal natura e
sarà più frequentemente descritto in termini identici, da persone sensitive presenti al
letto di morte di qualcuno. Le opere spiritualiste sono piene di episodi di
quest'ultima natura, a cominciare dalle descrizioni interessanti del famoso veggente
Andrew Jackson Davis e del giudice Edmons, per finire con quelle del reverendo William
Stainton Moses e della «nurse» (infermiera professionale) Joy Snell, la quale ebbe ad
assistere all'estrinsecazione di fenomeni di tal natura per la durata di un ventennio.
Ora è evidente come le affermazioni dei veggenti, le quali concordano mirabilmente con
quanto narrano di se stessi gli spiriti dei defunti, appaiano altamente suggestive in
quanto si convalidano a vicenda. Interessante è il fatto che risultano numerosi i casi
in cui il medium scrivente, o il sensitivo veggente tutto ignoravano in merito
all'esistenza di tali fenomeni, nonché in merito alle modalità con cui si
estrinsecavano al letto di morte. Poiché il caso esposto risale all'anno 1857, vale a
dire agli inizi del movimento spiritualista, tutto concorre a far presumere che anche
in questa circostanza il medium ed i presenti tutto ignorassero circa i fenomeni di
bilocazione in generale e, soprattutto, circa le modalità con cui si determinano al
letto di morte.
Caso III
Riferisco quest'altro episodio di data antica, ch'io ricavo dal libro del dottor N.
Wolfe Startling Facts in Modern Spiritualism (pag. 388)(3).
«Jim Nolan, lo spirito-guida della celebre medium Hollis, il quale disse e provò di
essere stato soldato nella guerra di secessione americana, e di essere morto di tifo in
un ospedale militare, risponde come segue alle interrogazioni di uno studioso:
D.: Quale impressione riportasti dal tuo primo ingresso nel mondo spirituale?
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
R.: Mi pareva di risvegliarmi dal sonno, con un po' di sbalordimento in più. Non mi
sentivo più malato, e la cosa mi stupiva grandemente. Avevo un vago sospetto che
qualche cosa di strano fosse accaduto, ma non sapevo rendermi conto di che si
trattasse. Il mio corpo giaceva sulla branda da campo, ed io lo vedevo. Dicevo fra
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me: "Com'è strano questo fenomeno!". Mi guardai attorno e scorsi tre dei miei camerati,
uccisi nelle trincee dinanzi a Vickburg e da me seppelliti. Eppure essi mi stavano
dinanzi! Li guardai con immenso stupore, ed essi guardarono me sorridenti. Quindi uno
di loro mi salutò dicendo:
"Buon giorno Jim; anche tu sei dei nostri!".
"Sono dei vostri? Ma che cosa intendi dire?".
"Ma... qui con noi, nel mondo degli spiriti. Non te ne sei accorto? E' un ambiente
dove si sta bene".
Tali parole furono troppo forti per me. Una violenta emozione mi colse, ed esclamai:
"Mio Dio! Che cosa dici? Io non sono morto!".
"No; tu sei più vivo di prima, Jim, però ti trovi nel mondo degli spiriti. E per
convincerti del fatto, non hai che a guardare il tuo corpo".
E, infatti, il mio corpo giaceva inerte dinanzi a me nella branda da campo. Come
dunque contraddirlo? E poco dopo giunsero due uomini che deposero la mia salma sopra
un'asse, la trasportarono presso un carro, la fecero scivolare dentro, montarono a
cassetta e partirono. Allora tenni dietro al carro, che si arrestò sull'orlo di una
fossa, dove il mio cadavere fu calato e seppellito. Io solo ero stato spettatore
interessato del mio funerale.
D.: Quali sensazioni provasti nella crisi della morte?
R.: Come quando si è colti dal sonno, ci si può ricordare qualche pensiero occorso
prima del sonno, ma non ci si ricorda del momento preciso in cui il sonno s'impossessa
di noi. Questo è quanto avviene al momento della morte. Un istante prima della crisi
fatale, la mia mente si fece attivissima, e mi ricordai subitamente di tutte le vicende
della mia vita. Vidi e ascoltai tutto ciò che avevo fatto, detto, pensato. Mi ricordai
perfino dei giochi e degli scherzi al campo militare, e li gustai come al momento in
cui erano avvenuti.
D.: Narraci le tue prime impressioni nel mondo spirituale.
R.: Stavo per dirvi che i miei buoni amici soldati non mi abbandonarono più dal
momento in cui mi disincarnai fino a quando feci il mio ingresso nel mondo spirituale,
in cui avevo nonni, fratelli e sorelle, che però non vennero ad accogliermi allorché mi
disincarnai. Quando entrai in ambiente spirituale, mi pareva di passeggiare su terreno
solido, e mi vidi venire incontro una vecchia che mi rivolse la parola dicendo: "Jim,
sei dunque venuto con noi?". La
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guardai attentamente, ed esclamai: "Oh! nonna, sei tu?". "Proprio io, caro Jim. Vieni
con me". E mi condusse lontano, nella sua abitazione. Ivi giunti, mi disse che dovevo
riposare e dormire. Mi coricai, e dormii lungamente...
D.: L'abitazione di cui parli, aveva l'apparenza di una casa?
R.: Ma certamente... Nel mondo degli spiriti esiste la forza del pensiero, con la
quale si possono creare tutte le comodità che si desiderano».
Quest'ultima informazione, che nel caso in esame risale a ottant'anni or sono, non è
soltanto uno dei particolari fondamentali in cui tutti gli spiriti concordano, ma
risulta altresì la chiave di volta con cui si spiegano, si risolvono, si giustificano
tutte le informazioni e le descrizioni, in apparenza assurde, incredibili, ridicole,
fornite dagli spiriti comunicanti intorno al soggiorno spirituale. In altri miei lavori
sull'argomento, già ebbi a soffermarmi lungamente su questo tema importantissimo, per
cui mi limiterò questa volta ad accennarvi nella misura strettamente necessaria.
Ricorderò che questa grande verità rivelataci dagli spiriti comunicanti risolve un
cumulo enorme di perplessità teoriche determinate dai ragguagli forniti dalle
personalità medianiche intorno all'ambiente spirituale, alle forme che rivestono gli
spiriti e alle modalità della loro esistenza (tutti ragguagli che risultano una
riproduzione esatta, per quanto spiritualizzata, dell'ambiente terreno, dell'umanità
terrena, delle modalità di esistenza terrene). Questa grande verità risolutiva di tutti
gli enigmi teorici in questione, e che s'impernia sulla potenza creatrice del pensiero
in ambiente spirituale, viene confermata in modo impressionante sulla base dei fatti,
in ambiente terreno, e ciò in conseguenza della circostanza che il pensiero e la
volontà, anche nell'esistenza incarnata, si dimostrano capaci di creare ed obiettivare
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
le forme concrete delle cose pensate e desiderate, così come sembra che avvenga in
ambiente spirituale, per quanto, in ambiente terreno, il fenomeno si realizzi
esclusivamente nel caso di sensitivi speciali. Alludo con ciò ai fenomeni della
«fotografia del pensiero» e dell'«ideoplastia», fenomeni meravigliosi, ai quali lo
scrivente dedicò nel 1926-1927 una lunga monografia, in cui se ne dimostra, sulla base
dei fatti, la realtà incontestabile e la portentosa efficienza (4). Così stando le
cose, si dovrà concludere che già nel mondo dei viventi il pensiero e la volontà
rivelano il potere di obiettivarsi e concretizzarsi in forme più o meno sostanziali e
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permanenti, per quanto ciò avvenga senza scopo nell'esistenza incarnata, ed avvenga
esclusivamente con sensitivi in condizioni fisiologiche più o meno anormali,
corrispondenti a stati più o meno avanzati di disincarnazione dello spirito. Quando la
disincarnazione non sarà più incipiente e transitoria, ma totale e definitiva, allora
soltanto le facoltà di cui parliamo potranno esercitarsi in piena efficienza, e questa
volta normalmente, praticamente ed utilmente. Ora è precisamente questo che affermano
le personalità medianiche comunicanti: si dovrà riconoscere quindi che le rivelazioni
trascendentali intorno alle modalità dell'esistenza spirituale confermano a posteriori
ciò che a priori si era logicamente dovuto supporre in base alla scoperta che il
pensiero e la volontà sono forze plasticizzanti e organizzanti meravigliose, le quali
tuttavia si esercitano sporadicamente e senza scopo in ambiente terreno.
Noto ancora che l'altra circostanza delle personalità medianiche, le quali
asseriscono che tali condizioni dell'esistenza spirituale sono transitorie e riguardano
esclusivamente la Sfera più prossima al mondo terreno, quella, cioè, destinata ad
accogliere gli spiriti nuovi arrivati, non valga soltanto a giustificare pienamente
tali condizioni di esistenza, ma ne dimostri la ragion d'essere provvidenziale. Si
consideri, cioè, quale senso di desolazione e disorientamento proverebbero in
grandissima maggioranza i defunti qualora, non appena avvenuta la crisi del trapasso,
dovessero bruscamente vedersi spogliati della forma umana, per trovarsi sbalestrati in
un ambiente spirituale radicalmente diverso dall'ambiente in cui si era plasmata la
loro individualità, e a cui li avvinceva una delicatissima trama di sentimenti
affettivi, di passioni, di aspirazioni, da non potersi troncare di colpo senza indurre
a disperazione. Si trovavano soprattutto nel loro ambiente domestico, costituito da una
somma fantastica di piccole e grandi soddisfazioni temporali e spirituali, le quali
concorrevano cumulativamente a creare ciò che si denomina «la gioia di vivere». Qualora
si rifletta su tutto ciò, si dovrà riconoscere che appare razionale e provvidenziale
che tra l'esistenza incarnata e quella di «puri spiriti», abbia a interporsi un ciclo
di esistenza preparatoria, la quale valga a conciliare la natura troppo terrena dello
spirito disincarnato con la natura troppo trascendentale dell'esistenza spirituale
propriamente detta. Al che provvederebbe meravigliosamente la potenza creatrice del
pensiero, per la quale lo spirito, pensandosi in forma umana, si ritroverebbe in forma
umana; pen-
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sandosi vestito, si ritroverebbe coperto d'indumenti che, per quanto eterici alla guisa
del corpo, risulterebbero per lo spirito sostanziali quanto gli indumenti terreni: nel
mondo spirituale egli ritroverebbe un ambiente e una dimora corrispondenti alle proprie
abitudini terrene, una dimora preparatagli dai familiari che lo avevano preceduto
nell'esistenza spirituale. Come si è visto, nel caso esposto sarebbe stata la nonna del
defunto quella che si sarebbe assunta il compito di guidare il nipote alla dimora che
doveva accoglierlo. In proposito si deve osservare che quando lo spirito comunicante
narra di aver visto venirgli incontro una vecchia, dovrebbe intendersi che la vecchia
nonna aveva temporaneamente rivestita l'antica forma terrena allo scopo di farsi
riconoscere.
Non aggiungo altro per brevità, tenuto conto che le perplessità d'ordine secondario
rimaste insolute nelle brevi considerazioni che precedono verranno successivamente
rilevate ed appianate nella misura in cui i casi che si andranno citando ne porgeranno
occasione.
In merito all'incidente di «visione panoramica» narrato dallo spirito comunicante,
osservo come questa volta il fenomeno si sia svolto in forma di «un riepilogo di
ricordi», anziché di una «visione panoramica» propriamente detta. Il che, naturalmente,
non muta i termini del quesito psicologico da risolvere e dimostrerebbe soltanto che il
defunto comunicante, anziché appartenere a ciò che in termini psicologici si denomina
il «tipo visuale», apparteneva a un tipo prevalentemente «auditivo-mentale».
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Caso IV
Riferisco un ultimo caso di data antica, il quale è costituito da due separati
episodi ch'io ricavo dal ponderoso volume pubblicato dal professor Langworthy Taylor,
dell'Università del Nebraska (Stati Uniti), e intitolato Fox-Taylor Record (5). Si
tratta delle relazioni sulle esperienze che i genitori del professore avevano fatto con
la famosa medium Kate Fox, per un periodo di ventitré anni (1869-1892). Tali relazioni
furono l'opera indefessa del professore. Allorché si iniziarono le esperienze il
professor Langworthy era un fanciullo, ma vi assistette frequentemente con i propri
genitori fino alla fine.
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Un primo episodio da cui si traggono ragguagli intorno alle trasformazioni subite dal
«corpo eterico» dopo la «crisi della morte», si connette con una delle più notevoli
manifestazioni conseguite in tale lunga serie di esperienze: manifestazione che
consisteva nella produzione in piena oscurità di ritratti a pastello meravigliosi,
ottenuti con precipitazione diretta dalle sostanze coloranti, mentre le mani della
medium erano costantemente tenute dai coniugi Taylor. Nei pastelli venivano riprodotte
le sembianze degli spiriti comunicanti, ed uno tra essi raffigurava la nonna della
signora Taylor recante in braccio la bimba di quest'ultima recentemente perduta. Le
sembianze della bimba risultarono una perfetta riproduzione dal vero, ma quelle della
nonna, la quale era vissuta fino a tarda età, erano invece la riproduzione perfetta di
ciò che era stata all'età di vent'anni. Comunque, essa era chiaramente identificabile
per i coniugi Taylor, i quali l'avevano conosciuta da giovane e tali sembianze
esprimevano una beatitudine celeste.
Nel presentare il pastello ai coniugi Taylor, lo spirito-guida Franklin aveva fornito
le seguenti delucidazioni:
«Nel mondo spirituale la vecchiaia non esiste, tutti rinascono a nuova vita,
riacquistando la freschezza giovanile. Così avvenne di tua nonna che è scaturita dal
suo vecchio involucro, come una farfalla dal bozzolo, ridiventando una bella giovinetta
che ha ripreso ad esistere con lo slancio vitale, l'esuberante attività, le nobili
aspirazioni che caratterizzavano in terra la sua età giovanile. Nel ritratto che ti
presentiamo di lei rileverai dall'espressione del volto i sentimenti di esultanza e di
felicità che vibrano nel suo essere». (Ivi, pag. 156).
E lo spirito della nonna, manifestatosi a sua volta, così parlò in proposito alla
nipote:
«Ricordati che io sono ridiventata giovane. Non appena nacqui nel mondo spirituale
riacquistai la freschezza giovanile, mi rividi nel fiore dell'età. Quanto sono felice
di ripresentarmi a te rigenerata, senza le tare della vecchiaia!». (Ivi, pag. 142).
Giova osservare come queste modalità dell'esistenza spirituale, secondo le quali
coloro che muoiono in età inoltrata si ritrovano in età giovanile, modalità riaffermate
innumerevoli volte dai defunti comunicanti, non risultino certo inattese o
inverosimili, e tanto meno improbabili ed assurde. Tutt'altro! Appare invece
rigorosamente logico che se lo spirito sopravvive e conserva sembianze umane
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nelle prime Sfere spirituali di esistenza, abbia allora a realizzarsi un alcunché di
simile per l'involucro dello spirito, visto che non si potrebbe immaginare un ambiente
spirituale popolato di vecchi decrepiti e di bimbi che rimangono costantemente tali.
Rimando in proposito ai commenti del caso che precede, in cui si osserva che se il
pensiero e la volontà sono forze organizzanti e plasticizzanti anche in ambiente
terreno, allora si dovrebbe logicamente desumere che le forze medesime abbiano ad
esercitarsi con maggiore efficienza nel mondo spirituale; e così essendo, ne
deriverebbe che una prima esibizione dei poteri acquisiti dagli spiriti disincarnati
dovrebbe esercitarsi precisamente sul rimodellamento dei loro «corpi eterici». Il che,
del resto, potrebbe anche realizzarsi ad insaputa dei defunti stessi, vale a dire per
effetto di un automatismo inerente alla misteriosissima «forza organizzante» che
nell'esistenza terrena aveva già plasmato i loro «organismi somatici». Riflettiamo un
momento. Che cosa può esservi di più portentoso di un uovo di gallina, dal quale, dopo
ventun giorni di cova, scaturisce un grazioso pulcino vivente, saltellante, pigolante,
protetto da una folta peluria, e capace di cibarsi da sé? Di fronte a un tale miracolo,
il fatto dell'esistenza nel mondo spirituale della medesima «forza organizzante», in
virtù della quale i «corpi eterici» dei defunti che invecchiarono in terra
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
ritornerebbero giovani, appare un fenomeno di gran lunga meno portentoso. Le
affermazioni unanimi dei defunti a tale riguardo dovrebbero dunque essere accolte quali
rivelazioni di una verità che non solo è concepibile, ma logicamente indubitabile per
chiunque si sia già convinto, in base alle indagini metapsichiche, dell'esistenza e
sopravvivenza dello spirito umano.
Si rileva nondimeno che in ambiente spirituale la «forza organizzante» non agirebbe
nel caso dei bimbi e dei giovanetti morti prima di pervenire allo stato adulto, e ciò
in quanto la forza misteriosa cui alludiamo sarebbe unicamente capace di riprodurre
tutte le fasi per cui è passato un defunto, e non di riprodurre anche la fase per la
quale non ebbe tempo di passare. Il che si spiegherebbe in base a una legge psicologica
che s'innesta su quella biologica: per arrivare allo stato adulto non si richiede
soltanto lo sviluppo organico, bensì l'accumularsi delle esperienze conseguenti agli
eventi della vita, esperienze indispensabili per la maturità dell'intelligenza alla
quale i bambini e i giovanetti immaturamente arrivati in ambiente spirituale
perverrebbero solo grazie a un processo di educazione supplementare.
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In questo secondo episodio ricavato dall'opera medesima, e in cui tutti i
protagonisti erano spiritisti della prima ora, gli accenni alla «crisi della morte» e
alle modalità dell'esistenza spirituale sono brevi, per quanto interessanti: ciò che
rende l'episodio altamente suggestivo, nonché teoricamente rarissimo, è il fatto che
un'inferma si è manifestata medianicamente da viva, durante una crisi d'incoscienza
comatosa, per poi comunicare da morta, due giorni dopo.
La signora Taylor riferisce quanto segue:
«Nella seduta del 19 gennaio 1886, dopo che i consueti parenti ed amici avevano
comunicato lungamente per mano della medium in condizioni di veglia, la matita prese a
muoversi con la più grande difficoltà, scrivendo in caratteri deformati e contorti.
Katie osservò: "Si vede che lo spirito che scrive, lo fa per la prima volta". Venne
dettato: "Vengo per dirvi che tra non molto sarò in grado di comunicare con voi da
spirito disincarnato. Non rivolgetemi domande".
«Chiesi ad "Olin" (fratello defunto della signora Taylor) chi fosse colui che aveva
scritto. Rispose: "Cara Sara, venne condotto qui da uno spirito amico. Tornerà; ma egli
non è ancora dei nostri. In ogni modo, tra un giorno o due, voi lo ascolterete
nuovamente, e simpatizzerete con lui...".
«Il giorno 21, Katie mi raggiunse il mattino per tempo, dicendo che non aveva avuto
intenzione di venire perché molto affaccendata, ma che le era stato ingiunto di venire
attraverso dei colpi e l'ingiunzione venne ripetuta con tale insistenza che dovette
risolversi ad obbedire.
«Erano presenti il dottore e mio figlio. Diedi carta e matita a Katie, e
immediatamente, con la medesima scrittura stentata, contorta, deforme, venne dettato:
"Prendete nota della data e dell'ora in cui venni l'altro giorno". E subito dopo con la
calligrafia di Vanderbilt (amico defunto dei Taylor) venne dettato: "Rileggete ad alta
voce il breve messaggio dettato martedì da questa povera e cara amica vostra". Noi
rileggemmo il messaggio, e poco dopo la matita riprese a scrivere con calligrafia
stentatissima, così esprimendosi: "Sì, era proprio martedì. Ora ricordo. Mi trovavo
ancora nel corpo - almeno così mi pare -, ma pensai alla dottrina spiritica, e così
pensando, il mio spirito abbandonò il corpo e venne qui. Amici miei, amici cari, dite a
'Olin' di assistermi; sono disorientata". Dopo una pausa, venne ancora dettato: "La mia
famiglia, mio marito... Oh come sono costernati! Avvertiteli subito ch'io vivo
ancora" (firmato Ma-
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ria). Io chiesi: "Quale Maria?". Venne risposto: "Maria Hocker Burton". Alla lettura di
quel nome fummo invasi da immenso stupore. Noi avevamo conosciuta Maria Hocker circa
diciotto anni prima; sapevamo ch'essa era andata sposa a un certo Burton quindici anni
prima, e che risiedeva ad Hartford, sua città natale. Null'altro sapevamo di lei. Che
cosa significava tutto questo? Era dunque morta? Echeggiarono i colpi, i quali
spiegarono che quando la defunta si era manifestata la prima volta il giorno 19, in
quanto ancora vivente, non era sufficientemente discernibile alla visione spirituale,
per cui gli spiriti-guida non avevano potuto distinguere a quale sesso appartenesse;
rilevarono solo che qualcuno stava per cambiare di stato.
«Dopo di che si manifestò nuovamente Maria Burton osservando: "Io non sono troppo
felice. A casa mia pensano ch'io sia morta subitamente, ma non è vero. Desidero
ritornare, perché avrei da dire molte cose che intendevo dire allorché mi trovavo a
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
metà nel mondo terreno ed a metà nel mondo spirituale. Quando il mio spirito abbandonò
il corpo, pensai: 'Come potrei fare per avvertirli ch'io mi trovo ancora con loro?'. Mi
sentivo disorientata, turbata. Allora mi vennero in mente Katie Fox, la signorina
Edmonds ed altre medium, e pensando ad esse con ardente desiderio, mi ritrovai a New
York, in presenza di Katie" (dettato da Maria Burton, scritto da "Olin").
«Quindi "Olin" continuò per conto suo nei termini seguenti: "Cara Sara, i parenti
della defunta sono oppressi dal dolore. Sarà bene che tu scriva subito una lettera di
condoglianze, cercando d'intercalare prudentemente in essa la consolante novella che
Maria vive, e pensa ai suoi cari. Con ciò, tu aprirai loro la via per venir qui".
«Poco dopo, lo stesso "Olin" informò: "Torno in questo momento da Hartford. La
signora Burton è morta ieri, ma non ne sono ben sicuro. Ho trovato i familiari
terribilmente costernati. Credo che cercheranno di comunicare con lei immediatamente.
L'agonia è stata triste e penosa".
«Tutte queste precise e recise informazioni ci immersero in grande stupore. Era vero?
Non era vero? Appena il dottore fu libero dagli impegni professionali, si recò a
Windsor per consultare i giornali di Hartford, residenza di Maria Burton, ma non
rinvenne notizia della sua morte. Ora senza la certezza in proposito, non potevo
azzardarmi a scrivere alla famiglia. Nella sera del 22, il dottore si recò
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nuovamente a Windsor, consultò i giornali di Hartford arrivati in quel momento, e
pubblicati la sera precedente, ivi leggendo la notizia della di lei morte, la quale era
avvenuta il giorno 20, come aveva riferito "Olin"; vale a dire un giorno prima che la
defunta si manifestasse a noi. Scrissi immediatamente a sua madre, la signora Hocker.
«"Nel mattino del 23, quando giunse Katie, si manifestò subito la defunta, scrivendo:
'Che cosa posso fare per compensarvi di tanta gentilezza? Non ho parole per
ringraziarvi. Mia madre verrà subito da voi. Tra poco io dormirò il sonno riparatore.
Sono stanca e disorientata. Anelo a dormire per liberarmi da questo stato di penosa
ansietà. Il soverchio dolore che travaglia i miei cari mi tiene vincolata al mondo. Vi
sono immensamente grata per la missione di conforto che avete inviata, la quale
affretterà la mia elevazione spirituale. Mi manifesterò altre volte a voi" (Maria
Hocker Burton).
«Come aveva preannunciato la defunta, la madre di lei giunse da noi la sera del 25.
Scoprimmo che il giorno 19 (martedì), nel momento in cui Maria si era manifestata
medianicamente a noi scrivendo per la prima volta, essa giaceva immersa in profondo
assopimento, e vi rimase per oltre un'ora. Scoprimmo inoltre che era tutto vero ciò che
"Olin" aveva detto circa la penosa e tristissima agonia della defunta, e
dell'opprimente atmosfera di dolore rimasta in quella casa...
«Infine, si manifestò ancora una volta "Olin", osservando: "Questa che avete ricevuto
è un'altra grande prova a dimostrazione che voi siete realmente in comunicazione col
mondo spirituale. Dovete fissarla nei vostri ricordi a vantaggio dei posteri e a
beneficio immenso dell'umanità. E' questo un caso che i vostri uomini di scienza
dovrebbero studiare profondamente"». (Ivi, pagg. 317-320).
Con questa esortazione del defunto «Olin» termina la relazione dell'interessantissimo
caso esposto, che mi decisi a riferire quasi integralmente, sebbene molto lungo. Si
deve riconoscere che il defunto in questione ebbe ragione di rivolgersi agli uomini di
scienza esortandoli a meditare sul valore dimostrativo che il caso presentava in favore
della sopravvivenza umana, giacché il fatto della duplice manifestazione medianica
della medesima persona - prima da viva e poi da morta -, in entrambi i casi convalidata
da prove incontestabili d'identificazione personale, emergeva palese dalle condizioni
in cui si svolse, visto che i coniugi Taylor nulla sapevano da
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diciotto anni della loro amica manifestatasi medianicamente, e non pensavano a lei; ma
soprattutto essi non potevano indovinare che si trovasse gravemente inferma, e tanto
meno potevano attendersi che si manifestasse nelle loro sedute prima da viva e poi da
morta.
Notevole a tale riguardo anche la circostanza che mentre tutti gli spiriti
comunicanti scrivevano spigliatamente con la scrittura «speculare» (al fine di provare
l'indipendenza della scrittura dalla volontà della medium), la nuova arrivata scrisse
invece in forma ordinaria e con estrema difficoltà, in quanto entità che comunicava per
la prima volta. Da rilevarsi pure la circostanza della defunta annunciante l'arrivo
immediato della madre, cosa che infatti avvenne.
I casi di manifestazioni medianiche di viventi sono sempre teoricamente interessanti,
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
giacché in tali contingenze è possibile attingere informazioni sulle condizioni in cui
si trova l'agente, al momento del suo manifestarsi medianicamente, e in pari tempo
controllare i fatti nel gruppo sperimentatore. Ora si è visto che nel preciso momento
in cui si comunicava medianicamente, l'inferma giaceva in condizioni comatose, fatto,
questo, che giustifica teoricamente la possibilità del fenomeno di comunicazione
telepatico-medianica
o,
più
probabilmente,
di
comunicazione
medianica
previa
«bilocazione». In ogni modo, sia che si trattasse di telepatia, sia di bilocazione, non
mutano le inferenze teoriche suggerite dal caso in questione, inferenze secondo le
quali quando è dimostrato, in base alle circostanze di fatto, che la prima
comunicazione medianica, in cui l'inferma diede il proprio nome non poteva derivare che
dalla personalità psichica integrale di lei vivente, allora anche la seconda
comunicazione avvenuta dopo la morte, con le medesime modalità di estrinsecazione e
identità di scrittura, era da ascriversi alla sua personalità psichica integrale, non
più nel corpo, ma sopravvissuta al corpo. In altri termini: la prima manifestazione «in
spirito» dell'inferma vivente assume valore di controprova indiscutibile circa la
presenza sul posto «in spirito» della seconda manifestazione di lei, avvenuta dopo
morte.
Ancora un'osservazione. Tutto concorre a dimostrare che l'episodio in esame non si
sia determinato spontaneamente, ma sia stato combinato intenzionalmente dagli spiriti-
guida, allo scopo di fornire ai viventi una prova incontestabile della sopravvivenza
umana. In primo luogo, è facile arguirlo in base alla circostanza che lo spirito «Olin»
disse alla signora Taylor che, quando l'inferma si era mani-
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festata da viva, era stata condotta alla seduta da uno spirito amico, indizio
quest'ultimo che la manifestazione era stata «combinata» nell'aldilà. In secondo luogo,
l'intenzionalità del fatto può ricavarsi anche dall'intervento dell'altro spirito
«Vanderbilt», il quale invitò gli sperimentatori a leggere ad alta voce il messaggio
dettato in precedenza dall'inferma comunicante, la quale ascoltò ed osservò: «Ora
ricordo. Mi trovavo ancora nel corpo»; circostanza, questa, dalla quale si desume che
gli spiriti-guida erano interessati a portare a buon fine l'esperienza in corso. In
terzo luogo, ciò emerge anche dall'episodio della medium alla quale, trovandosi a casa
affaccendata, venne ingiunto con dei colpi di recarsi senza indugio dai coniugi Taylor.
Allorché li raggiunse, si ottiene la seconda manifestazione, in cui colei che aveva
comunicato da viva comunicò dopo la morte. Provenendo l'ingiunzione dall'Aldilà, prova
più che mai che la seconda manifestazione, complementare della prima, era stata a sua
volta predisposta nel mondo spirituale. Infine, l'intenzionalità del tutto può
rilevarsi dal fatto che lo spirito «Olin» commentò egli stesso il caso occorso,
facendone osservare la grande importanza dimostrativa in prova dell'intervento reale
dei defunti nelle comunicazioni medianiche, e invitando gli uomini di scienza a
studiare l'episodio profondamente.
E' palese pertanto che se tali induzioni sono fondate, allora il caso esposto
acquista efficacia risolutiva in senso spiritualista, naturalmente anche per quanto
riguarda le condizioni dell'esistenza spirituale sottintese nell'episodio stesso. Tra
le quali giova rivelare un particolare fondamentale implicito nelle parole della
defunta comunicante: «Mi sentivo disorientata, turbata. Allora mi vennero in mente
Katie Fox, la signorina Edmonds ed altre medium, e pensando ad esse con ardente
desiderio, mi ritrovai a New York, in presenza di Katie!». E' questo un particolare che
si ripete costantemente identico nei messaggi dei defunti, e risulta una caratteristica
della potenza del pensiero e della volontà in ambiente trascendentale, in quanto
dimostra che per trasportarsi a qualunque distanza in ambiente spirituale, o
dall'ambiente spirituale a quello terreno, basta pensare intensamente alla località
designata, ovvero alle persone ivi residenti, per ritrovarsi trasportati sul posto.
Dal punto di vista delle prime impressioni provate in ambiente spirituale, noto che
la defunta - come tanti altri - si sentiva infelice a causa del soverchio dolore in cui
la propria dipartita aveva im-
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merso i suoi familiari. Si era quindi affrettata a trasmettere loro, tramite la medium
da lei sperimentata in vita, la grande novella della propria sopravvivenza,
proponendosi con ciò di mitigarne il dolore, e pervenire in tal modo ad addormentarsi
nel sonno riparatore, di cui sentiva il supremo bisogno nello stato di disorientamento
in cui si trovava. Tale disorientamento deriva dal fatto che un periodo di sonno
riparatore più o meno lungo è quasi sempre indispensabile al transito normale tra due
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
fasi di esistenza qualitativamente tanto diverse. Senonché lo stato di depressione
morale cui erano in preda i suoi cari teneva la defunta vincolata al mondo dei viventi,
ostacolando lo svolgimento normale delle fasi iniziali dell'esistenza spirituale. Come
si è visto, una volta esaudito il desiderio della defunta, quest'ultima ringraziò i
coniugi Taylor per la missiva di conforto inviata ai suoi cari, la quale, avendo
conseguito lo scopo di mitigarne il dolore, la poneva in grado di affrettare la propria
elevazione spirituale.
Noto che le osservazioni del genere esposto si ripetono frequentemente nei messaggi
dei defunti, i quali sono concordi nel dichiarare che le penosissime vibrazioni
emozionali, che si sprigionano dall'organismo umano in preda a una crisi eccessiva di
dolore per la morte di un amato congiunto, si ripercuotono telepaticamente nel sensorio
dello spirito disincarnato, determinando uno stato d'animo penosissimo corrispondente,
con la conseguenza che fino a quando i viventi persistono nel loro soverchio dolore, lo
spirito disincarnato rimane vincolato all'ambiente in cui visse, ritardando di
altrettanto la propria elevazione spirituale.
Da rilevare in proposito che l'episodio esposto, conseguito con una delle tre sorelle
Fox, dalle quali trasse origine il movimento spiritualista, testifica come le
esortazioni alla rassegnazione fossero tra le prime trasmesse nei messaggi dei defunti
non appena questi pervennero a comunicare coi viventi: ciò ne dimostra l'importanza e
l'urgenza per il benessere dei defunti stessi.
Caso V
Passando a riferire casi più recenti, comincio con un episodio ricavato dal libro di
Jessie Platts The Witness (6). Si tratta di una raccolta di comunicazioni medianiche
interessantissime, conseguite con la
- 40 -
medianità della stessa Jessie Platts, vedova del reverendo Charles Platts, la quale
ebbe la sventura di perdere entrambi i figli nella Grande Guerra. Le comunicazioni
pubblicate provengono dal minore tra questi - il diciottenne Tiny - morto combattendo
sul fronte francese, nell'aprile 1917, e comunicatosi psicograficamente con la
medianità improvvisata di sua madre nell'anno successivo, allorché la guerra infuriava
ancora, più che mai terribile. Egli fornì prove personali d'identificazione dirette e
indirette. Queste ultime consistevano nell'annunciare alla mamma l'ingresso nel mondo
spirituale di altri spiriti di militari uccisi in quel momento in battaglia; e dopo
qualche giorno pervenivano effettivamente notizie ufficiali sulla morte di quei
medesimi soldati. Egli aveva informato la mamma di fungere da semplice strumento
trasmettitore di ammaestramenti spirituali, incombenza affidatagli da uno spirito
missionario che in vita era stato un religioso, di nome padre Hilarion. Ora la signora
Platts nulla sapeva dell'esistenza passata di un siffatto personaggio, ma informandosi
in proposito pervenne ad accertare ch'egli era effettivamente vissuto.
Ciò premesso, allo scopo di corroborare il valore dei messaggi in questione, passo a
riferire il brano che riguarda l'ingresso del figlio di Jessie Platts in ambiente
spirituale. Egli dettò:
«Per i viventi in ambiente terreno vi è molto da apprendere intorno allo stato che li
attende dopo la morte, quando lo spirito si distacca dall'organismo corporeo. Mi si
concede di parlartene brevemente in questo messaggio. Premetto che non possono darsi
due spiriti disincarnati i quali abbiano a sottostare alla medesima esperienza in
proposito. Nondimeno, tali multiformi esperienze presentano un dato comune, ed è che
tutti gli spiriti s'immaginano di essere ancora vivi, e quelli che passarono per
un'agonia di sofferenze rimangono profondamente sorpresi di trovarsi improvvisamente
guariti; e la loro esultanza è tale ch'io ritengo sia questa l'impressione più forte
che si possa provare dopo la crisi della morte. Quando sono morto io o, più
precisamente, quando il mio corpo è morto, ben ricordo che immaginavo di essere più
vivo che mai, e stavo in attesa di ricevere ordini per un'ulteriore avanzata (quando mi
colpì la pallottola che mi uccise, si era stati tagliati fuori dal nostro reggimento, e
si tentava con grandi cautele di riprendere contatto).
«Qualche rara volta gli spiriti disincarnati, ritrovandosi soli in ambiente
sconosciuto, sono colti da grande spavento; ma ciò avvie-
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ne soltanto a coloro che furono in vita profondamente egoisti, e non rivolsero mai il
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
pensiero a Dio. Nondimeno, a suo tempo, anche questi spiriti sono soccorsi e confortati
dai loro spiriti-guida, ma prima occorre ch'essi acquistino sufficiente spiritualità
per essere in grado di percepirli.
«Quasi tutti i disincarnati passano per un periodo di sonno riparatore, che può
durare un giorno o due, come può durare settimane e mesi, il che è in rapporto con le
circostanze del loro trapasso. Nel caso mio - ero stato ucciso sul colpo - non avevo
sofferto, e non ero passato per malattie estenuanti; tuttavia, il sonno si protrasse
per circa una settimana, poiché la mia morte, troppo fulminea, aveva provocato uno
strappo brusco del "corpo fluidico" dal "corpo somatico", con notevole contraccolpo sul
primo.
«Qualora tra gli spiriti nuovi arrivati ve ne siano taluni vincolati da grandi
affetti con altri spiriti già da tempo disincarnati, questi ultimi accorrono ad
incontrarli prima che passino per la fase del sonno riparatore. Non può darsi felicità
maggiore di questi incontri in ambiente spirituale, dopo lunghe separazioni che
sembravano definitive. E per quanto sappiano che dovranno temporaneamente separarsi
ancora, gli spiriti non se ne rammaricano, poiché sanno che queste separazioni non sono
più la stessa cosa. Quando poi gli spiriti nuovi arrivati si risvegliano dal sonno
riparatore, le loro guide intervengono per ammaestrarli intorno alla natura
dell'esercizio spirituale riserbato a ciascuno...».
La narrazione esposta appare soprattutto interessante in quanto riassume in breve
spazio le modalità essenziali con le quali si svolgerebbe normalmente la crisi della
morte per la grande maggioranza dei viventi; modalità che però varierebbero enormemente
nei casi estremi di personalità di viventi le quali si disincarnano in condizioni molto
evolute, o molto degradate, di spiritualità.
Da rilevare altresì la consueta concordanza in merito a un particolare fondamentale:
gli spiriti disincarnati non sanno di essere morti. Tale concordanza si ripete
immancabilmente (salvo eccezioni che confermano la regola) dai primordi del movimento
spiritualista e risulta teoricamente notevolissima, e ciò in ragione della stranezza
insospettata del particolare, stranezza la quale vale ad escludere l'ipotesi dei
«romanzi subliminali», giacché non sarebbe ammissibile che una personificazione
subcosciente, derivazione assoluta di quella cosciente, inventasse ragguagli in aperto
contrasto con
- 42 -
quanto giudicherebbe in proposito quest'ultima. Risulterebbe, infatti, più che mai
inammissibile che centinaia di personalità mistificatrici s'incontrassero fortuitamente
nell'inventare i medesimi ragguagli fantastici, contrari al criterio della ragione
umana. Se così fosse, si dovrebbe logicamente desumere che se tante concordanze intorno
a particolari inverosimili per la mentalità dei viventi si ottengono medianicamente
tramite sensitivi che non potevano pensarli coscientemente, e ignoravano che analoghe
rivelazioni fossero state conseguite da altri sperimentatori, allora si dovrà
riconoscere come non possa esistere che una sola spiegazione del fatto: i particolari
forniti dalle personalità spirituali concordano tra di loro perché derivano da un'unica
causa, che è l'osservazione diretta. In altri termini: se tutte le personalità
medianiche descrivono le medesime condizioni di ambiente spirituale, e i medesimi
rilievi di fondo, ciò dimostra che le condizioni di ambiente descritte risultano
genuinamente spirituali, nonché obiettive, permanenti, reali, realissime.
Un altro particolare fondamentale assolutamente concordante in tutte le rivelazioni
trascendentali è quello relativo alle fasi di sonno riparatore cui andrebbero soggetti
quasi tutti gli spiriti nuovi arrivati; al qual proposito si deve sottolineare come
tutte le rivelazioni trascendentali concordino altresì nell'indicare le cause che
renderebbero necessario tale periodo di assoluto riposo dello spirito.
Rilevo ancora come tutte concordino mirabilmente riguardo a un altro particolare
fondamentale che nel messaggio in esame è racchiuso nel passo dove si accenna
all'isolamento in cui si troverebbero gli spiriti che furono in vita profondamente
egoisti; condizione determinata dalla imperfezione della loro facoltà di percezione
spirituale, che sarebbe una conseguenza inevitabile dello stato rudimentale in cui si
trova la loro spiritualità. Ne deriverebbe che tale isolamento non potrebbe aver fine
se non quando gli spiriti abbiano acquisito sufficiente spiritualità per essere in
grado di percepire la presenza dei loro spiriti-guida. Quest'ultimo ragguaglio, messo
lì per incidenza nel messaggio considerato, risulta teoricamente importante, in quanto
concorda con tutti gli ammaestramenti forniti in proposito da numerose altre
personalità medianiche, le quali insegnano che gli spiriti inferiori non possono
scorgere quelli appartenenti a gerarchie superiori. Ripeto che le concordanze in merito
ai particolari secondari risultano teoricamente e progressivamente sempre più
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
importanti nella misura in cui i medesimi si dimostrano
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per se stessi sempre più futili e strani. Proprio questi particolari costituiscono la
maggiore sorpresa per lo studioso che si accinge a comparare tra di loro le varie
raccolte di rivelazioni trascendentali.
Infine, gioverà non dimenticare quanto lo spirito comunicante afferma in principio -
e sempre in pieno accordo con gli altri - che, cioè, non possono darsi due personalità
spirituali le quali abbiano a passare per le medesime esperienze dopo la crisi della
morte. Una simile affermazione appare assolutamente razionale, in quanto se nel mondo
dei viventi non possono esistere individualità pensanti assolutamente identiche, se per
«legge di affinità» ogni spirito gravita nel piano spirituale che gli compete, e se il
pensiero di ogni spirito crea il proprio ambiente subiettivo ed obiettivo, allora è
certo che non possono darsi personalità disincarnate le quali abbiano a passare per le
identiche vicende spirituali. In questo modo è facile spiegare numerose presunte
contraddizioni nelle rivelazioni trascendentali, le quali dovranno invece ascriversi
alla varietà infinita dei temperamenti individuali, combinati ai diversi gradi
evolutivi raggiunti in ambiente terreno da ogni personalità umana.
Termino osservando che Jessie Platts fu indotta ad occuparsi di ricerche medianiche e
a scrivere automaticamente a causa della morte in guerra di entrambi i suoi figli;
nulla, o ben poco, conosceva in rapporto alle dottrine spiritiche, e tutto ignorava in
merito al contenuto delle altre raccolte di rivelazioni trascendentali.
Caso VI
Ricavo l'episodio seguente da una preziosa raccolta di «rivelazioni trascendentali»
che s'intitola The Morrow of Death (7), by «Amicus», e venne dettata con la medianità
di un privato: il signor Ernest H. Peckam. L'entità comunicante, qui designata con lo
pseudonimo di «Amicus» per desiderio dell'entità stessa, era stata in vita il reverendo
A. H. Stockwell, deceduto da oltre un quarantennio, il quale dopo avere fornito ottime
prove d'identificazione personale, si consacrò all'adempimento della propria missione,
che consisteva nell'impartire ai viventi gli ammaestramenti qui considerati, i quali
risultano una mirabile esposizione riassuntiva delle modalità di esistenza spirituale.
Egli narra in questi termini le sue prime esperienze in proposito:
- 44 -
«Allorché mi trovavo nel mondo dei viventi, non pervenni mai a formarmi un chiaro
concetto della esistenza d'oltretomba: avevo in proposito delle idee confuse ed
incerte, che però si aggiravano intorno alle solite concezioni di un "paradiso"
riservato a coloro che riuscivano a salvarsi, e di un "inferno" pronto a inghiottire i
"malvagi". Ai miei tempi era generalmente ignorata la possibilità di comunicare con gli
spiriti dei defunti, per cui non rimaneva di meglio che teorizzare ed aver fede in Dio.
Questa fede io l'avevo.
«Posto ciò è inutile ch'io ti dica che quando mi ritrovai nel mondo spirituale,
rimasi profondamente stupito in presenza del vero. Mi vidi accolto, confortato ed
aiutato da persone a me ben note in terra, le quali mi avevano preceduto nel gran
viaggio; ma ciò che per me costituì la suprema esultanza del momento fu l'incontro con
la mia cara compagna di tutta la vita, la quale riprese a prodigarmi in ambiente
spirituale le devote attenzioni e le tenerezze affettive che tanto amorosamente mi
prodigava in ambiente terreno. E i primi passi da me segnati nella celeste dimora
furono sorvegliati dalla mia guida amorosissima. Posso pertanto affermare che la mia
prima esperienza in ambiente spirituale fu la prova che l'amore e la devozione della
mia compagna non si erano in nulla affievoliti per la sua morte, giacché si rinnovarono
con tutta la spontaneità commovente che li caratterizzava in ambiente terreno. Sentivo
di essere effettivamente tornato alla mia dolce dimora familiare del periodo più felice
della mia vita; ma questa volta io assaporavo maggiormente la mia felicità per
l'esultanza suprema della riunione celeste, dopo la lunga separazione terrena. Osservo
a questo punto che la narrazione della mia personale esperienza a tale riguardo non è
che un episodio normale dell'esperienza di tutti in ambiente spirituale; la morte non
può sopprimere l'amore, né impedire la riunione di due anime che in terra si sono
amate. Naturalmente, il nostro reciproco affetto aveva per fondamento molte qualità
spirituali comuni ad entrambi; pur tuttavia, in questi ultimi tempi, la via che conduce
alla nostra elevazione spirituale si è biforcata, ma entrambi siamo contenti che sia
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
così.
«Una delle mie prime scoperte dopo morte è stata quella di scoprire me stesso. La mia
reale individualità mi venne prospettata dinanzi con tutta la sua crudezza di colorito,
e tale rivelazione non fu precisamente lusinghiera per me...
«[...] Il processo della morte fisica e della rinascita spirituale è
- 45 -
molto interessante ed anche bello. Normalmente, dall'istante in cui s'inizia lo sfacelo
del corpo, processo che talvolta dura a lungo, cessano le sofferenze fisiche, le
ansietà dello spirito, e gradatamente si passa in condizioni di assoluta incoscienza.
Ma non appena è superata la crisi della morte, si determina il pieno risveglio della
coscienza, e simultaneamente entrano in attività le neonate facoltà spirituali. Il
defunto rinasce a nuova vita e comincia subito ad esercitare la propria attività nel
nuovo ambiente. Quasi sempre, provvidenzialmente, lo spirito disincarnato non si
accorge di essere morto e qualche volta, quando se ne accorge troppo presto, ne rimane
terribilmente sconvolto, specialmente se la morte ha reciso forti vincoli affettivi...
Ma egli non arriva in ambiente spirituale come un derelitto, e non è quasi mai lasciato
in balìa di se stesso: ogni spirito, quasi senza eccezione, quando emerge dalla crisi
della morte, viene accolto dagli spiriti meglio indicati a confortarlo, consigliarlo,
assisterlo...
«Ma dove, dunque, si trova lo spirito nuovo nato? Ecco: egli è emerso in quello stato
di esistenza che le sue condizioni mentali, morali, spirituali rendevano il solo
possibile per lui. L'ambiente che lo accoglie è determinato dal grado di spiritualità
in cui si trova. Egli, attraverso la morte, raggiunge quel soggiorno spirituale che ha
preparato a se stesso; e non può andare da nessun'altra parte. Sono le qualifiche
spirituali che lo fanno gravitare con infallibile precisione verso quelle condizioni di
esistenza che risultano matematicamente corrispondenti ai suoi meriti e demeriti. La
grande "legge di affinità" governa il processo, che risulta inesorabile. L'uomo va,
dopo morto, nell'ambiente ch'egli preparò a se stesso, e non può accadere diversamente.
Egli raggiunge i propri simili; gravita verso quelle regioni spirituali nelle quali si
troverà pienamente a suo agio, come nel proprio ambiente, come a casa sua. La sua
futura dimora si trova già nell'ambito dell'anima sua e i suoi compagni spirituali sono
gli esseri simili a lui. In altre parole: lo spirito disincarnato, per effetto della
benefica e giusta "legge di affinità", in forza della quale "ogni simile attrae il suo
simile", gravita nell'ambiente che solo può adattarsi alle sue condizioni di evoluzione
spirituale, di elevatezza morale, di cultura intellettuale, quale egli stesso ha
determinato con la propria attività terrena. Egli va dove deve andare...
«Non è possibile fornirti un'idea comprensiva ed esauriente in-
- 46 -
torno alla natura svariatissima delle occupazioni e delle attività spirituali... In
ogni modo sta pur sicura che tali attività, tali occupazioni trascendono smisuratamente
quelle terrene nei loro scopi, nei loro generi, nella loro potenzialità, nei loro
effetti, nella loro utilità, stabilità, bellezza e grandiosità. Inoltre, capirai che
non è possibile spiegarti in che consista una gran parte di siffatte attività, in
quanto esse sono peculiari dell'esistenza spirituale e di conseguenza non sono
paragonabili a quelle che si svolgono in ambiente terreno, ove si esercitano sensi
terreni nella relatività del tempo. Le nostre sono attività puramente spirituali,
intese a scopi spirituali, nonché esercitate tramite agenti spirituali, di cui voi
naturalmente conoscete nulla o ben poco.
«Debbo nondimeno aggiungere che nei primi gradi dell'esistenza spirituale accade
raramente d'intraprendere qualche compito sistematico ben definito, e ciò in quanto la
vita appare a tal segno nuova, strana, diversa da tutto ciò che si era immaginato o
sognato, che per un lungo periodo di tempo si rimane interamente assorbiti
nell'esplorare l'ambiente che ci accoglie, sforzandoci di comprendere la sua esistenza.
Inoltre, ci si sente troppo felici per sentire il bisogno di occuparsi stabilmente, e
ciò a causa degli incontri avvenuti con i nostri cari, insieme con i quali si compiono
continui viaggi d'istruzione nell'ambiente spirituale, viaggi che valgono a farci
comprendere quanto a noi rimanga da imparare, e quanto da disimparare. Ne deriva che
tutte le nostre energie sono interamente assorbite in tale compito svariato e
affascinante. Nello stesso tempo, e nella misura in cui si prolunga il nostro soggiorno
nelle sfere spirituali, ci si offrono occasioni di piccoli compiti da assolvere, di
servigi da rendere, i quali ci mantengono felicemente occupati. Ma quando finalmente si
sono compresi i veri rapporti che ci vincolano alla nuova esistenza - vale a dire, che
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
siamo entità spirituali, fornite di poteri spirituali, destinate ad operare utilmente
in ambiente spirituale - allora vien fatto di scoprire in che consista la nostra
speciale vocazione, alla quale ci dedichiamo sistematicamente, trovando la vera
felicità nell'entrare in servizio per il vantaggio comune...
«A questo punto è consigliabile ch'io ti accenni alla natura della sostanza usata per
le costruzioni, o creazioni in ambiente spirituale, nonché ai metodi impiegati, e al
modo con cui si utilizzano. Il nostro è il mondo del pensiero, ed ogni cosa in esso
visibile, tangibile, utilizzabile è una creazione del pensiero. Il nostro corpo
spirituale è
- 47 -
una creazione sostanziale del pensiero, e dal corpo medesimo, senza detrimento alcuno
per la nostra individualità, noi esteriorizziamo ciò che si richiede per esercitare la
nostra attività obiettiva. Intorno a noi prendono forma le creazioni del nostro
pensiero, le quali si fondono e si armonizzano con le creazioni del pensiero altrui.
Alcune di tali creazioni sono esteriorizzazioni inconsapevoli del pensiero spirituale,
altre invece derivano dalla forza creatrice del pensiero guidata dalla volontà, a scopi
determinati. Noi siamo esseri costituiti di pensiero, esistenti in un mondo creato dal
pensiero, e tutto ciò che desideriamo, come tutto quanto operiamo, lo facciamo per
dinamismo del pensiero.
«Naturalmente per chi si trova ad esistere in ambiente terreno - tanto radicalmente
diverso dal nostro - è arduo comprendere, o anche credere a queste nostre rivelazioni;
eppure ti garantisco che i processi funzionali impliciti in ciò che ti descrissi, sono
molto semplici, molto naturali e stupendamente efficaci... Questi ammaestramenti
spirituali che ora soltanto si cominciano a impartire ai viventi risultano una delle
"molte cose" a proposito delle quali Gesù Nazareno affermò che "la Sua generazione e i
Suoi tempi non erano maturi a riceverle"...».
A proposito dell'interessante messaggio esposto, ed a conferma della tesi essenziale
e più propugnata, giova insistere sul fatto che nel messaggio stesso si osservano le
consuete immancabili concordanze circa un buon numero di particolari fondamentali
riguardanti le modalità dell'esistenza spirituale. Tali risultano: l'informazione
inerente agli spiriti dei defunti i quali, salvo rare eccezioni, vengono accolti e
confortati dai familiari ed amici che li precedettero in ambiente spirituale;
l'informazione dello spirito comunicante il quale narra di essere passato per la prova
della «visione panoramica» di tutte le vicende della sua vita; l'informazione sugli
spiriti nuovi arrivati i quali non si accorgono di essere morti; l'informazione sul
pensiero in ambiente spirituale, il quale è forza plasticizzante e organizzante; e
infine, l'informazione sulla «legge di affinità», regolatrice inesorabile dei destini
umani senza che vi sia bisogno di un Giudice Supremo il quale condanni o assolva ogni
singolo spirito disincarnato.
Rilevo che la lunga e interessante narrazione sulle occupazioni e le attività
spirituali risulta prudentemente generica, ed è bene che sia così, giacché si comprende
che lo spirito comunicante, ben co-
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noscendo l'impossibilità di descrivere in termini di linguaggio terreno le attività
qualitativamente diverse dell'esistenza disincarnata, si limita ad accennarvi
genericamente per non alterare la verità, traendo in errore i viventi. Non è così però
che si comportano molti altri defunti comunicanti, i quali si sforzano invece di
descrivere come meglio possono le modalità dell'esistenza disincarnata con i termini
del linguaggio terreno, per quanto ben sovente abbiano cura di avvertire che i loro
messaggi produrranno incomprensione e scetticismo tra i non iniziati.
Tra i particolari secondari non ancora commentati, giova notare quello dello spirito
comunicante il quale informa come, malgrado il grande amore che lo vincolava allo
spirito della propria compagna, era per essi giunto il momento in cui la via che
conduceva alla loro elevazione spirituale si biforcava; ma che, nondimeno, erano
entrambi contenti di separarsi.
Tale particolare, il quale concorda con l'altro analogo contenuto nel Caso V, è
teoricamente importante in quanto appare abbastanza inatteso per non potersi ammettere
che la circostanza di molti medium concordi nel riferirlo debba ascriversi a una serie
di «fortuite coincidenze». Noto che taluni degli spiriti comunicanti i quali lo
riferirono ebbero cura di osservare che se gli spiriti tra di loro vincolati dall'amore
si separano senz'ombra di rimpianto, ciò avviene per due motivi: l'uno, ch'essi sanno
come la separazione si compia a vantaggio della loro reciproca elevazione spirituale,
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
la quale non può non essere più o meno diversamente orientata per ogni entità
spirituale, secondo la natura di ogni individualità umana; l'altro, che gli spiriti
vincolati dall'amore sanno che ogniqualvolta desiderano rivedersi non hanno che a
manifestarne la volontà per ritrovarsi istantaneamente riuniti.
Caso VII
Ricavo l'importante episodio che segue da un libro che s'intitola The Consoling Angel
(The Case of Hattie Jordan) (8). Autore del libro è il musicista Florizel von Reuter,
celebre nel mondo dell'arte per la sua rara eccellenza di concertista «virtuoso» del
violino. Dedito da molti anni alle indagini psichiche insieme con la propria madre,
entrambi medium scriventi paragonabili ai migliori di ogni tempo.
- 49 -
Essi ottennero prove d'identificazione spiritica notevolissime, con numerosi episodi di
«xenoglossia» in lingua russa, polacca, turca, persiana: tutte prove che risultano per
se stesse importanti, senza nondimeno possedere caratteristiche che le distinguano da
tante altre analoghe. Quest'ultimo caso prende posto invece tra quelli d'ordine
eccezionale, tanto per il numero straordinario dei ragguagli veridici forniti
dall'entità comunicante, quanto per l'eccellenza delle prove d'identificazione che ne
derivano, le quali, a volerle considerare cumulativamente, assurgono a un valore
risolutivo in senso spiritualista.
Dal nostro punto di vista, è da rilevare che la defunta trasmette informazioni circa
la propria esistenza spirituale che concordano pienamente con quelle trasmesse da un
grande numero di altre personalità di defunti. E' evidente che la circostanza di
siffatte «rivelazioni trascendentali», interpolate inestricabilmente tra i ragguagli
personali veridici riguardanti l'esistenza terrena dell'entità comunicante, fa sì che
le due serie complementari d'informazioni non possano scindersi. Di conseguenza si è
tratti logicamente a concluderne che se i ragguagli personali forniti debbono
accogliersi per buone prove in favore dell'interpretazione spiritica dei fatti, allora
si dovrà riconoscere l'origine altrettanto spiritica dei ragguagli forniti dall'entità
medesima in ordine all'ambiente spirituale che l'accoglie. In altre parole: o dovrà
riconoscersi l'origine supernormale di entrambe le tipologie di informazione, o
dovranno entrambe ritenersi mistificazioni della subcoscienza: il voler ritenere l'una
per supernormale e l'altra per subcosciente apparirebbe illogico fino all'assurdo. Ma
di ciò discuteremo più oltre.
Hattie Jordan - la defunta comunicante - era morta a Pasadena in California, dove
conviveva con la sorella Florence. Un grande reciproco affetto legava le due sorelle.
Né l'una, né l'altra si erano mai occupate di «spiritualismo», e tutto ignoravano in
proposito.
La medium, signora Reuter, le aveva conosciute nella fanciullezza, ma da oltre
trent'anni aveva avuto ben pochi rapporti con esse, e praticamente nulla sapeva in
merito ai loro congiunti, ai loro amici, alle loro conoscenze. Quando Hattie morì, i
Reuter si trovavano in Europa, e non tardarono ad ottenere messaggi da parte della
defunta, i quali si trasformarono in lettere che la sorella defunta inviava alla
sorella vivente. Tali lettere erano piene di ragguagli intimi per
- 50 -
la propria identificazione personale, i quali si accumularono fino al punto da
oltrepassare la cifra di trecento prove sebbene la grandissima maggioranza dei
ragguagli stessi fosse ignorata dai due Reuter, i quali, allorché ottennero i primi
messaggi di lei, ne ignoravano anche la morte. Fu la defunta che gliela partecipò,
aggiungendo di essersi manifestata perché estremamente ansiosa di entrare in rapporto
con la sorella vivente, onde trasmetterle la grande novella della propria sopravvivenza
alla morte del corpo. A tale scopo, essa cominciò ad inviarle messaggi zeppi di
informazioni personali intime, intese a convincerla in proposito. E l'impresa di
convincerla fu lunga e laboriosa per la naturale diffidenza della sorella che temeva
d'illudersi. Senonché l'accumularsi imponente di sempre nuove e mirabili prove in tal
senso, finì per trionfare su ogni perplessità, e il giorno in cui ricevette dalla
defunta ancora una missiva in cui era contenuto un elenco di ragguagli personali in
massima parte ignorati dalla stessa sorella vivente, ma risultati veridici, essa
finalmente scrisse ai Reuter: «Ditele, oh! ditele che da questo momento io non ho più
bisogno di prove: sono convinta. Dopo aver letto quest'ultimo messaggio, non mi sento e
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
non mi sentirò mai più sola, mai più desolata. Sono rinata a nuova vita, e gioisco di
una felicità senza limiti. Hattie mi si rivela sempre la stessa, ma libera finalmente
da tante sofferenze...».
Ottenuto l'agognato scopo, la sorella defunta poté finalmente iniziare un carteggio
svariato ed istruttivo con la sorella vivente, e nella prima di tali missive descrisse
le vicende per cui passò dopo la crisi della morte. Questa la missiva:
«Cara Florence,
Non è possibile ch'io ti descriva in questa mia prima lettera ciò che vidi ed appresi
dal giorno in cui mi sono risvegliata nel mondo spirituale. Dovrei scrivere molto per
fornirtene una pallida idea.
«Fui preda del sonno dopo che la mia vecchia salma fu seppellita. In quel mattino
memorabile in cui ho sentito dire che io ero morta, mi ero invece trovata più vivente
che mai accanto alla mia vecchia salma inanimata. Avevo provato la sensazione di
evadere da me stessa, e di continuare ad essere me stessa, ma liberata da ogni affanno
del respiro. A tutta prima rimasi disorientata nel trovarmi istantaneamente libera da
ogni sofferenza. Strana cosa! Mi vedevo lì, accanto a me stessa! D'un tratto mi avvidi
che potevo leggere nel tuo pensiero, ed appresi qual vuoto tremendo l'evento aveva
scava-
- 51 -
to nel tuo cuore. Fu allora che decisi a qualunque costo di farti sapere, di farti
sentire, di farti toccare con mano che io ero sopravvissuta alla crisi della morte.
Allora non sapevo che avrei potuto realizzare il mio proposito, ma avevo l'intuizione
sicura che sarei riuscita.
«Carissima Florence, avevo letto nell'anima tua come in un libro aperto e avevo
misurata l'immensità della tua disperazione. Non c'era che un rimedio: manifestarmi a
te nel più breve tempo possibile. Ho un ricordo molto vago di ciò che mi accadde il
giorno dopo, con il mio transito nel mondo spirituale. Ricordo di essermi lungamente
indugiata con te, ma dovevo trovarmi in condizioni di spirito molto confuse. Non si può
dire ch'io dormissi, ma il tempo passò senza che me ne avvedessi. Quando la mia vecchia
salma fu seppellita, le idee mi si rischiararono, e ricordai certi discorsi che gli
amici nostri, Grace e Florizel, avevano tenuto con noi, per cui mi venne l'idea di
raggiungere te per mezzo loro. Senonché non tardai ad accorgermi ch'io mi trovavo in
condizioni di grande stanchezza; ed ecco venirmi incontro nostra madre, con altri
spiriti, tra i quali uno che mi si rivelò per il mio spirito-guida. Mamma mi condusse
in un luogo dove io dovevo sostare, riposare, dormire, al fine di rinvigorirmi
assorbendo energia spirituale. Prima però di dispormi a dormire, chiesi alla mamma:
"Dimmi se si può comunicare con Grace e Florizel". Rispose: "So perché me lo domandi.
Mi proverò e vedrò ciò ch'io potrò fare. Per ora tu devi pensare a dormire". Non so per
quanti giorni si sia prolungato il mio sonno; ma quando mi risvegliai, mamma mi disse
che si era trasportata dai nostri amici, nel momento in cui si servivano di una curiosa
tavoletta con la quale altri spiriti presenti trasmettevano ai viventi il loro pensiero
facendola scrivere. Aggiunse ch'essa pure si era provata a scrivere, pervenendo a
trasmettere queste poche parole: "Florence abbisogna di aiuto".
«Non appena rinvigorita dalle correnti di energia eterica, pensai a te, cara
Florence, e vedendoti sempre in preda alla più fosca disperazione, sempre più
miserabile, derelitta, esausta di forze, volli subito provarmi ad entrare in rapporto
con Grace e Florizel; e con l'aiuto di Flora ed altri spiriti amici vi sono riuscita.
Questo il principio della nostra rinnovata riunione, la quale a te sembra un portento
imperscrutabile, ma invece risulta la cosa più naturale del mondo. Niente di
meraviglioso per noi in tutto questo. Noto però
- 52 -
che i miei amici spirituali, qui convenuti per le comunicazioni con il mondo dei
viventi, affermano tutti che posseggo una speciale attitudine per trasmettere
correttamente prove d'identificazione personale. Infatti, vi sono molti tra essi che
non pervengono a trasmettere altro che poche parole frammentarie. Tutti costoro, cara
Florence, furono con me tanto buoni da insegnarmi ed aiutarmi a comunicare... Io sono
pienamente felice per avere raggiunto l'intento... Mi arresto, perché mi accorgo che i
buoni amici tramite i quali scrivo, abbisognano di riposo. Ma non ti pare che per
essere questa la prima lettera a te inviata dal mondo spirituale, io sia riuscita a
disimpegnarmi benino?
«Buona notte, sorella mia. Verrò a sorvegliarti nel sonno, disciplinando i tuoi
sogni».
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Questa è la prima lettera-messaggio della defunta Hattie Jordan alla sorella
Florence, che nondimeno era stata preceduta da numerosi altri messaggi ai Reuter, da
trasmettersi alla sorella.
I lettori avranno rilevato che la narrazione dell'entità comunicante intorno a quanto
le avvenne dopo la crisi della morte concorda mirabilmente con le narrazioni analoghe
che precedono.
Nella lettera in questione è da notarsi il passaggio in cui la defunta comunicante
informa che, avendo chiesto alla madre se si poteva trasmettere un messaggio alla
sorella vivente tramite gli amici Reuter, la madre aveva soggiunto che si sarebbe
incaricata di tentare la prova; ed era infatti riuscita a trasmettere le parole:
«Florence abbisogna di aiuto». Orbene, è vero che i Reuter avevano ricevuto quel breve
messaggio (pagg. 16-17), ma ignorando la morte di Hattie Jordan, non pensarono affatto
che il messaggio alludesse alla sorella di lei. Chiesero spiegazioni in proposito, ma
lo strumento medianico più non si mosse: l'entità comunicante, assolutamente nuova a
siffatte esperienze, non fu in grado di trasmettere altre parole.
Come feci rilevare, queste lettere-messaggi alla sorella sono frequentemente
interpolate da informazioni e descrizioni riguardanti la propria esistenza spirituale,
informazioni e descrizioni che risultano corrispondenti a ciò che narrano tanti altri
defunti comunicanti; vale a dire che nelle prime Sfere dell'esistenza spirituale ci si
ritrova in un ambiente terreno spiritualizzato, con questo di straordinario: che in
forza della potenza creatrice del pensiero i defunti si ritrovano ben sovente in un
ambiente casalingo analogo a quello che li accoglieva in terra, preparato per loro dai
congiunti che li
- 53 -
avevano preceduti in ambiente spirituale. Paesaggio eterico, indumenti eterici, mobilio
eterico, ma siccome il corpo che riveste lo spirito disincarnato è di natura eterica a
sua volta, ne deriva che a causa del perfetto rapporto esistente tra «soggetto» ed
«oggetto», l'ambiente appare assolutamente tangibile, così come appare nel mondo
nostro, e per la causa medesima, l'ambiente terreno.
Si apprende inoltre la confortante notizia che le opere e le occupazioni che si sono
svolte in terra contano in qualche modo per l'avviamento alle opere e alle occupazioni
da svolgere nelle Sfere; così come si apprende che un'esistenza terrena oziosa,
infingarda, inutile, è la colpa che maggiormente ostacola il progresso spirituale.
A questo punto sono indotto a riprendere il tema a cui si alluse in principio,
rivolgendomi in modo speciale a quei metapsichisti i quali, pur ammettendo - come fa
l'amico mio Cesare Vesme - che le prove cumulative del genere esposto risultano
logicamente risolutive nel senso dell'interpretazione spiritica dei fatti, nondimeno
recalcitrano e non vogliono saperne di accogliere per veridiche - neanche
simbolicamente - le narrazioni dei defunti in merito all'ambiente che li accoglie.
Ma eccoci questa volta di fronte al caso di una defunta la quale, mentre perviene a
identificare se stessa fornendo oltre trecento informazioni personali risultate
veridiche, in pari tempo, tra un ragguaglio e l'altro, trasmette informazioni precise
sulla propria esistenza spirituale e sulle condizioni dell'ambiente in cui si trova; si
tratta di notizie pienamente concordanti con altre analoghe fornite da numerosi altri
defunti comunicanti. Orbene, secondo i metapsichisti di cui sopra, i quali, come dissi,
concedono l'esistenza di autentici casi d'identificazione spiritica, i messaggi
medianici in cui si descrivono le condizioni di ambiente spirituale (non risultando di
loro
gradimento)
dovrebbero
considerarsi
elucubrazioni
antropomorfiche
delle
subcoscienze dei medium. In base a tali ipotesi si dovrebbe concludere che nel caso in
esame l'entità comunicante era un autentico spirito di defunta ogniqualvolta
trasmetteva ragguagli veridici intorno alla propria esistenza terrena, ma si
trasformava all'istante in un'effimera personalità sonnambolica non appena forniva
informazioni sulla propria esistenza spirituale. Ci si chiede se un modo siffatto di
argomentare si debba giudicare in perfetto accordo con la logica. Qualora, invece, i
metapsichisti esi-
- 54 -
gessero una cernita rigorosissima delle troppo numerose raccolte di «rivelazioni
trascendentali» - molte delle quali risultano vaneggiamenti onirico-subcoscienti
facilmente riconoscibili come tali - mi dichiarerei pienamente d'accordo con loro,
aggiungendo che il primissimo criterio di selezione da usarsi dovrebbe essere quello di
accogliere soltanto i messaggi trasmessi da entità di defunti le quali abbiano provata
la loro identità personale, criterio a cui mi sono attenuto nel presente lavoro, e che
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
si realizza in grado superlativo nel caso qui considerato. In altre parole, se in base
ai trecento ragguagli forniti, si deve giudicare provata l'identificazione personale
della defunta Hattie Jordan, allora si dovranno accogliere come genuinamente
supernormali i ragguagli simultaneamente forniti intorno alle modalità dell'esistenza
spirituale, giacché è palese che il primo fattore della proposizione sottintende il
secondo. Ne consegue che chiunque non voglia ammettere il secondo, deve per necessità
logica negare anche il primo. E coloro che negassero entrambi avrebbero torto, ma per
lo meno argomenterebbero ancora a fil di logica, mentre non potrebbe affermarsi
altrettanto di coloro che accolgono il primo fattore e negano il secondo. E con questo
ho finito.
Caso VIII
Ricavo il messaggio seguente da un aureo volumetto di rivelazioni trascendentali,
dovuto alla medianità della signora E. B. Duffey e intitolato Heaven Revised (9). Il
valore intrinseco del contenuto può desumersi dal fatto che in pochi anni il libro
raggiunse la decima edizione e venne inoltre pubblicato in edizione economica a
tiratura enorme ed a prezzo bassissimo.
La signora Duffey, donna di grande cultura, si rivelò medium scrivente e dettò i
messaggi qui considerati quando da pochissimo tempo si occupava di ricerche medianiche,
e in conseguenza, quando ben poco aveva letto, e nulla, o quasi nulla, sapeva delle
dottrine spiritiche. Giova insistere su tal punto, tanto più che nella presente
monografia, in cui si contempla il solo gruppo iniziale delle esperienze d'oltretomba,
non mi sarà possibile fare emergere efficacemente, sulla base dei fatti, il sommo
valore implicito nella circostanza che numerosi medium, come la signora Duffey,
dettarono i loro messaggi medianici quando appena erano iniziati alle nuove ri-
- 55 -
cerche, e qualche volta, quando tutto ignoravano in proposito. Infatti, tra i medium
autori di messaggi trascendentali concordanti con gli altri, se ne annoverano taluni
che si rivelarono medium provandosi a scrivere automaticamente per suggerimento di
terzi. Tutto ciò porta a concludere logicamente che se anche i medium improvvisati,
ignari di tutto, dettano messaggi che concordano mirabilmente con gli altri per le
descrizioni dei particolari fondamentali, dei particolari secondari, dei rilievi di
sfondo dell'ambiente e dell'esistenza spirituali, allora un tal fatto non può spiegarsi
se non riconoscendo che tutto ciò si verifica perché le personalità comunicanti
risultano effettivamente gli spiriti dei defunti, e in conseguenza ricavano descrizioni
e ragguagli da un ambiente reale, permanente, obiettivo, a tutti comune.
La signora Duffey descrisse in questi termini il modo con cui furono conseguiti i
messaggi pubblicati:
«Se avessi scritto sotto dettatura, non avrei potuto conoscere di meno di quel che
conoscevo intorno a quanto la mia mano dettava. D'altra parte, rimane escluso che
avessi potuto assimilare le idee contenute nei messaggi dettati subcoscientemente da
svariate fonti di natura analoga; e ciò per la buona ragione che nel periodo in cui li
scrissi io avevo ben poco udito, ed anche meno letto, intorno ad argomenti spiritici.
Ero da un anno convertita alle nuove idee e spesso, quando leggevo ciò che avevo
dettato, me ne sentivo imbarazzata e perplessa, giacché dubitavo che quanto avevo
scritto fosse d'accordo con le dottrine spiritiche. Tale sentimento d'imbarazzo fu
specialmente forte a proposito del capitolo intitolato: "Nell'Abisso". Durante l'intero
periodo in cui mi furono dettati i messaggi (circa quattro mesi), vissi in permanente
condizione di sogno. Nulla di quanto mi circondava o mi capitava m'appariva reale e le
stesse preoccupazioni d'ordine materiale che ebbi in quel periodo non ebbero potere di
affliggermi. Sentivo come se fossi stata sotto l'influenza di un potente anestetico
mentale. La dettatura dei messaggi ebbe termine un sabato sera. Nella sera della
domenica, tenni un breve discorso alla nostra società spiritualista. Il lunedì mattina,
mi risvegliai per la prima volta in pieno possesso della mia personalità normale.
Finalmente avevo recuperato la capacità di esercitarmi con normale efficienza nella
vita pratica giornaliera».
Queste informazioni fornite dalla signora Duffey appaiono teoricamente interessanti,
in quanto stanno a dimostrare che per tutto il
- 56 -
periodo in cui si svolse il dettato dei messaggi trascendentali la medium era rimasta
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
in condizioni di «sonnambulismo vigile», così come avveniva, in analoghe circostanze,
al celebre veggente nordamericano Andrew Jackson Davis. Ciò dimostrerebbe che l'organo
cerebrale della medium fu sottoposto per l'intero periodo a una disciplina di parziale
possessione da parte dell'entità comunicante, la quale palesemente si era con ciò
proposta di eliminare il pericolo dell'emergenza sporadica d'interferenze subcoscienti
venute a interpolarsi nei propri messaggi, le quali difficilmente si sarebbero potute
evitare qualora la medium, tra un messaggio e l'altro, fosse tornata ad immergersi
nelle distrazioni e nelle preoccupazioni della vita giornaliera. Ora, se si tiene conto
di tale suggestiva circostanza e del fatto che la medium tutto ignorava intorno alle
dottrine spiritiche, nel caso in esame si è condotti logicamente ad ammettere l'origine
estrinseca, o spiritica, delle rivelazioni trascendentali ottenute. Se è così, allora
tali conclusioni dovrebbero estendersi al complesso intero delle rivelazioni
trascendentali, visto che i messaggi della signora Duffey concordano mirabilmente con
il contenuto di tutte le altre rivelazioni del genere. Nessun dubbio che, a rigor di
logica, anche un solo caso analogo a quello in esame, oppure all'altro che precede,
potrebbe bastare per autorizzare a concludere nel senso indicato. In entrambi i casi,
oltre alle prove mirabili d'identificazione spiritica ottenute, si rileva altresì che
non si tratta di semplici concordanze relative a pochi ragguagli banali, da potersi
legittimamente ascrivere a «coincidenze fortuite», bensì di un complesso organico
intricatissimo di concordanze svariatissime, massime e minime, in buona parte strane ed
impensate, nonché pure in aperto contrasto con le tradizioni religiose assimilate
nell'infanzia e nell'adolescenza dall'intera umanità cristiana.
Dopo questo lungo, ma pur necessario, preambolo, passo a riferire alcuni brani della
narrazione dettata dalla personalità medianica comunicante intorno al processo della
propria disincarnazione. Tale personalità, conosciuta intimamente dalla medium durante
l'esistenza terrena, era stata una distinta e coltissima gentildonna, libera pensatrice
in materia di religione, ma una convinta spiritista negli ultimi anni della sua vita.
Essa così scrive di sé:
«Io sapevo di dover morire, ma non tremavo e non rabbrividivo a tal pensiero. Da
lungo tempo i terrori dell'ortodossia avevano perduto ogni efficacia sull'animo mio, e
mi sentivo preparata ad
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affrontare l'inevitabile crisi con serenità filosofica. Dirò, anzi, che vi era qualche
cosa di più nel mio stato d'animo, poiché mi disponevo a vigilare ed analizzare con
interesse di studiosa il lento avvicinarsi della Grande Ora. Non volevo perdere questa
suprema opportunità di acquisire cognizioni psicologiche sfuggite alle indagini della
scienza. Rimasi pertanto impassibile osservatrice dei lenti progressi della mia propria
agonia, nutrendo speranza di poter comunicare ai presenti le mie osservazioni, e
rendere con ciò un ultimo servigio all'umanità: quello di dissipare il terrore che a
tutti incute l'ora fatale.
«Pareva che l'ambiente terreno si ritirasse attorno a me e mi sentivo come
galleggiare fuori dal corpo, in un mezzo di esistenza ignoto. Nulla intervenne di
quanto mi attendevo di dover provare durante la crisi della morte. Così, ad esempio,
avevo letto descrizioni intorno a una sorta di "epilogo della morte" che si genererebbe
nella mentalità dei moribondi, e in conseguenza del quale passerebbero dinanzi alla
visione soggettiva dei medesimi tutte le vicende della loro vita. Nulla vi fu per me di
tutto questo: io non mi sentivo attratta né dal passato, né dal futuro. Un pensiero
solo, un sentimento solo dominava la mia coscienza: quello dei miei cari che
abbandonavo. Eppure io non avevo mai considerata me stessa come una donna
eccessivamente tenera, ed avevo allenata la mia ragione a disciplinare tutti gli
impulsi e tutte le emozioni; al qual proposito ritengo che tale disciplina abbia
influito molto favorevolmente sull'efficace rendimento della mia attività nella vita.
Nonostante ciò, in quell'ora suprema, l'amore mi apparve come la somma e la sostanza di
tutto ciò che di pregevole esiste nella vita...
«Quel mio stato di attenzione vigilante sull'approssimarsi della morte finì per
esaurirmi e a poco a poco m'invase una dolce sonnolenza; tanto dolce, tanto riposante
che in quel periodo di semi-incoscienza, precedente lo stato di totale incoscienza,
riflettevo sul fatto di non aver provato che due sole volte una sensazione analoga di
sonnolenza deliziosa...
«Mi risvegliai provando quasi un senso di rimorso, così come avviene quando si ha
coscienza di aver dormito troppo a lungo, al di là delle convenienze sociali. Quel
risveglio mi parve anche più dolce del periodo che precedette il sonno. Non mi curavo
di aprire gli occhi, e giacevo beandomi deliziosamente in quel senso di pace e di
serenità cui tante volte nella mia provata esistenza avevo desi-
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
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derato invano di pervenire. Com'era dolce! Com'era perfetto quel senso di pace! Oh,
fosse potuto durare in eterno! Comunque, io mi sentivo bene; segno che dopo tutto non
ero prossima a morire. Avrei dovuto, forse, sottomettermi ancora all'antico servaggio,
e conoscere ancora il tedio e l'irrequietudine della vita. D'un tratto, mi avvenne di
udire il suono di alcune voci che conversavano nella camera attigua con tonalità
abbassata. Sebbene io le udissi chiaramente attraverso la porta aperta, non pervenivo
ad afferrare il senso dei loro discorsi. Ma, risvegliandomi maggiormente, arrivai ad
afferrare una sentenza che fissò la mia attenzione, per quanto io non vi attribuissi
importanza. La frase era questa:
«"Non dubito ch'essa lo facesse a fin di bene; ma, del resto, era così eccentrica!".
«L'altra rispose: "Sì, molto eccentrica, ed anche ostinata nelle sue ubbìe".
«E la prima così riprese: "Ha avuto un'esistenza molto provata dalla sventura, ma
bisogna pur convenire che la causa dei suoi mali fu quasi sempre se stessa. Ed è quasi
sempre così".
«"Sì, è proprio vero. Per esempio, io ben so...". E qui seguì la descrizione
grottescamente travisata di taluni incidenti della mia vita.
«Ero stupita: parlavano di me, e ne parlavano facendo uso del verbo nei tempi del
passato. Che cosa intendevano dire? Mi credevano morta? Pensai ch'esse avrebbero potuto
supporre ch'io fingessi di essere morta col proposito di udire i loro discorsi
confidenziali sul conto mio; e perciò mi affrettai a chiamare l'una delle amiche onde
assicurarla ch'io vivevo e mi sentivo assai migliorata... Ma loro non fecero alcun caso
alla mia chiamata e continuarono la conversazione senza interrompersi. Chiamai
nuovamente con voce sonora, ma neanche questa volta se ne curarono. Io mi sentivo così
bene nel corpo e nella mente che mi decisi a interrompere i loro imprudenti discorsi
presentandomi ad esse nell'altra camera... Ma... che cosa mi avveniva? Rimasi un
istante allibita dal terrore, o da un alcunché di simile. Che cos'era quel fantoccio
che qualcuno aveva deposto nel mio letto, dove pure avrei dovuto trovarmi io
gravissimamente inferma, e che lì giaceva rigido al mio posto, livido in volto, e in
tutto simulante un cadavere sul letto di morte? Lo scorgevo di profilo: aveva le
braccia incrociate sul petto, le gambe rigidamente distese, con le punte dei piedi
rivolte in alto. Su di esso era disteso un bianco lenzuolo; ma, caso strano! Io lo
scorgevo ugual-
- 59 -
mente sotto il bianco lenzuolo, e ravvisavo in quel fantoccio le mie sembianze! Mio
Dio! Ero dunque morta davvero? Fui colta da una enorme emozione, che parve scuotermi
dai recessi più profondi dell'anima. Allora soltanto, non già prima, tutto il mio
passato emerse improvviso ed invase come una grande ondata la mia coscienza; mentre
tutto ciò che mi avevano insegnato, tutto ciò che avevo temuto, tutto ciò che avevo
sperato intorno al grande transito della morte e all'esistenza spirituale mi si
affacciò alla mente con chiarezza indescrivibile. Fu quello un solenne e pauroso
momento; ma il senso di terrore passò fugacissimo, e rimase la solennità grandiosa
dell'evento...
«Comunque, proprio come avviene nel mondo dei viventi, in cui il sublime rasenta
qualche volta il ridicolo, e ciò in maniera tanto immediata da bastare un altro passo
avanti per cascare dal solenne nel faceto, dal dolore nella gioia, dalla disperazione
nella speranza, così avvenne per la mia prima esperienza in ambiente spirituale.
Infatti non potendo arrestare le lingue di quelle donne pettegole e maldicenti, dovetti
rassegnarmi ad ascoltare il male che dicevano di me. E così per la prima volta ebbi a
contemplare me stessa nella luce in cui mi vedevano gli altri. Ebbene, la lezione fu
per me istruttiva, per quanto avessi varcata una frontiera che toglieva qualunque
importanza alle vicende mondane. Tali discorsi maldicenti furono per me comparabili a
uno specchio convesso posto dinanzi alla mia visione spirituale, in cui i difetti del
mio carattere venivano esagerati e contorti in modo grottesco dalla convessità dello
specchio che li rifletteva; e così avvenne che la mia prima lezione spirituale mi fu
impartita dalle amiche viventi.
«Quando ebbero soddisfatto i loro istinti pettegoli, le due donne si alzarono per
venire a contemplare un'ultima volta le sembianze dell'amica defunta, il cui carattere
avevano anatomizzato con tanta spietata crudezza. Eravamo in tre a contemplare quel
cadavere, per quanto una tra di loro fosse invisibile alle altre. E siccome le altre
non avevano consapevolezza della mia presenza, io me ne disinteressai, assorbendomi
nella contemplazione di quella salma inanimata che una volta era stato il mio corpo.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Guardavo le pallide sembianze stravolte dalle sofferenze, e con la mia mano invisibile
cercavo di allontanare dalla fronte i capelli incanutiti che la invadevano, mentre una
pietà ineffabile mi opprimeva l'anima pensando alla sorte di quel vecchio corpo, dal
quale mi sentivo per sempre separata.
- 60 -
«Ero dunque morta? Strana sensazione invero quella di sapersi morti e di sentirsi
esuberanti di vita! Com'è frainteso dai viventi il significato di tale parola! Essere
morti significa animarsi di una vitalità diversa e straordinaria, di cui l'umanità non
può formarsi idea. Probabilmente la mia morte era avvenuta da ventiquattr'ore: ero
caduta nel sonno nel mondo dei viventi, e mi ero risvegliata in ambiente spirituale.
Strano a dirsi. Solo in quel momento, per la prima volta, mi ricordai di trovarmi in
ambiente spirituale. Fino a quel momento i miei pensieri e le mie emozioni si erano
manifestati vincolati al mondo dei viventi. Ma dov'erano gli spiriti di tanti miei cari
che prima di me avevano varcato la frontiera della morte? Mi aspettavo di vederli
accorrere a darmi il benvenuto sulla soglia della dimora celeste, per servirmi quindi
da consiglieri e da guide. L'isolamento in cui mi trovavo non mi preoccupava, e tanto
meno mi spaventava, ma provavo un senso di delusione e di disorientamento penoso.
Comunque, tale stato d'animo ebbe la durata di un attimo, poiché non appena ebbi
formulato nella mente quei pensieri, vidi dissolversi e sparire la camera in cui mi
trovavo e tutto ciò che in essa era contenuto, ritrovandomi, non so come, nel mezzo a
una sorta di vasta campagna pianeggiante... La bellezza del paesaggio era
indescrivibile. Anche il paesaggio terrestre è bello, ed io ne avevo sempre sentito
intensamente la bellezza, ma quello celeste è di gran lunga più meraviglioso... Io
camminavo, ma, così strana! I miei piedi non toccavano il suolo. Scivolavano su di
esso, così come avviene nei sogni... Ma dov'erano i miei cari? Dov'erano tanti amici
defunti che avevo amato in terra? Non ero consapevole di avere esternato a viva voce
tali pensieri, ma come se qualcuno avesse udito e si fosse affrettato ad esaudirmi,
vidi a me dinanzi due giovani, la cui radiosa bellezza era superiore a tutto ciò che
mente umana può immaginare... Molti anni prima avevo deposto nella tomba, con lacrime
di cordoglio disperato, due miei bimbi adorati; l'uno dopo l'altro. E molte volte
piangendo sulle loro tombe, avevo proteso avanti le braccia come se sperassi di
riprenderli alla morte che me li aveva rapiti. Oh! I miei bimbi! I miei bimbi! Quanto
ansiosamente li avevo desiderati!... Quando mi vidi dinanzi quei giovani radiosi, un
istinto subitaneo ed infallibile mi avvertì che quelli erano i miei bimbi fatti adulti.
Non esitai un istante a riconoscerli. Protesi avanti le braccia come avevo fatto tante
volte in terra, e questa volta li strinsi realmente al mio seno!...».
- 61 -
Con vero rincrescimento interrompo a questo punto la narrazione dell'entità
comunicante, narrazione che diviene sempre più interessante, allorché le si manifestano
i genitori, i parenti e i conoscenti, nonché il suo spirito-guida. Ma non essendo
possibile citare tutto, mi limito a riferire ancora un brano di dialogo in cui viene
spiegato per quale motivo la personalità della defunta comunicante rimase per qualche
tempo in solitudine nel mondo spirituale. Essa domanda allo spirito-guida:
«Perché fui condannata a passare da un mondo all'altro completamente sola?».
(Spirito-guida) «"Condannata" non è la parola, mia cara. Tu non eri sola. Sembrava a
te di esserlo, ma in realtà io con molti altri spiriti di congiunti ed amici, ti
stavamo ansiosamente vigilando in attesa del momento in cui fosse a noi possibile di
manifestarci a te. Per molte anime di defunti, il transito dal mondo dei mortali a
quello degli immortali è un periodo di crisi morale assai penosa ed essi abbisognano
dell'assistenza immediata dei loro cari che li confortino ed incoraggino, fino a quando
non si siano familiarizzati con il nuovo ambiente; ma tu non eri un'anima come tante
altre. Nelle più critiche vicende della vita, tu scegliesti sempre di agire da sola; tu
rinchiudesti costantemente in fondo all'anima i tuoi pensieri, le tue meditazioni, il
frutto della tua esperienza, e perfino le tue emozioni. Tu sapesti, con fermezza da
eroina, guardare in faccia la morte. Orbene, a un temperamento come il tuo, si
richiedeva di trovarsi in ambiente spirituale in apparente isolamento, onde meglio
apprezzare in seguito il valore del consorzio spirituale. Ma non appena tu sentisti il
bisogno di compagnia, e la desiderasti con il pensiero, immediatamente noi fummo in
grado di rispondere alla tua chiamata».
Queste spiegazioni dello spirito-guida sono teoricamente interessanti in quanto
costituiscono una variante complementare di un altro ragguaglio discusso in precedenza,
secondo il quale gli «spiriti inferiori» non possono scorgere quelli superiori, data la
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
differenza esistente nella graduatoria delle vibrazioni dei loro rispettivi «corpi
eterici», e analogamente, delle vibrazioni del loro pensiero. Nel caso qui considerato
ragioni di temperamento consigliarono lo spirito-guida della defunta a sottoporla a una
prima esperienza spirituale, che consisteva nel permettere ch'essa rimanesse in
condizioni di temporanea solitudine al momento della disincarnazione. Tale sua
condizione era stata possibile in conseguenza dei sentimenti affetti-
- 62 -
vi della defunta, intensamente vincolati all'ambiente familiare in cui visse: la sua
mentalità, vibrando ancora all'unisono con le vibrazioni specifiche dell'ambiente
terreno, non perveniva a percepire le vibrazioni di gran lunga più sottili
dell'ambiente spirituale, e in conseguenza non scorgeva gli spiriti che le stavano
vicini. Ma non appena il suo pensiero si rivolse alle cose spirituali, e con ciò prese
a vibrare all'unisono con l'ambiente spirituale, essa vide sparire a sé dinanzi
l'ambiente familiare in cui visse, ritrovandosi, come per incanto, in ambiente
spirituale. Inoltre, non appena rivolse il pensiero ai suoi cari defunti, li pose in
grado di manifestarsi a lei; o meglio, essa fu in grado di scorgerli, in quanto il
proprio pensiero e il proprio «corpo eterico» avevano preso a vibrare all'unisono con
il mondo spirituale.
Non sarà inutile ripetere come anche in questo caso si rilevino talune delle consuete
concordanze. Così, ad esempio, il particolare immancabile della defunta la quale non sa
di essere morta, e solo quando scorge il proprio cadavere irrigidito sul letto di
morte, ha l'intuizione del vero. Così dicasi per l'altro particolare della «visione
panoramica» di tutte le vicende della sua vita, prospettatosi questa volta in ritardo
alla visione soggettiva della defunta, ma che, però, non mancò di prospettarsi anche a
lei. Si rilevano numerosi casi del genere in cui il ritardo della prova appare anche
maggiore, ma, comunque, si direbbe che il fenomeno non manchi mai di realizzarsi in
ogni caso. Così dicasi, infine, dell'altra circostanza del ritrovarsi la defunta in
forma umana nell'ambiente spirituale, dove passeggia, o, meglio, si trasporta
sorvolando a breve distanza dal suolo.
Caso IX
Venne pubblicato da Light, in una serie di puntate (anno 1922, pagg. 594, 610, 706,
768). Si tratta di una raccolta di «rivelazioni trascendentali» teoricamente
importante, in quanto la medium con la quale si ottenne è una donna di limitata cultura
e che tutto ignorava in materia di dottrine spiritiche. L'interesse per le ricerche
medianiche si risvegliò in lei all'improvviso, a causa della morte in guerra di un
fratello adorato (in seguito, il suo spirito-guida la informò di essere stato lui a
suggestionarla in tal senso). Un'amica
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possedeva una «planchette», per quanto non l'avesse mai adoperata. La signora Hope
Hunter - tale è il nome della medium - si recò a trovarla, e si provò ad usare il
piccolo strumento, ottenendo facilmente di farlo muovere automaticamente. Quindi essa
vide concretarsi le prime frasi spezzate indicanti la presenza di entità che si
sforzavano di comunicare. Una di tali entità la consigliò di abbandonare la
«planchette» e di usare la matita. Seguì il consiglio e non tardò a scrivere
correntemente. Dopo qualche tempo le si manifestò il fratello defunto, fornendo buone
prove d'identificazione personale e narrando alla sorella le vicende del proprio
ingresso nel mondo spirituale. Poiché in tale narrazione erano presenti ragguagli che
apparivano assurdi, la medium chiese spiegazione in proposito a un'altra entità che le
si era manifestata in qualità di spirito-guida, la quale si prestò a chiarire i suoi
dubbi, esortandola inoltre a rivolgersi a qualche persona autorevole nel ramo delle
ricerche psichiche.
In una prima lettera al direttore di Light, la signora Hope Hunter così scrive di sé:
«Io non ebbi opportunità di istruirmi. A quattordici anni dovetti rinunciare alla
scuola, a causa della morte di mio padre. Non credo che sarei capace di mettere insieme
una qualunque composizione... Io nulla sapevo e nulla so sulle esperienze medianiche.
Gli spiriti comunicanti mi esortano a sottoporre i loro messaggi a qualche persona
competente in argomento...».
Ed è in conseguenza di quest'ultima esortazione degli spiriti comunicanti, ch'essa si
rivolse al direttore di Light, David Gow, il quale comprese il valore teorico di quel
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
caso di medianità improvvisata, lo investigò convenientemente e, infine, ne pubblicò
l'intera relazione sulla propria rivista.
Data l'impossibilità di riprodurre i lunghissimi messaggi in questione, mi limiterò a
citare i brani in cui il fratello defunto descrive particolari di ambiente o episodi
d'altra natura che in seguito verranno commentati dallo spirito-guida della medium,
commenti che riferirò con maggiore ampiezza.
Quando il comunicante si manifestò per la prima volta, avvenne ciò che si verifica
quasi costantemente in simili circostanze (come sanno tutti coloro che lo
sperimentarono): lo spirito del defunto, riassorbendo fluidi umani e rientrando
parzialmente nelle condizioni terrene quali erano al termine della sua vita, non può
esimersi dal
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risentire, e quindi dal trasmettere al medium, i sintomi che caratterizzarono la
propria agonia. E questa volta la mano della medium fu colta da tremiti e scatti
convulsi impressionanti, che facevano balzare il suo braccio in tutte le direzioni.
Quando finalmente si calmarono, il fratello defunto dettò quanto segue:
«Così mi accadde quando fui colpito a morte dalle schegge di un obice. Mi si disse
che la mia morte avvenne in meno di un minuto, e in conseguenza le convulsioni
dell'agonia furono altrettanto brevi, anche se a me parve che persistessero per ore.
Non ti spaventare, poiché non ne avrai alcun danno. Quanto a me, sto benissimo; ma
tornando in ambiente terreno, e ripensando alla mia morte, non posso impedire che si
riproducano i sintomi che l'accompagnarono. Quando fui colpito, mi trovavo sul margine
della trincea e, quando cessarono le convulsioni, ero morto. Allora tornai quello di
prima, in ottimo stato di salute, e mi vedevo in divisa militare. Il mio primo pensiero
fu per "Ben" (il suo bimbo); ed ecco che così pensando, mi vidi trasportato all'istante
in casa mia, dove lo contemplai che dormiva nel suo lettuccio accanto a Carrie (la
mamma). Io li scorgevo come con gli occhi del corpo; poi rividi te e John (il marito).
Quindi pensai alla mamma, e mi trovai subito con lei. La vidi nel letto, e le rivolsi
la parola, ma lei non diede segno di avermi inteso. Allora tornai in Francia, nella
trincea; ma potrebbe anche darsi ch'io mi sia trasportato in qualche modo ad H. ed ad
S., e in pari tempo che non mi sia allontanato dalla trincea...
«Sapevo di essere morto... e mi capitò un caso strano: vidi passarmi dinanzi allo
sguardo tutte le vicende della mia vita in cui mi ero comportato male... Subito dopo mi
vidi venire incontro uno spirito. Era mio padre, ma io non lo riconobbi. Quando mi
chiamò per nome, "Will", allora lo riconobbi e mi gettai piangendo nelle sue braccia.
Ero straordinariamente commosso e non sapevo che cosa dirgli. Nulla posso riferirti
intorno al tempo in cui rimanemmo sul posto. Ricordo soltanto che durante quel tempo
non vedevo più i miei camerati, come non udivo più il frastuono della battaglia. Però
vedevo i pensieri dei medesimi, e seppi così ch'essi erano rimasti molto impressionati
per la mia morte. Quando il camerata Frank si avvicinò al mio cadavere per accertarsi
che fossi proprio morto, io lo scorsi ancora una volta come con gli occhi del corpo. E
solo teneva ancora alla vita per amore della sua Dora...
«Neanche saprei dire se mi recai in qualche altro luogo durante
- 65 -
la mia permanenza sul posto. Mi trovavo in uno stato di confusione e quanto mi
circondava mi appariva ad un tempo molto chiaro e molto incerto. Babbo mi stava
costantemente a lato, confortandomi e dicendomi che non avrei tardato a riacquistare
tutto il mio equilibrio mentale. Poi mi condusse nella sua dimora, dove ora viviamo
insieme, in attesa che la mamma ci raggiunga...
«L'altro giorno babbo mi disse: "Vuoi vedere la nonna?". Non l'avevo ancora
incontrata nel mondo spirituale e lei, a quanto sembra, si trovava in una località
molto lontana da noi. Babbo così mi parlò: "Formula intensamente il desiderio di
trovarti con lei, insieme a me". Lo facemmo simultaneamente e scattammo come fulmini
attraverso lo spazio. In meno di un secondo, eravamo presso la nonna. Lei vive con il
nonno e lo zio Walter, che io non avevo mai conosciuti; ma mi avvidi che invece li
conoscevo benissimo, perché in vita mi recavo sovente a trovarli nel sonno e mi ci
conduceva il babbo...».
Quanto precede venne ricavato dal primo messaggio del fratello defunto della signora
Hope Hunter. In un secondo messaggio, egli aggiunse numerosi particolari intorno al
momento della sua morte. Mi limito a riferire questo brano complementare al primo:
«Molti dei miei camerati si trovarono morti senza credersi tali, e quando non
sapevano rendersi conto di certe cose, allora supponevano di sognare. Io, invece, mi
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
avvidi subito di essere morto, ma non sapevo rendermi conto del fatto di trovarmi
assolutamente lo stesso. Prima di andare alla guerra, non avevo mai pensato alle
condizioni presumibili dell'esistenza spirituale; durante la vita di trincea vi pensavo
qualche volta, ma ero ben lungi dall'immaginare il vero. Si sa: avevo in mente i "cori
celesti" e le "arpe angeliche" di cui parlano le Sacre Scritture. Ciò che soprattutto
mi riusciva incomprensibile era la circostanza del vedermi e del sentirmi assolutamente
l'individuo di prima, mentre in realtà ero trasformato in un'ombra. E, per converso,
non sapevo rendermi conto dell'altra circostanza che quando venivo a visitarvi, io vi
scorgevo come se voi tutti foste delle ombre, non già io. Quando invece venni a casa,
appena ucciso, vi scorsi come eravate in vita, ma in seguito, di volta in volta,
diveniste per me sempre più evanescenti, fino a diventare delle pure ombre. Insomma, io
non posso scorgere altra parte del vostro essere che quella destinata a sopravvivere
alla morte del corpo...
- 66 -
«Tutto sommato, vi è molto di vero in ciò che il nostro parroco andava predicando dal
pulpito... Esiste realmente una vita eterna. Almeno così crediamo noi tutti; mentre
coloro che condussero in terra un'esistenza moderatamente onesta e buona vanno in un
luogo che può considerarsi un paradiso, coloro che condussero un'esistenza depravata e
malvagia vanno a finire in un altro luogo che può definirsi giustamente un "inferno"...
«Qui io sono occupato intensamente. Avviene così di tutti; ma noi sospendiamo il
lavoro quando ci sentiamo stanchi. Bada che quando parlo di stanchezza, non intendo
alludere alla stanchezza che provate voi. Tutt'altro! La cosa è infinitamente diversa.
Quando siamo stanchi, noi pensiamo a distrarci, a seconda delle nostre inclinazioni.
Nessuno di voi potrebbe immaginare in che consistono i nostri passatempi...
«Se io potessi tornare in vita (ma non lo desidero affatto), e sapessi quello che ora
so, condurrei un'esistenza ben diversa da quella che condussi. Ti parlerò un'altra
volta delle mie occupazioni. Per ora, buonanotte...».
Questi i brani essenziali dei messaggi in esame, in cui si parla del primo ingresso
in ambiente spirituale del defunto comunicante.
Faccio seguire alcuni chiarimenti forniti in proposito dallo spirito-guida della
medium, in seguito a richiesta di quest'ultima. Egli comincia osservando:
«Tuo fratello, appena fu colpito dalle schegge di un obice, conobbe che per lui era
giunto l'istante della morte. L'ignoto che l'attendeva balenò pauroso alla sua mente
negli spasimi dell'agonia... Quando comunicò medianicamente, rivisse quei terribili
momenti. Da ciò i tremiti convulsi della tua mano e gli sbalzi del braccio, che tanto
t'impressionarono.
«La crisi della morte è intrinsecamente la stessa per tutti; tuttavia, nel caso di un
soldato ucciso quasi fulmineamente, le cose differiscono alquanto, ma non troppo.
Quando è giunto l'istante fatale, il "corpo eterico", il quale compenetra il "corpo
carnale", comincia gradualmente a liberarsene, nella misura in cui la vitalità si
ritira da quest'ultimo... Chi non ha visto una farfalla emergere dalla sua crisalide?
Ebbene: il processo è analogo... Non appena il "corpo eterico" si è liberato dal "corpo
carnale", intervengono altri spiriti in aiuto del nuovo spirito disincarnato. Si tratta
di una nascita, in tutto analoga alla nascita di un bimbo in ambiente terreno, in
quanto an-
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che lo spirito neonato è bisognoso di aiuto: si sente disperso, disorientato,
impaurito, e le cose non potrebbero andare diversamente... Quasi sempre egli crede di
sognare. Ora il nostro primo compito è quello di convincerlo ch'egli è morto, e a ciò
vengono per lo più deputati i congiunti del nuovo arrivato sebbene ciò sovente non
serve ad altro che a confermare maggiormente il defunto nell'idea che egli sta
sognando...
«Tuo fratello disse che si trasportò immediatamente a Somerset; parlò con sua madre,
vide sua moglie e suo figlio, vide te con tuo marito. Mi proverò a spiegarti come ciò
avvenga. All'istante della morte lo spirito rimane impregnato di fluidi umani. Secondo
quanto è dato a me di sapere (e ciò non è molto), un tal fatto significa ch'egli si
trova ancora in rapporto diretto con l'ambiente terreno. Ma, in pari tempo, ha deposto
il proprio "corpo carnale", e si trova rivestito del solo "corpo eterico". Basta
pertanto ch'egli rivolga il pensiero a un dato luogo, perché istantaneamente si trovi
trasportato dove il desiderio lo porta. Il primo pensiero di tuo fratello fu rivolto
con intenso affetto alla propria moglie ed al bimbo e, in conseguenza, egli si trovò
all'istante con loro; ed essendo ancora impregnato di fluidi umani, poté vederli
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
chiaramente come con gli occhi del corpo...
«Inoltre, tuo fratello racconta: "Vidi passarmi dinanzi allo sguardo tutte le vicende
della mia vita in cui mi ero comportato male". Questo è un fenomeno notevolissimo
dell'esistenza spirituale, e a tutti comune. Generalmente ciò avviene come preludio
alla sanzione cui tutti dobbiamo sottostare per le nostre colpe e si svolge a noi
dinanzi in un attimo, ma ci opprime con il volume del suo contenuto, e ci scuote e ci
impressiona per l'intensità dei sentimenti ridestati. Quasi sempre noi vediamo noi
stessi quali fummo dalla culla alla tomba. Non ti saprei dire esattamente come ciò
avvenga, ma la ragione del fatto risiede in una circostanza naturale dell'esistenza
terrena, durante la quale ogni azione da noi compiuta, ogni pensiero da noi formulato,
per il bene come per il male, sono registrati indelebilmente nell'etere vitalizzato
immanente nel nostro organismo. Noi imprimiamo e fissiamo delle vibrazioni nell'etere e
tale processo s'inizia dalla nostra nascita...
«Tuo fratello prosegue narrando l'incontro con suo padre. Tutto ciò avvenne in un
attimo del vostro tempo, ma per tuo fratello, che computava il tempo in ragione
dell'intensità e dell'affollamento de-
- 68 -
gli eventi, i secondi furono ore. A tutta prima egli non riconobbe suo padre, il che
avviene sovente: anzitutto perché i disincarnati non si aspettano d'incontrarsi con i
loro congiunti; poi perché l'apparenza di questi ultimi è generalmente mutata. Anche da
noi esiste uno sviluppo del "corpo eterico"... Un bimbo cresce fino a raggiungere la
maturità. Per converso, un vecchio raggiunge a sua volta la maturità, ridiventando
giovane. Vostro padre venne a morte nel pieno rigoglio della maturità; il figlio
tuttavia non lo riconobbe perché troppi anni erano passati, ed il padre aveva raggiunto
nel mondo spirituale uno stato di radiosa bellezza. Però tuo fratello lo riconobbe non
appena egli parlò. Non è possibile ingannarsi nel mondo spirituale.
«L'altra affermazione di tuo fratello è chiara di per se stessa. Egli osserva che
poteva vedere ciò che i suoi camerati pensavano. Il fatto si verifica perché nella vita
spirituale la trasmissione del pensiero è la forma normale di conversazione tra gli
spiriti; poi perché molti pensieri si esteriorizzano dinanzi alla fronte di chi li
pensa, assumendo forme concrete corrispondenti all'idea pensata: forme che tutti gli
spiriti scorgono...
«Egli, infine, informa che convive con il padre nell'abitazione di quest'ultimo.
Perfettamente vero: nel mondo spirituale il pensiero e la volontà sono forze con le
quali si può creare ciò che si desidera...».
Qui mi arresto con le citazioni. Già si comprende che nei messaggi in esame sono
presenti altri numerosi ragguagli concordanti con le analoghe affermazioni contenute
nelle altre raccolte di «rivelazioni trascendentali», ma siccome si tratta, in massima
parte, di informazioni riguardanti l'esistenza spirituale propriamente detta, quindi al
di là dei limiti che mi sono imposti nel presente lavoro, debbo astenermi dal citarli.
Comunque, i ragguagli qui riferiti dovrebbero già bastare per ribadire una volta di più
la grande verità emergente dai casi dei medium improvvisati, ignari totalmente delle
dottrine spiritiche, i quali ottengono narrazioni del genere. Si tratta di una verità
che s'impone alla ragione e che consiste nel riconoscere che, se così è, allora le
personalità
medianiche
comunicanti
non
possono
essere
«personificazioni
sonnamboliche» (nel qual caso è palese che dovrebbero contraddirsi a vicenda), ma
debbono considerarsi spiriti di defunti, i quali attingono da un'esperienza comune i
ragguagli forniti di cui così si spiega la concordanza. Bene inteso che quando si parla
di concordanze, deve intendersi
- 69 -
che le medesime vanno considerate in rapporto agli stati e alle condizioni spirituali
in cui si trovano le personalità comunicanti; vale a dire che un'entità disincarnata,
moralmente sana, si troverà d'accordo con tutte le altre entità le quali partecipano
della sua natura nel descrivere l'ambiente radioso in cui dimora; per converso, una
entità moralmente depravata si troverà d'accordo con tutte le altre entità che
partecipano della sua natura nel descrivere l'ambiente tenebroso in cui si trova.
Ricordo infine che casi analoghi al citato, in cui la medium era ignara delle
dottrine spiritiche, si rinvengono abbastanza numerosi nella casistica del genere. Se
ne citarono in precedenza, ed altri se ne citeranno più oltre; tuttavia avverto che
l'argomento troppo circoscritto qui considerato non permette di fare emergere in tutta
la sua eloquenza cumulativa il valore risolutivo, in senso spiritico, degli «episodi»
di tal natura. Non dimentichiamolo.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Ciò posto, giova commentare brevemente un'affermazione dello spirito-guida. Alludo ai
processi psicofisici con i quali verrebbero ad imprimersi e fissarsi nel «corpo
eterico» le vibrazioni corrispondenti ai nostri atti ed ai nostri pensieri; si verrebbe
a costituire così il «substrato» della «memoria integrale» esistente nella subcoscienza
umana. Osservo in proposito che le affermazioni dello «spirito-guida» concordano con le
induzioni degli psicologi e dei fisiologi, i quali, onde rendersi conto del modo in cui
viene a crearsi e funzionare la memoria fisiologica normale, nonché la «memoria
integrale» subcosciente (di cui essi riconoscono l'esistenza), parlano ugualmente di
vibrazioni del pensiero, le quali s'imprimono indelebilmente nella sostanza cerebrale.
Ed è soltanto in quest'ultimo particolare che si rileverebbe una discordanza tra le
induzioni degli psicologi e gli ammaestramenti dello spirito-guida, secondo il quale le
vibrazioni del pensiero s'imprimerebbero e si fisserebbero indelebilmente nell'etere
vitalizzato consistente il «corpo spirituale». Osservo che quest'ultima spiegazione
dovrebbe indubbiamente essere vera qualora la «memoria integrale» sopravvivesse alla
morte del corpo. Rilevo, inoltre, che la sostanza cerebrale esiste in condizioni di
permanente e rapido processo di trasformazione, eliminazione, rinnovamento e, di
conseguenza, che mal si presterebbe ad accogliere e preservare indelebilmente le
vibrazioni del pensiero costituenti la «memoria normale» e la «memoria integrale»
subcosciente. Se si considera tutto ciò si deve convenire che l'afferma-
- 70 -
zione dello spirito-guida ha per sé tutte le probabilità di risultare vera. Ulteriori
conferme si hanno qualora si consideri che una memoria integrale meravigliosa presente
nella subcoscienza umana rimarrebbe inoperosa e senza scopo durante l'esistenza
terrena. Mentre, accogliendo la spiegazione dell'entità comunicante, si dovrebbe
desumere che la memoria integrale subcosciente rimane inoperosa e senza scopo durante
l'esistenza terrena in quanto rappresenta la «memoria normale» dell'esistenza
spirituale, in attesa di emergere e di esercitarsi in ambiente appropriato dopo la
crisi della morte, così come le facoltà supernormali subcoscienti rimangono inoperose e
senza scopo durante l'esistenza spirituale, in attesa di emergere e di esercitarsi in
ambiente spirituale insieme con la «memoria integrale», dopo la crisi della morte.
CASO X
Ricavo anche questo caso da Light (1924, pag. 274). Vengono soltanto pubblicate le
iniziali del relatore-sperimentatore (K.H.R.D.), un personaggio assai noto, nonché
personalmente conosciuto dal direttore della rivista.
Il relatore premette quanto segue:
«Nei brani di messaggi qui riprodotti, lo spirito comunicante era un giovane soldato
arruolatosi volontario tra i primi, ed ucciso nel primo anno della Grande Guerra. La
sua identità personale era stata in precedenza investigata e comprovata in base a
processi d'indagine rigorosamente scientifici (specialmente con il metodo delle
"corrispondenze incrociate"). Le sedute qui considerate furono tenute nei mesi di
maggio-giugno del 1918. La presente parziale pubblicazione dei messaggi conseguiti
avviene per desiderio di un eminente metapsichicista, il quale osservò che una serie
tanto importante d'informazioni intorno all'esistenza spirituale, serie che concorreva
efficacemente con tutte le altre ad accrescere il valore cumulativo delle "rivelazioni
trascendentali", non doveva sottrarsi alla pubblicità. Ed egli aveva aggiunto: "Tanto
più che sono ancora molti coloro i quali ritengono che non si sia mai conseguito nulla
d'importante e di concordante in merito alle modalità dell'esistenza spirituale".
«Siccome lo spirito comunicante aveva informato che in quel
- 71 -
periodo, in cui la guerra persisteva più furibonda che mai, egli aveva per compito di
assistere i soldati che cadevano sui campi di battaglia, vennero chieste informazioni
in proposito; ed egli così rispose:
«"Essi arrivano nel mondo spirituale con i sentimenti che li possedevano al momento
della morte. Ve ne sono di quelli che credono di trovarsi ancora a combattere, e allora
noi dobbiamo calmarli. Altri ritengono di essere impazziti, a causa dell'ambiente
improvvisamente trasformatosi intorno a loro. Tutto ciò non vi sorprenderà di sicuro,
giacché potete immaginare in quale tremendo stato di tensione, molto prossimo alla
pazzia, avvengano le battaglie. Vi sono altri che ritengono di essere stati gravemente
feriti, il che è realmente quanto loro avvenne, con la differenza ch'essi immaginano di
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
essere stati trasportati in un ospedale da campo e chiedono spiegazioni sul loro stato.
Noi dobbiamo anzitutto cercare di distrarli celiando, e solo gradatamente far loro
comprendere il vero significato del presunto ospedale in cui si trovano. Ve ne sono
alcuni che accolgono la notizia della loro morte con vero giubilo, e sono quelli che
nella tremenda vita di trincea avevano oltrepassato gli estremi sopportabili da una
fibra umana. Non è così con altri, i quali lasciano al mondo congiunti teneramente
amati; nel qual caso dobbiamo portarli gradatamente alla realizzazione del loro stato
con tatto e delicatezza estremi. Vi sono altri così stanchi ed esauriti da non restare
loro l'energia sufficiente per rammaricarsi di nulla, e questi non tardano ad entrare
nel periodo del sonno riparatore. Vi sono infine quelli che avevano previsto la loro
morte imminente perché avevano visto l'obice scendere dal cielo, e aspettavano la fine
con la sua esplosione inevitabile. Tra questi ve ne sono molti che cadono subito nel
sonno non appena disincarnati; e ciò avviene quando il loro concetto della morte era
l'annientamento, così che il periodo di sonno riparatore si combina subito con le loro
convinzioni in proposito. Costoro non abbisognano di spiegazioni o di soccorsi fino
alla fine del loro periodo di riposo, che talvolta si prolunga assai, soprattutto
quando le loro convinzioni circa l'inesistenza dell'anima erano profondamente
radicate..."».
«(A questo punto lo spirito comunicante, rivolgendosi allo sperimentatore, formula
un'osservazione riguardante le modalità con cui trasmettere il suo messaggio,
osservazione che presenta un valore altamente suggestivo nel senso della genuinità
trascendentale del
- 72 -
messaggio stesso. Egli, interrompendosi, osserva: "Mi accorgo che riesco a trasmettere
assai meglio il mio pensiero al medium lasciandolo libero di rivestire con le proprie
parole l'idea che gli trasmetto. Ti sei accorto che lo stile è cambiato all'improvviso?
Ora io mi limito a trasmettergli il mio pensiero, che la sua mentalità percepisce,
assimila e riveste col suo ben noto stile letterario").
«(Domanda) "Tu cadesti subito nel sonno?".
«(Risposta) "No. Avevo, anzitutto, bisogno di cure, perché avevo capito la sorte che
mi attendeva".
«"Capito... che cosa?".
«"Sapevo di essere gravemente ferito e mi aspettavo di dover morire da un momento
all'altro. Tuttavia quando la morte venne, non ero ben sicuro di quanto mi accadeva, e
ritenevo di sognare. Ma quel sogno mi pareva assai piacevole, giacché mi vedevo
circondato da cure ed attenzioni commoventi. Quindi cominciai a sospettare la verità;
gli spiriti assistenti mi avevano deposto in un certo ambiente che a me pareva una
corsia di ospedale provvista di tutto il comfort moderno; mi avevano curato così bene
che non soffrivo più; e, infine, avevano abbassate le persiane, dicendo a tutti che ora
si doveva dormire. Quando mi risvegliai, ebbi l'intuizione chiara di trovarmi nel mondo
spirituale...".
«"Fosti contento di saperlo?".
«"In un certo senso sì, poiché mi ero già familiarizzato con l'idea; e poi mi sentivo
confortato vedendomi oggetto di tante cure ed attenzioni. Ora sono io che circondo
delle medesime cure ed attenzioni i miei camerati che arrivano a frotte nel mondo
spirituale...".
«(Qui lo spirito comunicante si rivolge al medium, osservando: "Hai trascritto
fedelmente fino all'ultima sillaba quanto ti ho trasmesso. Riprenderò quanto prima il
mio messaggio, ma ora mi ritiro per un istante, e ti lascio libero di conversare per
conto tuo...". Il medium: "Strano! Ora vedo lo spirito dietro di me. E' qui (indicando
il punto). Provo una curiosa sensazione: mi sento qui, dove si trova il mio corpo;
eppure ho l'impressione di essere in parte io ed in parte lui. Ora la sua forma occupa
in parte il medesimo spazio in cui si trovano la mia testa e le mie spalle e si
prolunga alquanto all'indietro del limite del mio corpo. Ora mi dice che si accinge a
riprendere la narrazione interrotta").
«Lo spirito comunicante così continua:
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«"Quando avviene il risveglio dal sonno, le cose cambiano, ed è uno stato d'animo
difficile a spiegarsi; ma farò del mio meglio...
«"Prima del sonno si conserva sempre in parte l'illusione di essere ancora la
medesima persona di prima. Tale stato di perplessità genera stanchezza, lo spirito
sente il bisogno di riposare, di dormire, e finalmente sopraggiunge il sonno. Durante
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
il sonno avvengono trasformazioni notevoli, ma io non sono in grado di ragguagliarti in
proposito. Comprenderete che non si tratta del sonno a voi noto, ma, in ogni modo,
questa è la migliore analogia per darvene un'idea, tanto più che voi sapete come anche
nel sonno fisiologico avvengano fenomeni che non si arriva a spiegare. Fatto è che
quando lo spirito si risveglia, si sente un altro essere. Egli sa di trovarsi in
ambiente spirituale e di essere uno spirito; così come nel mondo dei viventi ci si
risveglia qualche volta con un quesito risolto che era apparso insolubile prima di
addormentarsi.
«"Coloro che si disincarnano in piena consapevolezza dell'esistenza di una vita
d'oltretomba non abbisognano di dormire, a meno che non giungano nel mondo spirituale
esausti da una lunga malattia, o depressi da un'esistenza di tribolazioni. In pratica,
però, quasi tutti abbisognano di un periodo di sonno più o meno lungo; e più grande è
la difficoltà dello spirito nell'adattarsi alle nuove condizioni, e più lungo risulta
il periodo di sonno.
«"Ora vi racconterò le mie impressioni quando mi risvegliai dal sonno. Avevo piena
coscienza di essere vivo, in quanto in me non esisteva più quello stato d'incertezza
per cui si ha l'illusione di credersi ancora nel mondo e di sognare. Comprendete che
cosa voglio dire?".
«"Sì, perfettamente".
«"Dopo il risveglio, invece, si sa, si conosce. Non si ha più l'impressione di
sognare. Gli spiriti molto bassi, i quali rimangono vincolati alla terra (earthbound),
non hanno il beneficio del sonno riparatore e, di conseguenza, perseverano
nell'illusione di credersi ancora viventi e in balìa di un sogno curioso. Dunque
ricordatevi che gli spiriti vincolati alla terra, o spiriti 'infestatori', sono quelli
che vivono perennemente in tale illusione...
«"Il primo sentimento che si prova non appena ci si risveglia con piena coscienza di
ciò che siamo e dove ci troviamo - e cioè che siamo spiriti sopravvissuti alla morte
del corpo e che ci si trova in un altro piano di esistenza - è il sentimento di
un'enorme curiosità,
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combinata a un grande desiderio di esplorare il nuovo ambiente, e conoscere di più.
Riscontriamo anzitutto che intorno a noi esistono delle 'cose', e questa è la prima
osservazione che ci colpisce di stupore; tanto più che queste 'cose' appaiono della
stessa natura di quelle a noi note in terra, per quanto sembrino anche diverse, ma in
modo non ben compreso.
«"Esse sono reali, realissime: questo lo vediamo bene, abbiamo tuttavia l'intuizione
ch'esse sono solo temporanee e appartengono unicamente allo stato spirituale
consecutivo al risveglio. Dopo di che non tardiamo a scoprire - e ciò appare molto
curioso e interessante - che possiamo trasformare certe cose che scorgiamo a noi
dintorno, semplicemente desiderando che si trasformino. Tuttavia lo possiamo fare
unicamente per oggetti che non abbiano importanza. Così, ad esempio, se io scorgo ai
miei piedi un ago di pino, e comincio a pensare ch'esso divenga un ago di acciaio,
eccolo tramutato in un ago reale da cucire, che posso raccogliere ed osservare.
Comunque, noi non possiamo trasformare gli oggetti voluminosi, e tanto meno l'ambiente
in cui viviamo. E non possiamo farlo perché il paesaggio intorno a noi non è soltanto
il nostro 'scenario', ma è lo 'scenario' di tutti gli spiriti. Possiamo soltanto
trasformare qualsiasi piccola cosa, quando il farlo non arrechi noia o danno ad altri.
Dopo ripetute esperienze di tal natura, si comincia a comprendere la verità, ossia che
l'ambiente in cui viviamo non è in realtà costituito che da 'forme del pensiero' o da
'proiezioni della memoria', e che tutto ciò è predisposto al fine di rendere più facile
agli spiriti nuovi arrivati il periodo di transizione dall'esistenza terrena
all'esistenza spirituale propriamente detta.
«"E apprendiamo molto al riguardo cercando intorno a noi tutto ciò che possiamo
trasformare con un atto di volontà, e tutto ciò che rimane inalterato malgrado gli
sforzi del nostro volere.
«"Fin qui io non ti parlai che delle nostre percezioni e realizzazioni; ma vi sono
molte altre cose che non possiamo apprendere con la semplice osservazione dell'ambiente
spirituale. Così, ad esempio, vi è da imparare in qual modo avvengano effettivamente le
conversazioni e gli scambi delle idee tra gli spiriti che si trovano nella medesima
fase di sviluppo. Sulle prime sembra di conversare tra gli spiriti così come si faceva
in terra tra viventi; solamente si prova fin da principio la curiosa sensazione - la
quale si realizza sovente anche nel mondo dei viventi - di comprendere più di quel-
- 75 -
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
lo che viene proferito a parole. In ambiente spirituale, però, tale sentimento si prova
costantemente, ed è di gran lunga più forte di quel che avviene nel mondo dei viventi.
In conseguenza, non si tarda a comprendere che la nostra conversazione a parole non è
che una sorta di superstruttura artificiale, sostanzialmente inutile per gli scambi
delle
nostre
idee,
scambi
che
avvengono
direttamente
per
trasmissione
del
pensiero..."».
A questo punto, mi trattengo a malincuore dal ricavare tal testo altri particolari
importanti e questo per la necessità di non esorbitare dai limiti di quanto appare
sufficiente agli scopi del presente lavoro.
Come è facile rilevare, anche nella relazione esposta si osservano le consuete
concordanze
a
proposito
di
quanto
viene
affermato
nei
precedenti
messaggi
trascendentali intorno alle modalità dell'esistenza spirituale. Tuttavia, nel caso in
esame le descrizioni su tale argomento si svolgono con ampiezza maggiore di particolari
istruttivi. Noto, ad esempio, l'efficacia psicologicamente suggestiva con la quale il
comunicante descrive le multiformi impressioni che proverebbero gli spiriti dei soldati
uccisi in guerra, all'istante del loro ingresso nel mondo spirituale: impressioni che
corrisponderebbero alle diverse condizioni psicologiche e morali in cui si trovavano al
momento della morte. Noto altresì che dal punto di vista psicologico è altrettanto
suggestivo il modo con cui la medesima entità descrive le svariate modalità con cui si
determinerebbe il sonno riparatore nei defunti, le quali risulterebbero, a loro volta,
in rapporto con le svariate condizioni psicologiche, affettive, morali, emozionali, in
cui si trovavano i nuovi arrivati all'istante del trapasso. Noto ancora la
verosimiglianza psicologica, razionale e naturale con cui l'entità comunicante descrive
le impressioni per le quali gli spiriti nuovi arrivati sarebbero condotti gradatamente
ad avvedersi che le conversazioni a parole risultavano superflue nel mondo spirituale,
dal momento che si conseguiva assai meglio lo scopo scambiandosi le idee con la
trasmissione del pensiero.
Rimane, infine, da notare la medesima ampiezza di particolari teoricamente istruttivi
relativi
all'interessantissimo
fenomeno
del
pensiero
e
della
volontà,
forze
plasticizzanti e organizzanti in ambiente spirituale. Già ebbi in precedenza a
intrattenermi lungamente sul tema, il quale appare eccezionalmente importante, in
quanto per esso si arriva a una chiara comprensione delle modalità con cui
- 76 -
si estrinseca l'esistenza spirituale nelle sfere preparatorie prossime al mondo dei
viventi. Conseguentemente si perviene a eliminare le formidabili obiezioni che
portavano i più ad attribuire un'origine puramente subcosciente a tutte le rivelazioni
trascendentali; obiezioni che, per quanto in apparenza insormontabili, si dissipano
invece come nebbia al sole di fronte alla grande verità psicologica qui considerata, la
quale, come già feci rilevare, è anche riconosciuta sperimentalmente per dimostrata nel
mondo dei viventi. Stando le cose in questi termini, appare indispensabile ch'io mi
diffonda ulteriormente sul tema.
Nel caso in esame appare oltremodo efficace ed istruttiva la descrizione dello
spirito comunicante intorno alle modalità con le quali gli spiriti nuovi arrivati
pervengono gradatamente a scoprire che l'ambiente in cui si trovano è costituito da
«forme del pensiero» e «proiezioni del pensiero», e che tutto ciò è predisposto al fine
di rendere più facile agli spiriti nuovi arrivati il periodo di transizione dalla
esistenza terrena all'esistenza spirituale propriamente detta.
Ad illustrazione ulteriore di tale grande verità ritengo utile riprodurre un lungo
brano di un mio articolo pubblicato in precedenza sul medesimo tema. Riferendomi alle
rivelazioni trascendentali del genere, così argomentavo:
«Le informazioni sopra proferite concordano esattamente con quanto si legge nel libro
del professor Oliver Lodge intitolato Raymond. Tutti ricordano la pungente ironia e i
lazzi volgari dei gazzettieri, a proposito di un'affermazione analoga alle precedenti,
ma più specificata dello spirito "Raymond" al quale era capitato di accennare al
seguente aneddoto:
«"L'altro giorno capitò un soldato il quale desiderava fumare un sigaro, e gli venne
subito servito un alcunché il quale aveva l'apparenza di un sigaro. Il soldato lo
ghermì avidamente, ma quando prese a fumarlo non ne ricavò la soddisfazione consueta;
per cui, dopo averne consumati quattro, smise per sempre di chiederne. Così avviene per
tutti; essi non traggono più la medesima soddisfazione di prima da tali abitudini
voluttuarie contratte nel mondo dei viventi, e gradatamente se ne divezzano. Nondimeno,
quando arrivano qui, essi sono ancora influenzati dalle tendenze che li dominavano in
terra; per cui taluni chiedono da mangiare, ed altri vorrebbero bere un bicchierino di
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
whisky. Non dovresti meravigliarti se ti dico che
- 77 -
si può contentarli, provvedendo loro qualcosa di apparentemente simile a quanto
domandano. Senonché, quando hanno assaporato una o due volte la cosa richiesta non ne
sentono più il bisogno e la dimenticano...".
«Questo è quanto riferisce la personalità medianica di "Raymond", la quale - come si
disse - non fa che narrare particolari aneddotici analoghi a quanto avevano affermato
in precedenza altre personalità medianiche, inclusa quella sopra riferita. In pari
tempo giova tuttavia osservare come le personalità in questione non avessero mancato
mai di precisare come non si trattasse né di cibi, né di bevande, né di tabacco, ma di
creazioni effimere del pensiero, le quali avevano lo scopo di condurre, gradatamente e
senza scosse emozionali, alla realizzazione delle condizioni in cui si trovano quegli
spiriti di disincarnati, i quali apparivano troppo dominati dalle abitudini contratte
nell'esistenza terrena, per non rimanere costernati qualora avessero bruscamente
compreso di trovarsi in condizioni di spiriti disincarnati; o, più precisamente, di
"puri spiriti" destituiti di corpo carnale.
«Insomma, lo spirito del defunto "Raymond" non si sognò mai di affermare che in
ambiente spirituale si fumassero sigari autentici e si bevesse whisky fabbricato con
l'alcool, ma i gazzettieri non badarono tanto per il sottile e si valsero dell'episodio
per destare l'ilarità nelle folle, annunciando che nel paradiso degli spiritisti si
fumavano sigari avana e si beveva whisky.
«Qualora invece si vogliano considerare i fatti da un punto di vista sereno ed
obiettivo, non si potrà non rilevare subito come i fenomeni animici della "fotografia
del pensiero" e dell'"ideoplastica", quali si realizzano sperimentalmente nel mondo dei
viventi, valgono già a confermare, in base a dati di fatto incontestabili,
l'affermazione fondamentale contenuta nelle rivelazioni in esame. Se il pensiero
risulta una forza creatrice durante l'esistenza terrena, viene a cessare di colpo ogni
apparenza assurda e insostenibile in merito al fatto che nelle sfere spirituali, o, più
precisamente, nella sfera preparatoria all'esistenza spirituale propriamente detta, la
forza creatrice del pensiero si eserciti spontaneamente sopra essenze eteriche - per
così esprimerci - onde produrre duplicati effimeri di qualsiasi oggetto o stanza
terrena, e che tale facoltà dello spirito venga usata per preparare, mediante provvide
illusioni del genere, gli spiriti poco evoluti, ancora dominati dalle tendenze
voluttuarie
- 78 -
terrene, alla realizzazione graduale del mutamento radicale di stato in cui si sono
trovati
all'improvviso,
e
che
una
provvida
condizione
psichica
analoga
al
"sonnambolismo vigile", non permette loro di riconoscere. E sembrerebbe che coloro i
quali hanno più bisogno di tali illusioni benefiche siano gli spiriti di quelli che
entrarono nell'esistenza spirituale a causa di morti violente, o morti improvvise,
quali appunto i soldati in guerra, o i deceduti improvvisamente per apoplessia,
sincopi, o disgrazie accidentali.
«Stando così le cose, si domanda che cosa vi sia di assurdo, di ridicolo,
d'inconciliabile con l'esistenza spirituale in tutto quanto descrivono le personalità
medianiche. Al contrario, dovrebbe dirsi come non vi sia nulla di più razionale, dal
punto di vista psicologico e terapeutico, dei processi di divezzamento che si
seguirebbero nelle sfere spirituali onde liberare gradatamente gli spiriti disincarnati
dalle tendenze voluttuarie acquisite durante l'esistenza terrena. Si tratta di processi
in tutto analoghi a quelli adottati in questo basso mondo per l'analogo "divezzamento"
degli alcolisti e dei morfinomani, ai quali non si troncano bruscamente le abitudini
viziose - giacché il farlo provocherebbe disordini funzionali gravissimi - ma seguendo
una lenta graduatoria nelle somministrazioni sempre minori delle dosi di alcool o di
morfina. Vale pertanto la pena di domandarsi ancora una volta: perché dovrebbe
considerarsi assurda e ridicola la notizia che nel mondo spirituale si segue il
medesimo sistema razionale di "divezzamento" dalle abitudini viziose contratte sulla
terra dagli spiriti disincarnati? Non sono forse identiche le leggi psicologiche che
governano lo spirito umano incarnato e disincarnato? E, se è così, perché i processi di
"divezzamento" efficaci e indispensabili in uno stato di esistenza, non dovranno
risultare altrettanto efficaci e indispensabili nell'altro? Non avevo forse ragione di
osservare che le pungenti ironie dei gazzettieri e l'ilarità delle folle provavano
soltanto la loro profonda ignoranza intorno a un tema che i fenomeni della "fotografia
del pensiero" e della "ideoplastia", da una parte, e i processi dell'analisi comparata,
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
dall'altra, dimostrano invece meritevole della più seria considerazione? E se i
processi dell'analisi comparata pervenissero un giorno a provare risolutivamente come
nel tema stesso è contenuto un fondo di verità incontestabile, allora, lungi dal
considerarlo quale un soggetto da scherno, dovremmo tutti dar prova di vera saggezza
indagandolo sistematicamente, a vantaggio grande dell'umanità».
- 79 -
Così mi esprimevo nell'articolo da me pubblicato sull'argomento. Non mi pare il caso
di aggiungere altro, salvo un'osservazione generica intorno alla natura delle
proiezioni del pensiero in ambiente spirituale, le quali, se dal punto di vista
dell'evoluzione ulteriore dello spirito dovrebbero considerarsi effimere, dal punto di
vista dell'esistenza spirituale nelle Sfere in cui si determinano le proiezioni stesse,
dovrebbero considerarsi positivamente sostanziali. In un ambiente spirituale, la cui
densità specifica risulterebbe quella di etere cosmico e nel quale il corpo di cui
sarebbero rivestiti gli spiriti risulterebbe costituito da «etere vitalizzato», anche
il paesaggio generale sarebbe una proiezione della volontà di entità superiori preposte
al governo delle Sfere spirituali, così come le proiezioni particolari determinate
dalla volontà degli spiriti dovrebbero considerarsi reali, realissime, in quanto
avrebbero la medesima consistenza e sarebbero costituite dal medesimo elemento
immateriale di cui si compone l'organismo spirituale degli esseri che vi soggiornano.
Allo stesso modo appaiono consistenti ai viventi tutte le cose che li circondano, in
quanto l'ambiente in cui vivono è costituito dei medesimi elementi fisici che
compongono l'organismo corporeo di cui sono rivestiti.
Passando ad altre informazioni importanti contenute nel messaggio in esame, osservo
il valore suggestivo del paragrafo nel quale si accenna agli spiriti molto bassi, le
cui passioni e aspirazioni terrene rimarrebbero a tal segno soverchianti, da vincolarli
per un tempo più o meno lungo all'ambiente in cui vissero. Ne deriverebbe che,
trovandosi esclusi dal beneficio del sonno riparatore, rimarrebbero in permanenza
nell'illusione di credersi ancora vivi, ma in balìa di un sogno curioso. Quest'ultima
informazione, che nella narrazione dell'entità comunicante costituisce una semplice
parentesi occasionale, riveste invece un'importanza teorica immensa, poiché vale da
sola a dissipare un'altra delle perplessità formidabili che impedivano di riconoscere
la genesi estrinseca, o spiritica, di tutta una categoria di manifestazioni
supernormali: quella dei fenomeni d'infestazione in cui si rinviene il particolare di
un fantasma il quale ripete costantemente una medesima azione, come passeggiare lungo
un corridoio, o sedere accovacciato presso un focolare spento, o contare avidamente del
denaro presso un forziere realmente esistente nella camera infestata. Ora, teoricamente
parlando, e dal punto di vista della genesi spiritica dei fenomeni in questione, non si
sapeva
- 80 -
come spiegare tale ripetizione invariabile del medesimo episodio ogni qualvolta
appariva quel medesimo fantasma e si era indotti a far capo ad altre ipotesi, che per
quanto passabilmente gratuite e inverosimili, e soprattutto inadeguate a spiegare
complessivamente i fatti, parevano meno inverosimili di quella spiritica. Ed ecco,
invece, che il chiarimento contenuto nella frase esposta risolve in modo semplice e
razionale il grosso quesito. Infatti, se si ammette che vi siano spiriti disincarnati
dominati dalle loro passioni terrene a tal segno da rimanere vincolati all'ambiente in
cui vissero, e rimanendo per lungo tempo in condizioni psichiche speciali (analoghe al
«sonnambolismo vigile» degli ipnotizzati) in cui si credono tuttora viventi, ma in
preda a un sogno curioso, o a un incubo pauroso, allora si spiega la ripetizione
monotona della medesima azione nei casi dei fantasmi infestatori, giacché dovrebbe
concludersi che i medesimi si trovino in preda a un «monoideismo», il quale li obbliga
a ripetere automaticamente una data azione abitudinaria della loro vita, o la scena
ossessionante di un'impresa malvagia compiuta. Allo stesso modo avviene nei casi di
«monoideismi» sperimentalmente provocati nei soggetti ipnotici, monoideismi che vengono
eseguiti e ripetuti ininterrottamente dal soggetto, fino a quando lo sperimentatore non
toglierà la suggestione impressa.
Termino richiamando l'attenzione dei lettori sulla spontaneità, improntata a
sincerità d'impressioni autenticamente provate, con cui lo spirito comunicante
interrompe due volte la propria narrazione: una prima volta per rivolgersi allo
sperimentatore onde partecipargli un'osservazione interessante da lui fatta in quel
momento, che, cioè, arrivava assai meglio a trasmettere il proprio pensiero al medium
se lasciava libero quest'ultimo di rivestirlo con le proprie parole. Ed egli chiede in
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
proposito
allo
sperimentatore:
«Ti
sei
accorto
che
lo
stile
è
cambiato
all'improvviso?». Una seconda volta egli interrompe la narrazione per tentare un
esperimento: quello di farsi vedere dal medium. Il medium infatti annuncia con vivo
stupore di scorgere dietro di sé il fantasma dello spirito comunicante e aggiunge di
sentirsi in parte se stesso e in parte un altro. Tale affermazione concorda con la
visione da lui scorta, in quanto egli vede il corpo dello spirito comunicante come se
in parte soltanto fosse compenetrato in lui.
E’ evidente come simili improvvise interpolazioni nel corso della narrazione
contribuiscano non poco a convincere della presenza
- 81 -
reale sul posto dello spirito comunicante, giacché nell'ipotesi delle «personificazioni
subcoscienti» non si saprebbe davvero come giustificarne razionalmente l'improvvisa
irruzione. Tanto più se si considera ch'esse corrispondono a due circostanze di fatto
che simultaneamente si erano realizzate: il medium aveva cambiato improvvisamente lo
stile con cui si era espresso fino a quel momento e aveva improvvisamente scorto vicino
a sé il fantasma dello spirito con cui stava comunicando.
Caso XI
Traggo l'episodio seguente da un lungo studio di Federico Myers sulle esperienze del
reverendo William Stainton Moses (Proceedings of the S.P.R., vol. XI, pag. 87). Come è
noto, Moses, ministro della Chiesa anglicana e di sentimenti religiosi strettamente
ortodossi, recalcitrava ad accordar fede ai messaggi solenni che la personalità
medianica «Imperator» gli dettava medianicamente, messaggi che tendevano a sviarlo da
una troppo rigida ortodossia cristiana. Egli, pertanto, esigeva, per credere, che la
personalità medianica in questione gli provasse il suo essere di entità spirituale, in
quanto sospettava di trovarsi in presenza di una personificazione sonnambolica emersa
dai recessi della propria subcoscienza. Tale esigenza sottintendeva che lo spirito
comunicante fornisse ragguagli controllabili sulla propria esistenza terrena, e questa
era un'impresa impossibile per l'entità stessa, la quale aveva spiegato di essere
vissuta in epoca biblica. «Imperator» allora propose a Moses un metodo indiretto con
cui appagare le sue giuste esigenze: egli avrebbe condotto alle sedute personalità di
defunti sconosciute a Moses, le quali avrebbero fornito ragguagli sulla loro esistenza
terrena, ponendolo in grado di controllare le loro affermazioni. A questo proposito
«Imperator» aveva aggiunto: «Se tu riscontrerai che tutti i defunti da me condotti alle
sedute affermarono costantemente il vero, allora dovrai dedurre che io che li condussi
sono a mia volta un'entità spirituale». Moses accolse la proposta ed ebbe inizio una
lunga successione di casi d'identificazione spiritica risultati costantemente veridici.
Tra i defunti condotti alle sedute vi fu anche un famoso prelato anglicano,
l'arcivescovo Wilberforce, il quale dopo aver fornito, in una prima manifestazione,
ottime prove d'i-
- 82 -
dentità personale, si manifestò una seconda volta a Moses per narrargli le vicende del
proprio ingresso in ambiente spirituale.
In tale circostanza, lo spirito guida «Rector» aveva preannunciato a Moses: «Un amico
tuo converserà con te per mezzo mio». Subito dopo un'altra personalità aveva scritto
con calligrafia molto diversa la seguente frase: «Sia con te la pace del giusto.
Ascolta e ricorda». (Risultò dall'inchiesta che la frase, dettata dall'arcivescovo
Wilberforce, era trascritta con identità calligrafica).
Dopo ciò, lo spirito-guida riprese a dettare quanto segue:
«Il nostro amico Wilberforce non perviene ancora a scrivere con la dovuta facilità.
Egli non è più tornato in ambiente terreno dal giorno in cui ti si manifestò per
desiderio nostro. Ora è qui nuovamente per narrarti le sue impressioni al momento del
suo ingresso nel mondo spirituale. Nonostante il modo in cui vi giunse fosse rude e
subitaneo, il di lui spirito divenne cosciente molto prima del solito, in quanto
l'amico nostro, anche nell'esistenza terrena, era vissuto in comunione costante con il
mondo spirituale ed aveva lungamente meditato sulla crisi della morte, intravvedendone
le modalità. Quando per lui giunse la "Grande Ora", non ne fu sorpreso o impressionato,
per quanto fosse avvenuta bruscamente. Egli fu un saggio. Ora ti descriverà per mezzo
mio le vicende del proprio transito nel mondo spirituale».
(«Wilberforce», tramite «Rector»): «Allorché il mio spirito divenne consapevole di
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
trovarsi in ambiente di vita eterna, mi vidi circondato da radiose creature angeliche,
le quali venivano ad annunciarmi quanto misericordiosa si dimostrasse a mio riguardo la
clemenza di Dio. Fui strappato alla vita in modo rude e subitaneo, con la conseguenza
che io non mi ero accorto di trovarmi nel mondo spirituale, fino a quando vidi venirmi
incontro mio padre, il quale mi spiegò che, per quanto fossi più vivo che mai, mi
trovavo però in quella sezione del mondo spirituale in cui soggiornano gli spiriti
radiosi. A lui si aggiunse quindi mia madre; poi mi venne incontro il purissimo spirito
di Keble circondato da un'accolta gloriosa di altre anime filantrope che per legge di
affinità si accalcavano intorno a lui che in terra fu il principe dell'amore
universale. Furono essi che mi condussero nella dimora delle mie "guide", dalle quali
appresi ciò che per primo compito io dovevo prepararmi a compiere, ed era ch'io dovevo
mettere in disparte molte delle dottrine che in terra giudicavo d'importanza vitale.
Oh! con quale facilità gli spiri-
- 83 -
ti illuminati pongono in disparte le opinioni terrene, anche se tenacemente e
appassionatamente professate tutta la vita!
«Furono le mie "guide" che mi esortarono a manifestarmi a te. Esse ne avevano
ricevuto ordine dallo spirito elevatissimo che presiede alle tue sedute ("Imperator").
Accondiscesi con gioia, ed ora sono più che mai felice di entrare nuovamente in
rapporto con il piano terreno dove tanti miei cari amici vivono ancora, sebbene,
purtroppo, io non possa mai entrare in rapporto con loro che nulla sanno, od osteggiano
questa grande verità. Passerà del tempo prima che apprendano qualche cosa in proposito.
«Dal giorno in cui abbandonai il mondo dei viventi, mi sono intensamente dedicato ad
apprendere ciò che doveva costituire il mio compito spirituale in questa esistenza di
costante progresso, di elevazione sublimata a cui sono destinato. A quest'ora, con
l'aiuto delle mie "guide", sono già passato oltre la prima Sfera spirituale in cui
dimorano coloro che sono ancora vincolati ai viventi dall'amore, così come tutti coloro
che non sono ancora preparati per elevarsi spiritualmente oltre la prima Sfera celeste.
Ivi mi sono incontrato con molte anime da me conosciute in vita, dalle quali appresi
molte nozioni che avevo urgente bisogno di conoscere. Il mio compito sarà per qualche
tempo analogo; vale a dire che dovrò adoperarmi a istruire i nuovi arrivati, fino a
quando non sarò maturo per raggiungere la Sfera spirituale che a me compete.
Analogamente mi sono manifestato a te al fine d'istruirti con questo messaggio di
conforto e di consolazione. Sta di buon animo, amico mio: l'avvenire che ci attende è
radioso!».
(Moses) «Quante domande avrei da rivolgerti! Le Sfere spirituali sono dunque analoghe
al nostro mondo?».
«Analoghe sotto ogni rapporto. Tuttavia la differenza è grande in quanto si determina
un mutamento radicale nelle condizioni di esistenza. Il paesaggio è assolutamente
identico, ma sublimato. Anche noi abbiamo fiori, prati ed alberi, animali ed uccelli;
ma le condizioni di ambiente non sono più fisiche, con la conseguenza che noi non
abbiamo bisogno di nutrirci, e tanto meno di uccidere per vivere. La materia, come voi
la pensate, più non esiste per noi; quanto ai mezzi di sussistenza noi li assimiliamo
con l'aria che respiriamo. I nostri liberi movimenti non sono più ostacolati dalla
materia, come avviene nel mondo vostro. Ci trasportiamo ovunque con un atto di volontà.
Come accade ai bimbi in ambiente terreno, a me pure
- 84 -
avviene ogni giorno di apprendere sempre nuove cognizioni preziose, e mi vado con ciò
sempre meglio adattando all'esistenza spirituale».
«L'ambiente che vi circonda, è dunque reale per voi?».
«Reale, realissimo, ed anche supremamente bello».
A questo punto intervenne «Imperator», che si rivolse a Moses osservando:
«Meglio non trattenere più a lungo l'amico nostro. Con le domande che gli rivolgesti
ti sei già troppo spinto oltre il concesso. Ti salutiamo nel nome di Dio onnipotente.
"Imperator"».
In quest'ultimo ammonimento di «Imperator» si adombra una verità d'ordine pratico
della quale lo scrivente si era già reso conto allorché vi alluse nel preambolo al
presente lavoro. Anche per Moses, il quale cominciava appena a dedicarsi alle indagini
psichiche, era dunque prematuro inoltrarsi a fondo in un tema delicato, in quanto
contrastava troppo rudemente con inveterati preconcetti dell'umanità civilizzata. Due
sole categorie di studiosi sono in grado di assimilare senza scosse certe verità
trascendentali: la categoria delle «anime semplici», e l'altra opposta dei «pensatori
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
colti e riflessivi», aperti a tutte le verità alla sola condizione di convalidarle
sulla base dei fatti.
Le «anime semplici» credono per un «atto di fede», ma essendo spesso altamente
«intuitive» raggiungono talvolta di un balzo la Verità. Tuttavia le loro intuizioni
sono destinate a rimanere acquisizioni strettamente personali, le quali non perverranno
mai ad assumere importanza sociale e umanitaria. Non così può darsi per le medesime
Verità proclamate dai «pensatori colti e riflessivi». Questi perverranno a trionfare di
ogni ostacolo e, sebbene aspramente contrastati - in alto e in basso - dal misoneismo
settario, raggiungeranno a suo tempo la gloriosa meta agognata. Essendosi, infatti,
prefissi d'indagare la «nuova rivelazione» sulla base dei fatti, con i metodi
scientifici dell'«analisi comparata» e della «convergenza delle prove», sono condotti
in un primo tempo alla certezza scientifica intorno alle Verità incontrollabili
emergenti dai fatti stessi; e così essendo, è naturale che in un secondo tempo tali
loro cognizioni acquisite risveglino in loro l'impulso missionario per la divulgazione
della nuova Scienza dell'Anima: scienza provvidenziale urgentemente necessaria alla
vacillante civiltà umana. E’ perciò evidente che i nobili sforzi di tali precursori non
potranno mancare
- 85 -
d'imporsi gradatamente all'intera umanità civilizzata, la quale, non potendo più oltre
appagarsi di cieca fede, attende ansiosamente dalla scienza l'ultima parola sul mistero
inquietante dell'oltretomba.
Tuttavia,
i
benemeriti
precursori
della
nuova
rivelazione
scientificamente
convalidata daranno prova di saggezza se comprenderanno che la fase qui considerata
della rivelazione stessa è di natura così contrastante con i più diffusi preconcetti
scientifici, e con le nozioni assimilate nella primissima infanzia sull'argomento, che
se non ci si propone d'investigarla a fondo comparando e commentando, è preferibile non
affrontarla per non travisarla e comprometterla dinanzi al criterio impreparato dei non
iniziati.
Ed è per questo che l'ammonimento dell'entità spirituale elevatissima di cui si
tratta è meritevole di essere rivelato e meditato da taluni troppo ferventi
propagandisti.
Ricordiamoci altresì che prima di «Imperator» tale ammonimento lo aveva formulato
Gesù Nazareno: «Nella dimora del Padre vi sono molte cose che la mia generazione e i
miei tempi non sono maturi a ricevere».
Caso XII
Lo ricavo dal prezioso volumetto di Emilie Hinchliffe: The Return of Captain
Hinchliffe (10), in cui le prove d'identificazione del suo stesso marito, capitano
Hinchliffe, furono a tal segno numerose, complesse, multiformi che si dovette
classificare il caso tra quelli d'ordine risolutivo nel senso spiritualista.
Come è noto, il capitano Hinchliffe trovò la morte inabissandosi in pieno oceano, nel
marzo del 1928, durante un audace tentativo di sorvolare per la prima volta l'Atlantico
dall'est all'ovest: dall'Inghilterra a New York.
La signora Hinchliffe premette che fino al giorno del tragico evento essa ignorava
tutto in fatto di spiritualismo e, in base alle notizie distrattamente lette nei
giornali, giudicava tale credenza un impasto di frodi, di superstizioni e di pratiche
ridicole.
Senonché il marito defunto, il quale anelava ardentemente di comunicare con la moglie
adorata, trovò il modo di manifestarsi tramite una signora la quale possedeva la
facoltà della scrittura automatica, supplicandola di far sapere alla propria moglie
ch'egli era
- 86 -
ansioso di parlarle. Ma la signora medium non conosceva la vedova del defunto
comunicante, ed esitava a entrare in contatto con lei, mentre il defunto non cessava
dal manifestarsi insistendo e supplicando. In un ultimo messaggio egli aveva dettato:
«Io sono Hinchliffe. Fa' d'incontrarti con mia moglie. Te ne imploro».
La signora S.: «Sai bene che mi espongo a un brutto rischio! Lei non mi crederà».
(Spirito): «Assumiti il rischio; la mia vita fu tutto un rischio, io devo parlare con
mia moglie... Se la tua lettera rimane senza risposta, allora indirizza: "Drummonds -
High Street - Croydon"».
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Risultò che il nome e l'indirizzo dettati erano quelli del procuratore legale del
defunto!
A questo punto la medium, scossa ma tuttora perplessa, ebbe l'idea di recarsi a
chiedere consiglio a Sir Conan Doyle portando con sé i messaggi; e Sir Conan Doyle,
riscontrando in questi ultimi i contrassegni dell'autenticità, la introdusse alla
vedova.
Ciò premesso, passo senz'altro al tema qui considerato limitandomi a riferire quanto
il defunto ebbe a raccontare circa la crisi della morte e il proprio ingresso in
ambiente spirituale.
La relazione fa precedere quanto segue:
«Era naturale che mio marito, dopo aver raggiunto il supremo intento di convincermi
circa la propria presenza spirituale sul posto, fornendomi prove su prove di natura
irresistibile, desiderasse completare l'impresa meritoria descrivendomi le vicende del
suo transito in ambiente spirituale, diffondendosi anche in ragguagli sulla nuova
esistenza, nei limiti in cui poteva conoscerla dopo una permanenza ancora breve nella
prima Sfera spirituale. Così comportandosi si proponeva altresì di fornirmi prove
complementari d'ogni sorta intorno alla vita d'oltretomba, allo scopo d'indurmi a
trasfondere in altri il beneficio delle mie nuove convinzioni.
«Comunque, già si comprende che coloro che leggeranno ciò ch'egli ha da dire intorno
all'esistenza spirituale ne rimarranno o non ne rimarranno convinti, l'accoglieranno o
non l'accoglieranno, a seconda della tenacia con cui le loro idee preconcette intorno a
siffatto argomento saranno radicate.
«Né bisogna dimenticare che le comunicazioni della natura in esame hanno soltanto
valore di orientamento istruttivo, visto che probabilmente non possono darsi due sole
individualità le quali su-
- 87 -
biscano identiche esperienze; e quand'anche ciò fosse possibile, è più che probabile
che le impressioni che ne trarrebbero differiscano notevolmente. Appaghiamoci pertanto
di leggere e ponderare il messaggio che mi accingo a riferire, il quale risulta
perlomeno una sincera e veritiera descrizione circa le impressioni di un defunto
intorno alla nuova Vita che ci attende...; messaggio ch'egli ha trasmesso nell'intento
umanitario di aiutare i viventi a formarsi un giusto concetto intorno all'esistenza
d'oltretomba.
«Queste le impressioni di mio marito, trasmesse tramite la medium signora Garrett:
«"Ciò che mi propongo di narrarti si riferisce ad argomenti che ben pochi viventi
pervengono a immaginare nella loro vera natura. Alludo anzitutto a ciò che si prova
all'istante in cui lo spirito si distacca dal corpo; quindi alle vicende per cui sono
passato dopo la crisi della morte; e finalmente alle mie impressioni sull'esistenza
spirituale.
«"Il distacco del 'corpo eterico' dal 'corpo fisico' risulta opera di brevi istanti.
Nessuna pena se ne risente e, dopo il distacco, ci si sente a tal segno quelli di
prima, che passa del tempo, e in taluni casi anche dei giorni, prima che ci si accorga
del grande evento occorso. Nel caso mio, me ne avvidi quasi subito, poiché molto prima
che il mio dramma si compisse, io sapevo di andare incontro alla morte.
«"Come puoi immaginare, non appena mi accorsi di ritrovarmi vivente, ed anche
asciutto, in altra contrada, cominciai a riflettere. Che cosa era avvenuto? Solo due
eventi potevano essermi occorsi: o ero stato salvato dalle acque in condizioni
d'incoscienza, e trasportato in contrada a me sconosciuta, oppure ero morto. Compresi
subito che quest'ultimo era il caso mio. Dal che tu apprenderai che il mio transito
aveva determinato così poca variazione nella mia mentalità da non accorgermi di nulla,
segno che il processo del trapasso da una fase di esistenza all'altra, è veramente
facile.
«"Ed anche presentemente io la penso così sotto ogni rapporto. Niente di angelico,
niente di eterico, nulla di ciò che farebbe presumere di trovarsi in paradiso, o
nell'aldilà. In tutto il tempo da me trascorso in ambiente spirituale la mia esperienza
valse a convincermi che sono rimasto quel medesimo individuo che tu hai conosciuto, e
in conseguenza che la nostra ulteriore evoluzione ed ascensione verso la meravigliosa
dimora celeste, di cui tanto si par-
- 88 -
la in ambienti mistici, deve consistere in un processo di gran lunga più lento di
quanto immaginano taluni. Cara Emilia, vi saranno individui che non crederanno alle mie
parole, ma io dichiaro a te che sono ben certo di quanto affermo. Il nostro spirito è
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
di natura a tal segno delicata, che un mutamento brusco di condizioni determinerebbe
ripercussioni e disorganizzazioni nel contessuto eterico del corpo che lo riveste...
«"Se tu mi chiedi dove sono, che cosa scorgo a me intorno, ti dirò che sul principio
mi ritrovai in una landa grigia, umida, sgradita, che mi apparve deserta e sterile come
certe plaghe del Belgio sopra le quali tanto spesso volavo. Immagina una contrada del
genere, con qualche gruppo d'alberi dispersi, cresciuti male e contorti, visibili
attraverso un'atmosfera grigia e caliginosa, ed avrai così un'idea approssimativa della
località in cui mi ridestai alla nuova Vita. Ciò detto, capirai che la mia prima
aspirazione fu quella di allontanarmi da tale poco attraente soggiorno non appena mi
fosse possibile; soggiorno in cui molti disincarnati rimangono invece per anni... E
perché vi rimangono? Anzitutto perché hanno un vago sospetto di dover cambiare in
peggio; poi, perché in quella landa inospitale s'incontrano con molti altri spiriti
affini alla loro natura; infine, e soprattutto, perché da tale regione, la quale è la
sezione inferiore del Piano astrale, ed avvolge il vostro mondo, risultando quasi a
contatto col medesimo, riesce assai facile scorgere e assaporare con l'immaginazione
certe soddisfazioni fisiche del vostro ambiente in cui tanti di questi spiriti
disincarnati si erano immersi da vivi, o alle quali avevano troppo pensato per
elezione...
«"Io non so capire come possa esservi chi s'immagina che dopo morti si entri in
un'esistenza spirituale di beatitudine per tutti, nonché di ozio celestiale in ambiente
radioso. Costoro non riflettono che la loro sorte futura non può essere che la
risultante matematica dell'esistenza più o meno corretta ed altruistica trascorsa nel
mondo dei viventi. Ne consegue che chiunque abbia preso la vita alla leggera ed a spese
del prossimo non si troverà bene nell'aldilà... Nel mondo spirituale non esistono
sofferenze fisiche, ma le sofferenze morali e mentali sono di gran lunga più acute di
quel che non avvenga in terra... Il mondo spirituale è un'officina di raffinamento, e
fino a quando uno spirito non sia passato attraverso tutti gli stadi di perfezionamento
esistenti in ogni fase di vita spirituale, non è né possibile, né permesso ch'egli
raggiunga stati di beatitudine radian-
- 89 -
te. Questi dati esistono, ma per ora a noi è concesso soltanto di averne delle
percezioni fugaci, a titolo d'incoraggiamento... Io sono entrato nella vita spirituale
senza dedicar mai un pensiero al grande quesito dell'oltretomba, così come avviene alla
maggior parte dei giovani dell'età mia; ma siccome in terra ho sempre cercato di trarmi
fuori da una cattiva situazione non appena mi era possibile farlo, così avvenne che
quando mi vidi capitato in una landa spirituale sterile e sgradita, mi dedicai con
ardore all'impresa di uscirne al più presto, e vi sono riuscito...
«"Quanto ai rapporti tra spiriti nel 'piano astrale', ti spiegherò che si comincia
per conversare a parole, e nella propria lingua; ma non si tarda a scoprire che si può
conversare assai meglio per trasmissione del pensiero, e che così facendo vengono
abolite tutte le lingue. Ne deriva che poco per volta si perde l'uso di conversare a
parole, con la conseguenza che se tra di noi vi fossero degli ipocriti, essi ben
difficilmente riuscirebbero ad occultare la loro natura...
«"Un'altra domanda che sorgerà spontanea nella vostra mente è questa: Si mangia e si
beve nel mondo spirituale? No, certamente, nel modo in cui voi tutti soddisfate a tali
necessità corporali (quale disdetta per me, che vi tenevo tanto!). Comunque, il 'corpo
eterico', in tutto corrispondente al 'corpo carnale', conserva ancora degli organi
digerenti analoghi, ma non identici, a quelli terreni; il che significa che nel 'piano
astrale' esso è lungi dall'essere perfetto. Né può esserlo fino a quando si rimane in
un 'piano di esistenza' tanto prossimo al mondo dei viventi. Ne deriva ch'esso conserva
ancora un alcunché di affine al piano fisico, nel senso che, se non richiede più cibi
solidi, però abbisogna ancora di assimilare essenze e liquidi speciali a questo 'piano
spirituale', che noi ingeriamo in forme condensate di natura eterica.
«"Che cosa facciamo? Quali sono le nostre occupazioni? Ecco: noi ci esercitiamo a
beneficio di tutti nel modo più confacente alle nostre tendenze, o vocazioni. In questa
prima Sfera spirituale in cui mi trovo esistono già meravigliosi sistemi di educazione,
istituzioni e laboratori scientifici spiritualmente intesi, i quali comprendono in sé
tutte le condizioni per cui l'uomo acquisisce la pratica del lavoro nel mondo dei
viventi. Mi figuro che a questo punto qualche amico mio commerciante osserverà: 'La mia
pratica di lavoro è quella di fare il banchiere, e nel mondo spirituale non esiste
certo il denaro'. No, certamente, perché il denaro è una convenzione inerente esclu-
- 90 -
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
sivamente all'esistenza terrena, mentre qui da noi le nostre aspirazioni materiali sono
soddisfatte con la potenza del pensiero, che pensandole le crea... Io lavoro
mentalmente, e in certo senso anche fisicamente, visto che produco etericamente le cose
che desidero. Tutti sentiamo il bisogno supremo di agire, di occuparci, di operare; ed
io mi abbandono al lavoro con voluttà, poiché in ambiente spirituale ci si sente
veramente liberi, sempre pronti all'azione e risoluti nel creare. Le mie energie non
sono più ostacolate o represse dalle pene corporali, dalle crisi di stanchezza, o
esaurimenti nervosi, quali non possono evitarsi nel mondo dei viventi... Quando si
esula dal mondo vostro, si è abbandonato l'ambiente di vita più rudimentale per cui
deve passare lo spirito allorché per la prima volta diviene consapevole di sé quale
individualità pensante. Bada, però, che noi tutti siamo vissuti altre volte da spiriti
incarnati. Sono sicuro di quanto affermo.
«"Mi si potrebbe chiedere: 'Che cos'è che vi fa desiderare il lavoro?' Rispondo: Che
cos'è che induce i viventi a lavorare? Evidentemente sono le loro aspirazioni e le loro
vocazioni. Si aspira a possedere, si brama di farsi largo tra gli uomini e di emergere
in qualche modo, si ha la vocazione per l'arte, per lo studio, per il perfezionamento
morale e spirituale... Orbene: quando la lotta per la vita è giunta al termine, e non
c'è più bisogno di affaticarsi dietro acquisizioni più o meno terrene, le aspirazioni
di 'prodigarsi' e di 'ricevere', di creare, istruirsi, conoscere, non muoiono con il
corpo carnale. Esse, al contrario, divengono più che mai potenti ed urgenti; con questo
di diverso, che si aspira al possesso dei doni dell'anima, delle cognizioni spirituali,
della suprema acquisizione di vederci chiaro moralmente, nonché di concepire nel modo
migliore la grandezza incommensurabile dell'Universo spirituale, nel quale ci si trova
immersi. Poiché questo Universo è di gran lunga più meraviglioso di quanto si possa
immaginare in terra. A questo proposito la prima lezione che si apprende è questa:
ciascuno vede quel tanto dell'Universo spirituale ch'egli desidera vedere, e gli
spiriti che non sentono il bisogno di vedere, non vedono affatto. Di questi spiriti ve
ne sono molti nel 'piano astrale'... Comunque, la Luce finisce sempre per trionfare
sulle Tenebre. La nostra natura fa sì che la Legge della Vita, la quale s'identifica
con l'evoluzione dello spirito, prenda alla fine il sopravvento, in modo che non si
rimane a lungo nella grigia solitudine del piano astrale. La curiosità vince la sta-
- 91 -
si dello spirito, il quale finisce per emanciparsi dal primo ambiente che pareva
volerlo inghiottire per sempre..."». (Ivi, pagg. 69-82).
Questo messaggio del defunto «capitano Hinchliffe» contiene una descrizione sommaria
abbastanza riassuntiva dell'esistenza e del paesaggio spirituali quali si riscontrano
nella sezione inferiore del «Piano astrale», che sarebbe la sezione in cui convergono
automaticamente - per legge di affinità - gli spiriti dei defunti che abbiano condotto
in vita un'esistenza passabilmente normale, vale a dire non scevra di manchevolezze od
eccessi. Tutto ciò naturalmente sottintende che abbia ad esistere una successione
indefinita di altri stati, o «Sfere» spirituali, in progressiva elevazione, in cui
l'ambiente si andrebbe gradatamente sublimando di pari passo con la sublimazione del
«corpo eterico», involucro dello spirito, fino a quando lo spirito raggiunga lo stato
di esistenza suprema, e per noi inconcepibile, di «puro spirito non più condizionato
dalla forma». Ma di ciò si discuterà a suo tempo.
Così stando le cose, non sarà inutile ch'io accenni ancora una volta, per quanto
sommariamente, al fatto che tale concezione dell'esistenza spirituale, quale ci viene
prospettata concordemente in tutti i messaggi trascendentali, risulta la più razionale
e accettabile che possa immaginarsi se si vuole risolvere in qualche modo il
grandissimo quesito della sopravvivenza dello spirito umano dopo la morte del corpo. Ho
lungamente discusso in proposito in un mio lavoro intitolato: «Rivelazioni
trascendentali ed obiezione antropomorfica», lavoro pubblicato nel V volume delle mie
Indagini sulle manifestazioni supernormali, Città della Pieve, 1938. Rimando pertanto a
tale lavoro chiunque voglia formarsi un chiaro concetto sul tema, ma non posso esimermi
dal citare una pagina riassuntiva del lavoro stesso, e ciò a favore di coloro tra i
lettori che non lo conoscessero. Ecco in quali termini io mi esprimevo al riguardo:
«Una legge psicologica di lento adattamento governa l'evoluzione delle nuove idee;
per cui ciò che in un tempo appare fantasia pazzesca diviene a suo tempo una verità
riconosciuta e facilmente assimilata. Nessun dubbio che accadrà altrettanto per le
ripudiate narrazioni circa le analogie esistenti tra l'ambiente terreno e quello che si
riscontrerebbe nelle prime Sfere del soggiorno spirituale. Tali descrizioni, a coloro
che - come lo scrivente - hanno applicato i processi dell'analisi comparata e della
convergenza delle prove a un materiale immenso, appaiono già da ora dimostrate
veridiche
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
- 92 -
sperimentalmente, ossia sulla base dei fatti, quali emergono dalle concordanze tra i
ragguagli forniti da entità di defunti personalmente identificati per il tramite di
medium in buona parte ignari delle dottrine spiritiche e appartenenti a paesi diversi,
in epoche diverse. Si aggiunga che per chiunque abbia compiuto simili indagini, tali
narrazioni forniscono la soluzione più verosimile dell'inquietante quesito sulle
modalità dell'esistenza spirituale. "Si consideri infatti che nessuno, il quale ammetta
la sopravvivenza, potrebbe immaginare che l'esistenza spirituale debba consistere in un
eterno vagabondaggio per lo spazio infinito, senza scopo, senza meta, senza ideali da
raggiungere, senza nulla da compiere e nulla da pensare" (11).
«Si domanda ai demolitori delle rivelazioni trascendentali se per avventura si
appagherebbero di una prospettiva simile. O, forse, avrebbero essi in mente qualche
cosa d'altro da sostituire all'alternativa insostituibile dell'eterno vagabondaggio per
lo spazio infinito? Se è così, attendo che mi rivelino l'arcana scoperta delle loro
menti, giacché per conto mio non ne intravvedo alcuna. E mi spiego ulteriormente in
proposito: o si esiste in un nuovo mondo eterico, vale a dire in un ambiente
qualitativamente diverso, ma reale, in cui il paesaggio e le cose appaiono costituite
dall'identica sostanza di cui è costituito il "corpo spirituale", e in conseguenza
risulta sostanziale il mondo fisico per gli esseri rivestiti di "corpi fisici"; o non
si esiste spiritualmente in nuovi mondi eterici, e allora si sarà condannati a un
eterno vagabondaggio per lo spazio infinito. Da questo dilemma non si sfugge.
«Ne deriva che in base alle conclusioni rigorosamente logiche che precedono, sarà
giocoforza concludere nel senso in cui vengono descritte le Sfere spirituali di
transizione dai defunti comunicanti, secondo i quali intorno ad ogni pianeta
esisterebbero Sfere concentriche spirituali costituite da una condensazione di sostanza
eterica combinata a irradiazioni ultra-atomiche d'origine terrena. Queste Sfere
risulterebbero invisibili ed intangibili ai nostri sensi, in quanto sarebbero
perfettamente permeabili alla luce solare, così come risulta anche l'atmosfera che
circonda la terra, ma in realtà sarebbero più sostanziali - nel vero senso del termine
- dell'universo fisico».
Queste le mie argomentazioni di allora, con le quali mi pare di aver posto in serio
imbarazzo i denigratori delle «rivelazioni tra-
- 93 -
scendentali», visto che a costoro rimangono due sole risposte razionali da formulare; o
riconoscere di avere avuto torto, oppure negare la sopravvivenza dello spirito umano.
Qualora si risolvessero per quest'ultima estrema risorsa polemica, li esorterei a voler
leggere e meditare le mie monografie, sature di fatti tutti convergenti in modo
risolutivo verso la dimostrazione sperimentale della sopravvivenza umana, invitandoli
quindi a voler confutare le mie deduzioni in tal senso conseguite; nel qual caso
prometto di rispondere sgominando i loro sofismi, poiché di sofismi si tratterebbe e
nulla più.
Passando ad analizzare i ragguagli spirituali forniti dallo spirito comunicante,
rilevo che i medesimi concordano mirabilmente con quelli riferiti in tutte le
rivelazioni del genere, salvo un particolare, il quale apparentemente risulterebbe in
contraddizione con un altro analogo che precede, ragguaglio dettato dal defunto
arcivescovo Wilberforce (Caso XI). Infatti, quest'ultimo informa che nella Sfera
spirituale in cui soggiorna non esiste più il bisogno di nutrirsi, bastando l'aria che
si respira a sostenere il «corpo eterico» mentre lo spirito «Hinchliffe» afferma che
nella propria Sfera esiste ancora il bisogno di nutrirsi, per quanto non si tratti di
cibi solidi, ma di essenze e di liquidi spirituali condensati dall'etere. I lettori
avranno compreso che tale contraddizione è solo apparente, poiché in realtà non esiste,
visto che lo spirito Wilberforce si riferisce alla «Seconda Sfera» spirituale nella
quale soggiorna mentre lo spirito «Hinchliffe» parla di quanto avviene nel «Piano
astrale» in cui egli si trova. Nessuna contraddizione dunque, ma semplici ed istruttive
varianti di particolari secondari corrispondenti a stati spirituali diversi.
Caso XIII
Lo tolgo da un libro recente di messaggi trascendentali, che s'intitola A Heretic in
Heaven (12). Il relatore-medium è il noto cultore di ricerche metapsichiche Ernest H.
Peckham, il quale aveva pubblicato in precedenza l'aureo volumetto intitolato The
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Morrow
stesso
fosse
quali,
of Death. Questa volta lo spirito comunicante in vita era stato un membro dello
circolo sperimentale di casa Peckham. Aveva però informato che non desiderava
fatto il proprio nome per non amareggiare inutilmente i propri familiari, i
essendo se-
- 94 -
guaci della più intransigente ortodossia cristiana, avrebbero indubbiamente protestato
qualora il nome del loro congiunto fosse apparso in relazione ad esperienze ch'essi
ritenevano diaboliche. Egli, pertanto, aveva informato che nel trattato da lui dettato
si dovesse designarlo con lo pseudonimo di «Daddy», consigliando d'intitolare il libro:
Un eretico in Paradiso, al fine di dimostrare che sebbene egli fosse stato in vita un
dissidente in materia di dogmi, si trovava in un ambiente spirituale corrispondente a
ciò che i credenti ortodossi giudicherebbero il «paradiso».
Egli inizia il suo trattato con questo preambolo, il cui tenore non si dovrebbe mai
dimenticare quando si leggono e si discutono messaggi medianici vertenti sulle modalità
dell'esistenza spirituale. Egli scrive:
«In questo piccolo trattato desidero raccontarti qualche cosa di questa nostra
esistenza spirituale, tanto straordinariamente animata, nella quale sono emerso per il
viadotto della morte. Senonché il compito che mi propongo di assolvere presenta
difficoltà quasi insormontabili, per la ragione che l'esistenza supernormale trascende
enormemente ogni cosa nota o sperimentata nell'esistenza terrena. Io, ad esempio, per
quanto sia rimasto sostanzialmente la stessa persona, ho visto svilupparsi in me delle
facoltà e delle potenzialità che mi hanno aperto un nuovo immenso campo di attività
insospettate. Ora è impossibile spiegarvi in che cosa consistono queste attività nella
terminologia terrena... Mi proverò a superare tale insormontabile difficoltà osservando
che il mio compito può paragonarsi a quello di uno che sia costretto a descrivere cose
viste in termini di cose udite. L’audizione è un ben povero veicolo d'impressioni al
confronto della visione. Come descrivere le bellezze di un'aurora sulle Alpi svizzere,
con tutta la sua gloria sfolgorante di tinte d'oro, ricorrendo agli accordi di uno
strumento musicale? Ed io come potrei descriverti accuratamente e adeguatamente la
gloria dell'esistenza spirituale adoperando il linguaggio grossolano e materiale dei
viventi?...».
Così lo spirito comunicante. Noto che dichiarazioni analoghe si ritrovano
continuamente nelle raccolte di rivelazioni trascendentali, ed occorre tenerle presenti
quando si leggono talune descrizioni di eventi, di spettacoli, di occupazioni in
ambiente spirituale, le quali, secondo il nostro criterio, appaiono analoghe a quelle
del mondo dei viventi; si tratta di descrizioni che indubbiamente rivestono il
- 95 -
valore di rappresentazioni simboliche di una realtà inaccessibile ai viventi.
Ciò premesso, passo a riferire alcuni brani di messaggi in cui si parla del primo
ingresso nel mondo spirituale del defunto comunicante. Egli osserva:
«Forse la più grande sorpresa che attende un vivente nella crisi della morte consiste
nel fatto di risvegliarsi e trovarsi morti. Quando si cerca di farci capire che siamo
morti, immancabilmente vien fatto di rispondere: "Impossibile. Perché dovrei
considerarmi morto, dal momento che mi sento più vivo di prima?". Infatti non ci si
sente cambiati in nulla. Tutto quanto concorre a formare l'essenza della nostra
individualità rimane inalterato. In pari tempo, anche l'ambiente immediato in cui ci si
trova appare quello a noi familiare (ma, in realtà, siamo noi che l'abbiamo
inconsapevolmente obiettivato pensandolo); perciò non possiamo credere allo stupendo
fenomeno di essere effettivamente morti. Queste prime impressioni possono definirsi:
"La sorpresa numero uno".
«Naturalmente, anch'io la pensavo così quando emersi dalla morte nel mondo
spirituale. Gli accessi di singhiozzo, l'asma e gli altri sintomi bronchiali che mi
avevano tormentato nell'ora della morte continuavano a tormentarmi quando aprii gli
occhi alla vita spirituale. Già si comprende che in realtà non era così, ma si trattava
di una riproduzione effimera delle sofferenze patite, provocata dai vivaci ricordi che
me ne restavano. Aggiungo in proposito che queste riproduzioni effimere dei mali
recentemente sofferti risultano una conseguenza inevitabile, generale ed anche
provvidenziale della nascita in ambiente spirituale. Comunque, e per quanto mi
riguarda, tali effimere sofferenze non durarono a lungo; ma fino a quando mi sentii
oppresso dai sintomi descritti, era per me impossibile credere alla mia morte, per
quanto io sapessi di dover morire.
«Subito dopo intervenne la sorpresa numero due: la più meravigliosa e la più
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
confortante di tutte. Avvenne allorché si fece udire accanto a me una voce soave di
donna, voce a me ben nota, la quale mi chiamò per nome: "Dicky!". Era mia madre! Era
morta da molti anni, ed ora accorreva a darmi il benvenuto in ambiente spirituale,
chiamandomi con l'antico vezzeggiativo familiare, reminiscenza della mia fanciullezza.
Io, vecchio molto avanzato negli anni, nonno da lungo tempo, mi vedevo accogliere e
festeggiare nella nuova dimora da mia madre che tanto avevo amato un tempo, ma
- 96 -
che - vergognoso a dirsi! - avevo quasi dimenticato a causa dei molti anni trascorsi.
Subito dopo, un'altra voce soave di donna, altrettanto familiare ed amata, mi chiamò
col nome di "Richard". Era mia moglie, la quale da qualche anno soltanto mi aveva
preceduto nella esistenza spirituale...
«Quindi seguì un lungo periodo di profondo sonno. Era l'oblio totale, durante il
quale mi si disse che le forze spirituali, in virtù di leggi immutabili, preparavano
quietamente il grandioso processo della rinascita spirituale. A miracolo compiuto,
sopraggiunse per me il glorioso momento del risveglio, e con il recupero della
coscienza ebbi la certezza benefica di essere effettivamente passato dalla morte in
ambiente terreno alla vita nel soggiorno spirituale: "a una vita che è vita davvero",
come si legge nella Bibbia. E la gioia, la pace, la calma e la beatitudine che
m'invasero mi procurarono uno stato insospettato di suprema felicità... (pagg. 43-44).
«Mi alzai guardandomi attorno: il panorama che mi si presentò era di una bellezza
incomparabile e pareva estendersi all'infinito. Su di esso splendeva un cielo azzurro
meraviglioso... Il paesaggio era una pianura ondulata, non dissimile per talune
caratteristiche dalle bellezze rurali dell'amata mia terra natìa... Ma il particolare
più meraviglioso del panorama contemplato consisteva nel fatto che gli oggetti lontani
non apparivano affatto diminuiti nelle proporzioni in ragione della loro distanza, come
avviene in ambiente terreno. La prospettiva risultava quindi letteralmente trasformata.
E ciò non è tutto, poiché mi avvidi che percepivo simultaneamente gli oggetti in ogni
loro lato, non già soltanto dal lato esposto al mio sguardo, come avviene nel mondo dei
viventi. Questa facoltà di visione ampliata e perfezionata produce effetti
meravigliosi. Allorché si guarda la superficie esteriore di un oggetto qualunque, si
vede nell'interno di esso, attorno ad esso e attraverso di esso, perché la visione
spirituale pone in grado di compenetrare nella sua integrità ciò che si sta
osservando... (pag. 48).
«[...] L'ambiente in cui mi trovavo era meraviglioso, ma cominciavo a sentire un vivo
bisogno di compagnia; e con il nascere di tale sentimento vidi trasformarsi l'ambiente
a me intorno, il quale parve espandersi, rinnovarsi, divenire più bello che mai. Dopo
di che vidi sbucare da ogni parte esseri spirituali, i quali mi vennero incontro
esultanti. Seppi in seguito che quel miracolo era dovuto al fatto che il mio vivo
desiderio aveva avuto per effetto di creare il
- 97 -
necessario "rapporto psichico" tra me e gli altri esseri esistenti nel medesimo piano
spirituale, i quali si erano affrettati a venire incontro al nuovo arrivato...
«Mi sentivo tuttavia ancora vincolato al mondo dei viventi dal desiderio di sapere se
il mio vecchio e grande amico - quello stesso tramite cui ora detto questo trattato -
fosse informato della mia morte. E qui devo spiegare a chi legge queste pagine che io e
il mio amico cademmo gravemente malati nel medesimo tempo, rimanendo privi di notizie
l'uno dell'altro. La mia era stata un'infermità che mi aveva condotto a morte, ma non
fu così dell'amico mio. Egli sopravvisse, ma null'altro io sapevo di lui. Mentre nella
mia mente albergava un tale pensiero, mi giunse da lontano una voce - che poi seppi
essere stata quella di "Amicus" -, la quale così mi parlò: "Pensa a lui, concentra il
pensiero su di lui, e lo vedrai". Mi conformai immediatamente al consiglio ricevuto,
con il risultato che mi parve di sprofondare attraverso lo spazio, per vedermi quindi
avvolto in una sorta di nebbia. Quando mi arrestai, la nebbia si dissipò; ed ecco
dinanzi a me la visione dell'amico mio, in compagnia della propria moglie.
Passeggiavano tranquillamente insieme, lungo la spiaggia di una città marinara. Pensai
tra me: "Questo è davvero meraviglioso; io sono morto, lui è vivo; eppure lo vedo!". Lo
chiamai forte: "Peckham! Amico mio! Tu sai che sono morto?". Egli si voltò bruscamente,
guardandosi attorno con espressione di grande sorpresa. Aveva udito la mia voce! D'un
tratto mi vidi nuovamente avvolto nella nebbia, e quando si dissipò mi ritrovai nel
mondo spirituale. In seguito, venni a conoscere che il mio amico, essendo guarito da un
grave attacco di emorragia polmonare, si era recato con la moglie in una stazione
climatica in riva al mare, al fine di ristabilirsi. Per non amareggiarlo nella sua
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
convalescenza, gli era stato nascosto l'evento della mia morte, ch'egli apprese per la
prima volta quando io stesso gliela partecipai dal mondo spirituale...» (pag. 55).
Questi i brani teoricamente più interessanti, dal punto di vista che ci riguarda,
contenuti nel volumetto istruttivo di Peckham. Rilevo che i ragguagli ivi contenuti non
solo concordano mirabilmente con tutti gli altri della stessa natura fino ad ora
citati, ma li illustrano ulteriormente con rilievi complementari ai quali non si era
ancora alluso, per quanto risultino a loro volta concordanti con altri rilievi identici
contenuti in altri messaggi trascendentali, di cui si
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citeranno esempi più oltre. Tra gli episodi di tal natura, noto l'ultimo qui riferito,
in cui lo spirito comunicante narra di avere partecipato la notizia della propria morte
all'amico vivente che la ignorava. Siccome l'incidente si era effettivamente realizzato
nelle condizioni di ambiente riferite dallo spirito, si deve concludere che si trattava
di uno dei consueti fenomeni, ora visivi ed ora auditivi, di manifestazioni di defunti.
Tali fenomeni, invece, sono classificati dai metapsichisti ortodossi tra i casi di
«telepatia ritardata»; nel qual caso si dovrebbe dire che il fenomeno telepatico si era
estrinsecato allorché il defunto era ancora in vita, ed era stato percepito
subcoscientemente dall'amico lontano, il quale, però, era rimasto ignaro del fatto fino
al momento psicologicamente propizio in cui il messaggio telepatico era emerso dalla
sua subcoscienza nella coscienza normale, assumendo in tal modo l'illusorio aspetto di
manifestazione telepatica post-mortem.
Come si è visto, nel caso in esame lo spirito comunicante afferma invece di essere
stato proprio lui a trasmettere il messaggio telepatico post-mortem all'amico; e
l'intervallo di molti giorni trascorsi dalla morte dell'agente al fenomeno di
«audizione» supernormale accaduto al percipiente risulta in favore dell'affermazione
dello spirito comunicante.
Consideriamo l'episodio curioso e interessante in cui lo spirito informa intorno alle
modalità con cui si estrinseca la visione spirituale, per la quale gli oggetti lontani
non apparirebbero rimpiccioliti per la distanza, e gli oggetti vicini sarebbero
simultaneamente percepiti da ogni lato, nonché nel loro interno e attraverso di essi;
consideriamo inoltre l'altra osservazione intorno al pensiero dello spirito che viene
subito percepito da un altro spirito lontano, il quale interviene in aiuto del primo
con un consiglio trasmessogli all'istante; a proposito di questi fenomeni si può
rilevare che appaiono concepibili e in conseguenza accettabili alla nostra generazione,
la quale dispone dell'analogia scientifica dei raggi Roentgen, con i quali si ottiene
il primo dei fenomeni indicati, e dell'altra analogia della telegrafia senza fili, con
la quale si spiega il secondo dei fenomeni stessi. Sarebbero invece apparsi assurdi,
impossibili, pazzeschi ai rappresentanti, grandi e piccoli, di due generazioni
addietro. Il che, da una parte, induce ad essere molto cauti prima di gabellare per
assurde ed impossibili altre informazioni analoghe contenute nei messaggi in esame, e
non ancora convalidate dalla scienza ter-
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rena; mentre dall'altra, induce a riflettere sul fatto che l'avvento delle
manifestazioni medianiche si realizza proprio nel momento in cui i tempi appaiono
maturi per comprenderle, apprezzarle, assimilarle.
Qualora i «picchi» di Hydesville si fossero realizzati un secolo prima, sarebbero
passati inosservati o infecondi; come passarono inosservate e infeconde le rivelazioni
trascendentali dello Swedenborg, in cui già è contenuto tutto quanto viene analizzato
nel presente lavoro. In altre parole: l'avvento delle manifestazioni medianiche venne
preparato e reso possibile dalle scoperte della scienza nel campo delle forze fisiche
ignorate che da ogni parte ci investono, attraversando e saturando i nostri organismi,
a nostra insaputa. Da ciò ad ammettere l'esistenza di altre influenze invisibili, con
substrato intelligente, il passo era breve; il quale diveniva logicamente inevitabile
non appena si fossero osservate manifestazioni appropriate per suggerirne la
possibilità. E così fu. Deve pertanto riconoscersi che l'avvento della Nuova Scienza
dell'Anima emerge a tempo propizio in mezzo ai popoli civili.
Siccome dal punto di vista qui considerato anche le modalità per cui si estrinseca la
visione spirituale costituiscono un particolare fondamentale, non sarà inutile
osservare che tutti gli spiriti comunicanti che vi alludono concordano nel descriverle.
Così, ad esempio, lo spirito del reverendo A. H. Stockwell, di cui si parla nel Caso
VI, si esprime in proposito in questi termini:
«Una delle grandi caratteristiche dell'esistenza spirituale consiste nella facoltà di
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
visione propria al "corpo eterico", la quale risulta enormemente perfezionata. Nel
mondo dei viventi il senso della vista pone in grado di visualizzare soltanto un lato,
o un aspetto dell'oggetto che si guarda. Qui noi vediamo l'oggetto simultaneamente da
ogni lato. Vale a dire che, quando guardiamo una cosa qualunque, noi non la vediamo
soltanto, come avviene per voi, ma la compenetriamo in ogni sua parte. Noi vediamo
intorno ad essa e attraverso di essa, così che perveniamo a formarci all'istante una
cognizione completa di quanto può interessarci. La facoltà visiva dello spirito appare
invero meravigliosa; ma, naturalmente, occorre un certo tempo prima che tale raffinata
facoltà divenga pienamente sviluppata negli spiriti dei nuovi arrivati. A somiglianza
di tutte le altre facoltà spirituali, essa evolve gradatamente, si conserva con
l'esperienza acquisita nella nuova esistenza» (pagg. 23-24).
- 100 -
Quest'ultima considerazione circa il fatto che occorre del tempo prima che gli
spiriti nuovi arrivati acquistino la facoltà della visione attraverso gli oggetti
guardati è teoricamente importante, in quanto dà ragione della circostanza che sono
pochi gli spiriti dei nuovi arrivati i quali vi alludono, mentre gli spiriti che vi
alludono soggiornerebbero già in una condizione di esistenza notevolmente progredita,
ragguagliabile alla Terza Sfera spirituale.
Caso XIV
Traggo l'episodio da Light (1927, pag. 230). Il direttore della rivista, David Gow,
lo fa precedere da una breve nota illustrativa, dalla quale stralcio questi periodi:
«Gli estratti di messaggi medianici qui pubblicati furono ricavati da una lunga
relazione inviataci da un ministro anglicano della Nuova Scozia. Lo spirito comunicante
risulterebbe un noto personaggio americano, il quale in vita aveva ricoperto un'alta
carica municipale. Il medium, di cui ci venne fornito il nome, è una distinta signora
nota per la elevatezza del carattere e l'eccellenza delle sue facoltà medianiche...».
Lo spirito comunicante così comincia il suo messaggio:
«Desidero iniziare la mia narrazione dal giorno in cui esulai dal corpo nella mia
camera in Blankville. Ero consapevole del grande dolore che straziava l'anima dei miei
figli, e mi rattristavo di non essere in grado di rivolgere loro la parola.
«A un dato momento, mi accadde di avvertire in me un cambiamento mal compreso, e fui
colto da una strana sensazione che, per quanto nuova, era in certo modo analoga al
senso che si prova quando ci si risveglia repentinamente dopo un sonno profondo. A
tutta prima non mi resi conto della situazione in cui mi trovavo, ma gradatamente
divenni consapevole dell'ambiente che mi circondava, così come avviene al risveglio dal
sonno. Vidi me stesso giacere quieto ed immobile nel letto, circostanza che mi riempì
di stupore, giacché ero ben lungi dall'immaginare di essere morto. Dopo qualche tempo,
divenendo sempre più sveglio, mi accorsi che accanto a me stava mia moglie, defunta, la
quale mi sorrideva con espressione di raggiante felicità. Quel nostro incontro avveniva
dopo una lunga separazione, e fu lei che mi partecipò la nuova stu-
- 101 -
pefacente che io ero morto e che mi trovavo con lei in ambiente spirituale. Mi disse
che da parecchi giorni vegliava al mio capezzale, in attesa di accogliere il mio
spirito e di condurlo nella celeste dimora.
«Mi sentivo sempre più rinvigorito di una vitalità nuova, come se tutte le mie
facoltà rientrassero in un periodo di grande attività, dopo il lungo torpore
sofferto... Era un sentimento di beatitudine difficile a descrivere... Mi pareva di
essere divenuto parte integrante dell'ambiente che mi circondava. Quindi mia moglie mi
prese ambo le mani, e così uniti ci elevammo attraverso il soffitto, salendo in alto,
sempre più in alto nello spazio. Per quanto mi fossi molto allontanato dall'ambiente
terreno, continuavo tuttavia ad essere consapevole di quanto avveniva a casa mia.
Vedevo mia figlia straziata da un immenso dolore, e tale suo stato d'animo pareva
interporsi come una fosca nube tra me e lei, e s'insinuava nel mio essere provocando un
sentimento penoso di torpore. Desidero si sappia che le crisi di dolore eccessivo al
letto di morte si convertono in una grande barriera che s'interpone fra i viventi che
ne sono straziati e lo spirito del defunto per il quale essi piangono. E si tratta di
una barriera reale e insormontabile, attraverso la quale noi non possiamo entrare in
rapporto con chi si dispera per la nostra morte. Non solo, ma le crisi di dolore
esagerato vincolano gli spiriti disincarnati all'ambiente terreno, ritardandone
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
l'ingresso nel mondo spirituale; giacché se con la morte cessa ogni rapporto tra gli
spiriti dei defunti e l'organismo fisico dei viventi, per converso, gli spiriti dei
defunti divengono estremamente sensibili alle vibrazioni del pensiero dei loro cari.
Consiglio pertanto ai viventi che hanno perduto un loro congiunto - non importa quanto
sia grande la loro perdita e legittimo il loro dolore - di dimostrarsi forti a
qualunque costo, soffocando ogni espressione di cordoglio e mostrandosi con volto
sereno ai suoi funerali. Così comportandosi essi apporteranno un grande miglioramento
nell'atmosfera fluidica che li circonda, giacché la serenità nei cuori e sui volti dei
nostri cari irradia vibrazioni luminose che ci attraggono, come la farfalla è attratta
da un raggio di luce nella notte, mentre il dolore irradia vibrazioni fosche ed
esiziali per noi, le quali assumono apparenza di una nube tenebrosa che avvolge i
nostri cari. Ricordatevi che siamo sensibilissimi alle impressioni vibratorie che
arrivano fino a noi con il dolore dei nostri congiunti, in quanto i nostri "corpi
eterici" sono intonati a
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un'altissima scala vibratoria, che non ha nulla assolutamente di comune con la scala
vibratoria dei "corpi carnali"...
«Qui non si adopera la parola per conversare. Percepiamo i pensieri negli occhi di
chi conversa con noi; e questi, a sua volta, percepisce nei nostri occhi i nostri
pensieri. Noi afferriamo così il senso della conversazione altrui in modo integrale e
perfetto: cosa, questa, che non può realizzarsi in terra...
«Appena giunsi in ambiente spirituale, provai subito la sensazione di trovarmi a casa
mia. Erano venuti ad accogliermi parenti, amici e conoscenti e tutti facevano a gara
per congratularsi con me che finalmente ero giunto in porto. Era pertanto naturale che
mi trasfondessero il sentimento di trovarmi realmente a casa mia. Per adattarmi al
nuovo ambiente mi occorse minor tempo di quel che mi sarebbe occorso in terra per
adattarmi a un cambiamento di sede...
«Qui è molto facile procurarsi le cose che si desiderano: non abbiamo che da
pensarle, per crearle. E così essendo, già si comprende che nessuno può disobbedire al
comandamento di Dio: "Non desiderare la roba del prossimo tuo". Qui nulla si compra per
denaro, e nulla può esservi che abbia valore per altri all'infuori di colui che si è
creato per uso personale le cose che gli abbisognano. E tutti possono procurarsi ciò
che il vicino possiede, se così vogliono. Bene inteso che con ciò io mi riferisco
esclusivamente agli oggetti materiali di ogni sorta. Dico "materiali" per farmi
intendere, giacché tale espressione non si adatta alle creazioni eteriche...».
Questi i principali brani della relazione riportata da Light. Come si vede, in essa
si riscontrano le consuete immancabili concordanze a proposito del defunto, il quale
scorge il proprio cadavere sul letto di morte; non sa di essere morto; si vede in forma
umana; ed è accolto dalla moglie defunta e da un grande numero di altri spiriti da lui
conosciuti ed amati in vita. Inoltre, egli informa che in ambiente spirituale gli
spiriti conversano mediante la trasmissione del pensiero e che il pensiero è forza
creatrice, tramite la quale ciascuno può procurarsi quanto gli abbisogna.
Per converso, non vi sono accenni alla fase del «sonno riparatore», in cui gli
spiriti passerebbero poco dopo la loro morte, come non vi sono accenni all'altro fatto
tanto frequente nei messaggi considerati, del defunto al quale si manifesta la «visione
panoramica» di tutte le vicende della propria vita. Tutto ciò sia detto per incidenza,
giacché dal punto di vista teorico la cosa non presenta im-
- 103 -
portanza: anzitutto, perché non è detto che i defunti comunicanti abbiano sempre a
fornire una descrizione completa delle vicende per cui passarono al momento della
morte; poi, perché non è detto che tutti gli spiriti abbiano a sottostare alle
esperienze di cui parliamo; e, infine, perché la pubblicazione di Light è una
riproduzione frammentaria dei messaggi dello spirito comunicante. A tale proposito il
direttore della rivista osserva che «per brevità, aveva soppresso la maggior parte dei
ragguagli più o meno familiari agli spiritualisti». E’ possibile pertanto che tra le
informazioni soppresse vi siano state anche quelle qui considerate.
Tra i brani riportati è interessante quello in cui il defunto comunicante informa a
sua volta che il dolore esagerato dei viventi al letto di morte di un loro caro si
risolve in un ostacolo insormontabile che interdice al defunto ogni «rapporto psichico»
con coloro che lo piangono, e tale stato d'animo dei viventi influisce penosamente
sulle condizioni spirituali in cui si trova lo spirito da poco disincarnato. Come già
feci rilevare nei commenti al Caso VI, tali affermazioni acquistano importanza per il
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
fatto che un buon numero di altri spiriti comunicanti affermano esattamente la medesima
cosa. Si è portati dunque a riflettere seriamente intorno all'avvertimento che a noi
giunge dall'oltretomba; tanto più se si considera che le affermazioni degli spiriti
comunicanti risultano in perfetto accordo con le conclusioni degli uomini di scienza,
secondo i quali quanto esiste e si estrinseca nell'universo fisico o psichico può
ridursi, in ultima analisi, a un fenomeno di «vibrazioni»; si dovrà allora convenire
che appare assai verosimile, ed anzi inevitabile, che le vibrazioni inerenti a uno
stato d'animo di grande dolore risultino penose ad uno spirito da poco emancipato dal
corpo carnale, impedendo al medesimo di entrare in rapporto psichico con i suoi cari, e
trattenendolo in ambiente terreno.
Caso XV
Ricavo l'episodio da Light (1937, pag. 293). La dottoressa in medicina Margaret
Vivian, la quale possiede facoltà notevolissime di medianità scrivente, delle quali si
avvale a scopo di studio ottenendo sovente ottime prove di identificazione spiritica,
riferisce il seguente messaggio, in cui un giovane suo amico, morto combatten-
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do nella guerra del Transvaal, descrive le vicende del proprio trapasso. La dottoressa
aveva rivolto al defunto la seguente domanda:
«Ieri lessi la relazione del dottor Wilde, il quale, dopo essere praticamente morto,
fu ricondotto miracolosamente alla vita. Che cosa pensi della descrizione ch'egli fa
delle proprie impressioni sulla crisi della morte?».
(Spirito) «Farò del mio meglio per narrarti le mie impressioni al riguardo, affinché
tu possa compararle con quelle di cui mi parli. Le mie impressioni furono notevolmente
diverse, poiché io fui ucciso, quasi fulmineamente.
«Sulle prime mi vedevo, o, meglio, mi sentivo fuori del corpo fisico, ma senza corpo
spirituale percepibile, che però, nella misura in cui il processo di separazione
progrediva, si andò condensando, prendendo forma visibile e precisa. Una sorta di
cordone fluidico che fuoriusciva dal capo mi teneva vincolato al corpo fisico ed io
facevo grandi sforzi per liberarmene. Quando finalmente vi riuscii, mi trovai a
galleggiare in aria sopra il campo di battaglia, di dove contemplavo ansiosamente le
fasi drammatiche della lotta. Nondimeno caddi rapidamente in condizioni d'incoscienza e
quando mi risvegliai, mi ritrovai in una sorta di corsia di ospedale, dove alcuni
infermieri mi spiegarono che ero morto in battaglia e mi trovavo nel mondo spirituale.
Dopo di che rimasi ancora lungamente in sopore e mi si disse che ciò era necessario per
liberarmi dalla forza di attrazione che su di me esercitava l'ambiente terreno,
attrazione che risultava conseguenza inevitabile della morte violenta sofferta. E,
infatti, ogni volta ch'io mi risvegliavo da quel sopore, mi sentivo sempre meglio
armonizzato con il nuovo ambiente e con la nuova vita.
«Fu per me una grande sorpresa quando mi avvidi che potevo trasferirmi ovunque mi
piacesse in brevi istanti e che bastava ch'io desiderassi di recarmi in un dato luogo
per ivi ritrovarmi come per incanto. Tale meravigliosa capacità di trasporto spirituale
rende i vostri mezzi di locomozione comparabili con quelli delle lumache. Naturalmente
le mie prime visite furono al fronte di combattimento, poiché ero ansioso di sapere
come se la cavavano i miei camerati. Sulle prime non mi fu facile scorgere ciò che
avveniva in terra, poiché così come voi non potete vedere il nostro mondo, noi troviamo
impossibile compenetrare con lo sguardo lo spesso strato caliginoso che avvolge il
vostro mondo. Nondimeno accorse ad assistermi uno spirito assai pratico al riguardo, e
allora pervenni a sintoniz-
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zare le vibrazioni del mio corpo eterico con quelle dell'ambiente terreno. Allora mi fu
possibile vedere, assistendo dall'alto, il dramma spaventoso della guerra, con la
conseguenza che ne rimasi a tal segno sconcertato e disgustato che per lungo tempo non
feci più ritorno in terra...
«Del resto, non avevo in terra vincoli affettivi, o d'altra natura, abbastanza forti
per indurmi a ritornare, mentre ero ansioso di apprendere le prime nozioni intorno alla
vita spirituale, spinto dalla circostanza che mi ero incontrato con parecchi amici i
quali si erano offerti d'impartirmi le necessarie istruzioni.
«Io ero vissuto totalmente assorto nelle vicende della vita pratica, e nulla sapevo
di quella spirituale. Se qualche volta avevo pensato al mistero dell'oltretomba, ciò
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
era occorso da un punto di vista puramente agnostico: ne avevo concluso, cioè, che
nessuno era in grado di parlarne con cognizione di causa. Ne derivò che passò del tempo
prima ch'io pervenissi ad armonizzarmi con il nuovo ambiente, nel quale mi sentivo
disorientato e solo, per quanto mi trovassi in compagnia di camerati che, come me,
erano stati sbalzati bruscamente nel mondo spirituale a causa della guerra, e con i
quali si discuteva lungamente intorno al nuovo stato in cui ci si trovava con immensa
sorpresa di tutti».
(Dottoressa Vivian) «Come mai? Tu, dunque, non avevi una guida spirituale?».
(Spirito) «Sì; tutti hanno una "guida" che li aiuta a familiarizzarsi con l'ambiente
spirituale, ma nelle mie condizioni era come pretendere che un uomo volasse, senza aver
mai preso un aeroplano. Per apprendere, occorrono tempo e pazienza... Comunque, non
tardai ad adeguarmi alle nuove condizioni di esistenza, che trovavo supremamente
interessanti. Possedevo una casa mia, che la mamma mi aveva preparata. Non era grande,
ma era circondata da un bel giardino in cui prosperavano fiori e frutti di natura a me
sconosciuta. A quest'ora ho già migliorato ed abbellito casa e giardino.
«Già si comprende che ogni cosa esistente in ambiente spirituale risulta solida,
solidissima per chi vi soggiorna, tenuto conto che noi non siamo costituiti della
medesima sostanza. Per converso, il mondo vostro appare a noi il paese delle ombre
prive di consistenza.
«[...] Avvertivo frequentemente delle "chiamate" sotto forma di pensieri affettuosi a
me rivolti dagli amici terreni, ma come rispondere? Volli informarmi se ciò era
possibile, e seppi che vi erano
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metodi con i quali si poteva entrare in rapporto con i viventi. Subito mi associai a un
gruppo di spiriti pratici sull'argomento, e trovai che con paziente esercizio era
possibile scrivere con la mano dei viventi, parlare a viva voce con essi, e persino
manifestarsi a loro. Trovai enormemente interessanti tali esperienze, che subito
iniziai con l'aiuto di spiriti esperti, ma fui subito ostacolato da un impensato
inconveniente, ed era l'apatia dei viventi a tal riguardo. Riscontrai che una gran
parte di essi era troppo affaccendata ad accumulare denaro per occuparsene, mentre le
persone religiose, dalle quali ci si dovrebbe attendere un vivo interessamento erano in
gran parte a tal segno invase da inveterati pregiudizi da rifiutarsi con orrore di
occuparsene. Rimanevo pertanto sbalordito nell'apprendere che mi si giudicava un messo
di Satana! E pensare che mi sforzavo invece di rendere servigio ai viventi insegnando
loro qualche cosa di concreto intorno alla vita spirituale che li attendeva! E così
comportandomi intendevo addossarmi la mia parte di dovere per la rigenerazione
dell'umanità. E’ triste, invero, riscontrare l'esistenza di siffatte perversioni di
giudizio, e più triste ancora assistere a tanta indifferenza nei confronti di un tema
che indubbiamente risulta di gran lunga il più importante per l'umanità capace di
ragionare. E’ come se un individuo che si dovesse trasferire nella Nuova Zelanda non si
prendesse il disturbo di consultare un atlante per assicurarsi dell'ubicazione del
paese che è la sua destinazione. E quel che è peggio, una grande parte dei viventi non
si cura neanche di sapere se un'altra vita esiste o non esiste!».
Mi affretto a dichiarare che io condivido pienamente lo stupore dello spirito
comunicante per la strana, inesplicabile e inqualificabile indifferenza degli uomini
per tutto ciò che si riferisce alla possibilità di dimostrare sperimentalmente,
scientificamente, sulla base dei fatti, la sopravvivenza dello spirito umano. E per di
più sono le persone colte che manifestano maggiormente tale inverosimile indifferenza.
Chiunque, infatti, si occupi d'indagini medianiche avrà osservato che nella cerchia
delle proprie conoscenze vi è un buon numero d'individui di ambo i sessi, nonché
lettori appassionati di romanzi, i quali, pur ammettendo benignamente che le
manifestazioni medianiche perverranno un giorno a provare ai viventi, sulla base dei
fatti, la sopravvivenza umana, rendono vani tutti gli sforzi di dialettica intesi a
persuaderli a leggere qualche libro del genere, lettura che questi voracissimi lettori
di romanzi qualificano
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per indigesta, pesante, noiosa, senza averne mai fatto esperienza. Ma se poi si riesce
a convincerli che su quest'ultimo punto essi hanno torto, allora rispondono
schiettamente che l'argomento non li interessa. Il che equivale a dire che la lettura
di un romanzo vuoto di significato ha il potere di appassionarli, laddove un libro
inteso a dimostrare, sulla base dei fatti, che il loro spirito sopravviverà alla morte
del corpo, li annoia al punto da non poterne reggere la lettura. Ripeto che ciò che
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
maggiormente sbalordisce è la circostanza che si tratta di persone intelligenti e
colte, le quali hanno l'abitudine della lettura, nonché molto tempo disponibile da
dedicarvisi. Eppure preferiscono pascersi e satollarsi di romanzi inutili, che non
accrescono di un briciolo la loro cultura vera e propria. E se si tenta l'ultima prova
d'interessarli loro malgrado, dando loro in lettura, non chiesto, qualche importante
trattato di metapsichica, scelto tra i più facili e nel tempo stesso tra i più
dilettevoli nel senso vagheggiato dai lettori di romanzi, si ha la mortificante
sorpresa di riscontrare che, dopo parecchi mesi, essi non avevano ancora trovato il
tempo di aprirlo.
Ora in tutto questo si intravvede un enigma psicologico interessante, ch'io rinuncio
a sviscerare; tanto più se si considera che, per converso, vi sono in buon numero
persone colte ed incolte le quali manifestano subito una vera comprensione intuitiva
sull'importanza immensa, sociale e morale, della Nuova Scienza dell'Anima.
Così stando le cose, concludo riferendo in proposito il giudizio del professor
Hyslop, il quale rileva acutamente come tale indifferenza dimostri che, per assimilare
e valutare l'importanza di questa nuova branca dello scibile, non basta essere
intelligenti e colti, o anche coltissimi; occorre anzitutto essere maturi ed
assimilarne e valutarne il contenuto. Ora vi sono mentalità colte ed incolte, le quali
risultano letteralmente impreparate e refrattarie a tale riguardo; il che soprattutto
si verifica tra le persone colte, a causa di preconcetti inveterati, scientifici o
religiosi, i quali rendono le loro mentalità letteralmente refrattarie ad accogliere
conclusioni contrastanti con quelle in loro profondamente radicate.
Così il professor Hyslop. Aggiungo per conto mio che a voler completare tale giudizio
indubbiamente vero si dovrebbe osservare che l'indifferenza manifestata in proposito
dai voraci lettori di romanzi è di natura diversa, e dipende da una cospicua
superficialità riflessiva, nonché da una totale deficienza di senso filosofico, con-
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seguente a un arresto di sviluppo dei centri cerebrali superiori in cui si elaborano le
facoltà di astrazione.
Passando ad analizzare il contenuto del messaggio in esame, osservo le consuete
concordanze circa i ragguagli riguardanti la crisi della morte e l'ambiente spirituale
e rilevo in esso la circostanza rara di un morente in condizioni di «sdoppiamento», il
quale avverte che il proprio spirito è vincolato al corpo da un cordone fluidico
scaturito dal capo. Come è noto, di regola sono soltanto i sensitivi veggenti cui è
dato contemplare quest'ultimo particolare al letto di morte di terzi. Ne consegue che
una tale esperienza, quando accade allo stesso spirito in via di esulare dal corpo,
appare eccezionale. Normalmente, invece, durante il processo in questione, lo spirito
dovrebbe trovarsi in condizioni d'incoscienza. Ma siccome non può darsi regola senza
eccezioni, così nel caso nostro si dovrebbe indurre che si tratta di un'eccezione
conseguente alle condizioni specialissime in cui avvenne la morte dello spirito
comunicante, ucciso fulmineamente sul campo di battaglia. Questo aveva provocato
l'esodo immediato dello spirito da un corpo fisico maciullato, prima ancora che il
«corpo eterico» avesse avuto il tempo di esteriorizzarsi e condensarsi; ne derivò che
lo spirito si trovò per qualche istante cosciente fuori del «corpo fisico» e privo del
«corpo eterico», pervenendo così ad osservare i processi della propria disincarnazione,
incluso il particolare del «cordone fluidico» vincolante il corpo fisico al corpo
eterico durante i processi di sdoppiamento.
Caso XVI
Traggo l'episodio da un volume pubblicato in Inghilterra, il quale s'intitola From
Four Who Are Dead (Da quattro che sono morti)(13). Ora, ciò che i quattro defunti hanno
da dire in merito all'esistenza spirituale non solo concorda con quanto dissero tutti
gli altri che li precedettero (e ciò malgrado che la sensitiva con cui si manifestarono
fosse letteralmente ignara della letteratura del genere), ma il libro è un riassunto
efficace delle rivelazioni fondamentali già da tanti altri fornite intorno
all'esistenza spirituale.
«La mia attitudine di fronte alle ricerche psichiche ed allo psichismo in generale
(includendo in quest'ultima espressione anche le fedi religiose) era quella del più
radicale agnosticismo. Le cogni-
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LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
zioni umane sull'argomento mi sembravano così rudimentali da non giustificare una
opinione qualunque. Vi sono molti che sentono il bisogno di crearsi una ipotesi
esplicativa del mistero dell'essere, ma io non sentivo affatto il bisogno di confortare
in tal senso il mio spirito, facendo capo agli "spiriti"... E questo stato d'animo
aveva persistito fino all'età di trent'anni: le mie giornate erano intensamente attive,
e io vivevo esclusivamente nel presente...».
Finalmente un grande dolore, intervenuto fulmineamente a funestare l'esistenza della
signora Dawson-Scott, valse a risvegliare in lei qualche interesse per il quesito della
sopravvivenza. Il marito della scrittrice, dottore in medicina, era tornato dalla
guerra in condizioni di esaurimento nervoso, aggravato dal fatto che nella sua famiglia
esisteva una forma ereditaria e deprimente di melanconia (Spleen). Un giorno il dottor
Scott si tolse la vita ingerendo una dose di acido prussico.
Fu a causa di tale grande dolore che la signora Dawson-Scott cominciò a interessarsi
alle esperienze medianiche che certe sorelle Shafto, da lei conosciute in quel tempo,
facevano a casa loro. Si recò a visitarle, prese parte a una sedutina tiptologica,
durante la quale le si manifestò il marito defunto, fornendo prove d'identità, e
consigliandola a provarsi a scrivere medianicamente. In breve: seguì il consiglio,
ottenendo rapidamente di poter comunicare psicograficamente con lui.
Di quanto si è esposto, si deve soprattutto rilevare il fatto teoricamente
importantissimo che la signora Dawson-Scott cominciò a scrivere medianicamente anche se
ignorava tutto intorno alle dottrine spiritiche. Malgrado ciò, i messaggi medianici da
lei conseguiti risultano una mirabile sintesi di quanto affermarono ed affermano
costantemente tante altre personalità medianiche comunicanti in ogni paese.
Noto che questo è già il quinto caso qui considerato in cui i medium, tramite i quali
si ottennero lunghi messaggi sistematici di rivelazioni trascendentali, ignoravano
tutto in materia di dottrine spiritiche e di fenomenologia metapsichica. Si aggiunga
che nel caso in esame, come già negli altri quattro casi (V, VIII, IX, XII), le medium
avevano dettato i loro messaggi nella solitudine dei loro studi; rimane quindi esclusa
anche la possibilità teorica, piuttosto fantastica, secondo la quale le loro
subcoscienze avrebbero carpito le cognizioni di cui diedero prova nelle subcoscienze
dei presenti.
- 110 -
Ciò premesso, passo a riferire quanto il marito defunto ebbe a raccontare riguardo al
suo primo ingresso in ambiente spirituale.
La signora Dawson-Scott chiede allo spirito comunicante:
«Dimmi le tue impressioni allorché ti separasti dal corpo».
(Spirito) «Quando mi risvegliai, mi ritrovai in un nuovo ambiente, rimanendo
straordinariamente sorpreso di sentirmi vivo, poiché ricordavo di avere ingerito il
veleno. Mi guardai attorno, rilevando un mutamento generale nell'apparenza delle cose
che mi circondavano. Anche l'atmosfera non era più la stessa. Tutto era diverso: le
case avevano aspetto evanescente, gli alberi parevano ombre. Provai a palparne uno, e
la mano si immerse nel tronco. Osservai che dove si trovava il tronco dell'albero,
percepivo un senso di movimento intenso, come se lì esistesse un agglomerato di atomi
infinitesimali agitati da movimenti vorticosi».
(Dawson-Scott) «Il tuo corpo doveva giacere sul posto».
(Spirito) «Ero vagamente consapevole di ciò, ma non vi prestai attenzione. Mi diressi
verso l'ospedale, riscontrando con sorpresa che mi trasportavo senza camminare.
Entrando nell'ospedale, rilevai che scorgevo le infermiere e i malati, ma essi mi
apparivano come ombre, mentre percepivo in mezzo a loro molti personaggi dalle forme
distinte, ma che non conoscevo. Questi personaggi si avvidero che li guardavo con
espressione smarrita e si affrettarono a venire a me, rivolgendomi la parola e dandomi
il benvenuto con espressioni affettuose. Per lungo tempo non mi resi conto ch'essi in
realtà non mi parlavano, ma mi trasmettevano il loro pensiero. Poco dopo mi allontanai
dall'ospedale, muovendomi all'aperto in compagnia dei medesimi personaggi, dai quali
appresi che mi trovavo in ambiente spirituale. Tutto ciò ch'io vedevo intorno era
straordinariamente interessante, sorprendente, dilettevole. L'atmosfera appariva
radiosa; mi sentivo rinvigorito e sollevato di spirito, nonché lieto ed esultante per
la novità dell'ambiente e l'alto grado di felicità che vedevo riflessa sui volti dei
personaggi che mi circondavano. Questi facevano a gara per testificarmi la loro
amicizia, dimostrando a mio riguardo le più delicate attenzioni e facendomi osservare
le bellezze del loro mondo. Non tardai molto a farmi dei buoni amici fra loro.
«Avevo osservato che i nuovi personaggi, in mezzo ai quali mi trovavo, si procuravano
le cose di cui abbisognavano creandole con la forza del pensiero. Mi provai a fare
altrettanto pensando me stes-
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
- 111 -
so quale apparivo in vita e mi ritrovai all'istante provvisto dell'antico mio corpo.
Pensai subito agli abiti che indossavo e mi ritrovai vestito, con gli oggetti in tasca
che avevo l'abitudine di tenervi... Ma ciò che più di tutto mi stupiva era la velocità
con cui mi trasportavo. Io pensavo me stesso in un dato luogo, ed ivi mi trovavo
all'istante. Non mi ci dovevo recare; per il mio trasporto da un luogo all'altro non vi
era bisogno di tempo: il fatto avveniva immediatamente, come nella fiaba del "tappeto
verde"» (pagg. 68-72).
(Dawson-Scott) «Che cosa facevano quei personaggi spirituali?».
(Spirito) «Preparavano la loro evoluzione. Erano tutti spiriti di defunti qui
pervenuti molto "deteriorati" dall'ambiente terreno. Erano tutti stati dei viventi i
quali avevano posseduto delle possibilità intellettuali che in ambiente terreno non si
erano potute svolgere; ed ora essi si prestavano reciproca assistenza onde predisporre
l'evoluzione delle possibilità intellettuali in essi latenti. Anche il mio sviluppo
intellettuale era stato in terra fortemente ritardato a causa della "malinconia" che mi
opprimeva; per cui fui lieto di cooperare con gli altri alla comune evoluzione. Quale
immensa
gioia
si
prova
riscontrando
che
le
proprie
facoltà
spirituali
si
rinvigoriscono; che certe doti intellettuali possedute, e di cui si era stati in vita
vagamente consapevoli, esistono effettivamente e possono ora svilupparsi e utilizzarsi!
Ci si sente per la prima volta uomini validi per qualche cosa. E ciò non è soltanto un
conforto, ma uno stimolo all'azione...
«"Dateci il nostro pane quotidiano", non è più una preghiera da noi rivolta a Dio; la
nostra nutrizione è spirituale e la nostra mentalità può liberamente approfittarne.
Nondimeno, quando si giunge in ambiente spirituale, si rimane per un dato tempo
soggiogati dai pregiudizi e dalle inibizioni sensorie acquisite durante l'esistenza
terrena. Ma non tardiamo a liberarcene interamente di fronte alla grande realtà
dell'esistenza spirituale... (pag. 156).
«La causa principale di tanti delitti nel mondo dei viventi qui più non esiste.
Voglio dire la necessità di cibarsi. O, piuttosto, noi non abbiamo bisogno di nutrirci
nel senso preciso della parola, sebbene coloro tra di noi i quali vogliano ancora
assaporare la soddisfazione di cibarsi, possono procurarsene la sensazione...» (pagg.
73-74).
Non ricaverò altre citazioni dal testo.
Per quanto i lettori siano in grado di rilevare da se stessi le costanti consuete
concordanze esistenti in ogni episodio citato posto
- 112 -
al confronto con gli altri analoghi riferiti in precedenza, non sarà inutile passarne
alcune in rapidissima rassegna.
Si osservi, ad esempio, come nel caso in esame le primissime impressioni del defunto
si riferiscano alla circostanza di accorgersi che più non passeggiava, ma si
trasportava sorvolando il suolo; che i viventi gli apparivano come ombre, e gli spiriti
sostanziali; che conversando con questi ultimi, riteneva che gli rivolgessero la
parola, mentre in realtà gli trasmettevano il pensiero. Si osservi che non tardò a
giungere anche per lui la massima sorpresa: quella di accorgersi che i personaggi con
cui si trovava si procuravano quanto loro abbisognava creandolo con la forza del
pensiero. Si osservi che avvenne anche a lui di accorgersi che gli bastava desiderare
di trovarsi in un luogo qualunque per sentirvisi trasportato all'istante. Infine, si
osservi ch'egli pure non tardò a rilevare il fatto che numerosi spiriti di defunti,
rimanendo dominati dal bisogno di soddisfare abitudini inveterate contratte in vita,
potevano procurarsene la sensazione, in virtù della forza creatrice del pensiero.
Deve inoltre osservarsi il consueto matematico funzionare della grande «legge di
affinità», per la quale ogni simile deve fatalmente gravitare verso il proprio simile,
e che fece sì che il dottor Scott andasse a far parte di una schiera di spiriti
«pervenuti in ambiente spirituale molto deteriorati dall'ambiente terreno, nel quale
non avevano potuto svolgere le loro possibilità intellettuali». E siccome di tali loro
deficienze evolutive non erano responsabili, ne derivò che l'ambiente in cui venne a
gravitare il dottor Scott non apparteneva a uno stato spirituale inferiore, ed era
invece un ambiente radioso quale si richiedeva onde stimolare all'azione gli spiriti
rimasti arretrati senza loro colpa. Tutto ciò porge occasione di accennare a un fatto
che richiede di essere chiarito: il dottor Scott si sarebbe trovato in ambiente
spirituale «di luce», sebbene fosse morto suicida. Il che sarebbe in flagrante
contraddizione con le unanimi affermazioni delle altre personalità medianiche, secondo
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
le quali severe sanzioni attenderebbero coloro che si rendono colpevoli di una tale
viltà di fronte alle prove che il destino ci riserva, e che sarebbe nostro compito di
sostenere da forti.
La sensitiva, la signora Dawson-Scott, ignorava l'esistenza di tale contraddizione
nei messaggi conseguiti, ma persone amiche gliela fecero rilevare; ne chiese quindi
spiegazione al defunto comunicante, il quale rispose in questi termini:
- 113 -
«Ciò avviene in quanto esiste un altro fattore da prendere in considerazione; ed è
che qui noi non siamo affatto della medesima opinione sopra un gran numero di
questioni. Io non feci che narrarti le mie personali esperienze, e perciò dissi di
essere stato accolto festosamente nel mondo spirituale, dove nessuno mi rivolse domanda
circa la mia fine; aggiunsi che le mie prime impressioni furono di gioia per essermi
liberato dal corpo. Ciò non impedisce che un altro spirito potrebbe contemplare le cose
da un punto di vista diverso; ovvero, che a un altro spirito, nelle mie condizioni,
potrebbe capitare una sorte diversa. Insomma, ciò che io espressi era la mia personale
esperienza, e nulla più...» (pag. 107).
La risposta sopra riferita non esaurisce il tema, ma in compenso fornisce una
spiegazione ulteriore circa una grande verità che lo spirito del dottor Scott si sforza
ripetutamente d'inculcare nella mente della propria consorte; ed è che gli spiriti
disincarnati, lungi dal dimostrarsi onniscenti, giudicano in base alla loro esperienza
personale, proprio come avviene nel mondo nostro. Ne deriva che i giudizi da loro
espressi vanno accolti con riserva, in quanto rappresentano soltanto le opinioni
personali, o le particolari esperienze di chi può talvolta saperne più di noi intorno
ad argomenti speciali, ma nulla di più. Ora, nel nostro caso si riscontra che lo
spirito comunicante, descrivendo l'ambiente radioso in cui si era trovato, pareva
sottintendere, o tendeva a concluderne, che la medesima sorte felice dovesse toccare
agli altri spiriti di suicidi, e in conseguenza che il darsi volontariamente la morte
non provocava di per sé sanzioni gravi nell'esistenza spirituale. In realtà le cose
risultavano ben diverse, ma la verità in proposito era sfuggita allo spirito del dottor
Scott, in quanto non aveva riflettuto sulla circostanza che se si era trovato in un
ambiente «di luce» malgrado il consumato suicidio, lo si doveva al fatto ch'egli non
era responsabile dell'atto insano compiuto, conseguenza in lui di un'infermità psichica
ereditaria nota in psichiatria sotto il nome di «melanconia», la quale termina ben
sovente in un accesso di «mania suicida».
Quanto sopra mi pare basti ad eliminare l'unica apparente contraddizione esistente
nei messaggi medianici in esame, considerati in rapporto con gli insegnamenti impartiti
dalle altre personalità medianiche.
* * *
- 114 -
A questo punto avrei finito, ma siccome all'inizio dissi che nel libro della Dawson-
Scott erano riassunte in maniera efficace le modalità dell'esistenza spirituale (il che
si deve alle insistenti domande che a tal proposito la medium rivolgeva ai defunti
comunicanti), mi risolvo a spigolare qua e là nel libro alcuni ragguagli del genere,
scelti tra quelli che più comunemente dovrebbero sorgere in mente ai lettori cui riesca
nuovo il tema.
Faccio precedere alcune osservazioni della signora Dawson-Scott intorno alle cause
che troppo sovente determinano alterazioni e travisamenti nei messaggi medianici. Essa
scrive:
«Il dottor Geley (uno dei defunti comunicanti), nei suoi messaggi, informa che "gli
spiriti all'atto del comunicare incontrano grandi difficoltà nell'armonizzare le loro
radiazioni-pensieri con le vibrazioni della mente dei medium, con la conseguenza che i
messaggi riescono troppo sovente vaghi od alterati". Questa probabilmente è la ragione
per cui si rilevano brani più o meno incoerenti o incompiuti nei messaggi stessi. Mio
marito spiega a sua volta: «Io ti trasmetto molti ragguagli che tu non afferri. Siccome
non puoi comprenderli, non li assimili e non li rendi». E se così è, quando otteniamo
ragguagli che sembrano in contraddizione tra di loro, dovremmo concludere che
probabilmente lo spirito aveva trasmesso di più di quanto noi siamo riusciti ad
assimilare e trascrivere. In compenso, se il messaggio imperfettamente trasmesso era
importante, gli spiriti non mancano mai di trasmetterlo altre volte, fino a raggiungere
la necessaria chiarezza o coerenza.
«Avevo rilevato altresì che taluni ragguagli da me ricevuti differivano più o meno
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
dai ragguagli corrispondenti ottenuti con altri medium, fatto che m'imbarazzava. Ma
William Stead (uno dei quattro comunicanti), spiegò: «Il caos della letteratura
medianica dipende da cause molteplici. Anzitutto a noi riesce difficile trasmettere
esattamente il nostro pensiero, in quanto nel transito attraverso il cervello del
medium esso viene più o meno alterato. Ma oltre a ciò vi sono purtroppo i falsi medium
e gli pseudo-medium. I primi frodano, i secondi tessono romanzi subcoscienti. Infine,
giova tener conto delle vostre opinioni preconcette intorno all'esistenza spirituale,
le quali, se risultano saldamente radicate nelle vostre vie cerebrali, si
sostituiscono, automaticamente e ad insaputa dei medium, a ciò che noi trasmettiamo
effettivamente. Come se tutto ciò non bastasse, devi sempre tener presente che noi
esistiamo in
- 115 -
condizioni di ambiente le più disparate, e che siamo ben lungi dal pensare tutti al
medesimo modo, con la conseguenza che ciò che è vero per un dato gruppo di spiriti, od
anche per un singolo spirito comunicante, non è vero per un altro gruppo, od altri
spiriti comunicanti..."» (pagg. 36-37).
Ciò premesso, passo a racimolare saltuariamente ragguagli sull'esistenza spirituale
quali vengono trasmessi alla medium dai quattro defunti comunicanti.
(La signora Dawson-Scott al marito defunto) «La mia mente è affollata di domande che
vorrei rivolgerti sul mondo spirituale».
(Spirito) «Bada di formularle chiaramente».
D. «Tutte le persone da te conosciute in terra si trovano con te nell'ambiente
spirituale in cui vivi?».
R. «No, molti sono già partiti».
D. «Per dove?».
R. «Io non lo so».
D. «Tu pure dovrai partire prima che arrivi io?».
R. «No».
D. «Questo mi fa piacere. Quelli che se ne vanno subiscono forse una sorta di seconda
morte?».
R. «Qualcosa di equivalente, ma senza ombra di pene» (pagg. 44-45).
D. «Mi dicesti l'altra sera che le vibrazioni del «corpo eterico» sono di gran lunga
più rapide di quelle del corpo fisico. Ora, le nostre vibrazioni creano la materia, e
le vostre?».
R. «Noi non siamo solidi nel senso in cui lo siete voi, ma il nostro corpo risulta
altrettanto solido per noi, e siamo noi che lo abbiamo creato pensandolo. Ne consegue
che il nostro corpo è la riproduzione del corpo fisico nel periodo della sua maggiore
floridezza, con miglioramenti e perfezionamenti. Io sono molto migliorato a tal
riguardo, ma tu mi riconosceresti ugualmente».
D. «Vivete in case?».
R. «Noi non abbiamo bisogno di ripararci dalle intemperie, ma desideriamo ugualmente
possedere un asilo nostro personale, un rifugio in cui tornare quando sentiamo il
desiderio di un periodo di riposo».
D. «Avrete anche voi una disciplina morale purchessia?».
R. «Certamente, ma qui la morale sociale è facile visto che siamo emancipati dalle
ossessioni della carne. Noi impariamo, e impa-
- 116 -
rando ci perfezioniamo, in quanto la nostra vera natura si rivela progressivamente. Le
nostre capacità intellettuali, che troppo sovente rimangono soffocate durante la vita
terrena, emergono e si sviluppano. Sono molti coloro che giungono qui depressi,
deteriorati, menomati, e in conseguenza irritati, delusi, infelici. Ma qui li attende
la Luce e la salute dello spirito. Qui si ritrovano in un ambiente che favorisce il
loro sviluppo spirituale, anziché deprimerlo: il che si determina in tutte le direzioni
possibili: ciò che noi eravamo destinati a divenire, qui lo diventiamo» (pag. 55).
D. «Che cosa divengono le persone di limitata intelligenza?».
R. «Rimangono quel che erano. Una persona di limitata intelligenza non diventa
certamente una intelligenza eletta per il fatto di essersi disincarnata. Ma tale
persona sarà felice a modo suo nel mondo spirituale, in quanto anche un fiore possiede
un senso di felicità sua propria. Comunque, anche per tali individualità vi sono
maggiori possibilità di svolgimento nel mondo spirituale, possibilità che a suo tempo
si risveglieranno».
D. «E i pazzi?».
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
R. «La pazzia è una malattia dell'organo del pensiero, non già dello spirito. Le
persone che furono pazze in vita nulla ricordano del tempo trascorso in tale stato,
all'infuori di una vaga impressione che nella loro vita esista una lacuna oscura più o
meno ampia, più o meno prolungata. Ma la loro mente ridiventa sana con il loro ingresso
in ambiente spirituale» (pagg. 59-60).
D. «Quali sono le vostre occupazioni?».
R. «Il nostro tempo non è diviso dal giorno e dalla notte, né dagli anni solari. E’
sempre uguale, e non vi sono stagioni. Le nostre occupazioni sono quelle che più si
adattano alle nostre capacità, e vi è abbondanza di scelta. Quando proviamo il
desiderio di variare occupazione, dobbiamo soltanto scegliere un altro compito, oppure
recarci a riposare nelle nostre case; ma qualunque cosa facciamo è sempre
spontaneamente scelta, e quindi proviamo sempre piacere e soddisfazione nel
compierla» (pag. 61).
Sullo stesso tema delle occupazioni nel mondo spirituale, un altro dei quattro
comunicanti, George Dawson, congiunto della medium, il quale era stato in vita uno
scrittore, nonché un dilettante musicista e pittore, così ne scrive:
«Tu devi pensare di noi come di esseri felici i quali sono piacevolmente assorti in
lavori equivalenti a quelli da essi compiuti in
- 117 -
terra, ma con poteri di gran lunga maggiori, e senza gli impedimenti che ostacolavano
le nostre vocazioni in terra...» (pag. 138).
«Noi lavoriamo perché desideriamo lavorare: le nostre energie centuplicate ci fanno
desiderare il lavoro, desiderio di cui io, purtroppo, difettavo grandemente in terra;
ma nella vita terrena ciò che mi faceva realmente difetto era l'energia, che è sinonimo
di attività» (pag. 134).
«[...] Anche per noi lo sviluppo evolutivo è un processo lento. Abbiamo molte,
moltissime cose da apprendere: ma l'atto di apprenderle risulta per noi un vivo
piacere. L'esercizio dei nostri poteri e lo sviluppo delle facoltà nascenti sono per
noi di supremo interesse. La nostra è la felicità dello studente che ama la scienza a
cui si dedica. Non immaginarti però che la nostra esistenza consista nel solo lavoro,
senza svaghi e ricreazioni. Noi abbiamo i nostri intervalli di rilassamento, i nostri
periodi di riposo, di viaggi, di ricreazioni d'ogni sorta, con alternative di
cambiamento da un lavoro piacevole ad un altro lavoro più che mai interessante ed
assorbente... Senonché non è possibile dare un'idea ai viventi di ciò che in realtà
sono le occupazioni di uno spirito libero dall'ingombro del corpo fisico e dalle
necessità di questo» (pag. 90).
D. «E tu che cosa fai?».
R. «L'equivalente di chi scrive drammi, poesie, musica nel mondo terreno. La qualità
della produzione dipende dalle capacità in tal senso della nostra intelligenza; ma la
produzione non è difficile come quando si doveva passare per la trafila dell'organo
cerebrale» (pag. 115).
D. «Ma come fate a comporre novelle o drammi se nel vostro ambiente non si adopera
più la parola?».
R. «E’ questione di percezione. I nostri autori formulano la scena della propria
novella e noi percepiamo esattamente lo spettacolo di ciò ch'essi hanno formulato con
il pensiero e vitalizzato con la tonalità emozionale che sono capaci d'infondere nelle
creature della loro mente».
D. «Sapevo che voi formulate ed obiettivate i pensieri, ma non sapevo che si
potessero formulare ed obiettivare anche le emozioni».
R. «Le emozioni sono espresse in termini di variazioni di luce e di colore. Le
diverse emozioni infondono nell'azione rappresentata calore, colore, ricchezza di
sentimenti, profondità di concezioni. Il
- 118 -
pensiero è costruttivo, l'emozione è la luce animatrice del pensiero. Coloro che sono
capaci d'infondere profonde emozioni nei loro pensieri-creazioni producono azioni
palpitanti di vicende vissute, laddove il pensiero serenamente espresso brilla soltanto
di bianca luce (pag. 92).
«Noi non abbiamo libri, ma i pensieri sono cose, mentre nel mondo vostro i pensieri
non hanno consistenza... I nostri pensieri, se formulati con la necessaria energia,
divengono creazioni permanenti, le quali assumono forma e consistenza. In certo modo,
essi vivono (pag. 116).
«Io qui sono anche un artista, per quanto non di prim'ordine. Creo dei quadri, oltre
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
le commedie e i poemi. Anche da noi la pittura è letteralmente una pittura. Noi la
pensiamo intensamente, e il pensiero si esteriorizza e permane... divenendo visibile a
tutti gli spiriti. Mi reco sovente a contemplare le visioni di bellezza che altri
spiriti pittori, di gran lunga più abili di me, hanno creato pensandole. Quanto alle
mie visioni pittoriche, le proietto in singole figure, così come qualche volta in
quadri d'azione complessi.
«Quanto ai libri, come ti dissi, noi non ne abbiamo, ma le novelle, i drammi, i
romanzi, li vediamo rappresentati al vero e ne osserviamo ed ascoltiamo lo svolgimento
in atto dal principio alla fine. In terra le arti sono distinte, radicalmente diverse,
e la causa di ciò consiste nel fatto che i mezzi materiali per estrinsecarle sono anche
diversi. Qui invece sono quasi permutabili. La musica è emozione, un romanzo è emozione
personificata, una commedia o un dramma sono emozioni in azione. La pittura dipinge
un'emozione, e la poesia e la musica sono due aspetti dell'arte medesima. Ma tutte le
arti hanno per fondamento un ritmo matematico, il quale nel mondo spirituale
costituisce la base fondamentale di tutte, prendendo il posto della tela o dell'asse,
della corda o dello strumento musicale... Per conto mio, occupo i miei giorni felici
conferendo forma alle mie idee di bellezza. Non sono un grande artista, ma questa è pur
sempre la mia vocazione; vale a dire, quella occupazione per la quale io sono più
adatto» (pagg. 117-118).
D. «E quando l'arte non è di prim'ordine, che cosa avviene?».
R. «Diviene una "stella cadente": brilla per qualche tempo e poi si estingue.
Naturalmente la speranza di ogni artista è di pervenire a creare opere permanenti».
D. «La tua produzione artistica è migliore di quando eri in terra?».
- 119 -
R. «Oh, infinitamente migliore, ma qui l'ideale dell'arte è perfetto... giacché
l'arte è l'essenza spirituale dell'Essere. Bene inteso: non è però l'Essere...» (pagg.
117-118).
Un altro congiunto della medium, Henry Dawson, giornalista e scrittore, osserva sul
medesimo tema:
«Noi percepiamo i protagonisti di un romanzo così come se fossero reali e come se le
vicende per cui passano si svolgessero effettivamente dinanzi a noi. L'arte di tal
natura è l'espressione vitale dello spirito che l'ha creata, così come lo sarebbe un
suo figlio nel mondo vostro. E’, insomma, qualche cosa che esiste realmente. Ma una
volta creata essa si rende indipendente dal parente che l'ha generata, assume
importanza di entità a sé e, come tale, diviene la proprietà di tutti... L'arte nel
nostro ambiente dà la misura del grado evolutivo raggiunto dagli spiriti esistenti in
ogni singola Sfera...» (pagg. 135-136).
Per ciò che si riferisce alla musica, risponde ancora George Dawson, il quale era in
vita un abile dilettante violinista. La medium domanda:
«Che cosa diviene la musica nel vostro mondo?».
R. «In ambiente terreno la musica si esprime con i suoni, ma noi non possediamo il
senso dell'udito e perciò percepiamo la musica, giacché il suono per se stesso non è
necessariamente musica. La musica è ritmo e noi percepiamo le vibrazioni del ritmo,
quindi i motivi generati dal ritmo e lo schema del lavoro musicale. Insomma, percepiamo
la musica molto più profondamente di quanto potete farlo voi con il senso dell'udito.
Ma voi non siete in grado di concepire che la nostra facoltà di percezione è la
subordinazione del senso dell'udito. Riflettete: qualora venissero soppressi i sensi
della visione e dell'audizione, rimarrebbero ancora in voi la "visione mentale" e la
"chiaro-audienza". In tale contingenza, direste di vedere e di sentire con lo spirito e
nei sogni voi vedete e sentite già con lo spirito...» (pagg. 127-128).
«[...] Voi, dunque, dovreste essere in grado di farvi un'idea di ciò che per noi è la
letteratura, la musica, la pittura. Una letteratura senza libri e senza parole,
costituita esclusivamente di pensieri, emozioni, esperienze. Una musica senza strumenti
e senza cantanti, una pittura senza tavolozza e senza tele. L'uomo incarnato dipinge
adoperando i colori, perché i colori erano già nella sua esperienza. Ora noi adoperiamo
i "colori mentali" perché nella nostra esperien-
- 120 -
za sono quasi i soli realmente esistenti. Ne deriva che l'arte vostra assume
necessariamente un aspetto fisico, mentre noi ci siamo liberati per sempre da tale
servitù» (pag. 157).
Mi sono diffuso nelle citazioni relative all'arte in ambiente spirituale in quanto è
questo un tema al quale le altre raccolte di rivelazioni trascendentali accennano
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
costantemente, ma non lo svolgono e non ne descrivono le modalità, come avviene in
questa serie di messaggi.
Passando ad altri temi, osservo che i quattro comunicanti nulla aggiungono intorno
agli argomenti della nutrizione spirituale e dei sessi.
Riferendosi alla nutrizione del «corpo eterico» il marito della medium osserva:
«Noi non mangiamo o piuttosto noi non lo facciamo nel senso preciso del termine in
ambiente terreno, sebbene chiunque desideri procurarsi ancora il piacere di mangiare
può farlo e provarne la sensazione nella Sfera in cui soggiorna...» (pagg. 73-74).
E William Stead, il quale a sua volta si riferisce alla propria Sfera di esistenza,
già più elevata di quella in cui soggiorna l'altro comunicante citato, e in cui nessuno
più desidera procacciarsi la grossolana sensazione terrena del cibarsi, si esprime
alquanto diversamente, osservando:
«Una delle differenze tra la vita terrena e la vita nella Sfera spirituale in cui
soggiorno consiste nel fatto che noi non abbiamo più bisogno di nutrirci nel senso
inteso in ambiente terreno. Solo cibo spirituale ci occorre, e a tal proposito vi è in
noi un istinto che ci spinge urgentemente in tal senso. Ne deriva che se tale cibo non
fosse facilmente ottenibile, sorgerebbero tra di noi delle competizioni e delle lotte
per procurarcelo. Ma fortunatamente è a disposizione di tutti coloro che ne
abbisognano... Per conto mio, continuo a cibarmi - vale a dire, a interessarmi - della
corrente complessa di aspirazioni ideali che tanto m'interessava da vivo, poiché so
che, quando perverrò a schiacciare l'involucro di questo prezioso nocciolo, il nocciolo
diverrà parte integrante di me stesso, con la conseguenza che il mio appetito sarà
pienamente soddisfatto... Anche gli artisti per vocazione innata seguono ciascuno la
via che già si erano tracciata in terra, poiché per essi è questo il modo di procurarsi
cibo spirituale. Essi posseggono doti ed energie spirituali più raffinate degli altri e
le adoperano per creare l'arte che non muore;
- 121 -
giacché l'arte non è soltanto bellezza, ma risulta altresì espressione totalitaria
dell'Essere...» (pagg. 188-189).
Circa il sesso, ben poco essi hanno da dire. Il marito defunto osserva:
«Il sesso nel mondo spirituale permane sotto forma che non è più fisica ma
esclusivamente mentale. E' amore più che mai, è attrazione, ma non più avida
possessione. Io ti amo, ma non ho più bisogno di essere solo ad amarti. Io desidero la
tua felicità, e sarò pienamente soddisfatto di te qualunque sia la via che sceglierai
in vista del tuo avvenire terreno» (pag. 45).
E più oltre: «Per voi moralità è sinonimo di sesso, ma da noi non si procrea, e
perciò siamo privi delle funzioni sessuali, e abbiamo quasi dimenticato che una volta
si conferiva una esagerata importanza a tali funzioni» (pag. 55).
Intorno alle condizioni di ambiente spirituale, i quattro defunti comunicanti, i
quali soggiornano in livelli diversi di esistenza, hanno molto da dire e da spiegare,
ma risulta impossibile citare tutto. Mi limito pertanto a riferire due brani di
messaggi in cui William Stead - il grande scrittore idealista e spiritualista - parla
della Sfera in cui soggiorna, la quale risulta la più elevata tra quelle in cui
soggiornano gli altri spiriti comunicanti. Egli scrive:
«La mia filosofia è stata pienamente giustificata da ciò che ho trovato qui.
Tuttavia, ora più che mai, sostengo che un uomo incarnato non può immaginare con
esattezza le condizioni in cui si estrinseca la vita spirituale. Egli non perverrà mai
a formarsi un chiaro concetto dei poteri da noi posseduti, sebbene tali poteri traggano
origine da quelli posseduti in terra».
D. «Sforzati fin dove è possibile di fornirmi un'idea di tali poteri».
R. «Con noi la percezione degli oggetti non è limitata alla loro superficie esterna.
Noi vediamo attraverso di essi. Così, ad esempio, io vedo te, ma in pari tempo vedo
attraverso te, mentre la mia visione penetra nelle viscere della terra. Se conoscessi i
nomi degli strati che costituiscono la crosta terrestre, potrei denominarli tutti. Così
pure, io vedo attraverso il globo terrestre, che per me non è più denso del velario che
produce nell'atmosfera una pioggerella. Allo stesso modo percepisco il tuo pensiero e
distinguo tutti gli elementi che concorsero a costituirlo. Non solo, ma scorgo com'ebbe
origine nella tua mente e posso seguire in senso inverso la lunga
- 122 -
catena dei pensieri che lo precedettero, fino al germe originario. Pervengo in tal modo
a valutarne l'influenza esercitata e lo sviluppo preso, nonché a distinguere il suo
germogliare in altre mentalità che lo accolsero. La mia percezione compenetra ciò che è
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
stato, discerne ciò che è e si spinge oltre nel più lontano futuro. Mille anni
equivalgono a un giorno per colui che può scorgere nel passato e nell'avvenire
simultaneamente. Insomma, ciascuna sequenza dei pensieri di uno spirito nella mia Sfera
sarebbe sufficiente ad occupare un'intera vita terrena, e di tali sequenze noi
disponiamo in numero illimitato. Con ciò io ti ho fornito un pallido saggio della
potenza inimmaginabile dello spirito nell'esistenza disincarnata...» (pagg. 175-176).
Quando desideriamo recarci in un dato luogo, lì ci ritroviamo all'istante. Indumenti,
cibi, riposo, trasporti e intemperie non ci riguardano affatto: noi siamo sempre in
grado di assorbirci totalmente in ciò che ci interessa...».
«[...] Poco prima di venire a te, mi trovavo a contemplare le rovine di
un'antichissima città dell'Egitto. Attraverso quelle rovine mi sono spinto indietro nei
secoli, allo scopo di apprendere le vicende del glorioso passato di quella località. La
vidi prima nelle condizioni di una grande città in decadenza incipiente; poi la rividi
quale una grandiosa e popolosa metropoli, prospera e potente; quindi la scorsi nelle
condizioni di un modesto villaggio, con pozzi di abbeveramento e boschetti di palme.
Compresi che in origine essa era una "tappa" di riposo per le popolazioni nomadi.
Spingendomi più oltre ancora nel passato, mi apparvero le due famiglie di nomadi che lì
si erano stabilite, formando la prima cellula della futura grande metropoli.
Continuando a spingermi sempre più a ritroso nel tempo, contemplai quella località
allorché l'uomo non esisteva ancora sulla superficie terrestre, la quale era popolata
dai grandi mostri preistorici. La rividi ancora ricoperta dalle acque stagnanti e
l'atmosfera densa di caligini irrespirabili. Infine, ho assistito al grandioso
spettacolo della vostra terra esistente come un globo di fuoco vagante per lo spazio.
«In tali nostre escursioni negli abissi del passato, dobbiamo andar cauti prima di
localizzare nel tempo ciò che contempliamo, giacché è facile scambiare ciò che è stato
per ciò che esiste attualmente. Infatti, la realtà delle due rappresentazioni appare
identica, ed è effettivamente reale, in quanto ogni rappresentazione del pas-
- 123 -
sato da noi contemplata esiste realmente nel tempo, preservata nell'etere; e, stando
così le cose, siamo tenuti a riflettere e a comparare prima di affermare se si tratta
di ciò che fu, o di ciò che è» (pagg. 181-182).
Questo è un saggio di quanto affermano i defunti comunicanti intorno alle modalità
dell'esistenza spirituale. Come si è visto, essi concordano per ciò che riguarda i
particolari fondamentali dell'esistenza stessa, e differiscono più o meno nei
particolari secondari, nella misura in cui i defunti comunicanti risultano
spiritualmente più elevati; il che è quanto razionalmente dovremmo attenderci.
In termini generali, ripeto che per quanto si tratti di ragguagli inverificabili,
nondimeno i medesimi risultano indirettamente convalidati dalla circostanza esposta,
che cioè tutti i defunti affermano le medesime cose circa i particolari fondamentali,
mentre concordano altresì e sempre anche nei particolari secondari ogniqualvolta si
tratti di defunti esistenti nel medesimo ambiente spirituale. E queste ultime
concordanze, dal punto di vista teorico, risultano più importanti delle prime in quanto
appaiono spesso costituite da ragguagli a tal segno nuovi ed impensati e strani, da
rendere insostenibile l'ipotesi avversaria dei «romanzi subliminali», visto che se di
ciò si trattasse, allora risulterebbe assurdo il pretendere che le subcoscienze di
tanti
medium,
i
quali
s'ignorano
reciprocamente,
s'incontrino
fortuitamente
nell'affermare l'esistenza di condizioni spirituali tanto lontane dall'esperienza
terrena.
Le argomentazioni esposte risultano abbastanza valide per far propendere decisamente
la bilancia delle probabilità in favore della genesi positivamente spiritica dei
messaggi in esame; ma non bisogna dimenticare anche l'altra circostanza importantissima
che nella presente monografia furono accolti solamente i messaggi trascendentali
trasmessi da personalità di defunti che forniscono simultaneamente abbondanti ragguagli
personali risultati veridici, informazioni in buona parte ignorate dai medium e dai
presenti, provando in tal modo la loro presenza reale sul posto.
In merito alle «rivelazioni» del defunto William Stead, nelle quali si tratta di
visione spirituale attraverso i corpi solidi, di «veggenza» nel passato remoto e
remotissimo dei popoli e delle cose, giova osservare che si riscontrano nel nostro
mondo analogie corrispondenti, le quali valgono a rendere concepibili e, in
conseguenza, verosimili tali rivelazioni dei defunti.
- 124 -
Per la visione spirituale attraverso i corpi solidi, non escluso il globo terracqueo,
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
rilevo l'analogia con la radio, nel cui meccanismo prodigioso le vibrazioni della voce
umana, trasformate in vibrazioni elettriche, attraversano fulmineamente il globo
terracqueo così da pervenire in pochi secondi agli antipodi, dove il meccanismo
«ricevitore» della radio ritrasforma le vibrazioni elettriche in «vibrazioni foniche»,
facendo rinascere le parole che pronuncia in Europa, in quel preciso istante, quella
medesima voce umana. Nessuna differenza, dunque, tra quanto si ottiene nel mondo nostro
e quanto affermano i defunti circa la visione e l'audizione spirituali, le quali - così
come la radio - sarebbero capaci di attraversare anche lo spessore del globo
terracqueo.
Stando così le cose, si deve concludere che non ci sarebbe nulla di inverosimile se
gli spiriti d'ordine progredito possedessero sensi visivi e auditivi aventi proprietà
elettro-psichiche equivalenti alle proprietà elettro-fisiche dello strumento inventato
dall'uomo.
Altrettanto dicasi per la «veggenza» nel passato delle vicende di un popolo estinto,
o dell'avvicendarsi delle epoche preistoriche nel nostro globo. Anche a tal proposito
si
riscontra
che
in
metapsichica
esistono
i
fenomeni
corrispondenti
della
«psicometria», con i quali si ottengono identiche visioni rivelatrici delle vicende
lontanissime accadute a individui, popoli e cose. Così, ad esempio, nelle esperienze
del professor Denton, avendo egli consegnato alla «sensitiva» un frammento di marmo
raccolto nelle rovine di un tempio romano (ignorando ciò che aveva consegnato alla
medesima, poiché tale frammento gli era stato inviato diligentemente avvolto in carta
suggellata), la sensitiva vide apparire dinanzi a sé il tempio quale era nei giorni
della gloria, assistendo alle funzioni che nel medesimo si compivano, ch'essa descrisse
con precisione impressionante. Allo stesso modo aveva descritto con evidenza
stupefacente «la biografia di un macigno», in base a un frammento del medesimo posto
nelle sue mani. La descrizione fu riscontrata veridica in tutti i particolari
controllabili,
nonché
ignorati
dal
professore
in
questione,
particolari
che
corrispondevano alle caratteristiche fisiche del macigno combinate alla località in cui
si trovava; da tali caratteristiche emergeva la dimostrazione che effettivamente, in
epoche remotissime, quel macigno era stato eruttato da un vulcano, e indi aveva
trascorso una lunga sequela di secoli in fondo al mare. Era emerso in seguito a un
cataclisma, rimanendo quindi imprigionato
- 125 -
nei ghiacci dell'epoca glaciale, i quali, scendendo con lento decorso dalle vette delle
Montagne Rocciose, lo avevano deposto nelle pianure del Wisconsin, dov'era rimasto fino
all'epoca attuale, divenendo per la classificazione scientifica, un «masso erratico».
Nulla di più razionale del concluderne che se tali facoltà di veggenza esistono già
preformate, allo stato latente, nelle subcoscienze dei viventi, debbano un giorno
emergere ed esercitarsi attivamente nel mondo spirituale, il che equivale ad ammettere
di aver raggiunto un grado di probabilità scientificamente legittimo e notevolissimo a
dimostrazione dell'esistenza reale di una visione spirituale quale ci viene rivelata
dai defunti comunicanti.
Caso XVII
Traggo questo episodio da Light (1927, pag. 314): si riferisce alle manifestazioni di
Felicia Scatcherd, dopo alcuni mesi dalla sua morte, avvenuta il giorno 12 marzo 1927.
Essa era stata in vita una delle personalità più in vista del movimento spiritualista
inglese e il nome di lei rimarrà nella storia, giacché fu Felicia Scatcherd che fece le
prime importanti esperienze che condussero a formulare la teoria della «fotografia del
pensiero» e dell'«ideoplastia».
A proposito del messaggio di cui mi accingo a riferire alcuni brani, ecco quanto ne
scrive il direttore di Light:
«Non mi è permesso di fare i nomi delle due signore che ottennero il messaggio, ma
posso dichiarare che le medesime non sono associate al movimento spiritualista e che la
medium è una signora con la quale si ottennero i più notevoli messaggi veridici venuti
in luce in questi ultimi tempi. Una gran parte del messaggio è eminentemente personale
e contiene numerose prove d'identificazione, le quali risultano più che mai notevoli in
quanto in esse si alluse a circostanze assolutamente ignorate dai presenti, le quali
vennero in seguito riscontrate veridiche... Posso ancora accennare al fatto che Felicia
Scatcherd disse che si sarebbe recata al circolo Crew (dove in vita aveva fatto
frequenti esperienze di fotografia trascendentale), al fine di proiettare l'immagine
del proprio volto sopra una lastra fotografica; il che si realizzò puntualmente. Essa,
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
inoltre, alluse a una sua poesia, fornendo il tema dominante nella medesima. Tale
poesia era sconosciuta alle signore presenti, ma venne a suo tempo
- 126 -
rintracciata in un articolo della Scatcherd pubblicato dopo la sua morte...».
Mi pare che i chiarimenti esposti tendano a convalidare mirabilmente l'autenticità
del messaggio ottenuto. Eccone i brani che riguardano il nostro tema:
«La medium annuncia la presenza dello spirito di una distinta signora, da poco
defunta, la quale desidera vivamente manifestarsi a una delle signore presenti. Si
domanda:
«"Puoi comunicare il tuo nome?".
R. «"Attendete... Mi proverò... Rudolph...".
D. «"Puoi completarlo?".
R. «"Felicity".
D. «"Felicity ha qualcosa da dire?".
R. «"Essa è piuttosto confusa, ma tenterà"».
(Questa fu la prima prova d'identità fornita dall'entità comunicante, giacché la
Scatcherd pubblicò molti dei suoi articoli sotto lo pseudonimo di «Felix Rudolph»;
mentre dai suoi intimi veniva chiamata «Felicity».)
Dopo di che venne dettato il suo lungo messaggio, dal quale ricavo i brani seguenti:
«Mia cara, desideravo ardentemente di comunicare con te. Sono felice di poterlo fare.
Ho pregato che ciò mi venisse concesso. E' un fenomeno meraviglioso. Mia cara, quante
cose ti vorrei dire! Comincio da questa: che la morte non esiste. Il significato della
parola è una scempiaggine. Io così pensai sempre in vita, ma talvolta il corpo non era
d'accordo con lo spirito. Ora io conosco.
«E qui, prima di procedere oltre, debbo informarti di una cosa di cui sono certa; ed
è che nessun pellegrino dal mondo dei viventi arriva a questo mondo per la medesima
porta. Noi tutti abbiamo una modalità personale di esperienza in proposito, e
l'ambiente che ci accoglie appare a ciascuno in modi notevolmente diversi. Ne deriva
che ciò ch'io ti dirò, non risulterà perfettamente identico a nessun altro racconto del
genere...
«Fu per me così facile il trapasso! Mi sentii stanca e sonnolenta; verso il mattino
mi addormentai leggermente. Fu allora che vidi delle strane luminosità, dei curiosi
filamenti luminosi. Quindi mi sentii come galleggiare nello spazio e la mia mente
divenne chiarissima. Dissi tra me: "Come mi sento bene! Già lo sapevo che sarei
guarita". La mia intelligenza era tornata così sveglia che già mi
- 127 -
proponevo di rimettermi a scrivere per informare gli amici che mi sentivo come se
avessi vent'anni... Era un senso di benessere stupefacente... Ma non tardai a
realizzare che cosa significava quella improvvisa guarigione!...
«Quindi mi riprese un po' di sonnolenza, giacché quei filamenti luminosi mi
vincolavano ancora al mondo dei viventi, rendendomi la mente intorpidita. Riposai
qualche tempo... Ma non si trattava di sonno: era una sorta di torpore delizioso. E
allora una folla di antichi e felici ricordi m'invase la mente: ricordi di tempi
trascorsi con te e con molti altri. Il tutto si svolgeva con tranquilla serenità...
«Quindi vennero a me varie persone tra le più care che avessi; e tra queste, vi era
la più cara fra tutte: mia madre! Ma com'era cambiata! La rividi quale era da
giovane... Vorrei che ti persuadessi che la vita terrena è la parte più desolata della
nostra esistenza. Essa in realtà non è vita...
«Mi vedevo ancora immersa in una sorta di nebbia perlacea, e gli spiriti
m'informarono che mi avrebbero aiutata con il loro consiglio per facilitare la rottura
dei filamenti luminosi che ancora mi avvincevano al corpo. Feci quanto mi
consigliavano: procurai di mettermi in una calma di spirito assoluta, e con ciò vidi
sparire i filamenti luminosi e in me si determinò lentamente un radicale mutamento. La
nuvola perlacea in cui mi vedevo avvolta prese gradatamente una forma; e compresi che
si trattava del mio corpo, il quale assumeva lentamente forma umana. Allora mi dissero
che con la forza del pensiero potevo modellare le mie sembianze secondo il mio
desiderio. Non è forse meraviglioso?...
«Nondimeno, a creare l'intima natura del nostro "corpo" concorrono i pensieri
formulati e le opere compiute durante l'esistenza terrena. Tutto sommato, tu vedresti
ora una Felicia assai più giovane e, ritengo, assai più attraente. Comunque, io sarei
sempre la stessa per te mia carissima amica...
«Volsi lo sguardo al mio vecchio corpo livido e disfatto. Mi parve ben povera cosa!
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Ero felice di sapere che non era più mio. Quale sollievo! Rivolsi il pensiero ai miei
cari abbandonati in terra, e soprattutto desideravo ardentemente di rivedere ancora una
volta te. Istantaneamente ti rividi nel letto, profondamente addormentata! Avevi un
aspetto molto stanco, ma tranquillo. Cercai di entrare in comunicazione con il tuo
spirito, ma il tuo spirito non era preparato alla prova. Tenterò un'altra volta: ma per
tale evenienza, tu prima
- 128 -
di addormentarti dovrai pensare intensamente a me, e raffigurarti la mia immagine. Se
farai così, riuscirò a tirarti fuori temporaneamente dal corpo e condurti con me.
Questo è ciò che noi chiamiamo "un'intervista nel sonno". Tu mi vedrai e mi
riconoscerai, ma già si capisce che quando ti sveglierai, crederai di aver sognato.
Ricordati che invece ci saremo incontrate realmente...
«Fui subito condotta via dagli spiriti che vennero ad accogliermi, i quali mi
spiegarono com'essi avessero costruito il loro piccolo mondo meraviglioso traendolo
fuori da quella nebbia perlacea ch'io scorgevo, condensandone con la potenza del
pensiero le "vibrazioni" infinitamente sottili. Essi proiettavano con quel mezzo le
forme del loro pensiero, le quali si rivestono di sostanza spirituale, e con ciò
pervengono gradatamente a creare il loro ambiente. Io, naturalmente, non ero ancora in
grado di proiettare le forme del mio pensiero in questo mondo esclusivamente mentale;
gli spiriti mi condussero allora nella dimora meravigliosa che essi stessi mi avevano
creato. Più tardi imparerò anch'io a costruire il mio piccolo mondo personale...
«Quanto all'ambiente in generale, siamo sempre noi stessi che concorriamo
collettivamente a crearlo e ciascuno vi apporta la sua piccola parte. Naturalmente ci
dividiamo il compito, dopo esserci prima trovati d'accordo sul complesso da creare. Un
grande numero di spiriti non lavora a tali creazioni, poiché il farlo è riservato a
quelli che manifestano disposizioni naturali per tale sorta di compito. Il paesaggio
che mi circonda appare completo in se stesso e meraviglioso; ma non è che il nostro
paesaggio. Mi si dice infatti che al di là di esso se ne trovano altri assai diversi,
in quanto vi sono molte anime poco sviluppate le quali non possono apprezzare nulla che
si discosti dall'ambiente terreno.
«Tu non puoi immaginare quanto sia elettrizzante il sentimento di creare a questo
modo. L'intensità passionale con cui tutti vi s'immergono non si può rendere a
parole...
«Mi si disse dell'esistenza di altre Sfere di gran lunga superiori alla nostra, a cui
anelo e spero di pervenire un giorno, per quanto questo giorno abbia ad essere per me
ancora lontano. Gli spiriti eletti che vi soggiornano con la potenza della volontà
compiono cose che a voi sembrerebbero impossibili; il che non impedisce che siano vere.
E' da queste Sfere che si sprigionano le "scintille di Vita", sotto forma - dirò così -
di un "flusso vitale" che arriva al vo-
- 129 -
stro mondo e viene assorbito dal regno vegetale. Per arrivare a tanta potenza, occorre
raggiungere una estrema perfezione spirituale; ma tutti possiamo arrivarci. Così mi
dicono...».
Passando a commentare brevemente il caso esposto, richiamo anzitutto l'attenzione sul
fatto che la personalità comunicante si affrettò a prevenire le sperimentatrici dicendo
che «nessun pellegrino dal mondo dei viventi arriva per la medesima porta nel mondo
spirituale»; vale a dire che ogni spirito essendo un'entità individuata, quindi più o
meno diversa da tutte le altre entità della medesima natura, deve necessariamente
sottostare a un'esperienza più o meno diversa dalle esperienze di tutti gli altri
spiriti individuali, anche al momento del proprio ingresso in ambiente spirituale,
ambiente di natura esclusivamente mentale. Tali differenze, le quali risultano enormi
tra «eletti» e «reprobi», si rivelano altresì tra gli spiriti che per legge di affinità
gravitano nel medesimo ambiente, per quanto si tratti di differenze riguardanti
particolari secondari, o la durata di talune esperienze inerenti alla crisi della
morte. Nel caso qui considerato, sembrerebbe che le differenze si riferiscano
esclusivamente alla durata di talune esperienze a tutti comuni.
Si rileva, anzitutto, che la crisi del trapasso risultò particolarmente facile per
l'entità comunicante. Ciononostante essa pure racconta di aver provato la sensazione
fugace di sentirsi galleggiare nello spazio; essa pure informa che non credette affatto
di essere morta, bensì di essere improvvisamente guarita, per quanto anche tale
impressione abbia avuto breve durata. Vide essa pure il proprio cadavere sul letto di
morte; ebbe essa pure il suo periodo di sonno, per quanto brevissimo; ebbe la «visione
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
panoramica» degli eventi della sua vita, per quanto in forma di una folla di ricordi
felici che invasero la sua mente. Quindi le apparvero i suoi cari, e tra questi sua
madre. Osservò i filamenti che la vincolavano ancora al corpo, e arrivò a dissiparli
concentrandosi in una calma assoluta di spirito. Vide la nuvola fluidica che doveva
costituire il suo «corpo spirituale», e con le potenzialità del suo pensiero (dietro
consiglio delle sue «guide») riuscì a modellare il proprio volto in sembianze
giovanili. Fu colta dal desiderio vivissimo di rivedere un'amica sua e si trovò
all'istante vicino a lei. Infine, essa pure, come tutti gli spiriti comunicanti, rimase
soprattutto impressionata dinanzi al gran fatto della potenza creatrice del pensiero in
ambiente spirituale. Noto com'essa si soffermi più lungamente del consueto a descrivere
le meravi-
- 130 -
glie e tale sua descrizione risulta importante ed istruttiva, in quanto contribuisce a
far meglio comprendere talune modalità del fenomeno, le quali apparivano oscure e
imbarazzanti al nostro criterio limitato. Alludo con ciò alle delucidazioni fornite
intorno alla sapiente collaborazione con cui gli spiriti opererebbero per creare
l'ambiente generale comune, evitando in tal modo la confusione caotica delle iniziative
personali.
Rimane da prendere in considerazione l'ultima rivelazione dell'entità comunicante,
nella quale si parla di Sfere eccelse spirituali, dove gli spiriti elevatissimi che vi
soggiornano risulterebbero i dispensatori dei «germi di Vita» nei mondi dell'Universo
grazie alla potenza creatrice del pensiero. Che pensarne? Se si riflette intorno
all'impotenza congenita della piccola scienza umana, la quale non perverrà mai a
compenetrare il grande mistero delle origini della Vita nei mondi; se si riflette che
per la mentalità umana rimarrà in eterno impenetrabile l'enigma del come un grumo
inerte di protoplasma si sia improvvisamente vitalizzato, divenendo un'ameba, o
trasformandosi in un lichene; allora si dovrà convenire che merita di essere presa in
considerazione la suggestione feconda della personalità comunicante, secondo la quale
esisterebbero entità spirituali elevatissime il cui pensiero creatore genererebbe dei
«flussi vitali», i quali, raggiungendo i mondi e saturando il protoplasma primigenio,
trasfonderebbero in esso i germi della vita vegetativa. Dalla vita vegetativa, in virtù
di un lentissimo processo evolutivo compiuto in ambiente fisico, attraverso i quattro
regni della natura, finirebbe quindi per generarsi la sensibilità, poi la motricità,
quindi l'istinto animale, indi i primi bagliori dell'intelligenza, e infine
l'intelligenza cosciente di sé. Si giungerebbe in tal modo alla creazione di una
individualità pensante...
Fermiamoci a questo punto. Nulla impedisce di accogliere tale soluzione del grande
enigma, tanto più se si considera che all'infuori della medesima non si arriverà mai a
formulare qualche cosa di razionale sul problema delle origini. Accogliendola, per
quanto non si perverrebbe a compenetrare l'Inconoscibile, si farebbe perlomeno capo a
una comprensione del mistero, la quale apparirebbe sufficiente ad appagare e riposare
la mente, in quanto tale principio di soluzione avrebbe fondamento sopra un dato di
fatto acquisito alla scienza. Infatti, se il pensiero umano risulta già fornito della
potenzialità di obiettivare delle forme, che rimangono impresse sul-
- 131 -
la lastra fotografica, e ben sovente si materializzano e si organizzano, allora il
primo e il più grande ostacolo razionale ad accogliere la soluzione qui considerata
appare superato. Infatti, per accoglierla si richiederebbe unicamente di trarre la
conclusione che la potenzialità creatrice del pensiero, quale si rivela nella
personalità umana, risulti di natura evolutiva in ambiente spirituale, nonché
perfettibile al di là di ogni concepibilità umana. Ora è chiaro che se si ammette la
sopravvivenza dello spirito umano, allora tale postulato non appare soltanto legittimo,
ma razionalmente necessario. Si dovrebbe ricordare che il fatto, sperimentalmente
dimostrato, della potenzialità creatrice del pensiero in ambiente terreno, fornendo una
base
sufficientemente
stabile
alla
concezione
qui
considerata,
la
rende
scientificamente e filosoficamente legittima. In altre parole: tenuto conto che la
scienza ufficiale manca di una qualsiasi base sperimentale mediante la quale orientarsi
nella ricerca delle origini della Vita nell'Universo, tenuto conto che si arriverebbe a
rintracciare nell'esperienza umana tale base sperimentale, purché si accolga come
ipotesi di lavoro la spiegazione fornita dalla personalità medianica in questione, ne
deriva che, fino a prova contraria, si sarà tenuti a considerare per legittima tale
parziale soluzione del grande mistero.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Caso XVIII
Nell'episodio che segue non si rilevano descrizioni contenenti particolari notevoli
sulla crisi della morte, ma vi sono accenni istruttivi sulla natura della personalità
integrale subcosciente, nonché sulle difficoltà che uno spirito incontra nel comunicare
con i conviventi per tramite medianico.
Traggo l'episodio da un volumetto che si intitola Blair's Letters, communicated by
James Blair Williams to his Mother (14). La madre del defunto, morto a trent'anni nel
1918, premette che non potendosi dar pace per la morte dell'unico figlio fu indotta a
tentare la prova di mettersi medianicamente in rapporto con lui. A tale scopo fu
consigliata di rivolgersi ai dirigenti del «British College of Psychic Science». E fu
nelle
sale
di
questo
importante
Istituto
ch'essa
pervenne
a
sperimentare
successivamente con quattro medium tra i migliori, con i quali ottenne prove molteplici
d'identificazione per-
- 132 -
sonale del figlio, prove rivestenti un alto valore, in quanto provenivano da quattro
medium diversi, ai quali essa era totalmente sconosciuta. Fu grazie ad uno di essi, una
signora dotata di medianità scrivente, ch'essa ottenne dal figlio la serie di messaggi
contenuti nel volumetto qui considerato.
Per ciò che si riferisce al nostro tema, il defunto comunicante vi accenna brevemente
in quattro punti diversi dei suoi messaggi, e lo fa per la prima volta nella vigilia
del giorno anniversario della sua morte. Egli scrive:
«Mi è rimasto profondamente impresso il ricordo di ciò che provai in questo giorno,
vigilia della mia morte. Sentivo che sprofondavo lentamente e inesorabilmente
nell'abisso; non riuscivo più a distinguere le persone che mi stavano attorno, poiché
l'ambiente diveniva per me sempre più tenebroso. Sentivo di trovarmi in condizioni
strane, inesplicabili, da non potersi descrivere. Avevo consapevolezza di ciò che
avveniva, perché scorgevo me stesso giacere nel letto, ed ero profondamente turbato al
pensiero delle sofferenze che dovevano attanagliare quel misero corpo, per quanto io
non mi sentissi più malato. Non ero in grado di comprendere la situazione. Vedevo
abbastanza distintamente te, mamma, e avrei voluto farti sapere che non mi sentivo più
malato...» (pag. 86).
A pagina 97 egli ritorna sull'argomento in questi termini:
«La mia morte accadde bruscamente, quando mi trovavo in condizioni d'incoscienza.
Allorché mi risvegliai, pensai subito alla mamma, e mi parve di trovarmi con lei. Io
misuravo la grandezza del suo dolore, proprio come se mi fossi trovato al suo fianco.
Il pensiero della mamma occupava esclusivamente la mia mente... Sul principio rimasi
piuttosto spaventato: ero invaso da uno strano senso di desolata impotenza, come se
avessi perduto ogni energia. Ma godevo di sentirmi divenuto leggero, però in pari tempo
provavo l'impressione di un alcunché d'immenso, d'incommensurabile che mi circondava,
mentre non riuscivo a scorgere chiaramente dove mi trovassi: era una situazione da
impazzire. A momenti supponevo di essere ancora malato e di trovarmi nel mio letto,
quindi m'invadeva nuovamente un senso di desolazione impotente. Poi sentivo come se
intorno a me riecheggiassero migliaia di suoni diversi, che in pari tempo si fondevano
in un frastuono unico. Quindi vedevo sprazzi di luminosità abbagliante: eppure non
riuscivo a distinguere le persone care che avrebbero dovuto circondarmi. Senti-
- 133 -
vo di non essere solo; al contrario, mi pareva di essere circondato da una folla di
esseri che non pervenivo a scorgere. Sentivo che l'aria era satura di elementi vitali;
ma, personalmente, mi sentivo menomato e quasi morto nei sensi. Tale stato parve a me
che durasse lungamente, ma in realtà dovette risultare assai breve. Comunque, era uno
stato abbastanza penoso.
«Malgrado tutto, ora riconosco che fui liberato dal corpo con relativa facilità, e
penso che le persone che muoiono improvvisamente debbono soffrire più di me. Come
dissi, presumo che il periodo di disorientamento e di angustia non sia risultato per me
di lunga durata. Nondimeno, fino a quando ci si trova nel secondo stato della prima
Sfera, si traversa un periodo d'inconsapevolezza, seguito da un altro periodo di semi-
consapevolezza, che non è l'esistenza spirituale, e in cui s'ignora l'esistenza
spirituale. Fino a quando rimasi in tale stato, non riuscii ad entrare in rapporto con
mia madre. Sentivo come se brancicassi nelle tenebre in cerca di lei, ma senza aver mai
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
la sicurezza di trovarmi a lei vicino. Il mio passaggio al terzo stato della medesima
Sfera apportò un mutamento subitaneo meraviglioso. Mi sentii pienamente sveglio,
esuberante di vitalità, consapevole di trovarmi nel mondo spirituale. E allora mi parve
cosa naturale di vedermi venire incontro mio padre, che subito m'informò su quanto mi
era occorso. Ricordo la viva impressione da me provata nel ritrovarlo tanto trasformato
nel sembiante. Egli mi accolse come un fratello, come un amico dilettissimo. Parlammo
lungamente di te, mamma. Gli dissi che intendevo venire a visitarti a qualunque costo:
ed egli osservò che aveva sentito dire che la cosa era possibile, per quanto non avesse
mai tentato la prova.
«Cercai subito di assumere le necessarie informazioni in proposito; quindi non tardai
a provarmi a rientrare in ambiente terreno. Ti assicuro, mamma, che i primi tentativi
richiedono uno sforzo assai grande. Noi siamo costretti a restringere nuovamente la
nostra mentalità in limiti così angusti che ci offendono. O, più precisamente, non ci
offendono, ma il farlo risulta estremamente difficile. Ancora adesso, quando comunico,
mi sento nelle condizioni di un vivente immerso nell'acqua».
A pagina 105 il defunto comunicante riprende il tema della crisi della morte,
osservando:
«Questa sera voglio provarmi a farti comprendere che cosa si-
- 134 -
gnifichi trovarsi subitaneamente privi del corpo... La mia prima impressione fu la
consapevolezza di avere simultaneamente presente alla mente una moltitudine immensa di
cose e di ricordi. Ne dedussi che il fatto strano doveva ascriversi a una sorta di
sogno provocato dalla febbre. Quindi mi avvidi che non avevo più nessuna idea del
tempo, giacché non riuscivo a formarmi un chiaro concetto del mio passato, del mio
presente e del mio futuro, in quanto tali categorie del vostro tempo mi si
manifestavano simultaneamente al pensiero. A questo proposito mi astengo dall'informare
la mamma circa il suo avvenire, per quanto io conosca esattamente ciò che il futuro le
riserva.
«Posto ciò, voi dovete comprendere che, con tale immensa espansione delle facoltà
dell'intelletto, non è cosa facile attingere ai nostri ricordi quel dato ragguaglio
insignificante in merito al quale si viene interrogati dai viventi. Comincio ad essere
meno impacciato quando mi rivolgono domande di simile natura; ma, sul principio, non
sarei stato capace di rispondere a nessuno di tali interrogativi. Inoltre, tenete bene
in mente che quando vengo qui, sono obbligato a comprimere la mia mentalità fino al
punto da ridurla nelle anguste proporzioni dei viventi. Ne deriva che quando mi si
rivolgono domande sul mio passato, non posso ragguagliarmi altrimenti che riprendendo
un istante le mie condizioni spirituali di espansione intellettuale, per indi
comprimere nuovamente la mia mentalità fino a ridurla alle proporzioni umane. Di
conseguenza mi trovo in condizioni di dover fare sforzi inauditi per ricordare la
risposta da me formulata allo stato di libera espansione spirituale, e subito
dimenticata, o quasi, allo stato di mentalità ridotta per le necessità del momento.
«[...] Io tentai d'indagare qual era lo stato del mio spirito allorché mi trovavo
imprigionato dentro il corpo. Ecco: mi avvidi che il corpo può adattarsi a un abito
molto stringato di cui si riveste lo spirito; ma si tratta di un abito in cui si
contiene soltanto una sezione speciale dello spirito, mentre la prima parte di gran
lunga più importante della nostra personalità spirituale rimane allo stato latente,
pressoché inconscia, nei recessi della subcoscienza. Quando lo spirito si libera dal
corpo, le cose cambiano, e la parte latente dello spirito si risveglia in piena
efficienza, realizzando tutti i suoi poteri. E' una meravigliosa e deliziosa sensazione
per lo spirito disincarnato...» (pag. 116).
- 135 -
Non è certo il caso di diffondersi nel far rilevare come quest'ultima affermazione
del defunto comunicante concordi mirabilmente con quanto nel mondo dei viventi venne
osservato in tutti i tempi e presso tutti i popoli: che, cioè, nella subcoscienza umana
esistono allo stato latente meravigliose facoltà supernormali, capaci di scrutare il
passato, il presente, il futuro senza limiti di tempo e di spazio; e, inoltre, che
nell'esistenza incarnata tali facoltà emergono a sprazzi fugaci solo a condizione che
il vivente si trovi immerso in una fase qualunque di sonno (naturale, sonnambolico,
medianico, provocato da droghe narcotizzanti), ovvero in una fase qualunque di assenza
psichica (come nell'estasi, nel deliquio, nella catalessi, nel coma e nel periodo
preagonico), vale a dire, solo a condizione che il vivente si trovi in stato di
disincarnazione incipiente dello spirito. Tale fatto concorda altrettanto mirabilmente
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
con l'affermazione sopra riferita del defunto comunicante, secondo il quale le facoltà
supernormali costituiscono i sensi dell'esistenza spirituale, i quali rimangono allo
stato latente nella subcoscienza umana, in attesa di emergere e di esercitarsi in piena
efficienza allorquando lo stato di disincarnazione dello spirito non sarà più
incipiente e transitorio, ma totale e definitivo. Brevemente: dopo la crisi della
morte.
Queste appaiono verità fondamentali, e in pari tempo elementari, delle discipline
metapsichiche, verità che risultano incrollabilmente impostate sulla osservazione
diretta di un grande numero di fatti vagliati e sviscerati in base ai processi
scientifici dell'analisi comparata e della convergenza delle prove. Tuttavia, riesce
assai arduo vincere in proposito la resistenza misoneista di taluni eminenti
indagatori, i quali, non volendo o non potendo rinunciare alla concezione materialista
dell'universo, preferiscono interpretare a modo loro l'inquietante fatto dell'esistenza
latente nella subcoscienza umana di facoltà supernormali indipendenti dalla legge di
evoluzione biologica; e lo fanno senza darsi pensiero della circostanza che le ipotesi
da essi proposte risultano in flagrante contraddizione con i fatti.
Passando a considerare l'affermazione del defunto, secondo la quale egli non riesce
talvolta a ricordare i particolari della propria esistenza terrena a causa delle
condizioni anormali in cui si trova all'atto del comunicare, osservo come tale
spiegazione concordi con le altre del genere fornite dalle personalità medianiche. Non
so-
- 136 -
lo, ma osservo altresì che l'indagine dei fatti prova la veridicità di quanto esse
affermano, come ho dimostrato in un recente mio studio intorno a una serie di "Messaggi
medianici tra viventi trasmessi per ausilio di personalità medianiche", studio
contenuto nel libro Animismo o Spiritismo? (Città della Pieve, 1937, pagg. 70-83). In
base a tali esperienze (condotte da due gruppi lontani tra di loro trecento miglia, i
quali sperimentavano contemporaneamente), risulta che gli spiriti comunicanti si
dimostrarono capaci di trasmettere dall'uno all'altro gruppo i messaggi loro affidati,
ma quasi sempre lo fecero parzialmente, ovvero solo per la sostanza del messaggio e
quando pervenivano a trasmettere integralmente il messaggio stesso, ciò avveniva perché
esso era costituito da un'unica idea. Interrogati in proposito, uno tra essi diede una
spiegazione analoga a quella esposta, informando che il fatto doveva attribuirsi allo
stato di amnesia parziale o totale cui soggiacciono le personalità spirituali all'atto
del comunicare. A tal riguardo appare suggestivo un incidente occorso nella serie di
esperienze in questione, e in cui lo spirito comunicante manifestandosi una prima volta
con lo scopo di trasmettere il messaggio affidatogli, si avvide di non ricordarlo più,
e dovette limitarsi ad informare di avere incombenza di trasmettere un messaggio ma di
averlo dimenticato. Senonché trascorsi cinque giorni, egli si dimostrò in grado di
trasmettere la parte sostanziale del messaggio stesso. Dal che si deve dedurre che se
lo spirito comunicante, dopo avere dimenticato il messaggio, riuscì a ricordarlo cinque
giorni dopo, dimostrando che l'amnesia totale della prima volta era stata soltanto
temporanea. Risultando infatti l'amnesia consecutiva all'atto del comunicare, si era
dissipata con la liberazione dello spirito dall'«aura» perturbatrice, per rinnovarsi
parzialmente quando lo spirito ritentò la prova. Questa volta l'amnesia fu solo
parziale, in quanto le condizioni perturbatrici dell'«aura» medianica erano meno
sfavorevoli.
Naturalmente tali spiegazioni valgono solamente per una modalità di comunicazioni
medianiche: quella in cui lo spirito s'impossessa più o meno parzialmente dell'organo
cerebrale del medium. Vi sono altre modalità di comunicazioni medianiche, le quali si
estrinsecano per il tramite telepatico: nel qual caso le interferenze dovute a uno
stato imperfettamente passivo della mentalità del medium danno luogo ad altre forme di
alterazioni più o meno profonde dei messaggi trascendentali trasmessi.
- 137 -
Non mi rimane che analizzare il messaggio esposto dal punto di vista speciale qui
considerato. Osservo pertanto che, per quanto si riferisce alla «crisi della morte», si
rivela in esso una varietà di esperienze, o meglio d'impressioni, le quali si
differenziano più o meno dalle impressioni descritte da numerosi altri spiriti
comunicanti; ma le varianti risultano della natura prevista in quanto gli spiriti
stessi dichiarano che «nessun pellegrino dal mondo dei viventi arriva al loro mondo
meraviglioso per la medesima porta»; la cosa appare logicamente inevitabile, dato che
l'ambiente e l'esistenza spirituali sono puramente mentali e non possono darsi nel
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
nostro mondo due individualità intellettualmente e moralmente identiche. Rileviamo
tuttavia che il messaggio esposto concorda con tutti gli altri per quanto riguarda i
particolari fondamentali sull'esistenza spirituale. Si è visto, infatti, che lo
spirito, a sua volta, allude successivamente alle circostanze di aver visto il proprio
corpo sul letto di morte, di avere per un certo tempo ignorato di essere morto, di
essere passato per un periodo di sonno o di incoscienza, di avere subito la prova della
«visione panoramica» di tutte le vicende della sua vita, nonché di essere stato accolto
nel mondo spirituale dai propri parenti defunti. Nei particolari secondari, rilevo
ch'egli si trova in pieno accordo con gli altri nell'informare di avere riscontrato con
sorpresa che nel mondo spirituale non esiste più la nozione del tempo.
Caso XIX
Tolgo l'episodio seguente dal libro di Lady Barret Personality Survives Death (15).
Lady Barret è dottoressa in medicina, specializzatasi brillantemente nella chirurgia
ostetrica, ed è la vedova di Sir William Barret, il celebre fisico, nonché fondatore
della «Society for Psychical Research» di Londra.
Nel libro citato essa ha riunito i verbali delle proprie sedute con la famosa medium
Osborne Leonard, nelle quali si manifestava il defunto consorte. Nella raccolta, che
prende posto tra le più importanti del genere, le prove d'identificazione del
comunicante non dovrebbero considerarsi soltanto adeguate, ma esuberanti, malgrado la
relatrice abbia soppresso gli episodi più suggestivi a causa della loro intima natura.
E tali prove si combinano con episodi teoricamente importanti d'ordine svariato, tra
cui è segnalato un gruppo d'incidenti i
- 138 -
quali dimostrano che quando tra un vivente e un defunto esiste una perfetta comunione
d'anime, il defunto rimane costantemente in «rapporto psichico» con il vivente,
avvertendone costantemente lo stato d'animo e seguendone le vicissitudini della vita,
nonché ben sovente intervenendo in suo favore con suggestioni appropriate, per quanto
il vivente ignori la genesi delle suggestioni stesse, ch'egli scambierà per buone
ispirazioni del proprio intelletto. Emerge altresì che quando il defunto risulta un
personaggio di alta levatura intellettuale e morale, egli non tarda ad assurgere a
sfere spirituali elevate così da rendergli possibile di preconizzare al vivente gli
eventi che lo sovrastano, anche a distanza di anni, anche quando è questione di eventi
accidentali, e financo d'ordine politico o sociale, allorquando questi ultimi
interferiscono sulle di lui vicende personali. Emergono inoltre episodi sommamente
istruttivi riguardanti le molteplici possibilità d'interferenze subcoscienti nei
messaggi medianici, nonché incidenti i quali dimostrano per quali limitazioni
psichiche, inseparabili dalle modalità di estrinsecazione medianica, i defunti
pervengono difficilmente a trasmettere i nomi propri, anche di persone familiari,
laddove possono facilmente descrivere l'aspetto e le caratteristiche delle persone
stesse. Infine, si rilevano in gran numero descrizioni importanti sulle modalità
dell'esistenza spirituale, che concordano in tutto con altre analoghe contenute nelle
rivelazioni del genere. D'altra parte, il defunto ha poco da dire sulle impressioni
provate durante la «crisi della morte», probabilmente perché è morto improvvisamente
quasi senza avvedersene. Aveva ottantun anni.
Ma ciò che m'induce ad accogliere ugualmente il caso nella presente monografia
consiste nella circostanza che egli, a sua volta, riferisce le proprie esperienze di
«veggenza» spirituale nel passato di popoli estinti, con perfetta reviviscenza delle
rispettive loro città nei periodi fulgenti del loro apogeo di gloria. Il tema è
appassionante, e quest'altra esperienza, combinandosi con quella citata nel Caso XVI,
mi darà occasione di svolgere ulteriormente il tema.
Ciò premesso, passo a riferire i pochi brani in cui il defunto comunicante accenna
alla propria «crisi della morte».
Nella sua prima manifestazione, Lady Barret, allo scopo di ottenere prove
d'identificazione personale, domandò:
D. «Puoi tu dirmi qualche cosa intorno alle condizioni del tuo trapasso?».
R. «Le vicende della mia morte si svolsero senz'ombra di soffe-
- 139 -
renza. All'improvviso mi vidi circondato da persone carissime da lungo tempo defunte,
tra le quali vi erano mia madre, mio padre e numerosi altri».
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
D. «Ti ricordi del momento in cui sono entrata nel tuo studio?».
R. «Io non me ne ricordo nel senso preciso della parola; ma n'ebbi piena
consapevolezza. Io non ti ho vista e non ti ho udita, ma ti ho sentita. Ebbi
l'impressione che abbisognavo urgentemente del tuo aiuto, e mentalmente ti chiamai con
tale impeto passionale che credetti di averti chiamato a viva voce. Dopo di che ebbi
consapevolezza che tu eri accorsa alla mia chiamata, ma non disponevo più né della
vista né dell'udito. L'ultimo mio ricordo è che mi sforzai di voltarmi sulla sedia, per
sostenere il corpo ponendo il braccio sulla spalliera. Tu devi avermi trovato in tale
posizione. Non ti eri allontanata per rendermi servigio, e non tornasti per assistermi
nel trapasso. Eri semplicemente uscita per tornare subito».
(La dottoressa Barret così commenta: «Vero che io lo avevo lasciato un momento per
accompagnare alla porta di casa una visitatrice, e non appena tornai nello studio, lo
scorsi abbandonato come morto sulla sedia. Ed era precisamente seduto di fianco, con il
braccio penzolante inerte dalla spalliera. Mi precipitai in suo soccorso, ascoltandone
il cuore, che più non pulsava. Quando lo avevo lasciato, egli apparentemente stava
benissimo e durante il giorno si era dimostrato insolitamente attivo ed esuberante di
vitalità»).
D. «Ti sei incontrato con Meyers?».
R. «Ma certo. Egli accorse tra i primi a darmi il benvenuto, ed ora ci occupiamo
insieme di cose spirituali... Questa vita è di gran lunga più meravigliosa di quanto
sia possibile spiegare a parole, come pure al di là di quanto avrei potuto immaginare.
Ogni aspettativa è superata» (pag. 26).
Alla seduta del marzo 1926 si manifestò con Barret anche Ada Vachel, grande amica
della relatrice, la quale soggiornava in una Sfera meno elevata di quella che
accoglieva Barret. La defunta descrisse in questi termini il proprio ingresso nel mondo
spirituale:
«Io fui lieta e confortata moralmente nel riscontrare che, quando esulai dal corpo,
mi era concesso di progredire spiritualmente di un passo alla volta: non di più. La
conseguenza è che le condizioni del paesaggio spirituale in cui mi trovo appaiono
estremamente analoghe al paesaggio terreno, escluso tutto ciò che in quest'ultimo vi è
di brutto, come pure escluse le infermità e i dolori».
- 140 -
Barret ripiglia a questo punto la comunicazione, osservando: «Per conto mio, le cose
si svolsero ben diversamente. Mi trovai circondato da tutte le persone care che avevo
conosciuto in vita, proprio come mi aspettavo, mentre l'ambiente che mi accolse era di
gran lunga più meraviglioso di quello terreno, molto al di là di quanto potevo
immaginare. E dopo un breve intervallo per adattarmi al nuovo ambiente, mi sentivo
felice come un fanciullo in vacanza, ed esuberante di gioia mi diedi ad esplorare
quell'ambiente di paradiso, di cui tanto avevo letto, immaginato e prospettato, ma che
mi apparve di gran lunga superiore ad ogni aspettativa» (pag. 30).
Noto che l'incidente esposto non manca di apparire teoricamente molto interessante,
visto che si tratta di due spiriti che si manifestano insieme e trasmettono due
versioni diverse circa l'ambiente che li accoglie: l'uno, avendo ascoltato la
trasmissione dell'altro, interviene per informare che le condizioni dell'ambiente in
cui egli si trova sono molto diverse da quelle descritte dal compagno. Così stando le
cose, ne deriva che non si potrebbe desiderare prova migliore di questa per dimostrare
che le presunte contraddizioni dei defunti intorno all'ambiente che li accoglie
dipendono dal grado spirituale più o meno elevato raggiunto dai defunti stessi. Le
obiezioni sollevate dagli oppositori, basate proprio su tali contraddizioni, dimostrano
la superficialità delle loro cognizioni intorno all'argomento che pretendono di
discutere.
Quest'altro episodio, oltre a contenere un nuovo incidente vertente sulla «crisi
della morte» del fratello della relatrice, risulta teoricamente interessante in quanto
vale a dimostrare, in forma nuova e inconfutabile, la presenza reale sul posto di
un'entità spirituale positivamente indipendente dalla medium e dalla consultante,
entità la quale, nel caso nostro, non poteva essere altri che il marito della
dottoressa Barret, in quel momento assente.
Capitò una volta a Lady Barret di non potersi recare il giorno successivo alla
consueta seduta, per cui pensò di attenersi a un consiglio impartitole dal marito
defunto, e prima di coricarsi si rivolse a lui chiedendogli a viva voce di volerla
ragguagliare intorno a tre persone care recentemente decedute, due delle quali amiche
sue, mentre la terza era il fratello di lei. Il giorno successivo essa inviò alla
seduta la propria segretaria - la quale tutto ignorava in proposito -, il che non
impedì che il comunicante si affrettasse a raggua-
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
- 141 -
gliare la nuova consultante intorno ai tre defunti nominati dalla moglie nell'intimità
della sua camera da letto.
In tale circostanza, Barret trasmise qualche particolare riguardante la «crisi della
morte» del fratello della moglie osservando:
«Io mi sono prestato a calmarlo, attenuando la penosa sorpresa da lui provata per il
fatto di trovarsi sbalzato in un ambiente sconosciuto. Egli mi riconobbe subito, ma non
sapeva spiegarsi come mai potessi presentarmi a lui dal momento che non ero più tra i
vivi. E non smetteva di ripetere agitatissimo: "Ma tu sei morto! Tu sei morto! Tu sei
morto!".
«Così avvenne che, dopo avermi detto ripetute volte che ero morto, egli concluse che
stava sognando. Non era quello il momento propizio per fargli capire ciò che gli era
occorso. Attesi a farlo dopo ch'egli si fosse incontrato con altre persone da lui
chiamate defunte; e infatti, quando l'evento si realizzò, cominciò a riflettere sul
fatto strano, concludendo che non avrebbe potuto sognare con perfetta coerenza di tante
persone defunte, e che, in ogni modo, un sogno simile non avrebbe potuto prolungarsi e
permanere. Finì pertanto per convincersi di trovarsi nel mondo spirituale. Egli non è
qui con me, ma io posso vederlo quando lo desidero. Ora egli comincia a mostrarsi
sereno e felice».
D. «Non era dunque felice nei primi giorni?».
R. «No, si trovava in condizioni di turbamento mentale. Non riusciva ad adattarsi
alle condizioni dell'ambiente in cui si era bruscamente trovato, perché prima di morire
era preoccupato per le proprie circostanze di vita. Ritengo ch'egli esagerasse la sua
situazione: vedeva le cose da una prospettiva sbagliata e non poteva adeguarsi a tale
prospettiva. Aggiungi che al momento del trapasso le sue condizioni mentali non erano
buone».
(La signora Barrett osserva in proposito: «Vero, egli era sotto l'influenza di forti
dosi di morfina somministrategli per attenuare le sofferenze che lo martirizzavano»)
(pag. 30).
Il ragguaglio che segue, in cui Barrett torna a riferirsi alla propria «crisi della
morte», appare confortante per chiunque abbia consacrata la vita alle indagini
psichiche, sopportando compatimenti, polemiche ed amarezze d'ogni sorta, destino
inevitabile di tutti i precursori.
Barrett informa: «Al mio arrivo nell'ambiente spirituale, rimasi profondamente
sorpreso e commosso nell'avvedermi che tutti ac-
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correvano a dare il benvenuto a chi era stato un "pioniere" della Nuova Scienza
dell'Anima. Quale felice combinazione che anche tu, cara Florence, ti avvii a divenire
un "pioniere" della nuova rivelazione! Vi fu un tempo in cui avresti giudicato
impossibile un evento di tal fatta! Eppure è questa la principale tua missione in
terra, così come, ora mi accorgo, lo fu per me. Non aver fretta, però. Quando il
momento propizio arriverà, te ne avvertirò» (pag. 104).
Non rimanendo altro da citare sul tema della «crisi della morte», passo all'argomento
appassionante della «veggenza» nel passato dei grandi popoli, sotto forma di
rappresentazioni obiettivate. Barrett informa:
«Per me la gioia di vivere raggiunge un'intensità spirituale che non avrei mai
creduto possibile, giacché esorbita da ogni concezione umana. E sono gioie assaporate
ad ogni istante del giorno, se può chiamarsi giorno un'esistenza dove non è mai notte.
«Quanto sarei felice di poter condividere con te la mia esultanza, visitando insieme
paesi e popoli che a noi sembravano estinti per sempre, mentre esistono ancora!
«Ricordi le mie conversazioni sul continente Atlantide? Orbene, posso visitare il
continente Atlantide come l'antico Egitto, contemplandoli quali furono nel loro apogeo
di gloria. Quando un paese ed un popolo sopravvivono, essi sopravvivono quali erano nel
loro massimo grado evolutivo raggiunto».
D. «Allora tu poi retrocedere nel tempo?».
R. «La terra è una sfera, e intorno ad essa esistono altre sfere concentriche di gran
lunga più vaste, ed ogni popolo ed ogni contrada del mondo fisico producono un
duplicato di sé di gran lunga più vasto nella sfera spirituale ad essi soprastante.
L'Inghilterra è riprodotta al di sopra dell'Inghilterra, e l'Egitto al di sopra
dell'Egitto, ma non assumono necessariamente la configurazione, le particolarità e il
colorito locale dell'Inghilterra e dell'Egitto odierni. L'Egitto è rappresentato quale
fu nei tempi della sua più fulgida espansione vitale. E così avviene per ogni località
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
ed ogni popolo: essi vengono riprodotti nel periodo massimo della loro evoluzione
civile; non importa se ciò avvenne cinquemila anni or sono, o un mese fa. Solo lo
"zenit" dei popoli, come delle persone, è perpetuato nel mondo spirituale.
«Tu sai bene quanto m'interessavano in vita le glorie dei grandi popoli scomparsi:
Roma, l'Atlantide, l'Egitto. Puoi dunque figurar-
- 143 -
ti con quale immenso interesse ora io contempli le loro contrade quali erano nei loro
tempi migliori, popolate dai medesimi individui che vissero ed amarono e lottarono in
esse e per esse: ma che, bene inteso, hanno raggiunto nel mondo spirituale un grado di
elevazione e di esperienza che non potevano raggiungere in terra...» (pagg. 143-144).
Questi i ragguagli straordinari quanto affascinanti forniti dal defunto professor
Barrett intorno alla «veggenza» nel mondo spirituale; essi corrispondono a quelli
riferiti in precedenza e ricavati da un messaggio di William Stead (Caso XVI). Prima di
commentarli ulteriormente giova riportare altri casi concordanti di comunicazioni
medianiche sul medesimo tema.
Il reverendo Drayton Thomas nel suo libro Life Beyond Death, with Evidences (16), in
cui riferisce le proprie importanti esperienze con la medium Osborne Leonard, durante
le quali il di lui padre e la sorella fornirono prove d'identificazione invulnerabili a
qualunque obiezione, fornisce inoltre informazioni della natura esposta, ch'egli
riassume in questi termini:
«Essi riferiscono che le regioni in cui vivono i vari popoli sono riprodotte al di
sopra delle regioni medesime. Vi è, ad esempio, nella Seconda Sfera, una regione che
corrisponde all'Inghilterra, e vi è un'altra Inghilterra anche nella Terza Sfera, le
quali si sovrappongono l'una all'altra. A tutta prima si potrebbe pensare che siccome
gli spiriti residenti in ciascuna Sfera vi rimangono per un periodo molto più lungo
della durata di un'esistenza terrena, ciò dovrebbe determinare un affollamento cospicuo
nelle regioni spirituali corrispondenti ad ogni singolo Stato; tuttavia non bisogna
dimenticare che la Seconda Sfera, essendo situata a una grande distanza dalla
superficie terrestre, risulta di una vastità proporzionata alla distanza. Così per la
Terza Sfera noi avremo una Inghilterra di gran lunga più vasta, e via di
seguito» (pagg. 132-133).
Il padre del reverendo Drayton Thomas, il quale era a sua volta un ministro eminente
della chiesa anglicana, si diffonde a descrivere al figlio la gioia da lui provata per
essersi incontrato con grandi personaggi ecclesiastici appartenenti a tutte le
confessioni cristiane: Lutero, Wesley, Cardinali e Papi. Egli osserva in proposito:
«Ebbi il piacere di conversare con i pionieri di tutte le confessioni cristiane, ed è
supremamente interessante ascoltare il riassunto delle loro svariate esperienze,
riscontrando ch'essi oramai concor-
- 144 -
dano tutti nel riconoscere che le molteplici strade da loro percorse conducevano tutte
alla medesima meta... Ma se in terra erano molte le strade percorse, non è più così nel
mondo spirituale, in cui un'unica strada grandiosa conduce direttamente a Dio».
(Drayton Thomas) «Vi sono dei limiti nella lontananza storica dei personaggi che tu
puoi consultare?».
(Comunicante) «Qualora tornasse utile ch'io consultassi, avendo il desiderio di
farlo, un personaggio storico dell'antichità - poniamo Giulio Cesare - ciò mi sarebbe
possibile, per quanto tale personaggio si trovi nella Sesta Sfera. Potrei vederlo e
conversare con lui tra cinque minuti, se vi fosse una buona ragione per farlo...».
Il reverendo Thomas aggiunge:
«I miei familiari affermano che non solo è possibile visitare i grandi personaggi del
passato, ma ad alcune condizioni anche le città stesse in cui essi vissero possono
essere visitate. Alcune di queste esistono in permanenza nelle Sfere, mentre ve ne sono
altre che esistono soltanto nella mente dei loro abitanti, ma possono essere
oggettivate dai medesimi con la potenza creatrice del pensiero, che offre alle stesse
un'esistenza transitoria, ma reale. In tal caso le antiche città ci si rivelano quali
erano, con gli abitanti nell'atto di svolgere un'azione storica accaduta in una data
epoca della loro esistenza. Tali riproduzioni avvengono a scopo di studio e di
educazione. In tal modo l'Egitto, l'antica Grecia ed altre contrade le cui rovine
vengono studiate dai nostri archeologi, sono rese utilizzabili per gli studiosi
nell'esistenza spirituale» (pagg. 203-205).
Queste le affermazioni concordanti contenute nel libro del reverendo Drayton Thomas.
Ed anche questa volta, prima di commentare gioverà ch'io riferisca un quarto episodio
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
del genere.
Si è pubblicata a Londra una raccolta di esperienze medianiche che un eminente
avvocato del Foro di Londra ebbe con la medium Osborne Leonard. Egli a causa della
professione che esercita, combinata ai pregiudizi esistenti su chi si occupa di
ricerche psichiche, è costretto a tacere il proprio nome. Il libro s'intitola
Spiritualistic Experiences of a Lawyer (Esperienze spiritualistiche di un avvocato)
(17).
Si tratta di una raccolta molto interessante, in cui l'identità personale della
defunta moglie dell'avvocato, di sua figlia e di altri familiari viene provata in modo
inconfutabile, come avviene immancabilmente nelle esperienze con la famosa medium.
- 145 -
Ora anche la moglie e la figlia del relatore hanno qualche cosa da dire intorno
all'argomento qui considerato, sul quale era caduto il discorso per le seguenti
osservazioni di «Feda» (lo spirito-guida) a proposito delle cosiddette «impronte
nell'Akasa»:
«Le impronte nell'Akasa sono un fatto reale, in quanto nell'etere si fissano in
permanenza le impronte di tutti gli eventi, le quali risultano utilizzabili dalle
persone dotate di facoltà psichiche. Quanto sono interessanti tali ricordi!» (pagg.
122-123).
Il relatore informa:
«A tale riguardo furono comunicati ragguagli che forniscono al pensatore un tema
grandioso sul quale meditare. Mia moglie e mia figlia m'informarono che esse compiono
viaggi meravigliosi nelle Sfere spirituali. Mia figlia Thyrza preferisce soprattutto
viaggiare nell'antico Egitto e nei dintorni di Gerico e a tale proposito osserva: "Noi
vediamo questi paesi non già come sono attualmente, con le moderne modificazioni e
costruzioni, bensì quali erano migliaia d'anni or sono; e il sommerso continente
Atlantide è tuttora esistente. Tutte le regioni e i popoli ch'ebbero un passato
glorioso sono perpetuati nell'etere. Roma e la Grecia esistono quali erano nei tempi
della loro gloria, con i loro abitanti"».
A questo punto interviene lo spirito-guida «Feda», per fornire delucidazioni
complementari. Essa osserva: «Vostra figlia si sforza di trasmettere certe verità
spirituali che ben difficilmente i viventi arriveranno a concepire. Vi sono molteplici
stati di realizzazione spirituale, e le regioni del più remoto passato sono fotografate
nell'etere in questi molteplici piani di realizzazione in modo che, nel caso del
continente Atlantide, si può passare da un piano all'altro osservando diverse
rappresentazioni del medesimo continente... Ciò che rimane impresso nell'etere è
fotografato attraverso la lente della Coscienza Cosmica. L'etere è sostanza
sensibilissima e ritiene in permanenza le impressioni. Ne deriva che possiamo recarci a
visitare regioni interessanti sotto molteplici punti di vista e possiamo contemplare
quali erano nei loro periodi di gloria. Bene inteso, tali regioni esistono nell'etere,
ma siccome noi viviamo nell'etere, risultano reali per noi...» (pagg. 112-113).
A proposito di questi ultimi ragguagli di «Feda» ricordo come anche nel libro di Elsa
Barker, Letters front a Living Dead Man (18), la personalità medianica così si esprime
riguardo all'antica Grecia:
«L'etere che sovrasta quella gloriosa penisola porta impressi in
- 146 -
successione fittissima i ricordi delle gesta dei suoi abitanti, audaci nel pensiero e
audaci nell'azione. E gli antichi ricordi appaiono talmente radiosi da risplendere
attraverso la compagine d'impressioni che si sovrapposero ad essi...».
Infine, giova osservare che le impressioni nell'etere di eventi accaduti in un remoto
passato sono a tal segno reali da risultare sperimentalmente accessibili ai «sensitivi
psicometri», come feci rilevare nei commenti al Caso XVI. Ora una tale circostanza
concorre efficacemente a rendere verosimili le narrazioni dei defunti e di fatto rende
ingiustificabile ogni obiezione sull'argomento che sia fondata sulla inverosimiglianza
delle narrazioni in questione. Pertanto, dato il grande valore teorico dei casi di tal
natura, giova che a rincalzo di quanto dissi e di quanto citai nei commenti al Caso
XVI, io aggiunga un altro episodio di «psicometria d'ambiente» occorso spontaneamente,
episodio già da me riferito nella mia monografia sugli Enigmi della Psicometria (19).
Io lo avevo ricavato da un volume di viaggi in Italia del noto scrittore inglese George
Gissing, che si intitola By the Ionian Sea (pagg. 83-85). Quando gli capitò l'episodio
in questione, l'autore giaceva ammalato e febbricitante a Crotone, la città in cui
Pitagora aveva insegnato; è presumibile che la febbre sia stata la causa predisponente
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
all'emersione delle sue facoltà supernormali subcoscienti (20). Egli scrive:
«Io divenni temporaneamente veggente, entrando in uno stato di serena e genuina
felicità come non conobbi mai da sano. Mentre giacevo perfettamente sveglio e calmo, mi
si presentarono in successione delle visioni meravigliose. Vidi anzitutto un grande
vaso adorno con magnifiche figure, quindi un marmo sepolcrale con bassorilievi di una
bellezza classica perfetta. Dopo di che le visioni si svilupparono in ampiezza e
complessità e contemplai scene dell'antica convivenza sociale, vidi strade affollate di
passanti, cortei trionfali e processioni religiose, sale di tripudio e campi di
battaglia. Ciò che mi stupiva in tale successione di visioni era il meraviglioso colore
dell'ambiente in cui si svolgevano. Non è possibile rendere l'idea dello splendore che
irradiava dalle cose e che illuminava ogni scena, come non è possibile descrivere il
risalto dei particolari in ogni immagine visualizzata. Cose che io non potevo
conoscere, a cui l'immaginazione non avrebbe mai potuto dar corpo, mi si presentavano
con realtà di esistenza assoluta. E mi stupivo sovente alla vista di certi costumi
pittoreschi di cui non avevo mai let-
- 147 -
to, di motivi architettonici assolutamente nuovi, di svariate e insignificanti
caratteristiche di quella remotissima civiltà, che in nessun modo potevo avere attinto
dai libri. Rammento una successione di facce stupendamente belle, e ricordo e provo
ancora il senso di rincrescimento che mi prendeva quando l'una dopo l'altra si
dileguavano alla mia vista.
«Quale saggio delle rappresentazioni complesse passate dinanzi al mio sguardo,
riferirò una visione storica che più di tutte rimase impressa nella mia memoria.
«Quando Annibale, dopo la seconda guerra punica, raggiunse con l'esercito il
mezzogiorno d'Italia, fece di Crotone il suo quartiere generale; e quando, obbedendo
con riluttanza agli ordini di Cartagine, abbandonò il suolo romano, fu a Crotone che
s'imbarcò con l'esercito. Egli aveva con sé un contingente di mercenari italici e,
volendo impedire che si arruolassero nelle file nemiche, ordinò loro di accompagnarlo
in Africa. Essi si rifiutarono, e allora Annibale li radunò sulla spiaggia del mare e
li fece tutti massacrare.
«Orbene, io vedevo la spiaggia di Crotone e il promontorio con il tempio, non già
come sono oggi ma come dovevano apparire duemila anni orsono. Il dramma dei soldati
massacrati e dei mercenari abbattuti sotto i loro colpi si svolse in ogni minimo
particolare dinanzi al mio sguardo attonito, mentre un sole meraviglioso splendeva nel
cielo trasparente, così incantevole che al solo ripensarvi mi sento l'animo invaso da
quella luce e da quel colore.
«La gioia estatica di quelle visioni valeva bene i dieci giorni di febbre con cui la
pagai; ma per quanto in me fosse ardente il desiderio che si rinnovasse, non vidi più
nulla. Lo spiraglio per cui le visioni trapelarono si era chiuso per sempre. Solo per
un'ora mi fu concesso di contemplare gli spettacoli dell'antica convivenza sociale
tanto cara al mio pensiero.
«Qualora mi si obiettasse che le mie visioni non corrispondevano a nulla di reale, in
tal caso vorrei che mi si spiegasse per quale miracolo riuscii a ricostruire con la più
minuziosa ed intima perfezione un mondo antico ch'io conoscevo soltanto nelle sue
rovine odierne».
Come si vede, il relatore è intimamente convinto che le sue visioni corrispondessero
a qualcosa di reale da lui percepito a causa dell'emergenza fugace delle sue facoltà
supernormali subcoscienti, determinata dallo stato febbrile in cui si trovava. E la
circostanza
- 148 -
importante dei «motivi architettonici» e dei particolari storici ignorati, i quali gli
si rivelarono con la più minuziosa e sorprendente fedeltà, tende indubbiamente a
convalidare tale convinzione.
Dal nostro punto di vista, osservo che nella narrazione esposta si rilevano dati di
fatto concordanti in maniera impressionante con le narrazioni dei defunti. Infatti,
anche il nostro veggente, oltre ad avere contemplato la città di Crotone qual era
duemila anni or sono, aveva osservato che nelle strade circolavano passanti in costume
del tempo ed aveva visto transitare cortei trionfali e processioni religiose. E nella
memorabile visione della strage dei mercenari ordinata da Annibale, egli aveva visto la
spiaggia di Crotone e il promontorio del tempio non già come oggi si contemplano, con i
ruderi del tempio stesso, ma come dovevano apparire duemila anni or sono.
Si consideri che tali ragguagli stupefacenti risultano quei medesimi ragguagli che,
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
riferiti dai defunti, appaiono ai non iniziati troppo inverosimili per essere
autentici. Il fatto di riscontrarli identici nelle visioni chiaroveggenti dei
«sensitivi» si trasforma in una prova eloquente in favore dell'autenticità delle
narrazioni dei defunti, così come il fenomeno sperimentale della «fotografia del
pensiero» aveva reso verosimili le narrazioni dei defunti sulla potenza creatrice del
pensiero in ambiente spirituale.
E qui mi sorge in mente un'idea che, per quanto non del tutto nel contesto giusto,
non so trattenermi dal fissare sulla carta: poiché le indagini ipnotiche hanno rivelato
l'esistenza nell'uomo di una «memoria integrale subcosciente», in cui sono
indelebilmente registrati tutti gli eventi della vita, e siccome il medesimo prodigio
si realizza in proporzioni infinite nell'etere cosmico, in cui sono indelebilmente
registrati tutti gli eventi dell'universo creato, ne deriva che per legge di analogia
si è tratti a concludere che il substrato della «memoria integrale subcosciente» deve
essere costituito da una modalità sui generis di «etere vitalizzato». Ed ecco
confermata da un punto di vista inatteso l'esistenza nell'uomo di un «cervello eterico»
immanente nel «cervello somatico», così come nel «corpo somatico» esisteva immanente un
«corpo eterico» generatore dei fenomeni di «bilocazione». Ora, siccome tutto ciò
equivale a riconoscere l'identità di natura tra l'«etere dello spazio» e l'«etere
vitalizzato» immanente nel «cervello somatico», ne deriva che il «cervello eterico»
appare l'organo permanente ed immortale
- 149 -
della coscienza umana individuata, così come l'«etere dello spazio» risulta l'organo
permanente ed eterno della mnemonica dell'infinito, vale a dire della «Coscienza
Cosmica impersonale», che è quanto dire Dio.
Caso XX
Ricavo l'episodio dall'aureo volumetto di William Stead Letters from Julia (titolo
che nella decima edizione fu poi mutato in quello di After Death)(21), in cui tutto ciò
che Giulia, l'amica defunta dello Stead, ha da riferire intorno all'ambiente spirituale
è così interessante ed istruttivo, da rendere difficile il compito di procedere a una
cernita del materiale per includerlo in un saggio.
In merito alle prove d'identificazione personale fornite dalla defunta, si può
affermare ch'esse si svolsero a getto continuo e che quasi sempre non furono richieste,
ma scaturirono dal contesto dei messaggi stessi. Stead, nella prefazione alla decima
edizione, ne fornisce un saggio importante, scelto tra le prove da lui personalmente
conseguite, sotto forme diverse.
Per ciò che si riferisce alle origini delle Letters from Julia, giova premettere che
la giovane gentildonna di tal nome, amica di Stead, era vincolata da una profonda
amicizia con un'altra gentildonna di nome Elena. Come avviene qualche volta in simili
circostanze, le due amiche avevano tra di loro concluso un patto solenne, secondo il
quale la prima che fosse morta si impegnava ad apparire all'altra al fine di dissipare
in lei ogni dubbio circa l'avvenire dell'oltretomba. Giulia fu la prima a morire, e la
sopravvivente attese invano per qualche mese che l'amica defunta si manifestasse a lei
in adempimento del patto. Finalmente, una notte si svegliò di soprassalto, scorgendo al
suo fianco, nella camera illuminata da un'abbagliante luminosità spirituale, la sua
amica che le sorrideva in atto espressivo, come volesse farle comprendere ch'era venuta
per mantenere la promessa.
Parecchi mesi dopo capitò ad Elena di doversi recare nella contea in cui risiedeva
William Stead, ed ivi Giulia le apparve nuovamente in modo più che mai impressionante.
Si decise quindi a recarsi da Stead per metterlo al corrente di quanto le avveniva. In
tale circostanza essa aveva terminato la sua narrazione in questi ter-
- 150 -
mini: «In entrambi i casi Giulia mi apparve in modo analogo: io dormivo e fui svegliata
di soprassalto, scorgendo al mio fianco l'amica mia rediviva e sorridente. Rimase tale
per qualche minuto, per poi rarefarsi, trasparire e dileguarsi sul posto, e lì restò
per breve tempo una sorta di colonna luminosa. La prima volta, nella misura in cui si
attenuava la grande impressione ricevuta, mi sentivo sempre più incline a dubitare di
essere stata vittima di un'allucinazione, ma dopo quest'altra apparizione portentosa,
ho la certezza di essermi trovata in presenza della mia amica. La vidi e l'osservai con
calma perfetta: era Giulia, venuta per mantenere il patto; e per quanto non fosse in
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
grado di parlare, sono certa che aveva un messaggio da comunicarmi, e forse me lo
trasmise, ma io non riuscii a riceverlo».
Dopo tale intervista con William Stead, quest'ultimo, che possedeva in grado
notevolissimo la facoltà della scrittura medianica, propose all'amica di Giulia di
tentare ad entrare in rapporto con lei. Il che si realizzò immediatamente, e si iniziò
così una lunga serie di «lettere indirizzate ad Elena», che Stead riceveva ed inviava a
quest'ultima. Seguirono quindi messaggi sulle modalità dell'esistenza spirituale
direttamente trasmessi a Stead. Le une e gli altri formano il contenuto del volumetto
in esame.
Una caratteristica curiosa e interessante di questi messaggi consiste nella
circostanza che la mentalità di William Stead, sempre avida di saperne di più, non
poteva trattenersi dal formulare per iscritto, ma soprattutto mentalmente, continue
domande di ulteriori chiarimenti, nonché obiezioni da rivolgere a suo tempo a Giulia.
Poiché Giulia percepiva queste ultime telepaticamente, si rilevano nei messaggi le
continue di lei esortazioni a Stead affinché si astenesse dal formularle, giacché, in
difetto di una perfetta passività da parte sua, si correva il rischio dell'emergenza di
interferenze subcoscienti. A tale proposito, Stead osserva:
«I lettori probabilmente deploreranno le continue interruzioni nei messaggi,
conseguenza delle interpolazioni provocate dalle mie domande ed obiezioni, sia mentali
sia per iscritto; ma riflettendo meglio, i lettori riconosceranno che io ero in dovere
di riprodurre scrupolosamente le Letters front Julia nel modo in cui si estrinsecarono
con il vantaggio di far conoscere i pensieri e le obiezioni quali sorgevano nella
mentalità cosciente di colui che fungeva da medium per la trasmissione dei messaggi
stessi. Non fosse altro,
- 151 -
tali interpolazioni serviranno a dimostrare quanto lontani dal vero sono coloro che
affermano che le Letters from Julia sono una derivazione di ciò che pensavo io
sull'argomento» (pag. 34, della prefazione).
Nella prima lettera di Giulia all'amica Elena, quest'ultima - come dissi - era
presente, e Giulia così cominciò:
«Mia carissima, allorché esulai dalla vita terrena, tu pensasti che io mi ero
allontanata per sempre da te; o, almeno, allontanata fino a quando fosse giunta anche
per te l'ora di venirmi a raggiungere; ma, invece, io non fui mai tanto vicina a te,
come dal giorno in cui sono - come voi dite - morta.
«Mi trovai all'improvviso emancipata dal corpo, ritta accanto al letto in cui la mia
salma giaceva, ed era una sensazione molto strana. Scorgevo ogni cosa intorno a me
esattamente come se fossi ancora nel corpo. Nessuna pena soffersi nella crisi del
distacco; provavo invece un senso di pace serena e senza pensieri, dalla quale mi
riscossi per trovarmi, come dissi, ritta in piedi accanto alla mia vecchia carcassa. In
quel momento non vi era alcuno nella camera: mi trovavo sola con il mio cadavere. Sulle
prime non sapevo capacitarmi come mai, da un momento all'altro, mi fossi sentita
stranamente guarita; ma quando vidi il mio corpo irrigidito nel letto, compresi che
cosa mi era accaduto. Mentre ero assorta nel pensiero del grande evento, si aperse la
porta e vidi entrare H. Essa appariva in volto desolatissima, e rivolse parole
strazianti d'amore al mio corpo, come se il mio corpo fosse in grado di ascoltarle. Io
le stavo accanto, vicinissima, ma tutti i pensieri di lei erano a tal segno concentrati
sulla povera salma che avevo abbandonato, che la situazione mi apparve così assurda da
farmi sentire in vena di ridere. Non provai a parlarle, in attesa che distogliendo
l'attenzione dal mio corpo fosse in grado di ascoltarmi. Ma, d'improvviso, una
luminosità abbagliante invase la camera: era entrato un angelo, il mio angelo custode
o, più precisamente, il mio spirito-guida, il quale mi disse: "Vengo per guidarti e
ammaestrarti intorno alle leggi dell'esistenza spirituale". Io lo guardavo con
ammirazione attonita, ed egli, toccandomi leggermente sull'omero, disse: "Vieni con me,
è tempo di andarcene".
«Abbandonammo insieme la camera e la salma, scendendo nella strada. Come tutto era
mutato! Come ogni cosa appariva diversa! La strada era affollata di spiriti che io
distinguevo perfettamente.
- 152 -
Erano in tutto simili a me ed al mio angelo custode. Quest'ultimo era vestito di
bianco, e maestosamente bello. Dopo un certo tempo lasciammo la strada elevandoci
rapidamente in alto, fino a quando giungemmo in ambiente spirituale, dove mi incontrai
con parecchi amici defunti, i quali m'impartirono le prime norme da seguire nel mondo
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
spirituale. La principale era che io dovevo rendermi utile secondo le mie disposizioni
naturali. Seppi dai defunti accorsi che le loro modalità di vita non differivano in
fondo da quelle da essi condotte in terra: vivevano ed erano felici, assolvendo con
spontaneità dilettevole i loro compiti e uniformandosi in tutto alla grande legge
dell'amore. Naturalmente le loro occupazioni non avevano per scopo di guadagnarsi il
pane quotidiano, ma risultavano ugualmente assorbenti e di gran lunga più
soddisfacenti.
«Dopo una breve permanenza in quel delizioso ambiente, fui colta dal ricordo
assillante di te, mia carissima, per cui mi prese un vivo desiderio di tornare nel
vostro mondo; e il mio angelo custode subito mi ricondusse nel mio ambiente domestico.
Trovai che la mia salma giaceva ancora nel letto, e per quanto la cosa più non
m'interessava, fui penosamente sorpresa scorgendo intorno al letto tante persone care
le quali singhiozzavano in silenzio, e tra queste vi eri tu! Io contemplavo, o mia
cara, il tuo volto irrorato di pianto. Avrei voluto parlarti, confortarti, informandoti
che lungi dall'essere morta, ti stavo vicina più vivente che mai; tuttavia non mi fu
possibile farti comprendere... Mi provai, ma tu non ascoltavi! Desolata, chiesi al mio
angelo custode: "Ma sarà sempre così? Non arriverò mai a farmi comprendere?". Rispose:
"Verrà giorno in cui potrai conversare liberamente con la tua amica; ma per ora lei non
è in grado di udirti, e tanto meno di scorgerti. Attendi"».
Questi i primi ragguagli di Giulia intorno alla crisi del proprio trapasso. Seguirono
a diverse riprese altri ragguagli complementari, dai quali ricaverò qualche brano. Ma
prima di proseguire giova rilevare la circostanza inconsueta che la defunta, anziché
venire accolta nel mondo spirituale da familiari ed amici, lo fu dal proprio spirito-
guida.
(E' noto che, a norma delle dottrine spiritiche, ogni vivente possiede uno spirito-
guida che lo assiste, fin dove è concesso, con suggerimenti e intuizioni, durante
l'esistenza terrena; si tratta, del resto, dell'«angelo custode» della dottrina
cattolica).
La ragione dell'intervento inconsueto dello spirito-guida nel ca-
- 153 -
so di Giulia venne spiegata da quest'ultima a Stead in altra occasione. Essa scrive:
«Quando lo spirito esula dal corpo, viene accolto ed assistito dai familiari e dagli
amici più cari; ma qualche volta, prima che ciò avvenga, interviene un intervallo di
tempo più o meno lungo, e questo è stato il mio caso. Eccone il motivo: io sono morta
ancora giovane, nel pieno rigoglio della vita, e non avevo nel mondo spirituale nessuna
persona che fosse mia stretta parente e nessuna amica del cuore che mi facesse
desiderare d'incontrarla e riabbracciarla senza indugio. Qualora, ad esempio, Elena
fosse morta prima di me, il mio primo pensiero sarebbe stato per lei, ed essa
indubbiamente sarebbe accorsa ad incontrarmi, invece del mio angelo custode... Invece,
nel mio caso, tutte le aspirazioni del cuore erano orientate verso il mondo dei
viventi, e per quanto riguardava l'ambiente spirituale, provavo soltanto un senso di
meraviglia combinata a viva curiosità; un sentimento ben diverso dall'urgente e
appassionata aspirazione del cuore per una persona cara che si vorrebbe subito
rivedere. Questo il motivo per il quale solo il mio angelo custode venne per primo ad
accogliermi nel mondo spirituale» (pagg. 38-39).
In precedenza (pagg. 26-27), Giulia aveva fornito questi altri particolari sul tema
della crisi della morte:
«Allorché lo spirito abbandona il corpo e si risveglia nel mondo spirituale, si
avvede di essere ignudo, come per la nascita terrena. Almeno così avvenne a me...
Pensai pertanto con vivo desiderio alla mia vestaglia e mi vidi all'istante vestita.
Quando noi pensiamo a una cosa desiderandola, la cosa prende forma all'istante. Non
ricordo affatto di avere indossato indumenti: il senso del bisogno basta per creare ciò
di cui abbiamo necessità...
«[...] Vi sono defunti che per le condizioni in cui si disincarnano si trovano
momentaneamente sbalzati e soli in un mondo sconosciuto e strano, fatto che determina
in essi un certo senso di trepidazione, pensando alla possibilità d'imbattersi in
esseri ostili. Ora è in tali evenienze che intervengono i loro "angeli custodi", di cui
già ti parlai. Per quanto mi fu dato accertare, questi "messaggeri d'amore"
intervengono al servizio di tutti i nuovi arrivati nel mondo spirituale senza
distinzione tra buoni e cattivi. Tutti gli spiriti che si disincarnano sono assistiti
dai loro "angeli custodi", con la differenza che i reprobi non li scorgono. Solo i
defunti normalmente buoni possono approfittare consapevolmente dei loro suggerimenti e
av-
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
- 154 -
vertirne costantemente la presenza... I reprobi, invece, la ignorano e quando gli
angeli custodi tentano di avvicinarsi ad essi per iniziare la redenzione, i reprobi non
li scorgono, non li sentono e nulla intuiscono. Ma sebbene non li avvertano, gli
"angeli custodi" sorvegliano amorosamente quelle povere anime traviate, le quali sono
attanagliate da intense sofferenze morali, che sono necessarie se si vogliono detergere
le macchie impresse nelle loro anime da un'esistenza incarnata senza amore. Tali
sofferenze, quando si convertono in rimorsi, preparano la loro redenzione» (pagg.
26-27).
«[...] Quando il mio "angelo custode" mi rivolse per la prima volta la parola, mi
sentii vibrare per la sorpresa e l'emozione: avevo riconosciuto quella voce! Ed era
proprio così. Egli, infatti, mi aveva sorvegliato e consigliato durante la vita
incarnata, sebbene io lo ignorassi. Lo considerai pertanto come una sezione
complementare di me stessa ed è per questo che sulle prime lo ritenni una donna...
Tutti i viventi dispongono del loro "angelo custode", il quale, sebbene da essi
ignorato, li suggestiona per il bene, o li dissuade dal male, nei limiti del possibile.
Gli "angeli custodi" si mantengono in rapporto con i viventi tramite il pensiero, e i
viventi accolgono sovente i loro consigli, ma li ritengono buone ispirazioni della loro
mentalità...» (pagg. 32-33).
«Allorché il mio angelo custode mi condusse dai miei defunti, ne trovai adunati
cinque o sei, tra parenti ed amici; ma la sorpresa più grande e più bella fu l'incontro
con la mia sorellina morta nell'infanzia. Mi si presentò nelle sembianze di bimba qual
era al momento della sua dipartita, avvenuta molti anni fa; allora a me era parso di
averla perduta per sempre. Già si comprende ch'essa aveva assunto le sembianze di bimba
allo scopo di farsi riconoscere; ma più tardi, allorché parenti ed amici mi avevano
impartito le prime nozioni sulle modalità dell'esistenza spirituale, la mia sorellina
riprese le sembianze che aveva attualmente, quelle cioè di una splendida giovane
adulta.
«Nessuna difficoltà per noi di assumere temporaneamente la forma che desideriamo per
le necessità del momento... No, non intendo dire - come tu pensi - che possiamo
assumere
permanentemente
qualunque
sembianza;
possiamo
soltanto
assumere
temporaneamente la forma che ci abbisogna per le circostanze del momento, giacché il
pensiero non è soltanto artista, pittore e scultore, ma può manipolare a piacimento il
proprio "corpo eterico"... Comunque,
- 155 -
non abbiamo bisogno di ricorrere a tali manipolazioni in ambiente spirituale, salvo
quando arrivano dal vostro mondo parenti ed amici dai quali eravamo separati da lungo
tempo; nel qual caso noi ricorriamo alla facoltà creatrice del pensiero per assumere
sembianze tangibili in accordo con i ricordi lontani dei nuovi arrivati».
(W. Stead) «Puoi spiegarmi come fate a conseguire questo scopo?».
(Giulia) «No, non entrerò in delucidazioni a tale riguardo, poiché vi sono argomenti
di gran lunga più importanti per voi, sui quali debbo ammaestrarti» (pagg. 40-41).
«[...] Vi sono cose che mi riesce difficile riferirti, altre che mi è impossibile
farlo ed altre ancora che è vietato riferire ai viventi. Rimane nondimeno una quantità
abbondante di verità semplici, che io posso trasmettere ai viventi per ausilio della
tua mano, purché riesca a persuaderti di mantenerti passivo...
«Quando si muore, si passa per una crisi la quale, a seconda dei casi, differisce
notevolmente. Mi propongo pertanto di cominciare con il descrivere ciò che provano le
diverse categorie di morenti. Nelle mie lettere già ti spiegai ciò che ho provato io:
nessuna pena, nessuna sorpresa penosa, nessuna sensazione speciale, salvo quella di
svegliarmi da un profondo sonno per ritrovarmi perfettamente guarita. Questa la mia
esperienza ed era una fortunata esperienza; la quale, del resto, è la più comune, non
però generale. Come dissi, sono invece assai svariate le modalità con cui si esula dal
corpo. Nei casi come il mio, si prova una sensazione di pace, di sollievo, di delizioso
abbandono. Il defunto (tale parola è assurda, ma l'adopero in mancanza di meglio) si
sente pienamente guarito. Le pene fisiche si sono dissipate come per incanto, e la
prima sensazione è un grande senso di conforto; in pari tempo ogni cosa intorno appare
così naturale, che quasi tutti ignorano di essere morti, e così avvenne anche a me.
Come dunque dubitare di non essere più tra i vivi dal momento che ci si sente in
possesso di tutte le facoltà di senso? Si vede, si sente, si passeggia, e nulla di
mutato si rileva nell'ambiente domestico. Ma quando, finalmente, si avvertono
circostanze capaci di far comprendere, allora ci si sente invasi da un'enorme sorpresa,
che può essere o non essere accompagnata da forti emozioni. Nondimeno i più si
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
domandano: "E' questa la morte? Se così è, allora non c'è morte". La crisi tanto
paventata si è svolta in modo così diverso da quanto ci si aspettava! Infatti, i più si
aspettavano l'annien-
- 156 -
tamento dell'essere, con la morte del corpo. Ed essi, invece, alla prova dei fatti
apprendono che la "spanna di vita" vissuta nel corpo fisico non è che un minuscolo
segmento del grandioso ciclo dell'Essere. Si va sempre avanti con la Vita. E' un
evolvere che non si arresta mai. Qualche volta si dorme, ma ci si risveglia sempre...».
«(A questo punto, io domandai: "C'è o non c'è una sorta di giudizio?").
(Giulia) «Fammi il favore di non interrompermi. Lascia ch'io descriva, nel modo più
semplice possibile, le vicende del vostro trapasso.
«Dunque, quando un vivente muore, si risveglia per ritrovarsi quello di prima. Sempre
lui, o sempre lei. Se si tratta di un bimbo, egli si ritrova il bimbo di prima; se si
tratta di un vecchio, egli rimane il medesimo vecchio. Se così non fosse, voi
perdereste la vostra identità personale, e immaginereste di essere stati incarnati nel
corpo altrui».
«(A questo punto, il mio pensiero non potè fare a meno di pensare: "E i gobbi? I
ciechi? Gli zoppi?")».
(Giulia) «Caro amico, risponderò anche a questi interrogativi, ma lo farò dopo,
giacché se tu continui a rivolgermi domande mentali, non sarò in grado di svolgere la
mia missione. Sforzati di restare passivo, se ti è possibile. Se la tua mente rimugina
avidamente sempre nuovi interrogativi, non potrò servirmi della tua mano. Io mi sforzo
di assolvere la missione che mi sono assunta, ma se tu non riesci a rimanere passivo,
temo che m'impedirai di compierla.
«Quando un neonato muore, la di lui coscienza non ha quasi funzionato in ambiente
terreno. Egli, in realtà, è nato nel nostro mondo, anziché nel vostro. Nessuna
esperienza terrena, nessuna reminiscenza del vostro mondo. Vivrà, si svilupperà in
ambiente spirituale...».
(W. Stead) «Cara Giulia, il mio cervello è un mulino di idee, e non posso stare senza
rivolgerti domande. Per esempio, la popolazione del nostro mondo si aggira intorno ai
1500 milioni di anime, e la media delle morti è del 20 per mille all'anno. Ne deriva
che vi sono 6 morti al minuto, vale a dire 20 milioni all'anno. Dove alloggiare tutta
questa fiumana di spiriti?».
(Giulia) «Caro William la tua domanda è razionale, ma io debbo procedere con la mia
missione.
- 157 -
«Vi è un'altra categoria di defunti i quali per qualche tempo perdono ogni ricordo
della loro esistenza terrena ed altri che rimangono lungo tempo in condizioni di totale
incoscienza... Ciò interviene generalmente a coloro i quali non credevano alla
sopravvivenza, o se vi credevano, l'avevano immaginata tutt'affatto diversa... Del
resto, sono relativamente pochi. Infatti, io volli interrogare numerosi spiriti
sull'argomento della crisi della morte e la maggioranza mi confermò che la loro
esperienza era analoga alla mia. I più tra essi non possono neanche affermare di
ricordarsi del preciso momento del distacco. Ma vi è qualcuno che afferma di avere
abbandonato il corpo fisico prima che il corpo stesso cessasse di respirare; ed altri
che raccontano di essersi indugiati nel corpo per qualche tempo allorché questo era già
estinto; ma si tratta di eccezioni. L'immensa maggioranza afferma le medesime cose:
ch'essi caddero in sopore; poi trovarono se stessi svegli, guariti, esistenti nel
medesimo ambiente casalingo, e a tutta prima non furono in grado di avvedersi che non
erano più tra i vivi. Il che avviene altresì nella circostanza di talune confessioni
cristiane, in cui il morente è preparato alla morte grazie agli ultimi riti solenni che
riceve. Il morente in tal caso sapeva di morire, ma non si aspettava che la morte
consistesse nello svegliarsi completamente guariti, forniti di tutte le facoltà
sensorie e mnemoniche, nel medesimo ambiente in cui era caduto in sopore. L'evento è,
quindi, causa di grande stupore e disorientamento per lui, come per gli altri con la
conseguenza che quasi sempre i morenti ritengono di sognare e paventano il risveglio
apportatore di nuove pene.
«Avverto che tutto quanto dissi si riferisce all'istante che segue il risveglio dopo
la morte, ed è l'esperienza della grande maggioranza dei defunti. Nondimeno ripeto che
vi sono molte, moltissime eccezioni. Di regola, tuttavia, ricordati che la morte non è
che un risvegliarsi guariti da ogni male, risveglio accompagnato da un senso
inevitabile di grande stupore misto a curiosità, e una transitoria impressione di
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
disorientamento» (pagg. 119-130).
«[...] Per converso, qualche volta anche prima della morte, quando lo spirito è
ancora vincolato al corpo, il morente scorge i propri defunti venuti ad accoglierlo e
ne ascolta le parole di conforto; può anche scorgere il proprio "angelo custode",
nonché ascoltare l'eco meravigliosa della "musica delle Sfere". Ma si tratta di casi
relativamente poco frequenti, giacché quasi sempre, fino a quando lo
- 158 -
spirito non si è liberato dal corpo, nulla compenetra del mondo spirituale.
«(Per piacere, cessa dal formulare domande mentali. Conservati passivo. Non appena
inizio la mia trasmissione, nel tuo cervello si risveglia un tumulto d'idee che
somiglia a una marea in tempesta, ch'io domino con difficoltà).
«Quando dissi che gli "angeli custodi" intervengono al letto dei morenti, avrei
dovuto aggiungere che ciò avviene abbastanza spesso, ma non sempre. Qualche volta
avviene che non si trova alcuno ad accoglierli, e talvolta accade qualche cosa di
peggio di quel che sia l'assenza di spiriti venuti a riceverli...
«(Caro William, tu devi permettermi di scrivere nei termini in cui ritengo dovermi
esprimere, senza interferire con i tuoi dubbi e le tue obiezioni).
«Tu puoi rifuggire dall'idea ora espressa, ma non cessa per questo dall'esser vero
che talvolta lo spirito disincarnato si ritrova solo e immerso nelle tenebre. Nulla
scorge, nulla sente, ma comprende di trovarsi sbalzato e sperduto in un ambiente di
desolazione opprimente, e in condizioni d'isolamento terrificante. Sono queste le
regioni infernali, giacché l'inferno non è una fola. E le regioni infernali accolgono
coloro che hanno tutto predisposto in vita per gravitare dopo morti nella regione che
loro spetta, ivi sospinti automaticamente dalla inesorabile "legge di affinità"; così
come le regioni celestiali accolgono coloro che in vita hanno tutto predisposto per
gravitare dopo morti nella regione che meritarono, ivi trasportati automaticamente per
effetto della medesima grandiosa "legge di affinità".
«Le tue domande mentali mi costringono a rispondere qualche volta, ed ora rispondo.
No, non si tratta di inferno inteso nel senso punitivo, salvo circostanze occasionali e
transitorie. Le leggi dell'Universo, sono l'opera di Dio, e Dio è Amore. Nessuna pena
nel mondo nostro, e nel vostro, viene inflitta senza scopo alcuno. Ciò può sembrarlo a
voi, ma sta di fatto che dalle pene e dalle amarezze sofferte dai viventi a scopi
didattici, scaturiscono in proporzione vantaggi e benefici spirituali per le presunte
vittime.
«L'inferno è un grande Asilo di purificazione. Ivi si concentrano le risultanze delle
vite vissute senza amore, delle opere malvagie compiute, delle aspirazioni colpevoli
lungamente covate nei recessi dell'anima. Si raccoglie ciò che si è seminato. Al qual
propo-
- 159 -
sito tu non immaginerai certamente che le sanzioni nel mondo spirituale abbiano a
risultare meno inflessibili di quelle terrene. Tuttavia si riscontra che gli stessi
reprobi non le giudicano così inflessibili come nel mondo dei viventi, giacché ne
comprendono meglio la giustizia. D'altronde, non appena un reprobo dà segni di
resipiscenza, lo attende immediatamente l'indulgenza divina e le sue sofferenze morali
sono attenuate di un grado. Voi non potete valutare le gravissime conseguenze di una
esistenza di colpe fino a quando non ne scorgete i risultati in ambiente spirituale.
Nel mondo vostro tali conseguenze sono troppo sovente occultate. Qui sono invece
visibili allo stesso colpevole. Egli scorge e comprende tutto l'orrore delle proprie
gesta e tale consapevolezza è terrificante per lui. Allo stesso modo in cui le anime
amanti sono accolte in ambiente spirituale dalle persone amate e beneficate, così
avviene che coloro i quali odiarono, ingiuriarono, rovinarono il prossimo ritroveranno
in ambiente spirituale le loro vittime, le quali non avranno bisogno della sferza per
flagellarli e farli rabbrividire d'orrore. Basterà ch'essi dicano: "Guarda l'opera tua,
e lo stato in cui mi riducesti in vita".
(W. Stead) «Ma, Giulia...».
(Giulia) «Nessuna obiezione. Arrestati.
«Il fatto dei "senza amore" è indubbiamente triste, ma nulla presenta di disperante.
Già te lo dissi: "La gioia maggiore del Paradiso, è di vuotare l'Inferno"» (pagg.
124-128).
A questo punto, mi accorgo di avere già esorbitato nelle citazioni. Mi affretto
pertanto a terminare riportando ancora alcuni brani dei messaggi di Giulia intorno al
tema del sesso nel mondo spirituale, sul quale essa ha qualche cosa di nuovo da dire.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Già dalle prime sue lettere all'amica Elena aveva osservato in proposito:
«Si rimane gli stessi sotto ogni rapporto. Nessuna soluzione di continuità nei cinque
sensi, nella coscienza di sé, nei ricordi terreni e nella distinzione dei sessi. Io ero
una donna in vita e rimango una donna nel mondo spirituale. Nessun cambiamento in
proposito; in pari tempo, tuttavia, le funzioni dei sessi si svolgono ben diversamente»
(pagg. 31-32).
In altra occasione, Giulia ritorna con maggiore ampiezza di particolari sul medesimo
tema. Essa scrive:
«Caro William, questa volta desidero informarti sopra un argomento che può
interessarti, e cioè sui rapporti tra i sessi nel mondo
- 160 -
nostro. Tu sai che nella Sacra Bibbia sta scritto che nel Paradiso "non ci si ammoglia
e non ci si marita, ma si esiste alla maniera degli angeli". Il che è vero, giacché la
natura angelica non è la natura umana, e noi non siamo impediti dalle restrizioni che
per voi viventi sono ancora necessarie. Siamo quindi in grado di scorgere quei lati del
quesito dei sessi che gli impedimenti fisici vietano a voi di scorgere. Ed è proprio
vero che noi, "alla maniera degli angeli in cielo", possiamo entrare liberamente in
intimi rapporti spirituali tra di noi senza le restrizioni sulle quali voi tanto
insistete con ragione; il che avviene perché noi più non siamo limitati dal sesso.
«Caro William, tutte le concezioni terrene riguardanti l'amore sono più o meno
travisate dal fatto che l'unione tra i sessi è localizzata negli organi fisici
indispensabili alla generazione. Ma quando il grande scopo di generare più non esiste -
e qui nel nostro mondo non ci si moltiplica, e in conseguenza non si genera - allora
non esiste più la convergenza di tutti i sentimenti d'amore nelle regioni destinate a
generare. Ne consegue che quando noi ci uniamo armonicamente con uno spirito dell'altro
sesso verso il quale ci sentiamo attratti, non abbiamo bisogno di organi specializzati
per farlo, organi divenuti un anacronismo per noi.
«Ripeto pertanto che la Sacra Bibbia afferma il vero: "Non ci si ammoglia e non ci si
marita", ma "come fanno gli angeli in cielo" siamo liberi d'immedesimarci l'uno
nell'altro, formando un'unica individualità fino a quando le sottilissime vibrazioni
dei due spiriti amanti continuano ad essere perfettamente sintonizzate tra di loro.
L'estasi celestiale purissima di tali unioni trascende di gran lunga l'estasi fisica
dell'amore terreno, così come l'intero corpo umano eccede nelle proporzioni la piccola
frazione destinata alla generazione. Nessuna restrizione nella libertà di amare.
Qualora avvenga che tra i nuovi arrivati vi siano spiriti incapaci di vibrare
all'unisono con altri spiriti di sesso diverso, in quanto gli unici spiriti con i quali
essi, od esse, vibrano all'unisono sono quelli dell'amata, o dell'amato abbandonati in
terra, tali spiriti rimangono allo stato di "celibi" o di "nubili" nel mondo spirituale
fino a quando non li raggiungeranno dal mondo dei viventi le loro "anime gemelle".
«Ricordati pertanto che il sesso persiste nel nostro mondo, ma il problema dei sessi
è di gran lunga più vasto e profondo di quel che sembra nel vostro mondo, dove è
limitato dagli organi fisici in cui trova la propria espressione» (pagg. 150-153).
- 161 -
Questi i brani sostanziali riguardanti il sesso e l'amore spirituali trasmessi a
William Stead dall'amica defunta. Osservo in proposito che le informazioni fornite
risultano le più ampie a noi dispensate nei messaggi trascendentali; o, almeno, ciò è
quanto emerge dalle mie classificazioni. Numerosi sono i defunti comunicanti che
accennano al tema, ma lo fanno costantemente in modo vago e reticente, osservando che
il sesso e l'amore, pur esistendo nel mondo spirituale, si estrinsecano in maniera così
diversa da riuscire incomprensibili ai viventi. Noto che, in fondo, le delucidazioni
fornite da Giulia confermano tali affermazioni; in ogni modo, bisogna convenire che le
delucidazioni stesse sono espresse in forma così semplice e chiara da rendere
comprensibile il tema anche ai viventi. Tanto più se si considera che nei fenomeni
indagati dalla metapsichica già si rivela un alcunché di analogo al mistero della
«immedesimazione» di cui parla Giulia. Alludo con ciò ai fenomeni di psicometria, in
cui i sensitivi provano a loro volta il senso della «immedesimazione» con le persone, o
anche con gli animali, viventi o defunti, con i quali sono entrati in rapporto psichico
attraverso oggetti posti fra le loro mani.
Nella mia monografia sugli Enigmi della psicometria ho citato degli esempi
impressionanti. Ricordo in proposito il caso della sensitiva Edith Hawthorne. Essendole
stato consegnato un involto suggellato contenente una piuma remigante recisa dall'ala
di un piccione viaggiatore al momento in cui tornava da un lungo e avventuroso viaggio
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
felicemente compiuto, la donna s'immedesimò a tal segno nella minuscola psiche del
piccione da viverne la vita e provare in se medesima le sensazioni, le percezioni, i
sentimenti emozionali ed affettivi che affannarono quella piccola anima durante il volo
di ritorno alla propria colombaia: tutti sentimenti ed emozioni che corrispondevano in
modo sorprendente con le vicende tempestose e pericolose del suo lunghissimo volo (22).
Ricordo ancora il caso del professor Denton il quale, avendo presentato alla
sensitiva un piccolo involto contenente una scheggia di smalto tolto a una zanna di un
mastodonte preistorico, ebbe ad assistere al fenomeno della «immedesimazione» della
sensitiva nel mastodonte in questione. Essa, entrando in viva agitazione, così si era
espressa:
«Io mi sento un autentico animale mostruoso, con gambe poderose, testa impacciata nei
movimenti e corpo colossale. Mi dirigo
- 162 -
alle rive di un fiume poco profondo per abbeverarmi. Le mie mascelle sono così tozze e
pesanti che non riesco quasi a parlare. Sento che cammino sulle quattro gambe.
«Odo nella foresta echeggiare dei bramiti e provo l'impulso di rispondere. Le mie
orecchie sono enormemente larghe; sembrano di cuoio, e quando muovo la testa mi
sbatacchiano sul muso. Nelle vicinanze si trovano altri miei simili molto più anziani
di me. Mi sento più che mai impacciata nel parlare con queste pesanti mascelle dal
colore scuro. Vedo un mio simile vecchissimo, con lunghe zanne, ne vedo parecchi assai
giovani: siamo una mandria.
«Sento che posso muovere il labbro superiore in modo curioso, giacché lo rovescio
all'insù. Mi sembra così strano di poterlo fare!
«Qui vicino cresce una pianta più alta della mia testa, dal fusto grosso come il
braccio, molto succosa, molto dolciastra e tenera. Il suo gusto somiglia a quello del
frumento verde, ma è più dolce».
Il professor Denton domanda: «E' questo il sapore che dovrebbe avere per un essere
umano?». La sensitiva risponde: «Oh no!» (la bocca di lei si atteggia a una smorfia di
disgusto). «Sarebbe per noi spiacevolissima, addirittura nauseabonda»(23).
In questi fenomeni di «immedesimazione» psicometrica, la fusione delle individualità
è tale che nel caso citato la sensitiva assapora il gusto delle piante di cui si
nutriva il mastodonte e rivela di poter rovesciare all'insù il proprio labbro, come
fanno i pachidermi. Si deve pertanto riconoscere che, sebbene tali fenomeni
differiscano intrinsecamente dalla «immedesimazione» spirituale descritta da Giulia, ci
aiutano nondimeno a comprendere, rendendo verosimili e intelligibili le delucidazioni
fornite in proposito. E i commenti che avevo apposti all'episodio in esame concorrono a
dimostrarlo. Così mi esprimevo:
«Volendo compenetrare maggiormente la ragione dei fatti, si potrebbe rilevare
com'essi presumibilmente traggono origine da un fenomeno di "sintonizzazione" fra il
sistema di "vibrazioni" costituente la personalità del sensitivo e il sistema di
"vibrazioni" preservato nella "aura" psicometrizzata: vale a dire che quando il
sensitivo entra in rapporto con la "aura" preservata in un dato oggetto (ossia è
pervenuto a sintonizzare il sistema di vibrazioni costituente la propria natura con il
sistema di vibrazioni preservato nella "aura" che lo interessa: giacché se così non
fosse, non la percepirebbe e non la interpreterebbe), allora egli vibrerà all'unisono
con il siste-
- 163 -
ma di vibrazioni della "aura" con la quale è in rapporto. Risentirà quindi in se
medesimo di tutte le sensazioni organico-psichiche che contribuiscono a specializzare
il sistema di vibrazioni preservato nella "aura" psicometrizzata in modo da sentirsi
come "immedesimato" nella persona vivente o defunta, o nell'essere animale a cui si
riferisce la "aura" preservata nell'oggetto.
«E questo risorgere rigorosamente veridico delle sensazioni organico-psichiche di un
dato individuo per opera delle vibrazioni immagazzinate allo stato latente nell'etere
interatomico contenuto nell'oggetto psicometrizzato - fenomeno a tutta prima
sbalorditivo - è invece oggigiorno stupendamente riprodotto dal prodigio della radio,
in cui le vibrazioni della voce di un oratore che parla agli antipodi, trasformate
dall'apparecchio in vibrazioni elettriche, traversano in un attimo il diametro
terrestre, e per opera di un altro apparecchio trasformatore in senso inverso risorgono
in forma di vibrazioni foniche, riproducendo esattamente la voce dell'oratore che in
quel momento parla nell'altro emisfero. E se è così, allora non è più il caso di
meravigliarsi se il medesimo fenomeno si realizza nelle esperienze di psicometria».
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Così mi esprimevo nel mio commento, e mi pare che le induzioni ivi esposte valgano a
delucidare soddisfacentemente le rivelazioni di Giulia, rendendole concepibili, nonché
verosimili. Infatti, nell'un caso come nell'altro si parla di «vibrazioni» che si
armonizzano all'unisono, generando uno stato di temporanea «immedesimazione» di due
individualità in una sola. Vi è pertanto identità specifica della causa determinante.
Aggiungo inoltre che, in base a quanto si rileva nei fenomeni di psicometria, si
dovrebbe concludere che questi ultimi valgano a dissipare una perplessità teorica non
lieve, ed è che, dal punto di vista psicologico, il fenomeno di due individualità che
si fondono e s'immedesimano tra di loro dovrebbe provocare l'annientamento di entrambe
le coscienze personali, seguito dall'emergenza di una terza individualità la quale non
risulterebbe né l'una né l'altra. Ed ecco, invece, che i fenomeni di psicometria ci
dimostrano, sulla base dei fatti, che un sensitivo può benissimo sottostare al fenomeno
della «immedesimazione» e sentirsi trasformato nel personaggio con cui è in rapporto,
senza per questo smarrire la coscienza di sé. Si dovrebbe pertanto concludere che se
tutto ciò si riscontra nell'esistenza incarnata, niente di più naturale che si abbia a
riscontrare in grado perfetto nell'esistenza spirituale.
- 164 -
Caso XXI
Tolgo l'episodio seguente da un libro che s'intitola Messages from the Unseen (24).
Si tratta di una santa madre la quale comunica tramite la propria figlia. Il volumetto
è ornato dal ritratto della defunta, le cui angeliche sembianze armonizzano in modo
altamente suggestivo con il contenuto dei messaggi, nei quali si aspira la fragranza
celestiale di un'anima bella in suprema comunione d'amore con tutti gli esseri
dell'universo. E la forma in cui sono dettati i messaggi appare così spontanea, così
naturale, da infondere in chi legge la certezza intuitiva della loro origine
genuinamente trascendentale.
Nel primo messaggio lo spirito esprime la propria esultanza per sentirsi finalmente
liberato dal corpo, quindi si rivolge in questi termini al marito:
«In questo momento mi trovo qui presente, insieme con voi, vicinissima a te ed ai
figli. Scacciate il pensiero che io abbia a trovarmi lontanissima dall'ambiente in cui
vissi. Voi potete consultarmi in tutto ciò che desiderate con più facilità di prima. Mi
manterrò sempre in rapporto con voi; non vi abbandonerò mai un solo istante, fino a
quando non arriverà il momento di darvi il benvenuto al varco della grande fiumana.
Possa questo varco riuscire per tutti voi così dolce come lo fu per me! Io nulla
ricordo della traversata. Debbo aver dormito lungamente, per quanto nulla rammenti; ma
quando aprii gli occhi, mi ritrovai miracolosamente guarita e mi vidi qual ero negli
anni migliori della gioventù, ma di gran lunga più esuberante di vita, più lucida di
mente e più felice. Il mio lungo periodo d'infermità mi parve un brutto sogno, dal
quale mi ero infine risvegliata per tornare all'amore dei miei cari, che mi avevano
assistita con tanta abnegazione; e mi sentivo in possesso di tutta la ricca esperienza
acquisita nel passaggio attraverso l'esistenza incarnata...».
Nel secondo messaggio essa ritorna sulla circostanza della «crisi della morte», e
così continua:
«Io non so quali risultino le esperienze degli altri nella traversata della grande
fiumana che separa il mondo spirituale da quello terreno; ma la mia esperienza si
riassume in un risveglio meraviglioso che ancora adesso mi riempie di letizia estatica.
Non temete la morte; nulla c'è da paventare. Tutte le pene, tutti i dolori, tutto ciò
che
- 165 -
vi è di brutto nella grande crisi appartengono al lato fisico della medesima;
dall'altro lato c'è l'amore - il Divino Amore - combinato alla gloria inesprimibile del
risveglio spirituale. Quando mi risvegliai, mi vidi circondata dalla schiera compatta
di tutti gli spiriti dei defunti che avevo amato in terra. Vedevo intorno a me i volti
di tutte le persone che mi furono care e che avevo conosciuto in ogni epoca della mia
vita, a cominciare dalla più tenera infanzia; persone che in massima parte erano state
da lunghi anni sottratte al mio affetto. In pari tempo vibravano nell'aria accordi
musicali meravigliosi, letteralmente celestiali, che ascoltavo rapita in estasi. Nel
mio trapasso non vi furono mutamenti bruschi: mi addormentai e gradatamente mi
risvegliai ad una vita di più vasta coscienza di sé, pienamente consapevole di essere
guarita da tutte le infermità, e libera, libera per sempre dal mio vecchio misero corpo
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
che per tanti anni aveva gravato come un impedimento sul mio spirito. Come fare ad
esprimere a parole ciò che tale rivelazione significava per me? Solo coloro che come me
hanno sofferto lungamente, attendendo ansiosamente la liberazione, possono concepirlo.
Mi sentivo perfettamente bene, esuberante di vitalità, ringiovanita, e quando al
risveglio risposi ai saluti augurali di tante persone care venute ad accogliermi,
sapevo di non sognare, sapevo di essere effettivamente entrata in ambiente spirituale;
sapevo di essere morta. "Morta!". Questa parola è una burla! Miei cari, non parlate mai
di me come di persona morta. Io sono viva di una vitalità non mai provata e non mai
sognata, in possesso di facoltà nuove, di energie nuove, con decuplicata capacità di
amare e di essere felice: tutte circostanze per le quali mi si rivela il gran fatto che
l'esistenza in queste Sfere ha da essere una gioia permanente. Onde pervenire a una
simile meta, valeva dunque la pena di vivere una vita di lotta e di sofferenze. Ora a
me sembra di aver vissuto in terra un'esistenza di sogno; questa sola, infatti, è vita
reale: l'altra era un'ombra di vita. Voi soli rimanete per me una realtà dell'esistenza
terrena; e l'amato mio compagno e i figli miei costituiscono l'unico vincolo che mi
unisce ancora al mondo dei viventi...
«Nel paradiso in cui mi trovo prevalgono il perfetto amore e l'armonia universale, i
quali si estrinsecano in una gloria di luce radiosa, palpitante di energie vitali, che
riempie l'anima di sentimenti dilettevoli e di gioia suprema. Nel nostro ambiente i
pensieri sostituiscono la parola, ed essi non solo vibrano all'unisono con le
- 166 -
anime nostre, ma assumono mirabili colorazioni e si convertono in suoni armoniosissimi,
così che intorno a noi vibra una sinfonia di accordi musicali sempre più meravigliosi
di una bellezza a gradazioni infinite.
«[...] Desidero parlarvi ancora della musica meravigliosa che mi accolse al momento
del mio ingresso nel mondo spirituale, esperienza che non ha confronti nei miei ricordi
terreni. Non ero sola ad ascoltarla, poiché la maggior parte degli spiriti convenuti ad
accogliermi l'ascoltavano e se ne deliziavano come me. Era un avvicendarsi glorioso di
accordi musicali che parevano provenire da uno strumento centrale, da un organo
gigantesco, e si espandevano e vibravano per lo spazio a ondate di armonie celestiali
che parevano elevarsi, elevarsi, fino a ricongiungersi in Dio. Quella sinfonia era così
potente, così grandiosa, così penetrante, che pareva dovesse ascoltarla l'universo
intero. Eppure, mentre ascoltavo, avevo l'impressione che quegli accordi si
estrinsecassero per me sola, e mi giungessero come una voce che parlasse all'anima mia,
rivelando a me stessa l'intima natura e i meravigliosi segreti del mio essere e
ammaestrandomi sul fatto che nel mondo spirituale la musica è il veicolo rivelatore
delle grandi verità cosmiche... Se voi mi chiedeste dov'era lo strumento musicale, di
dove proveniva quella musica, io non saprei che cosa rispondere. Proruppe
all'improvviso, non domandata. So soltanto ch'essa rappresentò per me il primo passo
verso l'iniziazione alle meraviglie della Sfera spirituale...
«Una delle grandi attrattive di questa Sfera consiste nel fatto che per quanto vi
siano aspetti della sua configurazione generale che risultano immutabili, in pari tempo
vi è in essa una sorta di configurazione particolare sovrapposta - se così è lecito
esprimersi - la quale invece è mutabilissima. Il che avviene perché noi tutti
possediamo facoltà creatrici che si esercitano perpetuamente sull'ambiente immediato in
cui esistiamo così che ogni mutamento nel nostro modo di sentire e di pensare, apporta
un mutamento corrispondente nell'ambiente intorno a noi. Anche le nostre vestimenta
risultano creazioni del nostro pensiero e sono formate con elementi tratti
dall'ambiente in cui esistiamo. Io non comprendo ancora esattamente il processo per cui
si determina il miracolo, ma sta di fatto che tali manifestazioni esteriori del nostro
pensiero traducono le disposizioni inferiori del nostro spirito. Ne deriva che per gli
spiriti che esistono da lungo tempo in questo ambiente, le vestimenta co-
- 167 -
stituiscono un simbolo infallibile che svela loro l'intrinseco valore morale dello
spirito che se ne riveste.
«Sebbene la natura di questo mondo appaia enormemente diversa da quella terrena, i
due mondi tuttavia si rassomigliano, con la differenza che il mondo spirituale risulta
di gran lunga più raffinato, eterico: ecco tutto...
«Strano a dirsi! Sebbene al mio arrivo nel mondo spirituale, ogni cosa ivi esistente
mi apparisse tanto meravigliosa, ebbi subito a provare il sentimento di trovarmi in
ambiente non nuovo per me. Espressi tale sentimento ai miei compagni spirituali, ed
essi m'informarono che recupererò gradatamente la memoria di vicende personali le quali
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
si estendono di gran lunga oltre i limiti della mia ultima esistenza terrena,
comprendendo ricordi di un tempo in cui avevo soggiornato nel mondo spirituale, il
quale è il vero soggiorno. E infatti comincio a rammentare... Non desidero entrare in
una lunga dissertazione sul tema, ma giova che io stabilisca ciò che a me risulta in
proposito; ed è che i miei figli, insieme ad altri spiriti cui ebbi a intrattenermi al
riguardo, m'informarono che ricordavano chiaramente tutte le vite vissute in precedenza
sul pianeta terra, mentre io stessa comincio a recuperare i ricordi di fasi di
esistenza incarnata anteriori a quella da me ora compiuta. Però non saprei dire se tali
miei ricordi si riferiscano a vite vissute in terra, o in altri pianeti dell'universo.
Questo io conosco per certo: mi trovavo rivestita di un corpo molto simile al vecchio
corpo da poco abbandonato...».
Nell'episodio esposto si assiste al transito in ambiente spirituale di un'anima bella
che per «legge di affinità» gravita in una Sfera elevata dell'ambiente «astrale». Si
comprende pertanto che le vicende del suo trapasso abbiano a risultare alquanto diverse
dalle vicende per cui passano in grande maggioranza gli altri spiriti che si
disincarnano. Conseguentemente si riscontra che nella narrazione esposta non si fa
cenno a due circostanze preminenti nelle analoghe esperienze riferite in precedenza. La
prima consiste nel particolare che gli spiriti non si accorgono di essere morti;
l'altra nel fenomeno della «visione panoramica» di tutte le vicende vissute, fenomeno o
«prova» quasi immancabile nella «crisi della morte» per le anime che si disincarnano in
condizioni di spiritualità normali. Si è visto invece che nell'episodio in esame la
personalità comunicante racconta di essersi svegliata perfettamente consapevole di
essere mor-
- 168 -
ta e di trovarsi nel mondo spirituale e non parla affatto di una irruzione plenaria di
ricordi nella propria coscienza, né durante l'agonia, né dopo il risveglio.
All'infuori di ciò, la sua narrazione concorda in ogni particolare con le altre
descrizioni del genere. Si rivela, infatti, che essa passa per una fase di sonno
riparatore, il quale si combina per lei, senza soluzione di continuità, con il sonno
della morte, come per risparmiarle gli stati di ansietà e di confusione mentale
inerenti alla crisi suprema. Si comunica, inoltre, ch'essa viene accolta nel mondo
spirituale dalla schiera compatta degli spiriti dei defunti da lei amati in vita; si
rivela altresì che si ritrova in forma umana nel mondo spirituale. Si deve infine
rilevare come essa informi che nel mondo spirituale gli spiriti conversino tra di loro
per trasmissione del pensiero, che l'ambiente spirituale risulta una copia
spiritualizzata dell'ambiente terreno, nonché che il pensiero e la volontà spirituali
risultano forze creatrici. A quest'ultimo proposito giova rilevare un particolare
secondario
perfettamente
concordante
con
quanto
affermano
gli
altri
spiriti
comunicanti, ossia che la configurazione del paesaggio «astrale» è costituita da una
serie di obiettivazioni del pensiero ben distinte tra di loro: l'una risulterebbe
permanente ed immutabile, in quanto sarebbe l'obiettivazione del pensiero e della
volontà di entità spirituali elevatissime preposte al governo delle Sfere spirituali
inferiori; l'altra apparirebbe invece transitoria e mutabilissima, in quanto
risulterebbe l'obiettivazione del pensiero e della volontà di ogni singola entità
disincarnata, creatrice del proprio ambiente immediato.
Dal punto di vista delle informazioni fornite intorno a particolari che raramente si
realizzano nel periodo iniziale dell'esistenza spirituale, giova rilevare che nel caso
esposto la personalità comunicante informa intorno a due circostanze del genere; quella
di avere percepito subito dopo il risveglio un'ondata gloriosa di «musica
trascendentale» e quella di non avere tardato a provare il sentimento del «già veduto»
a proposito dell'ambiente spirituale in cui si trovava e in cui riteneva trovarsi per
la prima volta.
Ora i processi dell'analisi comparata esercitati sopra un numero adeguato di
«rivelazioni» del genere dimostrano come le circostanze sopra riferite testifichino
l'elevatezza spirituale del disincarnato che ne fa esperienza nel periodo iniziale
successivo alla «crisi della morte».
- 169 -
Per ciò che si riferisce al tema della «musica trascendentale», osservo anzitutto
come il fenomeno in questione si realizzi qualche volta al letto di morte di degenti
spiritualmente elevati. Avviene ben sovente che, insieme con l'infermo, qualcuno dei
presenti percepisca il fenomeno supernormale, ma raramente avviene che lo percepiscano
tutti. Ora è notevole che nel caso esposto la personalità comunicante osserva a sua
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
volta che «la maggior parte degli spiriti convenuti ad accoglierla percepiva quella
musica e se ne deliziava con lei», sottintendendo così che tra gli spiriti vi era un
certo numero che non la percepiva. In altri termini, tra essi vi erano spiriti non
ancora sufficientemente progrediti per arrivare a percepirla, in quanto la tonalità
vibratoria dei loro «corpi eterici» non era sufficientemente raffinata per
sintonizzarsi con la tonalità vibratoria di quegli elevatissimi accordi musicali. Al
qual proposito è altamente suggestivo l'altro fatto che gli spiriti comunicanti
concordino nell'affermare come in ambiente spirituale gli accordi musicali assurgano a
un valore psichico-costruttivo di prim'ordine. Si suffraga così una delle nostre più
importanti generalizzazioni scientifiche, secondo la quale tutto ciò che è presente
nell'universo appare riducibile a un multiplo, o un sottomultiplo, di una grande legge
imperscrutabile: la «Legge del Ritmo», la quale, in ultima analisi, risolverebbe
l'universo intero - materia e spirito - in un fenomeno di «vibrazioni». Da ciò la
profonda intuizione dei filosofi, secondo la quale nel fenomeno del moto si
assisterebbe all'estrinsecazione immanente di attributo di Dio. Ora, poiché gli accordi
musicali sono riducibili, in ultima analisi, a una combinazione di «vibrazioni» tra di
loro armonizzate, e poiché nel fenomeno «vibratorio» si adombra un mistero primordiale
posto al governo dell'universo intero, si perviene a concepire la grande importanza
spirituale e costruttiva che dovrebbero assumere gli accordi musicali in un ciclo di
esistenza puramente mentale, quale sarebbe la condizione di esistenza degli spiriti
disincarnati.
Ed ora passo ad accennare brevemente al sentimento del «già veduto», provato dalla
personalità medianica comunicante, sentimento che sottintende la teoria delle «vite
successive», o «ipotesi della reincarnazione». Come tutti sanno, è questo l'unico punto
importante in cui si riscontra un parziale disaccordo tra i messaggi degli spiriti
comunicanti, i quali tra i popoli latini affermano costantemente la realtà delle vite
successive, laddove tra i popoli an-
- 170 -
glosassoni risultano in proposito discordi tra di loro: due terzi negano più o meno
recisamente tale modalità evolutiva del divenire umano, mentre un terzo l'afferma più o
meno categoricamente. Tra i popoli anglosassoni esiste un'avversione di razza - per
così dire -contro la soluzione reincarnazionistica del mistero dell'essere. Nondimeno -
come già feci osservare in altri miei lavori - tale contrasto di opinioni intorno a un
quesito insolubile per coloro che ne discutono - quindi essenzialmente metafisico -
nulla implica, visto che gli stessi spiriti comunicanti riconoscono di ignorare tutto
in proposito e di giudicare secondo le loro proprie aspirazioni personali. Inoltre,
essi informano che nelle Sfere spirituali avviene una sorta di «seconda morte»,
precisamente come nel mondo dei viventi; vale a dire che quando uno spirito è pervenuto
a maturità spirituale, si assopisce e sparisce nel loro ambiente, senza ch'essi nulla
sappiano intorno alla sorte che lo attende. Essi, come noi, sono dunque indotti a
speculare al riguardo, differendo più o meno radicalmente nelle loro opinioni. Ecco in
quali termini si esprime in proposito Giorgio Dawson, nel libro della Dawson-Scott:
From Four Who Are Dead (pag. 126).
«Questa nostra esistenza in una medesima Sfera spirituale può continuare per lungo
tempo. Nondimeno mio padre e mia madre sono già esulati dall'ambiente in cui mi trovo,
ed io presumo che non tarderò a seguirli. Suppongo ch'essi se ne andarono perché la
loro evoluzione spirituale aveva raggiunto il grado massimo».
(Dawson-Scott) «E tu ignori dove sono andati?».
(Spirito) «Immagino che il motivo per cui divennero invisibili a noi tutti consista
nel fatto che il loro corpo spirituale aveva raggiunto il grado massimo di
purificazione conciliabile con le condizioni di questa nostra Sfera di esistenza; o, in
altre parole, immagino che il fatto sia dovuto alle mie condizioni, le quali non hanno
ancora raggiunto il grado necessario di purificazione...».
(Dawson-Scott) «Quale sarà la meta di questa lunga e lenta evoluzione?».
(Spirito) «Vi è chi la pensa in un modo e chi la pensa in un altro. Per conto mio, mi
astengo dallo speculare, e vivo felice in mezzo alle gioie del presente» (pagg.
126-127).
Queste le dichiarazioni delle entità comunicanti in merito allo stato d'incertezza in
cui si troverebbero circa il destino che le attende dopo la crisi della «seconda
morte»; stato d'incertezza in tutto
- 171 -
analogo a quello dei viventi, con la differenza che in ambiente spirituale si avrebbe
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
la certezza della sopravvivenza. Si aggiunga che le opinioni preconcette degli spiriti
- pro e contro la teoria delle «vite successive» - contribuirebbero grandemente ad
accentuare le loro discordanze sull'argomento. Coloro che provano avversione per la
teoria impediscono ai ricordi delle loro vite anteriori di emergere dalla loro memoria
integrale, mentre coloro che sono favorevoli promuovono l'emersione dei loro ricordi,
divenendo in conseguenza più che mai affermativi al riguardo. Insomma, si deve
concludere che se gli spiriti comunicanti dimostrano opinioni discordi intorno al tema
della reincarnazione - che per essi, come per noi, rimane ancora un'ipotesi metafisica
- ciò è affar loro, e nulla toglie al valore delle concordanze concrete, positive,
indubitabili intorno alle informazioni che ci forniscono in rapporto all'ambiente e
all'esistenza spirituale. In pari tempo, giova osservare come tutto concorra a
dimostrare che la verità sul tema delle «vite successive» deve ritenersi riservata ad
entità disincarnate esistenti in condizioni spirituali molto progredite, le quali
favorirebbero l'emergenza spontanea dei ricordi di tal natura. Tali, pertanto,
dovrebbero giudicarsi le condizioni spirituali della personalità spirituale qui
considerata, la quale ebbe a provare il sentimento del «già veduto» non appena giunta
in ambiente spirituale, sentimento subito seguito dai primi ricordi delle vite
anteriori vissute.
Casi XXII - XXIII - XXIV
Nell'opera interessantissima del professor Fitz-Simons, Opening the Psychic Door
(Schiudendo la porta della psiche)(25), sono riferiti sette episodi riguardanti la
«crisi della morte». Mi limito a riferirne tre, informando che il professor Fitz-
Simons, zoologo, residente nel Natal (Sudafrica), è direttore del Museo di Storia
Naturale della città di Port Elizabeth, ed è molto noto in ambiente scientifico per le
sue indagini sui veleni dei rettili, in base alle quali pervenne a preparare un «siero»
contro i morsi dei serpenti, salvando migliaia di vite umane. Inoltre, dal veleno dei
rettili egli ricavò un altro siero per la cura dell'epilessia.
Il professor Fitz-Simons già dall'adolescenza aveva rinunciato a qualsiasi forma di
fede, divenendo un positivista-materialista irri-
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ducibile, fino a quando per una «coincidenza fortuita» dall'apparenza insignificante la
sua attenzione fu attratta e decisamente avviata alle indagini psichiche.
La prima parte del libro consiste in lunghe e interessantissime relazioni di sedute
medianiche condotte dall'autore con la medianità a «incorporazione» di una sua cugina,
tramite la quale si manifestavano parenti ed amici, nonché talune personalità
elevatissime di spiriti, le quali impartivano ammaestramenti morali, sociali, religiosi
notevolissimi, nonché ragguagli sul mondo spirituale che concordano mirabilmente con
quelli di altre numerose rivelazioni del genere. Tali messaggi risultano costellati da
frequenti ed importanti prove d'identificazione personale dei comunicanti che apportano
valore probante ai messaggi stessi.
La seconda parte del volume contiene invece le relazioni di numerose importanti
esperienze cui ebbe ad assistere il relatore in altri circoli sperimentali del
Sudafrica, o con celebri medium inglesi durante i suoi viaggi in Inghilterra:
esperienze in cui la «voce diretta» rappresenta una parte cospicua.
Comunque, la caratteristica teoricamente interessante del volume consiste nel fatto
che due entità di defunti si manifestavano immancabilmente ovunque Fitz-Simons si
recasse a sperimentare, tanto nelle varie città del Sudafrica quanto in Inghilterra, e
fornivano costantemente ottime prove d'identificazione, mentre quasi sempre i medium
ignoravano chi fosse lo sperimentatore.
Una delle entità cui si accenna era la sorella defunta della medium, di nome Annie;
l'altra era il notissimo materialista inglese Charles Bradlaugh, deputato al
Parlamento, celebre per le sue franche dichiarazioni di ateismo proferite dalla tribuna
della Camera.
Come dissi, mi limiterò a ricavare dal libro tre soli episodi sul tema della «crisi
della morte», tra cui quelli riguardanti i due personaggi sopra riferiti, cominciando
dalla sorella defunta della medium.
In seguito alla «coincidenza fortuita» in senso spiritualista che gli era capitata,
il professor Fitz-Simons fu tratto per curiosità a provarsi a sperimentare a casa sua
insieme con una sua cugina di nome Vera, giacché un amico aveva offerto a tale scopo
una planchette. Egli scrive:
«Fissai mediante spilli un foglio di carta sul tavolo e deposi sul foglio la
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
planchette. Posai la mano destra su quest'ultima e mia cu-
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gina sovrappose la mano sinistra alla mia. Naturalmente eravamo scettici entrambi e si
faceva per divertimento. Ma ebbi subito a provare un curioso formicolio che scendendo
lungo il braccio, irrigidì la mano e allora la matita tracciò lentamente i nomi "Annie
Russel - Dottor Morgan - Charles Morgan". Io ero certo di non avere consciamente
scritto quei nomi. Annie Russel era una mia cugina, sorella di quella che posava la
mano sulla planchette, ma io non l'avevo mai conosciuta. Era morta in Irlanda, a
vent'anni. Il dottor Morgan era stato il suo medico curante. Allora posammo leggermente
la sola punta delle dita sulla planchette, e vennero ugualmente dettati messaggi di
tale elevatezza che concludemmo che doveva essere presente un'intelligenza che non era
la nostra. Orbene: fu questo episodio, in apparenza piuttosto banale, che m'indusse a
perseverare nelle indagini metapsichiche» (pag. 26).
Alcuni giorni dopo, l'autore, trovandosi nella città di Durban, ebbe occasione di
assistere a una seduta con una medium privata, la quale era una distinta e ricca
signora. Egli era uno sconosciuto per tutti, ed aveva taciuto il proprio nome. Subito
gli si manifestò «Annie», che con grande sforzo arrivò a dire: «Io sono Annie, tua
cugina. Non posso parlare, ma più tardi lo potrò con questa stessa medium». Da notarsi
che la medium aveva manifestato i sintomi delle sofferenze cui soggiacque Annie durante
la crisi dell'agonia, fenomeno che non manca quasi mai di realizzarsi allorché uno
spirito si manifesta per la prima volta con un medium a «incorporazione». Si tratta di
una forma di automatismo a cui non può sottrarsi il defunto all'atto di riprendere
contatto con la vita terrena mediante incorporazione nell'organismo altrui. Il fenomeno
è teoricamente importante in quanto non può spiegarsi con la «lettura del pensiero», la
quale, del resto, è assolutamente esclusa nel caso in questione, in quanto Fitz-Simons
non aveva mai conosciuta la defunta e ignorava tutto intorno alla sua morte.
Ed altrettanto si dica per la prima manifestazione del dottor Morgan, medico di
famiglia di Annie, di cui tutti ignoravano la tragica morte, mentre la medium, che in
tal caso era la cugina del professore, manifestò in modo penoso i sintomi della sua
agonia, tanto che Fitz-Simons fu tratto a domandare: «Ma, dunque, tu soffri?», «Sì»,
egli rispose, «ma è l'inevitabile conseguenza di ritrovarmi per la prima volta
incorporato in un organismo fisico. Sono le sofferenze da me provate prima di perdere
conoscenza, nell'ora della morte».
- 174 -
Quando il comunicante si ritirò e la medium aprì gli occhi, si lagnò di un acuto
dolore al fianco e di un senso infinito di esaurimento, sensazioni che si dileguarono
in cinque minuti. Erano questi i sintomi che avevano caratterizzato l'agonia del
comunicante, il quale era morto per aver tentato di scavalcare il cancello del proprio
giardino. Gli era scivolato un piede e una punta di lancia del cancello lo aveva
sventrato.
Ed anche «Annie», allorché si manifestò per la prima volta con la medianità della
sorella, tornò a manifestare i sintomi della propria agonia. Essa, però, non se ne
curava, ed esultante per essere riuscita a incorporarsi nella sorella, aveva esclamato:
«In questo momento io mi trovo nel corpo di mia sorella, ed essa, con il suo corpo
astrale, è stata allontanata. Io posso toccarti e udirti, e mi sento nell'identico
ambiente dell'esistenza terrena; però non posso vederti, perché la medium ha gli occhi
chiusi...».
«Chiesi ad Annie perché portava continuamente la mano alla fronte, ed essa rispose:
"Nell'ultima infermità sofferta, e prima ch'io perdessi conoscenza, fui martoriata da
un tremendo mal di capo; ed ora che mi trovo rientrata in un corpo fisico risento le
medesime pene, le quali, però, dovranno attenuarsi nella misura in cui mi manifesto,
fino a cessare totalmente..."» (pag. 60).
E' evidente come gli episodi esposti, i quali non possono spiegarsi con la lettura
del pensiero, inducono logicamente ad ammettere la presenza reale sul posto dei defunti
che si manifestano. Aggiungo che il fenomeno è comunissimo, e chiunque disponga di un
medium a «incorporazione» non può mancare di farne esperienza.
In ogni modo, non sono queste le prove d'identificazione che rendono i tre casi in
esame impermeabili a tutte le obiezioni e a tutti i sofismi. Vi è ben altro a tal
proposito, ma il tema esorbita dagli scopi del presente lavoro.
Allorché il professor Fitz-Simons fu ben certo di conversare con la propria cugina
rediviva, domandò:
«Narrami le tue impressioni durante la crisi della morte».
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Essa rispose: «Quando entrai in agonia, vidi arrivare lo
il quale prese ad aleggiarmi attorno giulivamente. In quel
cominciava ad emergere dal corpo carnale e mi sentivo
profonda, ma qualcuno degli astanti depose vicino a me un
Erano i miei fiori favoriti e quell'ondata
spirito della mia sorellina,
momento il mio corpo eterico
invadere da una sonnolenza
vaso pieno di viole mammole.
- 175 -
di delizioso profumo ebbe per effetto di farmi tornare alla vita, con la conseguenza
che il mio corpo eterico rientrò nel corpo carnale. Aprii gli occhi, e rivolgendomi a
mia sorella, dissi: "Cara Vera, stavo per andarmene, ma il profumo delle viole mammole
mi richiamò alla vita". Poco dopo ricaddi in un profondo torpore e, quando mi
risvegliai, mi trovai fuori del corpo e vidi la camera illuminata da una luce diversa,
molto blanda e riposante. Accanto al letto stava mia madre, che piangendo contemplava
la mia salma. In un angolo della camera c'erano mia sorella e la signora Bailey che
singhiozzavano pietosamente. Vedevo invece giulive intorno a me la sorellina e la mia
buona Bessie; ma poiché io non avevo nessuna idea di quanto mi era successo, mi sentivo
impressionata da quello spettacolo incomprensibile e incoerente. Mi avvinsi pertanto a
Bessie, come impietrita da stupore e da spavento. Mi trovavo in un ambiente strano:
tutto appariva di aspetto diverso; non sapevo che cosa fare e dove andare. D'altra
parte mi sentivo felice perché non soffrivo più, ed erano tremende le sofferenze che
avevo provato poco prima al capo e al cuore. Ben presto sopraggiunsero altri spiriti di
parenti ed amici defunti, che, facendomi corona attorno, mi portarono con loro. Più
tardi tornai a contemplare la mia salma prima della sepoltura».
«Provasti dei rimpianti per essere morta così giovane?».
«No, ma pensavo con trasporto d'amore ai miei cari che abbandonavo, specialmente a
mia sorella. Invece, fu per me meraviglioso il fatto di ritrovarmi vivente dopo la
crisi della morte. Caro Fred, ciò che si denomina "la morte" non è che il passaggio da
una camera all'altra della nostra dimora. O meglio, è come se si uscisse dalla cella
tenebrosa di una prigione, per entrare in un ambiente di luce e di bellezza» (pag. 89).
Nulla di specialmente rilevabile nella narrazione di Annie sulla propria «crisi della
morte», ma il caso in sé meritava di essere citato per la sequela ininterrotta e
svariatissima di prove d'identificazione fornite dalla comunicante tramite una dozzina
di medium che non conoscevano affatto il consultante, il quale si presentava sotto
finto nome, o tacendo il proprio nome, o confuso in un'assemblea di tremila persone,
come avvenne in una memoranda seduta pubblica con la celebre medium veggente Estella
Roberts. Ora, non mi stancherò mai di ripetere che appare assurdo contestare la
veridicità dei ragguagli forniti dalla medesima entità, nelle medesime sedute,
- 176 -
in quanto essi sono convalidati dalla controprova della loro piena concordanza, la
quale non impedisce che le informazioni di Annie risultino istruttive in modo speciale
in quanto aggiungono particolari nuovi e interessanti circa le modalità con cui si
svolge l'esistenza disincarnata, mentre confermano altre informazioni alle quali
raramente alludono i defunti.
* * *
Passo a riferire il caso analogo del dottor Charles Morgan, medico curante della
defunta Annie. Il relatore riferisce:
«Quando il dottor Morgan tentò per la prima volta di manifestarsi, i risultati furono
interessanti ed istruttivi, poiché come Annie pervenne con difficoltà ad armonizzare le
proprie condizioni, o "vibrazioni", con quelle della medium.
«Nel primo tentativo la medium cadde in trance e subito si rizzò in piedi,
sforzandosi penosamente di articolare parole, ma senza riuscirvi: balbettava e
borbottava. Finalmente prese una matita, e palpando ad occhi chiusi sul tavolo,
s'impossessò del taccuino, sul quale scrisse in caratteri minuti: "Presto sarò in grado
di parlare. Io sono Morgan... Charles Morgan".
«Dopo altre tre sedute, lo spirito riuscì a controllare la laringe della medium, la
quale si abbandonò sulla sedia, premendo convulsamente con ambo le mani il lato destro
del ventre e gemendo pietosamente. Nel tempo stesso il suo volto si era trasformato in
quello di un uomo, fino ad estremi inverosimili dal punto di vista fisiologico. Quindi
la medium prese a parlare con timbro vocale assolutamente maschile, dicendo: "Amici
miei, non v'impressionate. Io sono Morgan. La medium e la sua famiglia mi conobbero in
vita".
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
«Rilevando l'atteggiamento penoso della medium, domandai:
«"Tu, dunque, soffri?".
«"Sì", rispose "ma ciò è dovuto alla mia incorporazione nell'organismo della medium:
sono le pene da me provate prima ch'io perdessi conoscenza, nell'ora della morte"».
Quando il defunto cessò di controllare la medium, questa si risvegliò gemendo per un
acuto dolore localizzato al ventre, combinato a un senso penosissimo di esaurimento
generale: sintomi che tuttavia si dissiparono dopo cinque minuti.
In una successiva seduta il dottor Morgan narrò le vicende tragi-
- 177 -
che della propria morte, le quali corrispondevano esattamente alla mimica di dolore
espressa dalla medium. Egli esercitava la propria professione a Belfast (Irlanda). Una
sera d'inverno venne chiamato d'urgenza per assistere una contadina nella crisi del
parto. Il dottore portava sempre con sé la chiave del cancello del proprio giardino, ma
quella volta, nella fretta di uscire, se ne dimenticò, come dimenticò di avvertire la
famiglia che probabilmente non sarebbe tornato a casa fino all'albeggiare. La cameriera
chiuse a chiavistello il cancello del giardino e il dottore, tornando a casa, si vide
precluso l'ingresso. Non volendo disturbare i familiari che dormivano, tentò di
scavalcare il cancello, ma quando con un piede era già penetrato dentro la fila
terminale di lance aguzze ornamentali, scivolò con l'altro piede, cascando con tutto il
peso del corpo sulla fila delle lance, una delle quali gli perforò l'addome, dal lato
destro, nel punto preciso in cui la medium premeva con le mani, gemendo pietosamente.
Trasportato all'ospedale, fu colto da setticemia e morì in condizioni comatose.
La medium sapeva soltanto ch'egli era morto, avendone letto il nome nel necrologio di
un giornale di Belfast, nel quale non si riferiva che il nome e la professione.
«Io scrissi alla madre della medium la quale da parecchi anni risiedeva a Guildford,
non più a Belfast, pregandola di assumere informazioni precise sulle cause che
portarono a morte il dottor Morgan.
«Allorché giunse la risposta riscontrai con viva emozione ch'essa corrispondeva in
ogni particolare a ciò che il defunto comunicante aveva narrato. La madre della medium
aggiungeva che l'incombenza di cui l'avevo pregata le era costata parecchia
corrispondenza, poiché lei nulla sapeva sulle cause della morte del dottore.
«Nella successiva seduta partecipai al comunicante dottor Morgan i risultati
favorevoli della mia inchiesta, notizia di cui si dimostrò compiaciuto e soddisfatto.
«Dopo di che, domandai: "Ora dovresti informarmi sulle impressioni da te provate dopo
la crisi della morte".
«"Ben volentieri", rispose. E così cominciò:
«"Io ero in vita un materialista. All'università in cui ho studiato, la grande
maggioranza degli studenti era materialista o agnostica, ed io ero irriducibilmente
convinto che tutto dovesse finire con la morte del corpo. Allorché mi capitò
l'incidente tragico che ti de-
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scrissi, fui trasportato all'ospedale, dove fui operato di laparatomia. Null'altro
ricordo, poiché rimasi costantemente in condizioni d'incoscienza, fino a quando mi
risvegliai da un lungo sonno ristoratore. Mi trovai che giacevo sopra qualcosa che a me
pareva un morbido e bianco letto. Udendo la voce di un uomo che pareva rivolgersi a me,
mi voltai da quella parte, e scorsi le sembianze sorridenti di un mio compagno
universitario, morto quando eravamo studenti. Era stato il mio più intimo amico, e la
sua morte mi aveva profondamente addolorato. Io lo guardavo con crescente stupore, ma
ritenevo di sognare. Nel frattempo altri defunti da me conosciuti si erano radunati
intorno al mio letto. Fra questi si trovarono alcuni miei pazienti, i quali venivano ad
esprimermi la loro gratitudine per quanto avevo fatto per loro nel corso della mia vita
professionale, oppure per quanto avevo fatto a favore di persone a loro care tuttora in
vita. Non riuscivo a raccapezzarmi in quella situazione strana e, guardandomi attorno
disorientato, mi rivolsi all'amico mio, esclamando: "Michy, che cosa significa tutto
questo?". Rispose: "Come mai? Non ti sei ancora accorto di essere morto?". E così
dicendo, mi guardava ridendo bonariamente a causa dello stupore espresso dal mio volto.
Ma io non credevo, non potevo credere. Tutto appariva così reale intorno a me! Al tempo
stesso mi sentivo quello stesso di prima, fatta eccezione per un sentimento prorompente
di gioia esuberante, il quale si combinava a un senso delizioso di leggerezza nel
corpo, e a una grande attività mentale. Mi sentivo liberato da ogni pena: questo era
vero, ma io lo attribuivo al lungo sonno ristoratore per cui ero passato, sonno
annunciatore di rapida convalescenza. Dicevo tra me: "Che assurdità! Io morto?
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Impossibile ed impensabile". Disorientato più che mai, mi alzai dal letto, e allora il
mio amico mi prese sotto braccio, dicendomi di concentrare fortemente il pensiero sulla
volontà di tornare vicino al mio corpo. E così comportandomi, con immenso stupore, mi
vidi trasportato all'istante in presenza del mio cadavere giacente in una bara di
piombo. Fiori e corone erano distribuiti ovunque nell'ambiente. Sentivo che parecchi
dei presenti, tra i quali mia moglie e mia madre, singhiozzavano. Provai a consolarle
dicendo loro che mi trovavo presente più vivo di prima, ma esse non mi udirono. Ripetei
la frase gridando forte, e avvolgendo con il braccio la vita di mia moglie, ma lei non
mi udì, e tanto meno avvertì il contatto del mio braccio. Profondamente impressionato
da quella scena di pian-
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to, e dalla mia incapacità di fare avvertire la mia presenza, mi rivolsi all'amico
esclamando: "Michy, per carità, portami via!". Così dicendo, desiderai fortemente di
essere trasportato altrove e istantaneamente la scena cambiò. Mi ritrovai in una comoda
e bella dimora e mi disse che io stesso l'avevo preparata anticipatamente con le mie
opere e le mie aspirazioni terrene. Qui convennero da ogni parte parenti, amici e
pazienti, a darmi il benvenuto. Senonché, a turbare la mia felicità, sorgeva insistente
il dubbio tremendo che si trattasse di un sogno, e che perciò mi sarei svegliato in
preda ai tormenti della mia ferita. Passarono circa sei settimane del vostro tempo,
prima che riuscissi a convincermi stabilmente ch'io ero effettivamente passato per la
crisi della morte. Ed è un momento veramente glorioso quello in cui si acquista la
certezza, sulla base dell'esperienza personale, che la morte del corpo fisico non
implica affatto l'annientamento dell'essere, ma consiste invece nel passaggio puro e
semplice in altro ambiente, in cui si rimane gli stessi individui in via di progredire
ed elevarsi eternamente. Di tutto questo io sono ormai certo".
«"Desidereresti tornare a vivere in terra?".
«"No, mille volte no. Penso tuttavia con dispiacere a molte cose da me lasciate
incompiute e che avrei dovuto e potuto compiere; ma, in ogni modo, mi sta dinanzi
l'eternità per supplirvi"».
A questo punto il relatore domandò: «Se la dimora in cui ti trovi è meravigliosa,
perché la lasciasti per manifestarti a noi?».
Venne risposto: «I motivi sono parecchi. Anzitutto perché fui amico della medium e
della sua famiglia; poi, perché Annie, la quale è molto affezionata alla sorella
vivente, mi pregò d'intervenire per aiutarla nella missione che si era imposta».
«E in qual modo l'aiuti?».
«Proteggendo il vostro gruppo sperimentatore dalle irruzioni di spiriti non
desiderabili».
Il relatore osserva in proposito: «Da quel momento, infatti, il dottor Morgan divenne
lo "spirito-guida" delle nostre sedute. Nessuna nuova entità potè più manifestarsi
senza il suo consenso; ed anche quando accordava il consenso, non permetteva che un
breve colloquio, mentre ben sovente annunciava che la forza si andava esaurendo e
troncava bruscamente la seduta. La sollecitudine che egli dimostrava per il benessere
della medium era illimitata e commovente...».
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In altra circostanza il dottor Morgan disse al relatore: «Ti ricordi degli articoli
di igiene e medicina che tu scrivevi per il giornale The Natal Mercury? Ebbene, ero io
che te li dettavo telepaticamente; e non ero solo, poiché mi coadiuvavano i colleghi
Edmonds e Bobs».
Il professor Fitz-Simons osserva in proposito: «Per parecchi anni collaborai
settimanalmente, sotto lo pseudonimo di "Altruista", alla rubrica sulla "Salute" del
giornale The Natal Mercury. Ora avveniva che quando mi sedevo allo scrittoio, e
prendevo la matita fra le dita, provavo costantemente un curioso formicolio che dal
braccio scendeva alle dita, e subito la matita partiva bruscamente, spontaneamente, e
le idee scorrevano rapidissime dal cervello alla carta, senza che avessi mai da
cancellare una sola parola. E quando l'articolo giungeva alla fine, momento che
ignoravo, la matita s'impuntava spontaneamente sulla carta con tanta forza, che
immancabilmente si rompeva la punta» (pagg. 46-50).
Poiché nel professor Fitz-Simons si sviluppò in seguito la facoltà della scrittura
automatica, nessun dubbio che la sua osservazione circa le modalità inconsuete con cui
gli venivano dettati gli articoli di cui si parla, conferma mirabilmente la spiegazione
che ne diede spontaneamente lo spirito comunicante.
In merito a quanto riguarda la narrazione del dottor Morgan circa la propria «crisi
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
della morte», osservo come si riscontrano particolari nuovi da segnalare, ma in
compenso si trovano condensate in una pagina quasi tutte le vicende per cui passano di
solito i defunti durante la solenne transizione che ci attende tutti. Il che è quanto
di meglio si possa desiderare in un lavoro analitico qual è il presente, il cui scopo
essenziale è quello di dimostrare la concordanza di tutte le descrizioni dei defunti,
tanto sulle vicende per cui passano dopo la «crisi della morte», quanto per le modalità
dell'esistenza spirituale; tale concordanza assume, infatti, un alto valore per
dimostrare la genesi trascendentale delle descrizioni stesse.
* * *
Passo senz'altro al terzo degli episodi da me ricavati dal libro di Fitz-Simons,
riguardante la manifestazione di Charles Bradlaugh, il notissimo materialista inglese,
deputato al Parlamento, divenuto ai suoi tempi famoso per le franche dichiarazioni di
ateismo divulgate
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dalla tribuna della Camera. Era una grande intelligenza e un grande cuore. L'opera da
lui compiuta per alleviare le miserie umane fu a tal segno ammirevole che quando cadde
gravemente ammalato furono ordinate preghiere nelle chiese invocando la sua guarigione;
e quando venne a morte, migliaia di persone del popolo vollero accompagnare la salma
all'ultima dimora. Allorché il corteo giunse in camposanto, gli uomini tolsero i badili
di mano ai becchini, procedendo lentamente, palata per palata, a colmare lacrimando la
fossa, intendendo con ciò tributare l'ultimo devoto omaggio a colui che tutto aveva
sacrificato per la redenzione dei derelitti e che, non credendo alla sopravvivenza, non
attendeva nessun premio per l'opera indefessa di tutta la sua vita.
Il professor Fitz-Simons informa:
«Una sera, lo spirito-guida annunciò che vi era uno spirito elevato, il quale si
andava sempre più interessando alla nostra medium, avendo notato in lei sentimenti
orientati appassionatamente verso l'ideale della redenzione dei derelitti, che in
Inghilterra venivano tenuti in minor conto dei cani. Tali sentimenti della medium la
rendevano in modo speciale indicata per la trasmissione ai viventi di riforme sociali e
politiche. Egli, pertanto, si proponeva d'influenzarla ed ispirarla in tal senso.
«Venne chiesto: "Puoi tu dirci il suo nome?".
«"Sì, Charles Bradlaugh, il grande riformatore sociale, materialista, deputato al
Parlamento, il quale lottò tutta la vita per la redenzione dei deboli e dei
diseredati..., con la conseguenza per sé che quando giunse nel mondo spirituale si vide
circondato da una folla di colleghi e di beneficiati accorsi a dargli il benvenuto con
trasporto d'amore. Nessun re della terra ebbe mai un'accoglienza tanto gloriosa nel
nostro mondo. Egli è ora divenuto un grande spirito.
«"... Durante l'esistenza terrena egli ebbe occasione di assistere ad esperienze
medianiche, ma ciò che vide e ciò che udì fu troppo elementare per impressionare un
temperamento scettico pari al suo. Credendo pertanto che tutto fosse inganno e
ciarlataneria, combatté aspramente il nuovo spiritualismo, cosa che da spirito deplora
amaramente".
«"E' forse questa la ragione per cui ora s'interessa a diffonderlo?".
«"Proprio così; egli ora è in grado di misurarne l'enorme importanza sociale, morale,
filosofica e conosce che solo in virtù della
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Nuova Scienza dell'Anima si arriverà un giorno alla realizzazione della fratellanza
umana e all'unificazione di tutte le religioni"» (pagg. 208-209).
Quando il Bradlaugh si manifestò per la prima volta, ebbe a sormontare minori
difficoltà degli altri spiriti comunicanti. Dopo due o tre tentativi, fu subito in
grado di esprimersi correttamente. Continuò a manifestarsi per anni ed anni, trattando
gli argomenti favoriti della redenzione umana, interessandosi alla politica del suo
paese, così come alle vicende internazionali. Poiché tali tematiche esorbitano dagli
scopi del presente lavoro, mi limito a riferire il brano di messaggio in cui egli parla
della propria «crisi della morte». Egli informa:
«Allorché mi trovai vivente e cosciente fuori dal corpo, nonché rimasto assolutamente
il medesimo individuo, la mia prima impressione fu un enorme, sconfinato stupore,
combinato a un senso di soddisfazione inesprimibile.
«Per quanto convinto materialista, durante la vita terrena non arrivavo a contemplare
con calma e indifferenza la prospettiva dell'annientamento finale. D'altra parte, però,
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
a me sembrava che non esistesse la benché minima prova sulla possibilità della
sopravvivenza. Nulla, assolutamente nulla in tal senso, all'infuori di superstizioni,
contraddizioni, dogmi e credenze assurdi, contrari alla logica spietata dei fatti e
alle conclusioni dell'indagine scientifica.
«Malgrado ciò, feci ugualmente scopo della mia vita la redenzione dei diseredati e la
lotta senza quartiere contro le disuguaglianze sociali e le sopraffazioni degli alti
ranghi del consorzio civile. In questa lotta da me ingaggiata contro tutti e tutto, mi
dimostrai troppo sovente aspro e spietato. Giunto nel mondo spirituale, tale elemento
riprovevole doveva essere eliminato dalla mia natura se volevo progredire ed elevarmi a
Sfere superiori. Ma ciò conseguito, l'ascesa fu rapida, ed ora mi trovo in un ambiente
radioso di esistenza spirituale...» (pagg. 129-220).
Null'altro è contenuto nel caso in esame che si riallacci al tema qui considerato. Mi
limito pertanto a riferire un curioso episodio d'identificazione personale del defunto
in questione, che avvenne venti anni dopo le sedute del Sudafrica in cui egli si
manifestava. Fitz-Simons si trovava a Londra e un giorno ebbe l'idea di visitare il
celebre museo della scultrice Mad Tussaud, in cui si ammirano le statue in cera, in
grandezza naturale, degli uomini celebri dell'In-
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ghilterra odierna; e qui ebbe la grata sorpresa di ammirare anche la statua di Charles
Bradlaugh. Egli scrive:
«Ne fui grandemente compiaciuto, e mi sedetti di fronte alla statua per aver agio di
contemplare quella imponente e maschia figura; affiorarono allora in me i ricordi di un
passato già lontano in cui il Bradlaugh si manifestava regolarmente nelle nostre
sedute.
«Un mese dopo, ebbi una seduta con una medium poco nota e a me sconosciuta. Non
appena cadde in trance, si manifestò lo spirito-guida annunciando:
«"E' qui presente un antico vostro collaboratore. Appare uno spirito di poderosa
intelligenza, il quale ebbe una vita molto movimentata e meritoria".
«Subito dopo il corpo della medium si abbandonò sul seggiolone, emettendo un profondo
sospiro; poi si rizzò bruscamente in piedi, con la testa eretta, le mascelle serrate, e
con ambo le mani strinse affettuosamente le mie, mentre una sonora voce maschile
informava: "Io sono Bradlaugh. Eccomi di nuovo con te, vecchio amico mio". Sono passati
molti anni dacché ci s'incontrava sistematicamente nel tuo circolo sperimentale del
Sudafrica".
«Io rimasi sbalordito, non avendo la più remota idea ch'egli potesse manifestarsi a
me dopo tanti anni, e tramite una medium di cui non conoscevo neanche il nome e che non
avevo mai vista.
«Risposi: "Io sono lietissimo di questo incontro. Non ti conobbi in vita, ma tu sei
stato per me presente e vivente in tutti questi anni".
«"Sì", rispose, con quella voce vibrante e poderosa ch'io ben conoscevo. "Io e te
abbiamo molto in comune, e la nostra opera non è ancora terminata".
«"Dovremo forse operare insieme nell'esistenza spirituale?".
«"Sì, ma non per molti anni ancora. Io e te dobbiamo tuttavia operare uniti già da
ora: tu nel corpo carnale ed io nel 'corpo spirituale'. L'uomo disincarnato opererà
all'unisono con quello incarnato".
«A questo punto s'interruppe; sul volto della medium si delineò un arguto sorriso, e
la voce robusta del comunicante così mi parlò:
«"Ebbene, che cosa pensi della mia statua di cera?".
«Rimasi a tal segno sbalordito, che non riuscii a rispondere. Egli continuò:
«"Io ero con te quando ti sei seduto di fronte alla mia statua. Che
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te ne pare della mia presenza carnale?". E così dicendo, rideva di cuore. Poi si
riprese e proseguì: "Io sono sempre lo stesso anche ora, ma migliorato; non solo per la
forma, ma nei pensieri e negli ideali".
«"In che senso sei migliorato?".
«"Sono ridiventato giovane ed esuberante di vitalità. Qui non vi sono vecchi, amico
mio. Il corpo spirituale è sempre giovane ed esente da imperfezioni".
«"Come facesti a trovarti nel museo proprio nel momento in cui mi ci trovavo io?".
«"Presto spiegato: i tuoi pensieri erano intensamente concentrati su di me. Ne derivò
che mi raggiunsero all'istante, ed io intervenni per saperne la ragione"» (pagg.
236-237).
In un'altra sua manifestazione a Londra, con un altro medium, Bradlaugh disse al
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
relatore:
«I nostri sforzi uniti sono già riusciti a rompere il ghiaccio dei preconcetti, ed
ora comincia per noi una grande missione. Desidero che tutte le relazioni delle nostre
sedute siano conservate nei loro minimi particolari, allo scopo di pubblicarle a suo
tempo in volume, affinché possano circolare e diffondersi ovunque a edificazione ed
elevazione dell'umanità.
«Grandi forze spirituali si stanno organizzando in questo momento a tale scopo, e
questo è il messaggio che il mondo spirituale invia all'umanità: "Coloro che furono
scelti per la grande missione di precursori, non pensino ad altro che a consacrarsi ad
essa con tutte le loro energie, affinché si diffonda nel mondo intero questa radiosa
verità: Non c'è morte: la vita è eterna"».
La memorabile seduta in questione terminò con un'altra magnifica prova d'identità.
Bradlaugh non desiderava essere chiamato con il nome terreno che gli ricordava tante
lotte penose e il suo passato di materialista, per cui si faceva designare con
l'appellativo di «Guida Innominata». Solo Fitz-Simons sapeva chi si nascondeva sotto
tale nome.
Alcuni giorni prima della seduta in questione, Fitz-Simons aveva inviato all'amico
dottor Purchas, residente a Johannesburg, un ritratto al naturale della «Guida
Innominata». Senonché nella seduta di cui si tratta, Bradlaugh disse al relatore:
«Ormai la mia identità è conosciuta in quel circolo, e sarebbe un'anomalia che
continuassero a chiamarmi la "Guida Innominata". Meglio d'ora innanzi designarmi con
quest'altro appellativo: "Guida Invisibile"».
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L'indomani, quando Fitz-Simons non aveva ancora pensato di avvertire Purchas di
mutare in tal senso l'appellativo con cui contrassegnare il ritratto inviatogli, gli
pervenne da quest'ultimo la seguente missiva:
«Ricevetti il ritratto della "Guida Innominata" e i membri del nostro circolo ve ne
ringraziano sentitamente. Prima di appendere il ritratto nella sala delle sedute, noi
consultammo alla "voce-diretta" la "Guida Innominata", avvertendola del dono gradito
ricevuto e della nostra intenzione di inserirvi sotto, in lettere d'oro, le parole:
"Guida Innominata".
«No», egli rispose, «io desidererei che le lettere fossero modestamente scritte in
caratteri neri e che le parole "Guida Innominata" fossero mutate in queste altre:
"Guida Invisibile"».
Il relatore così commenta: «Lascio i lettori liberi di giudicare da se stessi la
natura probativa di questo mirabile episodio d'identificazione personale dello spirito
comunicante.
«Egli, in tal modo, ha dimostrato la propria indipendenza dai due medium con cui si
era manifestato.
«La distanza da Port Elizabeth a Johannesburg è di 1500 chilometri» (pagg. 290-292).
Nessun dubbio che quest'ultimo avvenimento si converte in un'ottima prova indiretta
d'identificazione personale del defunto comunicante; indiretta, ma efficace quanto le
prove dirette che consistono in ragguagli personali più o meno intimi ignorati dal
consultante e risultati veridici. Si consideri che se l'entità comunicante nel gruppo
di Port Elizabeth fosse stata un'effimera personificazione sonnambolica, il nuovo
appellativo da essa proposto non avrebbe potuto essere riproposto lo stesso giorno, da
un'altra effimera personificazione sonnambolica, al gruppo di Johannesburg. Ne deriva
che, se invece così avvenne, allora doveva trattarsi della personalità spirituale del
medesimo defunto il quale, dopo avere indicato al primo gruppo un nuovo pseudonimo con
cui designarlo, si manifestò nel secondo gruppo, lontano 1500 chilometri, ripetendo
agli sperimentatori il medesimo pseudonimo.
Dal punto di vista del caso esposto considerato nel suo complesso, è teoricamente
istruttivo rilevare che un positivista-materialista, rimasto tale per tutta la vita,
dopo la «crisi della morte» viene accolto nel mondo spirituale da una folla di
ammiratori e di beneficati con tale trasporto di amore da far dire allo spirito-guida
che «nes-
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sun re della terra ebbe mai un'accoglienza tanto gloriosa». Ciò dimostra una volta di
più come nell'esistenza incarnata contino esclusivamente le opere da noi compiute,
combinate con le aspirazioni intime e non espresse, non già le credenze religiose
professate o non professate, le quali dipendono unicamente dalle disposizioni mentali
di ogni individuo, dall'ambiente in cui si nasce, dagli studi compiuti e via dicendo.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Ma si potrebbe osservare che tale verità è così palese da non richiedere esempi di
fatto per convalidarla. Il che è verissimo da un punto di vista d'ordine generale, ma
da quello particolare delle indagini metapsichiche il caso esposto assurge invece ad
importanza speciale, giacché nel mondo spirituale, a norma di quanto informano gli
stessi defunti, ordinariamente gli spiriti dei disincarnati rimasti fino alla morte
assolutamente certi dell'annientamento finale cadono in un sonno profondo non appena
emersi nel mondo spirituale e vi rimangono per anni e decenni. Troppo sovente i loro
metodi di vita sono infatti conformi alle loro inveterate convinzioni e non si curano
d'altro che di accumulare denaro con ogni mezzo, allo scopo di godersi la vita
egoisticamente e animalescamente, senz'ombra di un ideale che li nobiliti: né sociale,
né morale, né scientifico, né artistico, e tanto meno altruistico; imitano nel
comportamento i romani della decadenza, i quali s'immergevano in orge nefande cantando
in coro: «Inebriamoci di vino e di amore, poiché la vita è breve, e tutto finisce con
la morte».
Quando si tiene conto che le nostre opere e i nostri stessi pensieri abituali
concorrono a concretare lentamente, attraverso la vita intera, il finissimo tessuto
eterico del «corpo spirituale» immanente nel «corpo carnale», allora è chiaro che
un'esistenza riprovevole ed inutile come quella esposta, non potrebbe non ripercuotersi
nell'intima costituzione del «corpo spirituale», rendendolo talmente appesantito ed
inquinato da elementi eterogenei da rendere necessario un lungo periodo di sonno
riparatore, dopo la «crisi della morte».
In altri termini: è sempre la condotta dei viventi quella che decide automaticamente,
per «legge di affinità», dei loro destini spirituali, poiché Bradlaugh, positivista-
materialista irriducibile, aveva invece consacrato la vita alla redenzione dei
diseredati, tutto sacrificando a tale nobile ideale, si comprende com'egli avesse con
ciò preparato inconsapevolmente a se stesso quella apoteosi di gloria ed amore che
accolse il suo spirito al momento dell'ingresso nel
- 187 -
mondo spirituale, per quanto egli non credesse di possedere uno spirito.
A questo punto, avevo intenzione di riportare un numero adeguato di narrazioni e di
vicende inerenti all'ambiente e all'esistenza spirituali, temi affascinanti di cui sono
pieni i messaggi trasmessi dalle personalità medianiche in questione; ma mi accorgo di
essermi già troppo diffuso in particolari estranei al tema fondamentale del presente
lavoro, e pertanto mi limito a riportare un unico brano di messaggio in cui si tratta
l'argomento del sesso e dell'amore in ambiente spirituale, e ciò in quanto esso
convalida l'altro trasmesso a William Stead dallo spirito-guida «Giulia» (Caso XX), e
in pari tempo risulta complementare del medesimo.
Il professor Fitz-Simons rivolse alla personalità spirituale di «Amos», una delle più
elevate del gruppo, la seguente domanda:
«Amos, prima di elevarti all'eccelsa tua dimora spirituale per non tornare più nel
nostro mondo, vorrei che tu mi rivelassi la sorte finale dei sessi, cioè se le "anime
gemelle" maschili e femminili finiranno un giorno per fondersi in un essere solo, senza
sesso».
«No, mai. Il sesso diviene, invece, sempre più differenziato e pronunciato nella
misura in cui le "anime gemelle" si elevano spiritualmente...».
«Vorrei sapere ancora se lo spirito di un uomo, quando emerge nel vostro mondo, si
sente ancora attratto dalle grazie femminili, così come avviene in terra, con la
conseguenza che abbiano a combinarsi coppie amorose anche in ambiente spirituale».
«No. L'istinto sessuale conduce gli spiriti incarnati al matrimonio; ma questa è la
manifestazione inferiore, non ancora raffinata, del vero amore sublimato delle Sfere.
«In ambiente spirituale occorre che uno spirito s'incontri con la propria "affinità",
vale a dire con la propria "anima gemella", prima che divampi in lui la fiamma del vero
amore celeste. Qui da noi gli spiriti maschili adempiono ai loro compiti giornalieri
sempre a contatto con spiriti femminili, ma nessuna passione d'amore è mai generata
dalla promiscuità, come avviene in terra. Solo quando ci si imbatte nella nostra
"affinità" di sesso opposto, e cioè in altro spirito capace di armonizzare
perfettamente con noi, fino a potersi fondere l'uno nell'altro, solo allora essi
divengono ciò che voi chiamate marito e moglie, adempiendo armonicamente uniti i loro
compiti celestiali.
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«Impossibile trasmettere ai viventi un'idea anche lontanamente adeguata della
beatitudine celestiale, dell'estasi inesprimibile che genera l'amore-fusione di due
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
anime le quali vibrano all'unisono per la loro infinita capacità d'amare.
«Nello stesso tempo, però, due spiriti possono trovarsi sul medesimo piano di
perfezione trascendentale, vale a dire possedere la medesima tonalità vibratoria, ma
risultare talmente dissimili che non può nascere attrazione tra di loro. L'acqua e
l'olio sono entrambi elementi ottimi, eppure non possono fondersi l'uno nell'altro.
«Quanto ai matrimoni terrestri felicemente riusciti, essi non sono affatto disciolti
nel mondo spirituale. Quello tra i coniugi che è partito prima per la dimora celeste
attende che l'altro lo raggiunga, e rimangono uniti per l'eternità. Ma se si trattasse
di affinità superficiale ed effimera, allora essi rimangono uniti fino a quando giunge
il momento in cui tale intima associazione non risulta più conveniente per il loro
rispettivo progresso spirituale.
«In ambiente spirituale l'esistenza delle coppie fortunate che nel mondo vostro
divennero "anime gemelle" si svolge in un piano di gran lunga più elevato di quel che
non avvenga in terra e infinitamente più soddisfacente, senza che per questo venga
soppresso il benché minimo sentimento affettivo umano» (pagg. 225-227).
Caso XXV
Traggo l'episodio dal libro di Natacha Rambova Rudy (26), nel quale l'autrice narra
la vita del proprio marito Rodolfo Valentino, il celebre artista cinematografico,
facendola seguire dai messaggi medianici conseguiti dal defunto. Dal punto di vista
generico delle «rivelazioni trascendentali», il libro presenta un grande interesse,
giacché risulta una mirabile sintesi di quanto venne sempre affermato dagli altri
defunti comunicanti; mentre si rivelano in esso chiarimenti ulteriori di temi
importantissimi, quali, ad esempio, la «potenza creatrice del pensiero in ambiente
spirituale e in ambiente terreno», e «l'intima natura della musica»; temi che vengono
illustrati con ragguagli che possono considerarsi spiragli di nuova luce.
Si apprende dal libro che Rodolfo Valentino si occupava in vita di esperienze
medianiche, ed era egli stesso un medium scrivente, veggente notevolissimo.
- 189 -
I messaggi medianici qui considerati furono ottenuti dalla Rambova nella residenza di
famiglia, situata nei dintorni di Nizza, tramite il medium americano Giorgio Beniamin
Wehner, con il quale si manifestava sovente anche la fondatrice della teosofia, Madame
H. P. Blavatsky, che a causa di quelle sedute, incontratasi con lo spirito del defunto
Valentino, volle costituirsi sua «guida spirituale».
Dal punto di vista degli episodi verificabili e risultati veridici, quali si
estrinsecarono in quelle sedute, mi limiterò ad accennare all'incidente iniziale
avvenuto allorché Valentino versava in condizioni gravissime a New York. In quella
sera, nel circolo familiare di Nizza, si manifestò lo spirito di una defunta, di nome
«Jenny», grande amica di famiglia, la quale informò di essere stata costantemente al
capezzale del moribondo, il quale l'aveva vista allorché lo trasportavano alla casa di
salute. Una settimana dopo la morte di Valentino, la Rambova ricevette una lettera
dalla sorella residente a New York, in cui, tra l'altro, informava che Valentino aveva
visto Jenny, e l'aveva chiamata per nome allorché lo portavano alla casa di salute.
Infine, il defunto stesso, nei primi suoi messaggi medianici, narra di aver visto Jenny
e di averla chiamata. Si tratta pertanto di una triplice conferma del medesimo
fenomeno, in cui la prima informazione medianica intorno alla visione dell'infermo sul
letto di morte viene dimostrata veridica da una lettera inviata subito dopo avvenuto il
fenomeno, per venire quindi confermata dal defunto stesso comunicante.
Passando alla citazione dei brani che si riferiscono al tema qui considerato, rimango
imbarazzato dalla quantità di episodi importanti che non potrei esimermi dal riferire.
Comunque, non essendo possibile farlo, mi limiterò allo strettissimo necessario.
Comincio a riportare quasi integralmente il messaggio III, nel quale il defunto narra
con grande efficacia descrittiva le vicende del suo trapasso. Egli scrive:
«Allorché versavo in condizioni gravissime, ma prima che si sapesse per certo ch'io
dovevo morire, vidi improvvisamente il fantasma di Jenny. Ne fui sorpreso. Credo di
averla chiamata per nome. La vidi per un momento: mi si manifestò circonfusa da una
luminosità color rosa. Mi guardò sorridente - proprio come faceva in vita, quando
sapeva che avevo bisogno d'incoraggiamento - e mi stese le braccia. Con quel sorriso
essa pareva dirmi: "Non ti crucciare!".
- 190 -
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Tuttavia, non la udii parlare. La visione si dileguò in un secondo: ma con ciò io seppi
di dover morire. Dall'intimo del mio essere, ebbi l'intuizione che la mia carriera
terrena era giunta al suo termine. Ne rimasi atterrito. Io non volevo morire. Mi colse
una strana sensazione: pareva ch'io sprofondassi nel vuoto, fuori da tutte le cose.
«Il mondo mi appariva più caro e più bello di quanto mi era apparso prima. Pensai
alla mia opera che amavo tanto! Pensai alla mia casa, alle mie cose, agli animali miei
preferiti. I ricordi si affollavano in tumulto nel mio cervello. Erano ricordi di
automobili, di viaggi, di yacht, di vestiti e di denaro. Tutto questo materiale
disparato mi appariva prezioso. E il pensiero che per me sarebbe stato tutto quanto
spazzato via per sempre mi terrorizzava. Avevo l'impressione che il mio corpo fosse
divenuto pesantissimo e nello stesso tempo che in me vi fosse qualche altra cosa che
appariva via via più leggera, come se da un momento all'altro dovesse elevarsi in aria.
«Lo scorrere del tempo diveniva per me cosa importante. Un alcunché d'ignoto e di
misterioso pareva mostrarsi in lontananza, e mi sentivo come immerso in un sentimento
pauroso d'immensità che mi opprimeva, che faceva trepidare l'anima mia.
«Mi si affacciavano alla mente costernata centinaia di cose che mi ero proposto di
fare: cose importanti e cose triviali. Perfino le lettere che avevo avuto intenzione di
scrivere mi venivano in mente. Tuttavia la fugace ma intensa visione di Jenny mi aveva
persuaso che nulla più avrei compiuto di quanto avevo progettato. Non potevo
dimenticare il suo strano e bel sorriso, le sue braccia protese verso di me, la
luminosità spirituale che l'avvolgeva.
«Nel mio cervello si affollavano tutte le persone da me conosciute. Volti, volti e
poi volti. Erano persone che avevo visto qualche giorno prima e persone che avevo
conosciuto molti anni prima. Pensavo ai miei colleghi gioviali, alle persone che si
rivolgevano a me per chiedermi aiuto, alle altre di tutte le classi le quali venivano a
me per motivi d'ogni sorta. Vedevo i volti di Maria, di Alberto, di Ada, di zia Teresa,
di Schenck, di Muzzie, il tuo! Sempre volti! Poi ricordi di mia madre. La mia
fanciullezza, la scuola, la mia bella Italia, il mio primo viaggio in America, il
documento della mia nuova cittadinanza. Questo immenso flusso di ricordi assopiva le
mie pene. Anche le più futili e ridicole esperienze della mia vita sorgevano
vividissime nel mio cervello. Follie, piaceri, dolori; qua-
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lunque cosa avessi fatto in tutta la vita pareva sopraggiungere non chiamata chissà da
dove, per fare atto di presenza. Tutto ciò finì per darmi le vertigini, e perdetti
conoscenza.
«Quando rinvenni, l'operazione chirurgica era compiuta. Tutti scambiavano con me
sorrisi di incoraggiamento. Io dovevo mantenermi assolutamente quieto, per quanto
avessi molte cose da domandare.
«Comunque, in questi ultimi giorni di vita, sebbene qualche volta mi sentissi in
forze, gravava sull'anima mia un senso di paura inesplicabile. Sentivo che se avessi
potuto alzarmi, e cominciare a compiere molte cose che avevo tralasciate, avrei
dissipato quella misteriosa paura. Naturalmente non mi si permetteva di muovermi. Venne
il tuo messaggio che mi confortò grandemente. Ebbi una strana intuizione: quella che
ben presto ti avrei riveduta e che da un momento all'altro ti avrei vista entrare nella
camera. In seguito, la mia guida spirituale, H. P. Blavatsky, mi spiegò che sentivo
così perché in realtà dovevo essere io quello che ben presto sarebbe venuto a te.
«Quindi mi colse una grande difficoltà di respiro e capii che la fine si
approssimava. Ero terrorizzato. Troppo all'improvviso mi aveva colto l'ora estrema. Non
credo, cara Natacha, che il mio stato d'animo fosse terrore della morte: no, io
allibivo dinanzi all'ignoto. Tu sai quanto ero irrequieto di fronte all'incertezza di
una situazione, alle incognite di qualsiasi natura.
«Fu allora, cara Natacha, che io cominciai ad avvertire un mutamento nel mio essere.
Lo avvertivo nel mio corpo e nel mio spirito. Pareva che qualche cosa se ne andasse.
Provavo ad intervalli una sensazione di stiramento, come se qualche parte del mio
essere venisse strappata in fretta dal rimanente.
«Pensai a ciò che sarebbe avvenuto del mio corpo: funerale, cremazione,
seppellimento. Tutte cose che m'incutevano orrore.
«Venne il prete. Lo accolsi come un raggio di luce nelle tenebre. Rimisi a lui tutti
i terrori, gli orrori, le trepidazioni che mi tormentavano. Di nuovo emersero nella mia
coscienza le memorie dell'infanzia, e le navate di una cattedrale passarono a me
dinnanzi.
«Gli ultimi sacramenti!
«Quando la solenne cerimonia ebbe termine, mi sentivo già lontano dall'ambiente
terreno. La mia situazione mentale era mutata. La chiesa mi teneva con sé come con una
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
forte mano amica. Non
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ero più solo. Non ebbi più paura. Poi le persone a me intorno divennero indistinte.
Silenzio. Tenebre. Incoscienza.
«Non posso valutare il tempo in cui rimasi in quello stato. Come se mi risvegliassi
da un lungo sonno profondo, aprii gli occhi, sperimentando al tempo stesso la
sensazione di essere rapidamente trascinato in alto. Mi trovavo immerso in una
meravigliosa luminosità azzurrina. Quindi mi vidi venire incontro "Black Feather" (lo
spirito-guida indiano dello stesso Valentino, quando fungeva da medium), Jenny e
Gabriella, la madre mia!
«Io ero morto!
«Io ero vivo!
«Questi, Natacha, i primi ricordi del mio trapasso».
A tale magistrale narrazione, in cui si compendiano le vicende del «primo tempo» del
suo trapasso, lo spirito di Valentino fece seguire i ricordi del «secondo tempo»,
immediatamente susseguito al primo, in cui egli si trovò richiamato e vincolato
all'ambiente terreno a causa della grande emozione provocata dalla sua morte tra gli
innumerevoli ammiratori della sua arte. Egli scrive:
«Era il giorno in cui trasportavano la mia salma all'ultima dimora. Cominciavo ad
avvertire il rilassarsi del pubblico interesse intorno alla mia persona, interesse così
vivo che io ritengo abbia contribuito a trattenere il mio spirito in ambiente terreno.
Ma quando la mia salma fu deposta nella tomba e i giornali cominciarono a dimenticarmi,
allora provai un senso di solitudine desolata... Mi ribellavo contro il destino che mi
aveva strappato alla vita nell'apogeo della mia gloria. Dubito che allora io valutassi
me stesso molto altamente, poiché mi pareva che l'arte muta non potesse andare avanti
senza di me. Ora rido di me stesso, ma in quel momento pensavo sul serio che la mia
morte fosse un lutto irreparabile per l'arte.
«Mi trovavo in ambiente terreno, ed ero solo. Passeggiai su e giù per Broadway.
Quella strada mi pareva reale così come quando vi passeggiavo da vivo; ma nessuno
badava a me. Avevo difficoltà a persuadermi ch'essi non mi scorgessero. Mi vedevo così
reale, e vedevo i viventi così reali, che non potevo fissarmi con il pensiero sul
grande mutamento avvenuto. Finii per annoiarmi di deambulare a quel modo, in mezzo a
una folla di passanti frettolosi, i quali parevano tutti decisi di venire a cozzare
contro di me. Una volta, anzi, io cozzai contro una donna che mi colse in pieno. Essa
allibì, si strinse addosso al compagno esclamando: "Mio Dio! Ma da dove
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giunge questo soffio gelido che ho sentito?". Tale esclamazione mi rese furioso. Dunque
la morte mi aveva trasformato in un soffio gelido? Il saperlo non mi lusingava affatto.
Mi diressi verso un gruppo di artisti teatrali i quali stavano sull'angolo della
Quarantasettesima strada, vicino al teatro. Presi uno di essi per il braccio, gridando
forte: "Io sono Rodolfo Valentino!". Ma egli non si avvide di nulla, e continuò a
ridere e a conversare.
«[...] Quali propositi di risentimento contro tutto e tutti mi assalirono sull'angolo
di quella strada! Piansi di dolore e di rabbia. Ma era vano ribellarsi.
«D'un tratto rivolsi il pensiero a te, al messaggio telegrafico che m'inviasti
allorché versavo in gravissime condizioni, ed ai telegrammi di Muzzie e di zio Dick.
Così pensando mi sentii toccare ad un braccio. Mi volsi, e vidi vicino a me una donna
dalle forme matronali, dagli occhi intelligenti e generosi. Non dimenticherò mai la sua
voce soave e rassicurante, per quanto le sue prime frasi fossero proferite con veemenza
impetuosa. Essa esclamò: "Dannazione e un inferno di fiamme: questo è quanto preconizzò
la chiesa. Dannazione e inferno ora ti rendono infelice. Vieni con me. Nulla di vero di
quanto inculcarono nella tua mente i rappresentanti delle confessioni cristiane: essi
sono tutti dei poveri ciechi. Tu hai bisogno in questo momento di una guida, ed io sono
qui per questo. Fui in vita H. P. Blavatsky...".
«Detto ciò, sorridendomi aggiunse: "Vieni". Io perdetti conoscenza. Quando tornai in
me mi trovai nel salone della palazzina di zio Dick. Era di notte, e le scale della
palazzina erano illuminate. La mia "guida" era là sulla soglia e mi accennò di farmi
avanti. Attraversammo insieme parecchie sale da me ben conosciute, fino a che giungemmo
nella camera di Muzzie. Qui eri tu con Muzzie, e di fronte a voi stava Giorgio Wehner
profondamente addormentato in una poltrona. La Blavatsky mi disse: "Egli è in sonno
medianico. Ora puoi conversare con i tuoi cari".
«Questo, cara Natacha, è stato l'inizio delle mie comunicazioni con te. Io lo debbo
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
alla mia guida generosa».
Poiché i brani riportati risultano già molto lunghi, mi limiterò ad aggiungere
qualche altro paragrafo in cui riporto osservazioni da contrapporre ad altre
osservazioni analoghe citate nei casi precedenti.
Noto che sul tema della «potenzialità creatrice del pensiero», si
- 194 -
rilevano in questi messaggi informazioni altamente suggestive riguardo al modo in cui
tale potenzialità si estrinseca in ambiente terreno. In base ad esse i personaggi
creati dai romanzieri e dai drammaturghi geniali assumerebbero talvolta parvenze di
vere e proprie personalità temporaneamente esistenti in ambiente astrale, dotate di una
certa intelligenza e di attività, per quanto automaticamente limitata alla parte loro
assegnata dal romanziere, in quanto non potrebbero esistere reminiscenze di un passato
inesistente. Allo stesso modo avviene per le analoghe creazioni di «personificazioni
sonnamboliche» nelle esperienze di suggestione ipnotica, personificazioni a loro volta
intelligenti ed agenti, ma unicamente nei limiti loro assegnati dal suggestionante.
Comunque, i personaggi effimeri creati dai romanzieri con la forza del loro pensiero
riuscirebbero talora a mantenersi esistenti fino a quando perdura vivace l'interesse
che destano in una moltitudine di lettori che sempre si rinnova e che, mantenendo
integra la tonalità vibratoria da cui trassero origine, concorrerebbe a preservarli. Da
ciò la possibilità di manifestazioni pseudo-medianiche di personaggi da romanzo, che
qui sarebbe fuor di luogo discutere, ma che risulta teoricamente possibile, e
praticamente dimostrabile.
Tornando alla «potenzialità creatrice del pensiero» in ambiente spirituale, riferirò
quest'unico brano:
«Qui ogni cosa esistente sembra costituita dalle diverse modalità con cui si
estrinseca la forza del pensiero. E la sostanza sulla quale si esercita la forma del
pensiero mi si dice risulti in realtà più solida e duratura della pietra e dei metalli
in ambiente terreno. Ciò appare indubbiamente arduo da concepire per voi, e non sembra
conciliarsi con l'idea che alcuni possono formarsi intorno alle modalità con cui
dovrebbe estrinsecarsi la forza del pensiero. Io, per esempio, avrei immaginato si
trattasse di creazioni formate da materie vaporose, e invece risultano più solide,
nonché rivestite di tinte più vivaci, di quel che non risulti per gli oggetti solidi e
colorati dell'ambiente terreno... Le abitazioni sono costruite da spiriti i quali si
sono specializzati nel modellare con la forza del pensiero questa materia spirituale.
Ed essi le costruiscono sempre come gli spiriti le desiderano, giacché attingono nelle
subcoscienze di questi ultimi i modelli mentali dei loro desideri».
A proposito del brano esposto, osservo che, dal punto di vista scientifico, non
dovrebbe menomamente stupire l'osservazione del-
- 195 -
lo spirito comunicante intorno all'apparenza solida - quanto e più della pietra - delle
costruzioni psichiche in ambiente spirituale, tenuto conto che è risaputo come la
scienza abbia dimostrato che la solidità della materia è pura apparenza. Ne deriva che
l'attributo «solidità» risulta esclusivamente una questione di «rapporto» tra soggetto
ed oggetto; vale a dire che per noi, esseri costituiti dalla medesima materia che
costituisce l'ambiente in cui viviamo, questo ambiente necessariamente deve apparire
solido, in quanto esiste un perfetto rapporto tra soggetto ed oggetto. Analogamente, a
uno spirito rivestito di un «corpo eterico» dovrà apparire altrettanto solido
l'ambiente eterico in cui soggiorna, e ciò per la identica ragione dell'esistenza di un
perfetto rapporto tra soggetto ed oggetto. Per converso, al medesimo spirito dovranno
apparire ombre evanescenti le persone viventi e l'ambiente terreno, in assenza di
rapporti tra le condizioni in cui egli esiste ed opera e le condizioni in cui esistono
ed operano i viventi. Senza contare ch'egli avrà la conferma di quanto presume allorché
gli accadrà di passare attraverso ad un muro come se il muro non esistesse.
Noto ancora come l'ultima osservazione contenuta nel brano qui considerato, e in cui
si afferma che «le abitazioni sono costruite da spiriti i quali si sono specializzati
nel modellare con la forza del pensiero la sostanza spirituale», è in perfetto accordo
con quanto aveva affermato un'altra personalità medianica nel Caso XVII. Quest'ultima,
parlando di tali costruzioni psichiche, osserva: «Un gran numero di spiriti non lavora
a tali creazioni, poiché il farlo è riservato a quelli che manifestano disposizioni
naturali per tale compito speciale». Trattandosi di una concordanza riguardante un
particolare secondario, essa risulta teoricamente più importante di tante altre
riguardanti particolari fondamentali; visto che l'ipotesi delle «fortuite coincidenze»
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
diviene sempre meno verosimile nella misura in cui le concordanze tra le descrizioni
degli spiriti comunicanti si riferiscono a particolari sempre più minuziosi o
insignificanti.
Segnalo un'altra concordanza vertente su un particolare secondario, a proposito delle
informazioni fornite dall'entità comunicante intorno a una categoria di spiriti di
trapassati che rimangono vincolati all'ambiente in cui vissero, divenendo molto spesso
«spiriti infestatori». L'entità osserva:
«Molti spiriti nuovi arrivati non resistono alla scossa mentale in
- 196 -
essi provocata dal mutamento avvenuto. Ne deriva che i medesimi, per effetto
d'ignoranza e di paura, nonché di risentimento per essere stati strappati al mondo
della materia che amavano troppo, spendono il loro tempo a frequentare, o meglio ad
infestare, l'ambiente in cui vissero, al quale divengono psichicamente vincolati. In
conseguenza di ciò, essi si trovano nel più basso strato del piano astrale, fuori del
mondo e dentro il mondo, a causa del loro tenace attaccamento ad opinioni e passioni
terrene. Questi disgraziati sono i cosiddetti "spiriti infestatori" di cui si parlava
tanto nelle vostre esperienze medianiche. Mi si dice che taluni fra essi sono a tal
segno ostinati nel non volere abbandonare le proprie convinzioni e il loro modo di
pensare terreno, che divengono mentalmente ciechi, e non possono concepire, e tanto
meno realizzare, la possibilità di un avanzamento nel mondo spirituale in cui si
trovano. Essi risultano non progressivi e inadattabili per la loro ostinatezza... Il
peggio è che queste anime possono rimanere vincolate al mondo per anni, ed anche per
secoli...» (pagg. 196-197).
Tali ammaestramenti impartiti dal defunto Valentino concordano con quanto aveva
detto, nel Caso X, un'altra personalità comunicante a proposito di taluni «spiriti
molto bassi, i quali restando vincolati alla terra, non hanno il beneficio del sonno
riparatore, e perseverano nell'illusione di credersi ancora viventi e in balia di un
sogno curioso». Dopo di che il comunicante aveva aggiunto: «Dunque ricordatevi che gli
spiriti vincolati alla terra, o spiriti infestatori, sono quelli che vivono
perennemente in tale illusione».
Come si vede, questo secondo messaggio sul medesimo particolare secondario non solo
concorda con il primo, ma vale a completarlo e chiarirlo, in quanto fornisce le ragioni
per cui si determina tale stato di fatto negli spiriti dei defunti troppo attaccati
alle cose terrene; stato di fatto a cui il defunto Valentino aveva a sua volta
accennato, spiegando che «divenivano mentalmente ciechi».
Una terza concordanza del genere si rivela nella descrizione delle impressioni
provate da Valentino al momento della morte, in cui si rilevano impressioni soggettive
essenzialmente identiche a quelle descritte dall'entità spirituale di James Blair nel
Caso XVIII. Quest'ultimo osserva: «Sentivo che sprofondavo lentamente e inesorabilmente
nell'abisso...». E Valentino: «Mi colse una strana sensazione: pareva ch'io
sprofondassi nel vuoto, fuori da tutte le cose...». James Blair così continua: «Ero
invaso da uno strano senso
- 197 -
di desolata impotenza, come se avessi perduto ogni energia. Nello stesso tempo, godevo
di sentirmi divenuto leggero leggero...». E Valentino: «Avevo l'impressione che il mio
corpo fosse divenuto pesantissimo e nello stesso tempo che in me vi fosse qualche altra
cosa che appariva via via più leggera, come se da un momento all'altro dovesse elevarsi
in aria...». Il primo così prosegue: «In pari tempo provavo l'impressione di alcunché
d'immenso, di incommensurabile che mi circondava...». E il secondo: «Un alcunché
d'ignoto e di misterioso pareva mostrarsi in lontananza, e mi sentivo come immerso in
un sentimento pauroso d'immensità che mi opprimeva, che faceva trepidare l'anima
mia...».
Le notevolissime coincidenze d'impressioni post-mortem appaiono altamente suggestive
in favore della genuinità trascendentale dei messaggi che le contengono; tanto più che
per una fortunata coincidenza i due libri in cui si trovano vennero in luce
contemporaneamente nell'aprile del 1928 escludendo così la possibilità che uno dei
medium avesse espresso impressioni soggettive assimilate leggendo il libro dell'altro.
Segnalo infine una quarta di tali concordanze secondarie, più importanti delle
primarie. Lo spirito del defunto Valentino, a pag. 157 osserva:
«Qualche volta, quando mi trovo con te e con Muzzie, mi colgono dei dubbi sui
risultati che otterrò, e allora sento la voce di H. P. Blavatsky, la quale interviene
in mio aiuto consigliando: "Volontà ferma occorre. Non divagare". La sua voce suona
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
prossima all'orecchio, eppure i miei occhi non la scorgono e i miei sensi non avvertono
la sua presenza. Dove si trova quando mi parla così? E come mai essa è capace di sapere
ciò che penso e ciò che faccio, visto che risponde ai miei pensieri, per quanto non sia
presente? E' questo un altro dei misteri da chiarire».
Così Rodolfo Valentino. Noto che nel Caso XIII riferisco un incidente analogo, in cui
lo spirito comunicante narra che, desiderando ardentemente di rivedere ancora una volta
un caro amico vivente, gli giunse da lontano una voce che così gli parlò: «Pensa a lui,
concentra il pensiero su di lui, e lo vedrai». Era la voce di uno spirito amico, che,
per quanto lontano, aveva percepito telepaticamente il desiderio del nuovo spirito
arrivato, ed era intervenuto in suo aiuto, consigliandolo sul da fare per ottenere lo
scopo.
E' evidente quanto risultino teoricamente importanti e suggestive
- 198 -
le concordanze del genere suddetto quando vengano raccolte, ordinate, classificate in
numero adeguato. Il loro valore scientifico è cumulativo, ma nello stesso tempo è
risolutivo nel senso dell'interpretazione spiritica dei fatti, visto che sarebbe
assurdo e ridicolo tirare in ballo l'ipotesi delle «coincidenze fortuite» di fronte a
un cumulo enorme e svariatissimo di concordanze siffatte.
Per ciò che si riferisce alle concordanze riguardanti particolari fondamentali sulla
crisi della morte, osservo che nei messaggi in esame tali concordanze si rinvengono
tutte. Infatti, il defunto subisce la prova della «visione panoramica» al momento della
morte; si ritrova in forma umana nel mondo spirituale; si vede accolto dai propri
spiriti familiari; non può persuadersi di essere morto allorché passeggia per Broadway
- la grande arteria stradale di New York - e scorge i passanti come li scorgeva in
vita; riscontra che l'ambiente in cui si trova corrisponde al paesaggio terreno
spiritualizzato; e infine viene a conoscere che ciò è dovuto al fatto che nel «piano
astrale» in cui egli si trova le modalità di esistenza sono puramente mentali. Tutto
quanto in esso esiste, infatti, è il prodotto della potenza creatrice del pensiero e
della volontà degli spiriti ivi dimoranti: pensiero e volontà creatori del paesaggio
spirituale della forma umana conservata dagli spiriti che vi soggiornano, degli
indumenti eterici che li rivestono, delle abitazioni in cui si compiacciono di vivere e
via dicendo.
Caso XXVI
Gli episodi fino ad ora citati si riferiscono ad esempi di defunti i quali si
ritrovano nelle svariate regioni, o «stati», del cosiddetto «piano astrale», in cui per
«legge di affinità» graviterebbero per un periodo di tempo più o meno lungo tutti gli
spiriti dei defunti che condussero in terra una vita moralmente normale. Resterebbe
pertanto da citare qualche episodio in cui venissero contemplate le vicende per cui
passano, durante e dopo la «crisi della morte», gli spiriti dei «reprobi», costretti a
gravitare - sempre per legge di affinità - nelle «Sfere di probazione», le quali
corrisponderebbero all'«Inferno» dei cristiani - bene inteso senza torture fisiche - e
in cui le sofferenze morali non sarebbero eterne, ma transitorie. Senonché debbo
dichiarare che non riuscii a trovare un solo esempio di de-
- 199 -
funto inabissato nelle Sfere infernali, il quale sia venuto a trasmettere
medianicamente la narrazione della sua triste avventura. Il fatto risulterebbe
spiegabilissimo, visto che raramente, e forse mai, si determinerebbero rapporti
medianici con entità esistenti nelle più basse Sfere di probazione, delle quali
tuttavia si conoscerebbero le condizioni per le descrizioni fornite in proposito da
numerose personalità medianiche.
Per ciò che si riferisce agli spiriti esistenti nelle Sfere di probazione
«intermedie», e di poco inferiori ai bassi strati del «piano astrale», rilevo che ve ne
furono taluni i quali descrissero le vicende del loro ingresso nel mondo spirituale; e
tra questi è notevole il caso ormai famoso dello scrittore inglese Oscar Wilde (27).
Un secondo caso interessante del genere riguarda un altro celebre scrittore inglese:
il romanziere e drammaturgo Edgar Wallace.
Qui lo riferisco, ricavandolo dai numeri 15 e 16, anno 1932, di Psychic News, e il
relatore è Hannen Swaffer, il principe dei giornalisti inglesi, il quale da parecchi
anni si occupa d'indagini psichiche con attività di apostolo.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Senonché non fu lo Swaffer che ottenne la manifestazione dell'amico suo, ma una
modesta signora a lui sconosciuta, dotata di buona medianità scrivente, alla quale si
manifestò lo scrittore in questione, iniziando il proprio messaggio in questi termini:
«Io ti detterò un opuscolo che dedico all'amico Hannen Swaffer, allo scopo di
fornirgli il mezzo di far sapere al mondo che io ora conosco, per esperienza personale,
che ciò di cui egli era convinto, facendone propaganda, risulta assolutamente corretto
nei particolari.
«Ringrazio Dio che mi ha concesso di tornare in terra ad informare i viventi che
nella mia nuova dimora spirituale non avrò pace fino a quando non avrò fatto sapere a
tutti coloro che mi conobbero che io avevo torto, e Swaffer ragione. A tale scopo mi
accingo a narrare le vicende del mio trapasso affinché i viventi apprendano che lo
scrittore Edgar Wallace è realmente sopravvissuto alla morte del corpo».
La medium di cui si tratta, non sapendo che pensare di quanto le veniva dettato,
spedì il voluminoso messaggio ad Hannen Swaffer, chiedendo consiglio, e domandando se
realmente egli fosse stato amico del comunicante.
Hannen Swaffer informa: «Vero che io fui amico e costantemente in contatto con Edgar
Wallace per un trentennio; amicizia che a
- 200 -
dispetto della sua morte, continua. Il manoscritto inviatomi s'intitola The Passing of
Edgar Wallace, ed io lo pubblico in quanto sono assolutamente convinto della genuinità
del messaggio dell'amico defunto.
«Curiosa amicizia la nostra. Fummo amici per un trentennio; poi i nostri rapporti si
guastarono. Quindi ci riconciliammo, per poi rompere nuovamente e nuovamente tornare
buoni amici. Ma un anno prima della sua morte egli pubblicò un articolo furibondo
contro lo "spiritualismo", articolo che risulta la più grave offesa alla verità
perpetrata da lui in tutta la vita. E si trattava, per giunta, di un attacco a fondo
contro la mia persona. Era un'elucubrazione scritta in una crisi di cattivo umore. Mi
si consigliò di intentargli causa per il "libello". "No", risposi, "poiché prima che la
causa giunga al suo termine, noi torneremo amici".
«E infatti non tardò molto che il furibondo Edgar pubblicasse una sorta di magnanima
rettifica sul Sunday News. Si trattava di un articolo intitolato: "Io non dirò più male
dello Spiritismo", in cui narra ciò che gli era occorso nel proprio studio.
«Egli stava ponzando un altro articolo-libello contro di me, allorché risuonarono nel
suo studio dei colpi forti battuti sulle persiane. Si alzò, guardò: nulla di
segnalabile. Ma i colpi si ripeterono più forti di prima. Edgar Wallace così continuò:
"Avevo scritto due paragrafi in cui prendevo in giro il mio amico. Il terzo paragrafo
era di natura meno leggera; quando improvvisamente udii una voce che mormorò: 'Ciò che
tu scrivi è insensato ed offensivo; dovresti vergognartene'.
«"Mi guardai attorno. Già si comprende che non c'era nessuno, e la porta era
chiusa...
«"Ripresi a scrivere, ma stavo già tirando un rigo diagonale sopra il paragrafo
incriminato, quando la voce medesima riprese dicendo: 'Tutto riprovevole ciò che
scrivesti'.
«"Dimenticando che con me non c'era alcuno, io risposi osservando: 'Che cosa c'è di
riprovevole?'.
«"Nessuna risposta. Aprii il tiretto dello scrittoio e ne trassi un termometro
tascabile, credendo di avere un accesso di febbre. Nulla di tutto questo.
«"Aprii la finestra, poi la porta e mi recai nella camera di mia moglie chiedendo se
per caso mi avesse rivolto la parola. Nulla di simile.
- 201 -
«"Sedetti, presi a parlare dei figli e degli affari domestici. Di fronte a me c'era
la porta aperta, la quale corrispondeva alla porta aperta dello studio. Nessuno poteva
entrarvi senza che io lo vedessi. Mi alzai, tornando nello studio.
«"Avevo lasciato il foglio scritto sopra lo scrittoio e su di esso avevo posato il
mio orologio con relativa catenella. Lo avevo fatto automaticamente, prima di passare
nell'altra camera. Orbene: il foglio di carta era sparito! Non so perché, ma ebbi
l'impulso di voltarmi a guardare il caminetto, e nel fuoco appariva ancora il foglio di
carta carbonizzato!...
«"Al mattino, per tempo, mi alzai come di consueto e mi recai nello studio a chiudere
la finestra che lascio costantemente aperta di notte. Nell'angolo accanto alla finestra
vi è una poltroncina in velluto blu, e lì seduta c'era una donna che io non conoscevo!
Era tutt'altro che bella, ma mi sorrideva maliziosamente e pareva esultante per la
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
riuscita prodezza di farsi trovare nel mio studio. Io non la conoscevo, non avevo mai
visto un suo ritratto, non avevo la più lontana idea che dovesse rassomigliare alla
donna che per intuizione sapevo ch'essa doveva essere, cioè la cognata dell'amico
contro il quale scrivevo l'articolo incenerito, la quale era morta!
«"Nessun mistero in quest'ultima circostanza, poiché l'amico mio me ne aveva a suo
tempo resa nota la morte. L'impressione che mi rimase del suo volto è che appariva
assai pallida, come una persona inferma... Nel brevissimo tempo in cui rimase visibile,
mi aveva rivolto parole rapidissime, di cui non riuscii ad afferrare il costrutto.
Disparve dinanzi a me, ma senza lasciarmi l'impressione di una fulminea sparizione. Non
saprei dire se disparve partendo, o se si dissipò sul posto... Mi sentivo terribilmente
estenuato, le forze quasi esaurite. Mi spogliai nuovamente e tornai a letto, dormendo
fino alle otto e mezzo... Quando mi alzai volli nuovamente misurarmi la temperatura, la
quale risultava assolutamente normale...
«"Se fra i lettori vi fosse chi avesse altre esperienze analoghe da riferirmi, lo
esorto a tenerle per sé, poiché il tema dello spiritismo mi opprime l'anima; e se
qualche membro della 'Society for Psychical Research' avesse intenzione di venirmi a
intervistare, lo avviso che lo ammazzerò appena entrato. Comunque, i fatti sono fatti,
e non si possono sopprimere. L'unica conseguenza che tale avventura eserciterà sulla
mia condotta è che d'ora innanzi non prenderò più in giro gli spiriti"».
- 202 -
Queste le curiose conclusioni di uno scettico, ed Hannen Swaffer osserva in proposito
che l'amico Wallace aveva già dato prove palesi di possedere notevoli facoltà
medianiche. Si spiegherebbe così la manifestazione occorsa; il protagonista osserva
peraltro che subito dopo l'estrinsecazione dei fenomeni provava un senso di esaurimento
estremo, sensazione che avrebbe dovuto provare qualora fosse stato lui il medium
fornitore dei fluidi indispensabili al caso.
Per conto mio aggiungo che, se vi fosse chi ritenesse di poter spiegare l'episodio
esposto con l'ipotesi allucinatoria, gli ricorderei come tale ipotesi non risulterebbe
applicabile all'altro fenomeno concomitante del foglio scritto trovato carbonizzato nel
caminetto, sul quale il relatore aveva posato il proprio orologio con relativa
catenella. E' chiaro pertanto che se quest'ultimo fenomeno è inesplicabile con
l'ipotesi
allucinatoria,
allora
il
fenomeno
stesso,
unitamente
agli
altri
dell'apparizione fantasmica e dei colpi avvertitoli, dovranno logicamente attribuirsi a
un'unica causa di natura ben diversa, perché d'ordine intelligente, visto che riuscì a
raggiungere lo scopo che si era prefisso. Il che equivale ad ammettere l'intervento di
una entità spirituale interessata alle vicende private di Hannen Swaffer.
Dopo la lunga introduzione esposta, il cui contenuto a me parve meritevole di essere
ricordato, passo a riferire alcuni lunghi brani del messaggio di Edgar Wallace. Egli
scrive:
«Da qualche giorno io giacevo in stato comatoso. Tuttavia scorgevo vagamente le
persone a me intorno, ma non potevo né parlare né muovermi. Mi stupivo nel vederle
tutte più o meno costernate e mi domandavo da che dipendesse il loro atteggiamento.
«Finalmente riuscii a muovermi, quindi ad alzarmi in piedi; ma nessuno dei presenti
sembrò accorgersene, per quanto fossero in molti, tra i quali il mio segretario e il
cameriere.
«La cosa mi parve strana e inesplicabile. Mentre così pensavo, mi accadde di scorgere
il mio cameriere che, attraversando la camera, si era arrestato a guardare
malinconicamente dentro una cassa allungata che pareva una bara. Mi avvicinai, curioso
di guardare anch'io, e con immenso stupore vidi me stesso dentro la bara. Rimasi
esterrefatto. Guardavo alternatamente me stesso vivente, e l'altro me stesso giacente
irrigidito, sbiancato, senza vita, dentro una bara. Poi guardavo la signora che pareva
montasse la guardia alla bara.
- 203 -
«La mia consapevolezza era analoga a quella dei sogni e perciò mi domandavo
inutilmente che cosa significasse tutto ciò. Non riuscivo a comprendere. Perché,
dunque, avevano collocato un modello di me stesso dentro a una bara? Rilevavo che gli
autori del brutto scherzo avevano rivestito con cura il fantoccio che mi rappresentava,
e che la bara era riccamente intarsiata e addobbata con gusto.
«Mi rivolsi al cameriere chiedendo che razza di scherzo era stato quello di rivestire
con i miei indumenti un modello di me stesso, per poi adagiarlo in una bara. Ma il
cameriere non badò affatto a quel che gli dicevo, e continuò a sgombrare la camera dal
piccolo mobilio, come per acquistare spazio. Ma dunque la mia voce non aveva risuonato
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
né per lui, né per alcuno dei presenti? Non riuscivo a comprendere. Poi dissi tra me:
"Qui c'è un mistero ch'io debbo sforzarmi di compenetrare. Forse qualche facoltà del
mio intelletto funziona di traverso". Mi avvicinai nuovamente alla bara per meglio
contemplare il fantoccio che vi giaceva. Sì, ero proprio io. Esaminai diligentemente la
fronte rugosa, ed erano rughe in una pelle genuinamente tale. Esaminai le mani, delle
quali io conoscevo ogni più minuziosa grinza; ed erano proprio le mie mani. Quel
modello di me stesso era una perfezione. Mi domandavo che cosa significasse tutto
questo. Parlavo fra me: "Io non lo so. E come si spiega ch'io non riesco ad afferrare
gli oggetti? Perché? Io non lo so. E come si spiega ch'io posso passare attraverso i
mobili? Perché? Io non lo so".
«Mi passavano vicino parenti ed amici; ma nessuno mi guardava, nessuno mi salutava.
Eppure ero vissuto con loro, avevo lavorato con loro, mi ero sempre comportato da buon
parente ed amico con tutti. Dissi tra me: "Se così è, se ciò avviene, allora non può
avvenire senza una causa determinata. Ma quale causa? Io non lo so. Come andrà a
finire? Io non lo so; forse mi trovo in un accesso di delirio febbrile, che passerà".
Ricordo che stavo scrivendo un nuovo libro importante. "Ma quale? Io non lo so. Dove
sarà finito il copione? Io non lo so, non lo so; non so più nulla di nulla..."».
Dopo questa lunga crisi di smarrimento nell'inconsapevolezza semicosciente di chi
sogna, lo spirito troppo mondano del popolare romanziere rimase per un certo tempo
vincolato al mondo terreno (earthbound) vagando un po' ovunque, più che mai sperduto e
disorientato. Egli scrive:
«Incontrai molti come me che vagavano nella caligine in cerca di
- 204 -
orientamento. Comunque, ricordavo la mia opera e i miei cari. Perché li avevo
abbandonati insieme con tutto ciò che m'interessava al mondo? Avevo raggiunto quasi
l'apice delle mie ambizioni terrene, ed ecco che senza un preavviso qualunque mi
trovavo sbalzato lontano da tutto ciò che in terra mi rendeva bella la vita...
«[...] Finalmente giunse anche per me il momento in cui le condizioni di offuscamento
mentale si andarono lentamente dissipando, e allora cominciai a capire che avevo
abbandonato per sempre il mondo dei viventi, quel mio bel mondo che non desideravo
affatto abbandonare, e in cui era presente tutto ciò che mi poteva rendere soddisfatto
e felice. Dovevo pertanto rinunciare alla compagnia dei miei cari, dovevo rinunciare a
riprendere l'opera mia di scrittore, nonché dare un addio ai molti piaceri e godimenti
dell'esistenza incarnata.
«Ciò che in sostanza avevo capito si riduceva al fatto che il modello di me stesso da
me osservato entro la bara era il mio "corpo carnale", il quale apparteneva alla
materia, quindi al mondo che avevo per sempre abbandonato. Era quello l'involucro
esteriore in cui era contenuta la mia intima personalità integrale: un involucro, cioè,
che sotto le parvenze gioviali e bonaccione aveva sempre occultato ai viventi i molti
peccati in cui perseverava l'intima personalità integrale che lo animava.
«Ma quale sarebbe stato il mio destino futuro? Io non lo sapevo, ma bramavo
urgentemente di saperlo. Il pensiero di dover vivere nel dubbio eterno, in ambiente
caliginoso mi atterriva. Mi sentivo profondamente depresso e la disperazione cominciava
a impossessarsi di me. Avrò mai la fortuna di rivedere i defunti che avevo amato in
terra? Ora sapevo che tale possibilità era realizzabile. "Dio, gran Dio, aiutami!
Soccorri chi dispera!". Sì, proprio io - scettico e peccatore - ebbi l'audacia di
invocare la clemenza divina! E la clemenza divina mi raggiunse immediata. D'un tratto
la mia attenzione venne attratta da una luminosità lontana che dissipava in quella zona
le tenebre che avvolgevano il tutto, e nella misura in cui io tenevo fisso lo sguardo
in quell'angolo radioso, la luce ingrandiva, diveniva sempre più brillante. Trepidante
di speranza, mi domandavo: "Che cosa sarà mai?". E nella misura in cui lo spazio
illuminato ingrandiva avvicinandosi, mi avvidi che aveva per origine una folta schiera
di entità spirituali, le quali irradiavano luce dai loro corpi eterici. E al di là di
quella accolta gloriosa di entità radio-
- 205 -
se intravedevo una regione a sua volta radiosa, la quale mi appariva come un panorama
di bellezza. Era forse una regione del mondo che avevo abbandonato? No, poiché le
personalità ch'io vedevo provenivano da quella regione, ed erano spiriti in forma umana
che apparivano di una bellezza meravigliosa che il mondo terreno non aveva mai
conosciuto.
«Si avvicinarono rapidamente al punto in cui mi trovavo, ma non potevo muovere loro
incontro perché mi sentivo come paralizzato. Quando furono abbastanza prossimi per
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
distinguerne le sembianze, riconobbi tra essi alcuni spiriti defunti da me conosciuti.
Ed erano tutti spiriti di precursori, che nel mondo dei viventi avevano consacrato la
vita alla diffusione di una grande fede: quella di cui ora conoscevo la realtà suprema.
Ed era la fede che avevo tanto denigrato in vita, sforzandomi di renderla ridicola in
faccia al mondo. D'improvviso uno spirito radioso si staccò dal gruppo per venirmi
incontro. Lo riconobbi subito: era William Stead, il grande apostolo dello spiritismo!
«Egli mi partecipò che il mio primo dovere era quello di tornare nel mondo dei
viventi per annunciare ai popoli che la sopravvivenza umana era una verità grandiosa,
dimostrabile sulla base dei fatti, e che la morte era una "forza" con il cui aiuto il
"corpo carnale" si separava dal "corpo spirituale" in cui era immanente un cervello
eterico che presiedeva a tutte le facoltà inerenti all'intelletto umano.
«Risposi dichiarandomi pronto a compiere il mio dovere, ma che non sapevo come fare
per assolverlo. Egli sorrise e fece cenno di avvicinarsi ad alcuni spiriti, ai quali mi
affidò, dicendomi ch'essi mi avrebbero guidato e coadiuvato nell'opera di redenzione a
cui mi accingevo».
Dopo tali premesse, il comunicante passa a descrivere ampiamente le modalità del suo
ritorno in terra e dei suoi primi tentativi per entrare in rapporto psichico con i
medium, sempre guidato e consigliato dagli spiriti coadiutori. Prima di trovare il
soggetto meglio indicato per l'adempimento della sua missione di fecondo ravvedimento,
egli fece laboriosi tirocini con tre medianità di natura diversa, tutti teoricamente
interessanti ed istruttivi, superando gradatamente le difficoltà inseparabili dai
metodi vigenti di comunicazione tra i due mondi. Finalmente trovò nella signora qui
considerata il soggetto meglio indicato allo scopo, per quanto anche con lei
- 206 -
le difficoltà da superare risultassero ardue in principio. Ma venne il momento in cui
poté dichiarare:
«Ogni volta che prendo la matita, sento che la mano di cui mi valgo diviene sempre
più docile al mio volere, e già riesco a scrivere quasi normalmente. Sono quindi pronto
ad iniziare la narrazione delle vicende per cui sono passato dopo la crisi della morte,
sperando che la mia coadiutrice vivente voglia accordarmi il tempo necessario per
dettarle, rendendo a me possibile di assolvere il primo compito inteso a conseguire la
mia redenzione..., giacché io non posso elevarmi spiritualmente fino a quando non avrò
neutralizzato il male da me fatto in terra. Potrò conseguire questo risultato solo
avvertendo i viventi che avevo torto quando scrivevo che, non esistendo un'altra vita,
non potevano darsi spiriti di defunti che tornassero in terra a manifestarsi tramite i
medium...».
Questi i brani sostanziali che dal nostro punto di vista sono contenuti nel lungo
messaggio del defunto romanziere popolare Edgar Wallace; messaggio che appare altamente
interessante ed istruttivo. Come si è visto, solo i particolari fondamentali inerenti
alla crisi della morte sono riscontrabili nel messaggio stesso, mentre l'ingresso in
ambiente spirituale del nostro protagonista differisce radicalmente da quelli fino ad
ora qui riportati, i quali rappresentano le vicende comuni alla grande maggioranza dei
defunti. E la ragione di tale discrepanza emerge chiara per chiunque: si trattava
questa volta di un defunto il quale era stato sì uno scrittore di talento, ma in pari
tempo aveva condotto una vita di gaudente senza scrupoli, mentre il suo temperamento
piuttosto geloso e vendicativo lo traeva a perpetrare cattive azioni a danno del
prossimo. In fondo, non era peggiore di tanti altri campioni del genere esistenti nel
consorzio civile. Comunque, ne derivò che i pensieri, le aspirazioni, le opere di lui
attraverso tutta la propria esistenza incarnata si combinarono per appesantire e
contaminare l'essenza eterica vitalizzata con cui si andava lentamente concretando e
organizzando il suo "corpo eterico". Giunta pertanto l'ora fatale per il trapasso ad
altra vita, era inevitabile che per «legge di affinità», il suo spirito, appesantito da
un corpo eterico impuro, gravitasse e soggiornasse per qualche tempo in una «Sfera di
probazione intermedia», di poco inferiore ai bassi strati del «mondo astrale», fino a
quando cioè egli avesse modo di purificare l'involucro del proprio spirito mediante
opere di redenzione a ciò adatte.
- 207 -
Caso XXVII
Un altro caso del genere è contenuto in un volume intitolato The Progression of
Marmaduke (28,) testo dettato per intero da un defunto di tal nome, tramite una medium
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
chiamata Florence Dismore (Flora More). Il defunto narra le proprie vicende dolorose
dopo la «crisi della morte» e, a sua volta, lei le narra ai viventi a titolo di
espiazione e redenzione. Si tratta di un nobile inglese, morto per disgrazia dopo una
breve esistenza di bagordi e di vizi, per quanto non fosse congenitamente malvagio.
Egli si manifestò successivamente con le medianità di Aimée Earle e di Florence
Dismore, e la storia di tali manifestazioni merita di essere riassunta. Aimée Earle è
una medium psicografica chiaroveggente. Un giorno in cui ascoltava un pezzo suonato al
pianoforte dall'amica Florence Dismore ebbe la prima visione dello spirito di un
giovane bruno.
Il giorno dopo mentre le amiche leggevano e commentavano un opuscolo spiritualista,
la Earle vide apparire accanto a sé il medesimo fantasma, il quale entrò in
comunicazione con lei. Florence Dismore descrive in questi termini quel primo incontro.
«Egli cominciò a interrogarla intorno alle affermazioni contenute nell'opuscolo che
si stava leggendo, a proposito delle quali osservò: "Ma io non sono morto, dal momento
che mi trovo qui". Lo spirito-guida della Earle, il quale vigilava accanto a lei,
restando invisibile per l'altro spirito, avvertì la medium di non rispondere alle
interrogazioni di quest'ultimo e di proseguire nella lettura dell'opuscolo. Essa così
fece, e a lettura finita il giovane bruno venne condotto via dalle sue guide
spirituali».
Brevemente: gli spiriti-guida lo avrebbero condotto in presenza delle due medium per
convincerlo ch'egli era morto e che si trovava nel mondo spirituale; in tal modo ne
avrebbero iniziato la redenzione, che per lui, dotato di cultura e intelligenza, doveva
esplicarsi raccontando la propria storia per il tramite medianico, a titolo di
edificazione morale e spirituale, a servizio dei viventi. Infatti, egli non tardò a
manifestarsi psicograficamente con Aimée Earle, annunciandole che aveva la missione di
dettarle la storia della sua vita, che subito iniziò. Senonché la Earle, la cui
giornata era assorbita dai doveri professionali, si avvide di non dispone del tempo
necessario per la dettatura metodica di un intero trattato; quindi, dopo la ricezione
dei primi tre messaggi, di comune accordo con lo spirito
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comunicante, si convenne che questi avrebbe proseguito a dettarli tramite l'amica
Florence Dismore. E così avvenne, fino a completa dettatura del trattato, lungo 220
pagine.
Tale trattato reca il titolo The Progression of Marmaduke («La redenzione di
Marmaduke») e in esso lo spirito comunicante narra la propria storia mondana, le
vicende della propria morte, i rimorsi che lo assalirono dopo la morte, l'intervento
generoso di un amico defunto ch'egli aveva profondamente offeso in vita, e le felici
conseguenze del suo sincero ravvedimento, che gli aveva schiuso la vita della
redenzione.
Per quanto lo spirito comunicante si soffermi ben poco sul tema della «crisi della
morte», non avendo a mia disposizione altri casi del genere, mi risolvo a riportare
quel poco che ne dice. Egli così comincia il suo primo messaggio, dettato ad Aimée
Earle:
«Quante cose da disimparare nella nuova esistenza! Oh quante! Quante! Ma come fare a
redimersi? Troppo tardi per me. Eppure vengono a me degli spiriti generosi che mi
rinfrancano, aprendomi il cuore alla speranza che un giorno anche per me si realizzerà
la visione spirituale e l'audizione delle armonie celesti. Comunque, non mi sento più
un egoista e provo una viva simpatia per gli altri. Mi venne applicato il trattamento
che ci voleva: drastico ma necessario...
«Quando ero in vita, bastò un "secondo" per mandarmi a morte. Giacevo disteso alle
falde di un dirupo alpino. Un masso si staccò dall'alto, precipitò, schiacciò la mia
testa, rendendo irriconoscibili le mie sembianze. Le carte che tenevo nel portafoglio
resero possibile il mio riconoscimento.
«Fu l'opera di un attimo, ed io mi vidi improvvisamente immerso in profonde tenebre.
Cercavo tentoni di aprirmi la via in mezzo a un'oscurità tanto fitta da potersi
tagliare. Nessuna luce in vista e un silenzio di morte intorno: era una situazione
terrificante. Talora mi pareva di scorgere un bagliore in lontananza e di percepire dei
suoni musicali. Che cosa significava? Mi sentivo impazzire e lottavo invano contro
l'ignoto, come un uomo alle prese con il vuoto. Esausto, caddi riverso al suolo in una
crisi di disperazione morale spaventevole e indescrivibile. Maledicevo Iddio e il
genere umano. Volevo morire, ma non potevo morire!...
«Quindi mi ritrovai, non so come, alle falde del dirupo roccioso dove giaceva il mio
corpo, e vidi il mio corpo! Cercai di rialzarlo, di risuscitarlo, ma dovetti arretrare
disgustato dal lezzo che esso
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
- 209 -
emanava. Mi trovavo in uno stato d'animo strano ed incoerente: non riuscivo a
comprendere dove mi trovassi e che cosa fosse accaduto. M'invase il sospetto di essere
divenuto pazzo; poi di trovarmi in preda a un incubo terribile, dal quale occorreva
uscir fuori al più presto; ma la possibilità ch'io fossi morto non mi balenò mai alla
mente!
«Non so per quanto tempo vagai tra quei dirupi, ma venne il giorno in cui la mia
crisi di pazzia entrò in una fase inaspettata: mi ritrovai in un ambiente familiare, al
quale io pure prendevo parte, sebbene non conoscessi le persone che scorgevo. Ma, in
ogni modo, mi trovavo lì, e non potevo andarmene. La prima volta ascoltai musica
suonata al pianoforte; la seconda, attesi alla lettura di un libro e alle conversazioni
che ne seguirono grazie alle quali appresi che non solo era nota la mia presenza alle
due donne che ivi si trovavano, ma che ad esse era anche noto il mio carattere. (Si
tratta della circostanza dinanzi accennata, in cui le guide del giovane bruno, per
quanto non viste da lui, lo avevano condotto all'ambiente del medium). Ascoltai
attentamente e trovai che esse ritenevano che nell'uomo esistesse uno spirito
sopravvivente alla morte del corpo. Pensai tra me: "Quale assurdità!". Ma
improvvisamente qualcuno illuminò la mia mente, trasmettendomi la verità sul mio conto:
Io dunque ero morto! Ma dove mi trovavo? Che cosa ero divenuto? Non appena mi convinsi
di essere morto, le cose mutarono, e mi vidi circondato da spiriti i quali parevano
desiderosi di assistermi... Voi non potete formarvi un'idea di ciò che tale cambiamento
significava per me. Dissi: "Io sono confuso e disorientato. Mi credevo pazzo, ma non
morto". Mi si rispose: "Soltanto morto per il mondo della materia, della visione
fisica, dell'audizione fisica, ma vivo più che mai per il mondo spirituale, con visione
e audizione spirituali. Ti trovi in un'altra Sfera di esistenza: ecco tutto. Capitò
anche a noi di traversare la nostra crisi prima di adattarci al nuovo ambiente. Prima
farai a realizzare in quali condizioni tu esisti, e meglio sarà per il tuo progresso
verso la redenzione...".
«Con mio immenso stupore venni informato che quel consesso di spiriti si era adunato
per venirmi in aiuto e che ciò era avvenuto per le sollecitazioni di un mio vecchio
amico. Quanto ero lontano dal supporre chi fosse l'amico generoso! Mi dissero che avrei
dovuto tornare nell'ambiente orribile al quale mi avevano temporaneamente sottratto, ma
che un raggio di luce sarebbe penetrato nel-
- 210 -
le tenebre che mi avvolgevano, poiché quando un raggio di luce compenetra un'anima non
può estinguersi mai. Quel raggio di luce avrebbe brillato per me come la stella della
speranza e mi avrebbe infine guidato dalle tenebre alla luce radiosa di ben altro
ambiente.
«Poco dopo mi ritrovai nell'ambiente caliginoso di prima, ma brillava vicino a me una
pallida luce, che divenne la mia "stella polare". Quando bramosamente la contemplavo,
essa intensificava la sua luminosità. Ora si mostrava alla mia destra, ora alla mia
sinistra, ma non si spegneva mai. Non saprei valutare il tempo in cui rimasi in quelle
tenebre attenuate da un raggio di speranza...
«[...] Esito a questo punto a proseguire la narrazione delle prove per cui passò
l'anima mia. La grandezza della magnanimità altrui - degna in tutto di Gesù Nazareno -
precipita il mio spirito nell'abisso dei rimorsi, e la mia iniquità si erge dinanzi a
me come fantasma persecutore che mi proclama il più spregevole dei peccatori. Eppure
debbo continuare, poiché la mia narrazione deve fornire una pallida idea della potenza
dell'Amore in ambiente spirituale. Una sola legge esiste: l'Amore, che è Perdono. Il
Perdono, che è Amore. Basta: mi affretto a confessarmi dinanzi al mondo... dinanzi a
voi... Perdonatemi voi, se lo potete. Io non lo posso. Mi sento venire meno. Colui che
seppe perdonarmi è il più sublime degli uomini, ma la sua generosità mi strazia
l'anima, e l'iniquità della mia colpa si erge mostruosa dinanzi a me. L'amico che avevo
tradito in vita, che avevo abbandonato al suo destino, che avevo ridotto a un
proscritto della società, fu lui che adunò quel manipolo di spiriti allo scopo di
assistermi!...
«Vidi gli spiriti far largo a un altro spirito che avanzava alla mia volta
sorridendo. Lo guardai attentamente. Era lui! Ambrogio! L'amico che avevo tradito! Mi
protese le braccia. Nascosi il mio volto svergognato sulla sua spalla, solo per
sentirmi saturo dei suoi pensieri di perdono e di pietà per me... Mi arresto... Mi
arresto... Per oggi basta!...».
Ed anche noi troncheremo a questo punto le citazioni, onde non esorbitare dal tema
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
qui considerato.
Come si apprende dal caso esposto, il quale concorda con gli altri del genere, le
sofferenze espiatorie che affliggerebbero i «reprobi» risulterebbero prevalentemente di
ordine morale; e, in un primo tempo, consisterebbero in ogni sorta di rimpianti e di
bramosie inappagate e inappagabili; in un secondo tempo, in ogni sorta di ri-
- 211 -
morsi dilaniatori. E quando in uno spirito di reprobo s'inizierebbe la crisi dei
rimorsi, egli con ciò segnerebbe il primo passo sulla via della redenzione. Tale crisi,
talvolta assai lunga e terribile, nessuno potrebbe risparmiarla allo spirito, poiché
solo attraverso di essa il di lui «corpo eterico» perverrebbe a detergersi dai «fluidi
impuri» che lo inquinavano e lo appesantivano. I «fluidi impuri» si sarebbero
accumulati a causa della ripercussione «vibratoria» esercitata sulla sua compagine
delicatissima dalla condotta ignobile o indegna dello spirito stesso, durante
l'esistenza terrena. E come i «fluidi impuri» avevano fatalmente - per legge di
affinità - costretto lo spirito a gravitare verso regioni infernali, così per effetto
del lavacro purificatore operato dalla crisi dei rimorsi, il di lui «corpo eterico»
reso più leggero, si eleverebbe e graviterebbe - per legge di affinità - verso la sfera
spirituale immediatamente superiore.
Quanto agli altri spiriti dei «reprobi» induriti nel male, incapaci di rimorsi, essi
rimarrebbero in regione infernale, immersi in una graduatoria di tenebre, talora in
solitudine, talaltra in compagnia dei loro pari, fino a quando non giunga anche per
essi l'ora del ravvedimento e dei rimorsi; momento che talvolta avverrebbe dopo secoli,
ma che infine arriverebbe per tutti, in quanto anche gli spiriti dei «reprobi» non
sarebbero abbandonati a se stessi, ma vigilati e soccorsi da spiriti-missionari a ciò
preposti.
Nel caso qui considerato si è visto che lo spirito afferma di non sapere per quanto
tempo sia rimasto a vagare nelle tenebre e nell'isolamento. Noto che nel mondo dei
viventi si rileva la stessa cosa nei soggetti ipnotici posti in condizioni di
«sonnambolismo vigile», per i quali il tempo non esiste, tanto che allo sperimentatore
che li risveglia dopo ventiquattr'ore rispondono di aver dormito un minuto. In un mio
precedente lavoro intitolato Dei fenomeni di ossessione e possessione (29), ho citato
il caso di uno «spirito ossessionante», al quale il dottor Wickland chiede in quale
anno crede di trovarsi, ed egli risponde: «Ma già si comprende, siamo nel 1902». Si era
invece nel 1919, ma egli era morto nel 1902 e aveva vagato nelle tenebre per
diciassette anni, credendo di trovarvisi da pochi giorni.
In merito alle concordanze episodiche da rilevarsi nel caso in esame, considerate in
rapporto con gli altri casi citati in precedenza, osservo che non possono non risultare
assai circoscritte, trattandosi di entità di defunti esistenti in ambienti spirituali
diversi. Rilevo nondimeno le concordanze intorno ai soliti particolari fondamenta-
- 212 -
li: lo spirito non si accorge di essere morto, si ritrova in forma umana nel mondo
spirituale e non avverte la presenza degli spiriti gerarchicamente a lui superiori, i
quali lo vigilano e lo guidano a sua insaputa.
Quanto al particolare riguardante la potenza creatrice del pensiero in ambiente
spirituale, noto ch'egli vi accenna ripetute volte nei suoi messaggi, aggiungendo
ragguagli interessanti, che m'inducono a trarre anche questo brano del testo. Lo
spirito osserva:
«Nel mondo spirituale il pensiero è tutto, diversamente che nel mondo dei viventi.
Comunichiamo tra di noi, con il pensiero, e con la forza del pensiero combinata alla
volontà possiamo creare tutte le cose che ci abbisognano. Per utilizzare in tal senso
la forza del pensiero non basta pensare alla cosa desiderata, ma occorre una
concentrazione sostenuta del pensiero sulla cosa medesima, pensandola in tutti i suoi
particolari. Per esempio, se noi pensiamo ad una bianca tunica, possiamo crearla nella
sua forma più semplice; ma se vogliamo produrla in una forma speciale, di un colore
speciale, con disegno determinato, allora dobbiamo concentrare il pensiero sopra tutti
questi particolari, così come si vuole disporli nella tunica. Allo stesso modo, se noi
vogliamo creare un dipinto con il pensiero - poniamo la riproduzione di un paesaggio -
dobbiamo prospettarlo nella mente con la medesima chiarezza; in caso diverso verrà
creato un abbozzo più o meno confuso ed informe. Ed è per questo che l'esercitarsi
nelle creazioni del pensiero conduce gli spiriti a pensare con sempre maggiore
chiarezza e a concentrare la volontà con sempre maggiore efficacia. Fatto, questo, che
torna utilissimo, poiché anche nel mondo spirituale vi è grande bisogno di pensare con
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
chiarezza...».
CASO XXVIII
Quest'altro episodio è paragonabile al precedente per le modalità delle pene morali
sofferte dallo spirito comunicante, con l'aggravante però che la sua cecità morale,
risultando congenita e pressoché irriducibile, lo fece gravitare in uno dei primi
«gironi» delle cosiddette «Sfere di probazione» per lunghissimi anni. Rilevo inoltre
che il defunto comunicante, come nel caso che precede, si sarebbe manifestato per
narrare la propria storia a titolo d'insegnamento ai
- 213 -
viventi e di redenzione per sé. Il fatto che quest'ultima circostanza si ripeta in
numerosi casi del genere, appare altamente suggestivo ed istruttivo.
Ricavo l'episodio da un libro pubblicato a Londra e intitolato The History of
Benjamin Kennicott (The Purgatory of a Parson)(30).
L'autrice del volumetto - Isabelle Major Evans - possiede notevoli facoltà
medianiche, di cui si era sempre valsa per comunicare unicamente con il padre defunto.
Ora, avvenne che essendo afflitta da una nevrite al braccio destro che le impediva di
scrivere, fu consigliata di recarsi da una medium-curatrice, la quale riuscì
rapidamente a guarirla. Senonché, durante le visite alla medium, quest'ultima ebbe un
giorno ad esclamare: «Io scorgo un uomo vestito di nero, con una Bibbia fra le mani, il
quale mi mostra un fascio di carte manoscritte. Dice di chiamarsi... Kenny... Kenn...
Kennacott... e di essere vissuto nel secolo diciottesimo. Fece qualche cosa che
riguarda la Bibbia. Egli si rivolge a me dicendo: "Procura di guarir presto la signora,
poiché essa dovrà scrivere per me"». Dopo una breve pausa, la medium riuscì a cogliere
l'intero suo nome: «Beniamino Kennicott, rettore di Culham». Ciò conseguito,
l'apparizione sparì.
Tornata a casa, la signora Evans chiese consiglio in proposito al suo defunto padre,
il quale la informò che si trattava di uno spirito in pena, da lungo tempo nel mondo
spirituale, il quale abbisognava del suo concorso per iniziare la propria redenzione.
La consigliava pertanto di accoglierlo, mettendo a sua disposizione la propria
medianità: una seduta per quindicina.
In seguito ad inchieste subito iniziate, risultò che nel secolo diciottesimo, nel
paesello ignorato di Culham, era stato effettivamente rettore un ministro anglicano di
nome Beniamino Kennicott, il quale aveva pubblicato in vita numerosi scritti di esegesi
biblica, confrontando la versione inglese della Bibbia con il testo ebraico della
medesima, lingua quest'ultima da lui posseduta a fondo.
Allorché si manifestò tramite la signora Evans, egli fece un'ampia confessione sulle
vicende della propria vita incarnata, in cui si era dimostrato accecato dai preconcetti
religiosi, invaso da smisurato orgoglio, nonché spietato di cuore e annunciando che dal
proprio messaggio ai viventi, fecondo d'insegnamenti per questi ultimi, dipendeva il
primo passo ch'egli avrebbe compiuto sulla via della redenzione.
- 214 -
Quindi spiegò ulteriormente di essere stato un pastore anglicano talmente ligio alla
propria ortodossia - da lui ritenuta superbamente l'unica infallibile - da dimostrarsi
intollerante e spietato con chiunque non la pensasse esattamente come lui. Inoltre,
egli aveva aggiunto che le sue pubblicazioni di esegesi biblica, e la sua cognizione
della lingua ebraica, lo avevano insuperbito al punto da reputare se stesso l'unico
campione al mondo degno di ascendere a suo tempo alle più eccelse glorie del Paradiso.
Superbia e colpe che dovevano venire duramente rintuzzate dopo la crisi della morte.
Una delle colpe più gravi di cui si era macchiato erano le spietate persecuzioni
inflitte a coloro che dissentivano in qualche modo dalla sua gretta ortodossia.
Viveva in quel villaggio un umile artigiano da lui designato «Giovanni il falegname»,
il quale era un sant'uomo animato da grande fervore apostolico, nella cui bottega si
radunavano molti devoti suoi seguaci per ascoltare dal suo labbro ispirato le verità
cristiane. Il pastore Kennicott prese a perseguitarlo spietatamente, gli proibì di
accostarsi alla mensa eucaristica, vietò ai fedeli di ascoltare le sue parole,
allontanò i clienti dalla sua bottega, riducendolo alla fame insieme con la propria
famiglia. L'infelice perseguitato si privava del cibo affinché non avessero a soffrire
i suoi bimbi, e finì col morire d'inedia e di crepacuore. Questo è un saggio delle
gesta cristiane del pastore Kennicott. Noto in proposito che si riuscirono a
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
controllare e documentare anche le gesta persecutorie da lui compiute nel nome di Dio.
Giunta per lui l'ora fatale della resa dei conti, egli, in conseguenza
dell'inesorabile «legge di affinità», gravitò pesantemente nella dimora spirituale che
gli competeva, la quale apparteneva già alle cosiddette «Sfere di probazione», dove
l'ostinatezza irriducibile del suo temperamento lo trattenne per un secolo e mezzo,
fino a quando riuscì a compiere il primo passo verso la redenzione mediante il
purgatorio dei rimorsi, che in lui furono risvegliati per l'intervento di «Giovanni il
falegname», il quale ottenne lo scopo rendendo amore per odio, come a suo tempo si
vedrà.
Il comunicante iniziò il suo primo messaggio narrando le vicende della propria «crisi
della morte», per poi proseguire descrivendo le lunghissime tribolazioni morali subite
nell'ambiente caliginoso in cui era precipitato. Mi limiterò a fornire saltuariamente
brani sostanziali, poiché si tratta di una narrazione che occupa quasi per in-
- 215 -
tero le centocinquanta pagine del volumetto. In proposito non sarà inutile rivelare che
l'autrice pubblica in capo al volumetto la seguente attestazione giurata dinanzi a
pubblico notaio, il quale la controfirma: «Io sottoscritta, giuro che quanto scrissi
nell'Introduzione, e quanto è contenuto nel presente volumetto, è la Verità, tutta la
Verità, nient'altro che la Verità. Lo affermo dinanzi a Dio». (Firmato: Isabelle Major
Evans).
* * *
Il reprobo sulla via del ravvedimento comincia rivolgendosi ai viventi in questi
termini:
«Fratelli e amici miei, vi parlo questa volta dalla soglia da cui si scorgono le
meravigliose contrade in cui soggiornano gli spiriti di coloro che durante l'esistenza
terrena hanno osservato le leggi di Dio. La maggioranza delle anime che si disincarnano
non arriva se non dopo un lungo pellegrinaggio più o meno laborioso.
«Tra i viventi vi sono molti che dicono: "Dio è Amore, e se Egli ama le proprie
creature, non le punirà certamente per mancanze veniali. E' vero che gli assassini, i
ladri, gli adulteri, meritano le più severe sanzioni; ma noi che siamo vissuti
rispettabilmente, incappando soltanto in piccole colpe a tutti comuni, perché dovremmo
temerne le conseguenze nella vita futura?".
«Fratelli, è a coloro che così ragionano ch'io mi rivolgo con le mie confessioni, e
vi supplico di ascoltarmi attentamente.
«Io che vi parlo ero in vita un eminente, rispettabilissimo vicario di una
parrocchia. Ero alloggiato in un presbiterio provvisto di ogni comodità, avevo una
moglie amatissima a me devota, possedevo rendite sufficienti per condurre un'esistenza
senza privazioni. Adempivo scrupolosamente a tutti i doveri del mio ministero:
catechizzavo i giovani, consacravo i matrimoni, battezzavo i neonati, seppellivo i
morti. Soltanto non avevo simpatia per coloro che seguivano confessioni cristiane
diverse da quella anglicana. Molto del mio tempo lo dedicavo allo studio, il cui unico
scopo era quello di controllare rigorosamente la purezza dei testi inglesi della Sacra
Bibbia, comparandoli, parola per parola, con il testo originale ebraico, lavoro ch'io
potevo fare possedendo a fondo la lingua di Gesù. Agli occhi del mondo ero un modello
di ecclesiastico servitore di Dio.
- 216 -
«Ora, fratelli, ascoltate il caso mio... Allorché giunse per me l'ora suprema, i miei
parrocchiani non dubitavano che il loro vicario si sarebbe elevato alle glorie supreme
del Paradiso. Ed ecco invece la mia storia.
«Io giacevo morente e cosciente, ma pienamente soddisfatto di me stesso, quindi ben
sicuro del glorioso imminente premio che mi attendeva. Era accorso ad assistermi
l'anima un vecchio prete mio amico, un vero sant'uomo. Egli formulava delle semplici,
familiari, ma profondamente spirituali esortazioni rispondenti alla situazione; ed io,
per quanto giunto agli estremi, pensavo orgogliosamente che avrei patrocinato la causa
assai meglio. D'improvviso, mi colse un senso di estremo esaurimento vitale di
disintegrazione dell'essere mio: tutto era finito.
«Mi aspettavo di essere accolto da un coro d'angeli osannanti, i quali avrebbero
deposto sul mio capo la simbolica corona di verdi fronde che i romani deponevano sul
capo dei trionfatori, per poi rivestirmi di paludamenti celestiali e condurmi difilato
dinanzi al Trono di Dio.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
«Prendete nota di quanto invece avvenne. Appena lo spirito esulò dal corpo, provai la
sensazione di sprofondare in un abisso senza fondo. Quindi mi trovai avvolto in una
caligine impenetrabile e grigia. Tali sensazioni e impressioni mi sconcertarono e
spaventarono, ma quando riuscii a intravedere qualcosa dell'ambiente che mi circondava,
mi avvidi di trovarmi ancora nella mia camera da letto. Udivo piangere sommessamente la
mia cara moglie, poiché essa fu sempre meravigliosamente riservata nei suoi dolori, e
n'ebbe molti nella sua missione di moglie e di madre.
«Quindi la mia visione si fece più chiara, e scorsi sul letto il mio corpo, sebbene a
tutta prima io non ritenessi che fosse il mio corpo. Pensavo tra me: "Come mai? Hanno
posto un altro nel mio letto?". Ma non tardai ad accorgermi che il volto di colui che
vi giaceva era il mio. Ero dunque morto? Impossibile. Nessun coro d'angeli plaudenti
era accorso a darmi il benvenuto. Al contrario: mi vedevo avvolto in un ambiente
caliginoso e gelido.
«Non saprei dire per quanto tempo vagai attorno alla mia dimora terrena; forse per
molti giorni, durante i quali mi avvenne di assistere al corteo funebre che dalla
chiesa accompagnava la mia salma al cimitero; la cosa mi fece allibire, poiché ne
riportai la certezza di essere morto. Ma dove mi trovassi, e perché fossi costante-
- 217 -
mente avvolto in una impenetrabile caligine, io non lo potevo comprendere.
«Andavo ramingo senza scopo un po' ovunque nei dintorni. La mia mente era stordita e
ottenebrata, e non ebbi mai il pensiero di rivolgere a Dio una preghiera. Tutt'altro!
Mi domandavo invece: "Perché mai mi si tratta in questo modo? Perché mi si trascura
fino a questo punto? E' un insulto alla mia dignità. Che cosa significa tutto questo?".
Erano interrogativi che sorgevano e risorgevano nella mia mente priva di discernimento,
e deve essere trascorso molto tempo prima ch'io fossi in grado di riflettere
razionalmente.
«A un dato momento, mi occorse di palpare vicino a me una sporgenza di roccia. Era
quella la prima volta che mi capitava di avvertire qualche cosa di solido nel mio lungo
vagare nella caligine che mi avvolgeva. Sedetti su quella roccia, procurando di
riordinare le idee. Così facendo, fui preso da un impeto di rivolta. Mi ribellavo
contro Dio, poiché in base alla grande opinione che avevo di me stesso, Egli mi
trattava in maniera indegna. A tali sensi di ribellione seguì immediatamente una crisi
di sonno invincibile che mi costrinse ad abbattermi sulla roccia. Ma quel sonno - se di
sonno si trattava - era disturbato da orribili sogni, da tremende situazioni d'incubo.
Erano visioni talmente terrificanti, che mi strapparono un'invocazione d'aiuto: "Mio
Dio, toglietemi da questo stato di orrende visioni! Immergetemi in un totale oblio!".
Invocazione che fu subito esaudita, poiché caddi in condizioni di assoluta incoscienza.
«Allorché mi svegliai, ebbi l'impressione di non trovarmi più solo. Nella caligine
che mi avvolgeva dardeggiavano strisce di luminosità sanguigna, nelle quali intravedevo
forme umane terrificanti, le quali si rivolsero a me gridando forte, con esultanza
maligna, che io ero capitato nell'ambiente che mi meritavo, nel quale essi mi davano il
benvenuto. Così dicendo, due di loro mi afferrarono senza riguardi, trasportandomi in
una sorta di grande aula di giustizia in cui stava riunita una moltitudine di esseri,
in preda a festosa, diabolica allegria. Chiesi spaventato in quale edificio mi avevano
condotto e in mezzo a una tregenda di ghigni e di scherni mi venne risposto che quella
era la dimora di coloro che erano stati orgogliosi, i quali stimavano se stessi un
modello di tutte le virtù; che tutti coloro lì adunati vi erano convenuti, come me,
credendo se stessi i migliori e più retti campioni dell'umanità. Che ora però essi
aveva-
- 218 -
no finito per adattarsi all'ambiente e passavano il tempo divertendosi alle spalle dei
nuovi arrivati.
«Il mio orrore non ebbe più limiti; ma d'improvviso mi apparve da lontano una blanda
luminosità azzurrina di ben altra natura e una voce ne scaturì che mi rivolse la
parola. Osservai che non appena si fece udire quella voce, i demoni - che per tali io
li avevo presi - fuggirono, lasciandomi solo. Nuovamente la voce riprese, informandomi
che potevo evitare di rimanere in quell'ambiente di pena, purché lo desiderassi. Vale a
dire che se riconoscevo di aver condotto un'esistenza saturata di orgoglio, macchiata
di durezza di cuore, e me ne pentivo sinceramente, allora avrei potuto avviarmi verso
condizioni spirituali migliori. Udendo ciò, il mio risentimento non ebbe più limiti.
Divenni furibondo, maledissi il giorno in cui ero nato, e mi rivoltai contro i decreti
di Dio. Risposi con arroganza a quella voce che io avevo condotto una vita di
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
rettitudine immacolata sotto ogni rapporto, che non avevo nulla da rimproverarmi e
nulla avevo fatto per meritarmi un trattamento tanto indegno. Dalla nube luminosa
intesi l'eco di un profondo respiro, e la voce così mi parlò: "La tua risposta
significa che scegliesti volontariamente di percorrere la via dell'abisso; ma se
venisse il momento in cui tu abbisognassi di aiuto, puoi sempre chiamarmi, ed io
correrò prontamente. Tu non hai che da proferire la seguente invocazione: 'Lucis
accorri ad insegnarmi come debbo condurmi'". Detto ciò la "luce azzurrina" si dileguò.
Rimasto solo in quell'orribile landa, ricaddi a terra privo di sensi...».
A questo punto il comunicante si diffonde a narrare le scene di orrore che lo
attendevano al risveglio, gli scherni atroci che gli venivano inflitti dagli antichi
abitatori di quella Sfera infernale, in cui la sua boriosa impenitenza lo trattenne per
un secolo e mezzo, fino a quando non resistendo più a tanto strazio, si ricordò di
quanto aveva detto la voce amica che aveva parlato nella «luce azzurrina», e gridò
disperatamente: «Lucis, buon Lucis, aiutami! Insegnami la via della redenzione!».
Immediatamente apparve in lontananza una luminosità azzurrina, ma prima che ne uscisse
la voce di Lucis, i demoni che circondavano il reprobo impenitente si diedero a pazza
fuga travolgendo, calpestando, sibilando come serpenti...
Null'altro egli conobbe fino a quando si risvegliò e aprì gli occhi in un ambiente
migliore di quello orribile in cui era vissuto tanto a lungo...
- 219 -
Finalmente era sorto in lui il primo albore di sincero pentimento e di attanaglianti
rimorsi, e con ciò era iniziata la sua redenzione. E finalmente, dopo un secolo e mezzo
durante il quale il reprobo aveva anelato di ricongiungersi con la consorte adorata,
gli fu possibile rivederla. Questa la prima conseguenza dell'avvenuto ravvedimento e
delle sue sincere confessioni trasmesse ai viventi tramite una medium. E la consorte
dello spirito in via di redimersi si manifestò alla medium per ringraziarla di quanto
aveva fatto per lui, e così si espresse:
«Il mio povero consorte, che mai cessai di amare, attendendo lungamente che l'ora del
ravvedimento mi fornisse la possibilità di manifestarmi visibilmente a lui, mi ha
raccontato con quale bontà, con quanta pazienza meritoria lo avete accolto, affrettando
con ciò la sua redenzione... Nondimeno i miei figli dovranno ancora attendere prima
d'incontrarsi con il loro padre; ma l'attesa non sarà più lunga. Per ora egli deve
appagarsi della compagnia della propria consorte, fino a quando l'ulteriore suo
progresso spirituale non lo renda meritevole di riunirsi con tutti i suoi cari.
«Cara signora, ora cedo la penna al mio consorte, il quale anela di riprendere e
ultimare la sua confessione a vantaggio dei viventi, confessione ch'egli s'impose
spontaneamente, con ciò iniziando la propria redenzione».
Questo il messaggio di una moglie affettuosa che per tanti anni aveva atteso il
momento di riunirsi al compagno della sua vita tornato a lei ravveduto e redento. Nel
messaggio è rilevabile l'allusione al cammino che allo spirito in via di redimersi
rimaneva ancora da percorrere prima di meritare anche la consolazione di riunirsi ai
propri figli. Così dicendo, la moglie alludeva alla circostanza che il suo ravvedimento
e il suo pentimento risultavano ancora parziali, in quanto egli era giunto soltanto a
riconoscere come tutti gli atti della sua vita erano stati improntati a un riprovevole
smisurato orgoglio, rimanendo in lui un notevole residuo di cecità morale che lo
manteneva tuttora convinto che nella sua missione di ministro della chiesa cristiana
egli si fosse comportato in modo incensurabile. Ne derivò che lo spirito-guida Lucis,
allo scopo d'illuminare la sua ostinata inconsapevolezza, inviò al medesimo una sua
«ancella spirituale» che indusse in lui le condizioni favorevoli per la «visione
panoramica» del proprio passato. In merito, il defunto comunicante si rivolge alla
medium osservando:
- 220 -
«Non desidero affliggervi con la descrizione di ciò che passò dinanzi al mio sguardo.
Vi basti sapere che io rividi le vicende di tutta la mia vita, a cominciare dalla mia
fanciullezza, e che ogni tanto ero consapevole di emettere grida strazianti di rimorso,
pronunciando nomi di vittime, o brevi esclamazioni di orrore per qualche impresa
spietata compiuta in nome di Dio. L'ancella inviatami da Lucis registrava tutto ciò che
io dicevo. Quanto si prolungasse la prova tremenda, io non lo so; ma so che a un dato
momento, attanagliato da rimorsi più che mai laceranti, inorridito di me stesso, avevo
esclamato: "Giovanni il falegname, potrò mai sperare nel suo perdono? Arriverò mai ad
espiare il mio delitto? Che cosa posso fare per espiarlo?"».
In base alla prova della «visione panoramica», lo spirito-guida Lucis apprese che il
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
reprobo era finalmente maturo per la redenzione totale e ricorse all'intervento in
persona di «Giovanni il falegname» per affrettarla.
Nelle confessioni trasmesse alla medium, egli descrive in questi termini il proprio
incontro con lo spirito di colui che aveva spietatamente perseguitato in vita:
«Io mi vidi dinanzi una figura angelica di grande bellezza per la maestà delle forme
e del sembiante. Dalla toga che indossava emanava una luminosità radiosa. Contemplavo
ammirando quella visione di bellezza e di potenza... Mi domandavo trepidante chi
potesse essere, ma non osavo rivolgerle la parola, poiché vedevo in lei un inviato di
Dio. "Lucis", lo spirito-guida, si rivolse allo spirito angelico così dicendo: "Amico,
penso che tu avrai a riprendere la forma terrena, giacché quest'anima in pena non ti
riconosce; e questo è anche il modo migliore per riavvicinarvi". Io ascoltai
meravigliato tali parole enigmatiche, ma subito dopo, e con immenso mio stupore, vidi
quello spirito radioso rattrappirsi, perdere ogni splendore, divenire in tutto umano e
in un attimo trasformarsi in "Giovanni il falegname", esile, infermo, disfatto dai
digiuni, con le mani incallite dal rude lavoro. Egli si rivolse a me parlando con la
voce a me familiare: "Amico mio, non disperare. Io vengo per una missione d'amore.
Compisti in terra ciò che credevi il tuo dovere e sebbene io ne abbia sofferto
crudelmente le mie prove furono un nulla al confronto di quelle patite da Nostro Signor
Gesù Cristo, che a mia volta io mi sforzavo di servire nel modo creduto il migliore".
Mentre guardavo allibito quel corpo infermo e disfatto a me ben noto,
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esso ridivenne per incanto il radioso spirito di prima, il quale continuando a parlarmi
con la tonalità di voce di "Giovanni il falegname", disse: "Fratello mio, tu mi
desiderasti, ed io sono accorso. Vogliamo diventare buoni amici?". Così esprimendosi,
mi stese ambo le mani, ma io non osavo stringerle fra le mie. Allora egli si chinò su
di me, mi gettò le braccia al collo, e mi baciò in fronte. "Lucis", sorridendo di
soddisfazione e rivolgendosi a me, osservò: "Tu e Giovanni avrete certamente molte cose
da dirvi. Vi lascio soli, ed egli sarà per qualche tempo la tua guida. Tu progredirai
nella
misura
in
cui
profitterai
degli
insegnamenti
ch'egli
si
accinge
ad
impartirti"» (pagg. 73-74).
Termino a questo punto le mie citazioni del volumetto di Isabelle Major Evans, visto
che non è possibile riassumere in modo alcuno le vicende trascorse da un'anima in pena
nel corso di un secolo e mezzo di permanenza in una «Sfera di probazione» equivalente
al «Purgatorio» della Chiesa cattolica.
Naturalmente tutti i defunti comunicanti sono concordi nell'affermare che la nozione
del tempo, quale noi la conosciamo, non ha nulla in comune con la «indefinita durata»
da essi conosciuta; nel senso che per essi il tempo trascorre velocissimo,
letteralmente inosservato, così come avviene nei sogni dei viventi, generando negli
spiriti nuovi arrivati la strana illusione di esistere in un «eterno presente».
Il caso in esame non differisce notevolmente dal caso che precede, in cui si trattava
di defunti che per le loro colpe trascorsero per qualche tempo la loro esistenza
vagando sperduti in ambiente terreno, o immersi nelle caligini dell'infimo piano del
«mondo astrale».
Con il terzo episodio qui considerato, già si penetra invece nel primo «girone» delle
«Sfere di probazione» propriamente dette; da ciò la maggiore permanenza nell'ambiente
rigeneratore tramite i rimorsi.
Caso XXIX
Rimarrebbe da citare qualche messaggio di «reprobi» precipitati nei più profondi
abissi delle «Sfere di probazione». In tal caso occorrerebbe appagarsi di episodi
incontrollabili; vale a dire che si dovrebbe rinunciare al controllo indiretto delle
prove di identifica-
- 222 -
zione personale dei defunti comunicanti, mentre fino ad ora io mi sono attenuto
rigorosamente al metodo scientifico di citare unicamente casi in cui i defunti
fornirono prove sufficienti, e talora esuberanti e risolutive, intorno alla loro
presenza spirituale sul posto. Ora tali prove non sono più possibili nei casi della
natura in esame, giacché non potendo stabilirsi contatti diretti con gli abitatori
delle «Sfere infernali», i pochi defunti che narrarono le prove personali sofferte nei
«gironi infernali», risultano spiriti di reprobi avviati già sul cammino della
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
redenzione, e in conseguenza deceduti da molti anni, o anche da secoli, cosa che rende
pressoché impossibile la loro identificazione.
Riferisco, a titolo di esempio, un unico caso del genere, nel quale si tratta di una
prostituta vissuta un secolo fa, la quale trovandosi finalmente orientata sulla via del
ravvedimento, si manifestò nelle esperienze di Williams Gates, colui ch'ebbe a
registrare e pubblicare una lunga sequela di casi in cui i defunti che narrarono le
vicende della propria «crisi della morte» erano tutti ministri della Chiesa anglicana,
caratteristica che ne rendeva facile l'identificazione ricorrendo ai registri
parrocchiali.
Questo, invece, non si poteva fare nel caso che mi accingo a riferire, da me ricavato
dalla rivista Psychic News (1932, n. 19).
Il relatore sopprime tutta la parte della narrazione in cui la defunta comunicante
narra la lunga sequela di tremende torture morali sofferte per quasi un secolo,
limitandosi a pubblicare la parte sostanziale del suo transito ascensionale attraverso
i «gironi infernali», fino ad elevarsi al «piano astrale», dal quale essa comunicò con
i viventi.
Egli scrive: «Durante le mie lunghe esperienze con la medianità di "Stella", ottenni
altresì le confessioni impressionanti di una "Maddalena penitente", la quale mi narrò
la storia delle orribili torture morali sofferte nelle infime Sfere infernali. Tale
messaggio è troppo lungo per potersi pubblicare integralmente in questa rivista e dovrò
limitarmi a riferire brani in cui essa descrive la natura delle sue colpe e il genere
delle sanzioni espiatorie che ne derivarono. Essa narra:
«"Tutta la mia vita è stata malvagia. Mi si presentarono parecchie opportunità di
riscattarmi, ma le trascurai sempre: ero corrotta fino al midollo delle ossa.
«"Nacqui in ambiente agiato e felice. Ebbi genitori buoni e otti-
- 223 -
me amicizie; ma tutte queste benedizioni del cielo a nulla valsero: presi la via del
vizio, e me ne gloriavo.
«"All'età di diciassette anni divenni madre, per quanto non avessi marito, e
trascurai a tal segno l'innocente creatura che avevo messo al mondo ch'essa deperì
rapidamente e morì. La colpevole della sua morte ero stata io, come se l'avessi
strangolata con le mie mani.
«"Dopo di che arrivai a rapire il marito di una giovane mia amica, alla quale
tributavo grandi attestazioni di affetto. Il marito l'abbandonò per convivere con me, e
l'infelice tradita ne morì di crepacuore.
«"Ho sempre ignorato che cosa fosse la vergogna: non conobbi mai che cosa fosse il
pentimento. Non ho mai deplorato alcuna delle mie gesta malvagie. Ovunque mi recassi
germogliavano dolori, discordie e drammi. In mezzo ad orge inenarrabili combinate ad
ogni sorta di nequizie, la mia giovinezza deperì rapidamente, e venni a morte nel fiore
dell'età.
«"Dopo la crisi della morte, mi risvegliai trovandomi immersa in fitte tenebre, le
quali però non impedivano che per intuizione fossi consapevole di essermi trasformata
in una megera di una bruttezza repulsiva. Ero stata in vita orgogliosa della mia
bellezza irresistibile, ed ora il mio sembiante era divenuto così mostruoso che gli
stessi spiriti che con me si trovavano, per quanto miei pari in nequizia, erano colti
in mia presenza da brividi di repulsione...
«"[...] Ed ora passo ai primi albori del mio tardo ravvedimento... Nella misura in
cui i decenni trascorrevano in quell'ambiente tenebroso, fetido, spaventevole, cominciò
a germogliare in me il desiderio di riscontrare se fossi stata in realtà tanto malvagia
da meritare queste tragiche condizioni di dannata: e subito mi sfilarono dinanzi allo
sguardo tutte le gesta nefande o svergognate da me perpetrate. Ne rimasi atterrita e
annichilita.
«"Oh! Esorto voi tutti che siete ancora tra i vivi a non dubitare più sull'esistenza
dell'inferno, giacché io che vi parlo ne soffersi le torture e gli orrori. Furono
torture di rimorsi implacabili per l'avvenuta comprensione di tutta l'enormità delle
mie colpe. Mi attanagliavano l'anima i ricordi di tutti coloro che avevo fatto
soffrire, o avevo corrotto, o ridotto a morirne. Io misuravo per la prima volta tutti i
meandri rivoltanti della mia malvagità svergognata in cui ho persistito tutta la vita!
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«"E tale ressa implacabile di rimorsi mi tormentò per una lunghissima, eterna sequela
d'anni; fino a quando venne il giorno in cui non resistendo più a tanto strazio, invasa
da un'agonia di disperazione, rivolsi per la prima volta il pensiero a Dio, invocando
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
la liberazione o l'estinzione...
«"Ed ecco giungere in mio soccorso uno spirito-missionario, il quale, pur
mantenendosi in austero silenzio, mi guidò verso una regione di bellezza mai vista; ed
ivi giunti, egli indusse in me il beneficio del sonno riparatore, nel quale rimasi per
lunghissimo tempo.
«"Quando finalmente mi risvegliai, provai per la prima volta una viva aspirazione ad
apprendere quale fosse il miglior modo di assolvere l'arduo compito di redimermi, e
subito mi si manifestarono spiriti pronti ad ammaestrarmi in proposito.
«"Da lungo tempo ormai io sono ammaestrata in tal senso; per cui si approssima il
giorno in cui dovrò tornare in terra; nascendo colà dove rinasceranno coloro che
maggiormente offesi nella mia vita precedente, in modo che, pur ignorandolo, mi si
porga l'occasione di espiare le mie colpe pagando di persona"».
A questo punto il relatore aggiunge: «In occasione di una seconda manifestazione
della medesima personalità di dannata sulla via di redimersi, le rivolsi numerose
domande, e dalle risposte che ne ottenni, stralcio i seguenti brani:
«"L'inferno non è propriamente una regione, bensì una condizione in cui si esiste
immersi nelle tenebre, attanagliati da rimorsi laceranti e da crisi spaventevoli di
disperazione impotente. Per conto mio, udivo implacabilmente piangere il mio bimbo che
avevo lasciato morire d'inedia; ed erano quei medesimi vagiti che in terra udivo e mi
lasciavano spietatamente indifferente. Ora invece mi attanagliavano l'anima, mi
facevano disperare.
«"Io scorgevo inoltre dinanzi a me la visione dei miei poveri genitori accasciati
sotto il peso di una umiliazione tremenda che li portò entrambi a morirne di
crepacuore. Io li vedevo come fossero vivi, e non potevo esimermi dal vederli!
«"Ero costantemente ossessionata dalla presenza di tutte le mie vittime, di tutti
coloro che avevo rovinato nell'anima, nel corpo, nelle sostanze, senza l'ombra di un
rimorso.
«"Quando finalmente dopo un secolo di pene e di rimorsi, il mio spirito arrivò ad
espiare tante colpe nefande purificandosi e quindi sentendosi per la prima volta capace
di affetti, mi si manifestarono
- 225 -
il figlio ed i genitori, che mi accolsero festosamente, invitandomi a dimenticare un
passato ormai duramente espiato. Con essi per ora convivo felice; ma vi sono periodi in
cui sono ancora sopraffatta dai ricordi del mio passato abominevole, e in conseguenza
del pensiero opprimente di ciò che dovrò sopportare allorché rientrerò nell'esistenza
incarnata. Potrei rimandare ad altro tempo il riviverla, ma siccome coloro che
maggiormente offesi sono in procinto di tornare alla vita terrena sarebbe grave danno
per il mio avvenire spirituale se cercassi di differire l'ora della mia reincarnazione.
In qualunque modo debbo riparare il malfatto pagando di persona e ciò deve compiersi"».
L'episodio esposto appare un esempio abbastanza efficace ed istruttivo intorno alla
natura delle sanzioni per cui dovrebbero passare i reprobi confinati nei «gironi»
profondi delle «Sfere infernali». Tali «gironi» differiscono tra di loro per la natura
specializzata delle torture morali cui soggiacciono i reprobi a seconda dei multipli
aspetti delle loro gesta; però le torture stesse avrebbero in comune un principio
unico, secondo il quale non potrebbe darsi redenzione spirituale senza il meritato
tremendo supplizio morale consistente nel «purgatorio dei rimorsi».
Si noti ancora che tale supplizio risulterebbe unicamente il saldo del debito
redimibile in ambiente spirituale, al quale dovrebbe succedere l'altro saldo
complementare da pagarsi rinascendo in ambiente terreno. Ora, nel caso in esame, è
rilevabile l'interessante e precisa allusione a quest'ultima resa dei conti più che mai
dolorosa. Si apprende infatti che la «Maddalena penitente» ora sarebbe in attesa del
suo turno in cui dovrà reincarnarsi contemporaneamente alle creature da lei
maggiormente offese in vita, nel medesimo ambiente delle creature stesse, allo scopo di
redimersi direttamente entrando in rapporto con le proprie vittime d'altri tempi, e
pagando di persona.
Tale legge suprema della palingenesi umana si svolgerebbe inesorabile per qualsiasi
sorta di colpevolezze umane; vale a dire che il delinquente, il ladro, l'alcolista,
l'avaro, il ricco epulone, l'accidioso, l'egoista, il lussurioso, l'orgoglioso, e via
dicendo, dovrebbero a loro volta pagare rinascendo in condizioni di vita diametralmente
opposte a quelle precedenti, e in condizioni di vita predisponenti ad affrontare
conseguenze di eventi radicalmente contrarie a quelle dell'esistenza precedente.
- 226 -
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Non può certo negarsi che in tale sistema di palingenesi evolutiva umana sono
presenti elementi di una mirabile giustizia distributiva, la quale risulterebbe anche
l'unica con cui si perverrebbe a dare ragione delle apparenti inique disuguaglianze
umane perpetrate dalla natura, distribuendo a capriccio i doni inestimabili
dell'intelligenza, della salute, dell'agiatezza, ovvero le immeritate stimmate
dell'idiozia, delle deformità fisiche, delle infermità congenite, della indigenza
stabile e via dicendo. Qualora, insomma, si ammettesse la realtà della credenza nelle
«vite successive», che risulta la più diffusa in tutti i tempi nei popoli della terra -
civili, barbari e selvaggi -, in tal caso le apparenti disuguaglianze umane
risulterebbero conseguenza matematica delle vite vissute in precedenza.
E qualora ciò fosse, i mirabili insegnamenti spirituali di «Telika Ventiù», la famosa
sposa morganatica di un faraone, che si è manifestata per parecchi anni in Inghilterra,
parlando il linguaggio egiziano di trentacinque secoli fa, assumerebbero allora un
significato ben chiaro e razionale nella loro apparenza fatalista. Tale elevatissima
entità si esprime in questi termini:
«Le circostanze in cui si nasce non influiscono affatto sui destini individuali, e
ciò in quanto le nascite non sono mai accidentali come non lo è l'epoca in cui si
nasce, e come non lo sono le condizioni sociali in cui viene a trovarsi il nascituro.
Sono invece tutte circostanze che si combinano armonicamente insieme onde predisporre
condizioni di ambiente speciali per ogni individuo, che, se saranno vissute secondo le
leggi di natura, conferiranno al medesimo l'esperienza e la disciplina di cui
abbisogna...». (Doctor Wood, A Challenge to Sceptics, pag. 39).
Come si vede, questi insegnamenti dall'apparenza nettamente fatalista, considerati
dal punto di vista delle «vite successive», diverrebbero invece la risultante
supremamente giusta e meritata della ripercussione degli eventi vissuti durante una
vita incarnata sull'altra vita che ad essa succede. Dunque, niente fatalismo
spietatamente cieco, il quale ridurrebbe l'uomo ad un automa irresponsabile, ma
svolgimento inevitabile della legge universale di «causa ed effetto», che dal dominio
fisico si estenderebbe a quello psichico delle intelligenze individuate. L'agente
risulterebbe la volontà umana libera di comportarsi a seconda delle tendenze innate da
essa stessa determinate, generando però con i propri atti corrispondenti ripercussioni
indelebili, sia nella vita vissuta, sia in quella da rivivere.
- 227 -
Ripeto, pertanto, neppure l'ombra del fatalismo si trova in tutto ciò, visto che
l'individuo stesso crea volontariamente, per quanto inconsapevolmente, le proprie
future condizioni di esistenza.
Caso XXX
E qui, prima di concludere, ritengo opportuno di accennare brevemente anche agli
stati di «perfezione angelica» dell'esistenza spirituale, ossia alle condizioni di
ambiente in cui verrebbero a trovarsi gli spiriti dei defunti pervenuti al termine del
lungo ciclo di purificazione compiuto attraverso le «Sfere di transizione», le quali
succedono a quelle di «probazione».
Ciò esorbita dai limiti che mi sono imposto nel presente lavoro, ma penso che
probabilmente tale quesito si sarà affacciato con insistenza dinanzi al criterio di
molti lettori, i quali, a proposito di analisi comparata applicata alle rivelazioni
trascendentali, si saranno domandati: «Va bene. Ora sappiamo sulla base dei fatti che
gli spiriti dei defunti entrano in una prima fase di esistenza spirituale, la quale
risulta una riproduzione spiritualizzata dell'ambiente e dell'esistenza terrena; fase
transitoria, per quanto di lunghissima durata, la quale avrebbe lo scopo di predisporre
gradatamente i nuovi arrivati alla vera e propria esistenza spirituale. Tutto ciò
appare già un'importante acquisizione sull'argomento; ma che cosa pensare della vera e
propria esistenza spirituale? Come concepirla? Che cosa significa passare allo stato di
"puri spiriti"?».
Premetto che i messaggi trascendentali provenienti da intelligenze spirituali
esistenti allo stato di «puri spiriti», vale a dire in una condizione dell'essere non
più limitata dalla «forma», dovrebbero teoricamente risultare estremamente rari; e,
infatti, così si riscontrerebbe nella pratica. Comunque, si conoscono raccolte di
«rivelazioni trascendentali» provenienti da «Intelligenze» che sarebbero pervenute a
tali eccelsi fastigi dell'esistenza spirituale. Così, ad esempio, dovrebbe dirsi la
personalità medianica di «Imperator», la quale dettava al reverendo Stainton Moses i
suoi famosi Spirit Teachings (Insegnamenti spiritici)(31); così come dovrebbe dirsi per
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
la personalità medianica di «Celphra», la quale dettava a Frederick Haines l'aureo
volumetto di «rivelazioni trascendentali» intitolato Thus saith Celphra (32). Ora, nei
messaggi di codeste eccelse Intelligenze, si
- 228 -
rilevano discreti accenni delucidativi intorno a ciò che dovrebbe intendersi per
un'esistenza spirituale «non più limitata dalla forma». Bene inteso che le intelligenze
in questione premettono che uno spirito incarnato non perverrà mai a compenetrare un
siffatto mistero, ma si prestano in qualche modo a chiarirlo, ricorrendo ad immagini e
simboli accessibili alle menti umane.
Mi limiterò a riferire i chiarimenti impartiti in proposito dalla personalità
medianica di «Celphra», entità che si proclamava lo spirito di un monaco di Nicodemia,
vissuto nel terzo secolo dell'èra cristiana.
Comincerò con due brani in cui l'entità comunicante conferma l'esistenza di «Sfere
spirituali di transizione» dove gli spiriti conservano la forma umana e si ritrovano in
ambiente analogo a quello terreno.
«La pesantezza - se è lecito servirmi di tale vocabolo - dello spirito nuovo arrivato
nel mondo spirituale, deriva dalle condizioni di "peccato" in cui tutti vi giungono; e
tale condizione è concomitante con la natura tuttavia terrena del contenuto dell'anima.
Questa si mantiene ancora sostanziale e, in un certo senso, quasi solida; sì che rimane
quindi schiava della "forma", ossia è limitata ancora dalle condizioni dell'esistenza
terrena; il che si presta a farvi comprendere per quali cause nelle vostre sedute
medianiche si manifestano spiriti in forma umana... (pag. 40).
«Ne deriva che fino a quando l'anima (da distinguersi dallo spirito) del nuovo
arrivato è vincolata al mondo dei viventi in un grado qualunque, lo spirito del nuovo
arrivato non può esimersi dall'esistere in una condizione quasi terrena, e ciò per il
fatto che si trova in ambiente in cui la realizzazione del proprio essere si determina
in virtù del complesso delle sue concezioni intorno a se stesso. E così avviene ch'egli
abbisogna ancora di assaporare gioie quasi terrene, di ritrovarsi in mezzo a familiari
ed amici, di accudire alle proprie occupazioni favorite; il tutto con una
trasformazione in meglio corrispondente alle condizioni spirituali in cui si trova.
Ripeto: è questa la causa per la quale nelle Sfere spirituali prossime al mondo dei
viventi gli spiriti esistono in condizioni analoghe a quelle terrene; e tutto ciò vale
a spiegarvi la ragione per la quale tanti spiriti poco circospetti comunicanti
medianicamente si lasciano andare a svelare ai viventi, assetati del meraviglioso, la
loro esistenza in ambiente spirituale analogo a quello terreno...» (pag. 97).
- 229 -
In questi brani dei messaggi di «Celphra» si tenta d'impartire gradatamente delle
nozioni chiarificatrici intorno a ciò che dovrebbe intendersi per uno «spirito non più
limitato dalla forma».
«Ciò premesso, osservo che la vostra difficoltà nel concepire la portata effettiva
dell'attività dello spirito deriva dalla vostra concezione fisica delle limitazioni
spaziali. Sappiate pertanto che il "contenuto" dell'anima non è affatto contenuto
dentro i limiti del "corpo eterico". L'anima durante l'esistenza terrena, e per lungo
tempo ancora dopo la morte del corpo, è sì rivestita di forma, ma ciò non impedisce che
la sua attività risulti pur sempre "radiante" e che tale stato d'irradiazione
incessante si estenda smisuratamente nell'esistenza spirituale. Questo concetto
dovrebbe riuscire accessibile alle vostre medianità, in virtù delle esperienze
sonnambolico-medianiche, nelle quali la "aura" visibile ai chiaroveggenti sta a
indicare la realtà delle irradiazioni dell'anima. Quest'ultima circostanza, risultando
un dato di fatto anche per voi, dovrebbe indurvi ad abbandonare l'errata concezione
secondo la quale lo spirito è limitato dal corpo... (pagg. 83-84).
«Riconosco che in ambiente terreno la sensazione dell'essere dipende esclusivamente
dall'esistenza del pensiero cosciente; ma dopo la morte del corpo, nelle alte Sfere
spirituali, la facoltà di pensare subisce una trasformazione ed una espansione
prodigiose, e conformemente l'identità viene conferita allo spirito in virtù di un
attributo che voi non potete concepire, in quanto l'organizzazione sensoria, dominando
la capacità mentale, vi fa "vedere" ogni cosa in termini di materia. Eppure dovreste
comprendere che la "forma", risultando una "limitazione spaziale", non è più
concepibile là dove più non esistono la "materia" e la "relatività dello spazio". Ma se
le condizioni di esistenza nel "piano eterico", che è la vera dimora spirituale,
risultano inconcepibili per un essere incarnato, questo, almeno, dovrebbe riuscirvi
comprensibile: "Un puro spirito, non più limitato dalla forma, estrinseca la propria
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
personalità per l'ausilio del contenuto dell'anima, il quale si rivela integralmente e
istantaneamente a tutti gli spiriti affini, senza la possibilità di occultare od
attenuare in parte le vibrazioni che irradiano incessantemente da quel centro di
esistenza spirituale" (pagg. 36-37).
«Puoi comprendere se ti dico che oltre la limitatissima periferia del circolo in cui
si mantiene la coscienza umana, vi è uno "stato radiante dell'essere" che abbraccia il
Passato, il Presente e il Futu-
- 230 -
ro, e in cui "Conoscere" equivale ad "Essere" ed "Essere" equivale a "Conoscere"» (pag.
36).
Questi i brani principali in cui si accenna allo stato di esistenza di «puri spiriti»
nel libro di «Celphra»; e mi pare che a ponderarli convenientemente essi forniscano
un'idea approssimativa abbastanza accessibile a una mentalità terrena riguardo a ciò
che dovrebbe significare una condizione di esistenza spirituale.
A tale proposito mi pare notevolissima quest'altra analoga definizione che
dell'esistenza di «puri spiriti» fornisce un'elevata personalità medianica a cui si
allude in Light (1928, pag. 417). Tale entità definisce le proprie condizioni di
esistenza spirituale in questi termini: «Noi siamo "un centro d'irradiazione" che
possiede
l'identità».
Questa
mi
sembra
una
lucida
e
sintetica
spiegazione
dell'esistenza trascendentale di «puri spiriti», che per la nostra mentalità non è
certo concepibile, ma non impensabile; così si è autorizzati a prenderla in
considerazione dal punto di vista filosofico.
Riepilogando. Da quanto è stato esposto risulterebbe che nella condizione di «puro
spirito» ogni entità si spoglierebbe totalmente della «forma», divenendo un «centro
cosciente d'irradiazione psichica», in cui l'identità esisterebbe ancora, ma sotto
forma per noi inconcepibile e qualitativamente diversa dall'identità personale terrena.
Ogni individualità personale terrena si ritroverebbe in tale condizione elevatissima di
esistenza, in quanto lo «stato radiante dell'essere abbraccia il Passato, il Presente e
il Futuro», come afferma «Celphra». In altri termini: data una condizione dell'essere
emancipata dalla materia, dalla forma e dalla relatività dello spazio, le «vibrazioni
psichiche» irradianti incessantemente da ogni «centro spirituale individuato»
invaderebbero
istantaneamente
l'universo
intero,
conferendo
l'onnipresenza
e
l'onniscienza alla sorgente cosciente e inesauribile dalla quale emanano. Ora, è ovvio
che
l'attributo
dell'onniscienza
presuppone
necessariamente
che
ogni
«entità
incarnata», pervenuta allo stato di perfezione angelica, abbia la cognizione di tutte
le vicende vissute in un lontanissimo passato dalla medesima personalità incarnata che
fu il germoglio del proprio spirito.
- 231 -
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Conclusioni
Nella vasta e importantissima branca della metapsichica in cui si considera il tema
delle «rivelazioni trascendentali», rimane ancora tutto da fare dal punto di vista
dell'indagine scientifica dell'immenso materiale raccolto. Le prevenzioni di tutti -
oppositori e spiritisti -, originate da una superficiale cognizione del tema
vastissimo, avevano impedito fino ad oggi un lavoro proficuo in tal senso e la presente
monografia è il primo saggio analitico a dimostrazione del valore intrinseco,
positivamente
scientifico,
di
questa
branca
della
metapsichica
ingiustamente
trascurata.
Per raggiungere lo scopo era necessario dimostrare in maniera adeguata che le
«rivelazioni trascendentali», lungi dal contraddirsi a vicenda, concordavano e si
convalidavano reciprocamente; non solo, occorreva altresì dimostrare come tali
concordanze non potessero ascriversi né a coincidenze fortuite, né a rammemorazioni
subcoscienti di cognizioni acquisite dai medium e poi dimenticate (criptomnesia).
Stando le cose in questi termini, giova riassumere brevemente il contenuto del
presente lavoro, al fine di fare emergere fino a qual punto tale scopo sia stato
raggiunto.
Vediamo.
In primo luogo, si è arrivati a dimostrare inappellabilmente, sulla base dei fatti,
che i messaggi medianici, in cui gli spiriti dei defunti descrivono le fasi per cui si
passa nella «crisi della morte» e le vicende del loro ingresso in ambiente spirituale,
concordano tra di loro in modo tanto mirabile che non si riscontra una sola discordanza
inconciliabile in altri spiriti comunicanti.
- 235 -
Noto in proposito che se nel presente lavoro furono circoscritte le indagini al
periodo iniziale dell'esistenza spirituale non è soltanto perché si trattava di
un'introduzione al vastissimo tema, ma si ebbe in mente altresì di prospettare dinanzi
ai lettori un primo saggio analitico intorno ai quesiti da risolvere ridotti alla loro
più semplice espressione per arrivare così ad accertare prontamente se valeva o non
valeva la pena di proseguire nel compito assunto. Si è visto come tale prospetto
analitico si sia convertito in un trionfo della tesi qui propugnata.
Ecco i particolari fondamentali sui quali concordano gli spiriti comunicanti (salvo
le inevitabili eccezioni, le quali confermano la regola e intervengono talora
modificando, abbreviando, eliminando alcune delle consuete esperienze inerenti alla
«crisi della morte», oppure determinano l'estrinsecazione di altre esperienze
inconsuete nel periodo iniziale dell'esistenza spirituale):
1) Affermano tutti di essersi ritrovati in forma umana nel mondo spirituale.
2) Di aver ignorato per qualche tempo, o anche per lungo tempo, di essere morti.
3) Di essere passati, durante la crisi preagonica, o poco dopo, per la prova della
rammemorazione sintetica di tutte le vicende della loro esistenza («visione
panoramica», o «epilogo della morte»).
4) Di essere stati accolti nel mondo spirituale dagli spiriti dei loro familiari od
amici.
5) Di essere passati, quasi tutti, per una fase più o meno lunga di sonno riparatore.
6) Di essersi ritrovati in un ambiente spirituale radioso e meraviglioso (nel caso di
defunti moralmente normali), e in un ambiente tenebroso ed opprimente (nel caso di
defunti moralmente depravati).
7) Di aver trovato che l'ambiente spirituale era un nuovo mondo obiettivo,
sostanziale, reale, analogo all'ambiente terreno spiritualizzato.
8) Di aver appreso come ciò fosse dovuto al fatto che nel mondo spirituale il
pensiero era una forza creatrice, con la quale uno spirito esistente nel «piano
astrale» poteva riprodurre intorno a sé l'ambiente dei suoi ricordi.
9) Di non aver tardato ad apprendere che la trasmissione del pen-
- 236 -
siero era il linguaggio spirituale; per quanto gli spiriti nuovi arrivati s'illudano di
conversare mediante la parola.
10) Di aver riscontrato che la facoltà della visione spirituale poneva in grado di
percepire simultaneamente gli oggetti da ogni lato, nonché nel loro interno e
attraverso ad essi.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
11) Di aver scoperto che gli spiriti potevano trasportarsi istantaneamente da un
luogo all'altro - anche lontanissimo - in forza di un atto di volontà; il che non
impediva ch'essi potessero ugualmente passeggiare in ambiente spirituale, o sorvolare a
breve distanza dal suolo.
12) Di aver appreso che gli spiriti dei defunti gravitavano fatalmente e
automaticamente verso la sfera spirituale che loro compete, in forza della «legge di
affinità».
Questi i dodici particolari fondamentali sui quali tutti gli spiriti concordano.
Osservo
in
proposito
che
basta
analizzarli
singolarmente
e
considerarli
cumulativamente, per convincersi che essi forniscono ai viventi un quadro schematico
completo intorno alle vicende a tutti comuni durante la «crisi della morte» e intorno
alle impressioni a tutti comuni riguardo al primo ingresso in ambiente spirituale; non
esiste, invece, nelle narrazioni in esame un solo elemento importante in cui gli
spiriti comunicanti differiscono tra di loro in modo da doversi considerare l'elemento
stesso come contraddittorio. E' evidente come una simile constatazione di fatto assuma
un valore teorico immenso in favore dell'origine genuinamente spiritica delle
«rivelazioni trascendentali» considerate nel loro insieme.
Si aggiunga che nei casi qui considerati, oltre alle concordanze sui particolari
fondamentali, se ne riscontrano altre di natura secondaria, le quali, come a suo tempo
si fece rilevare, risultano teoricamente più importanti delle concordanze primarie, in
quanto diviene sempre più arduo spiegarle ipotizzando «coincidenze fortuite» e
«criptomnesia» nella misura in cui i particolari in questione riguardano episodi sempre
più insignificanti, o inaspettati, o strani.
Tra i particolari secondari rilevati nei casi citati, noto i seguenti:
1) I defunti comunicanti concordano nell'affermare che gli spiriti dei familiari
intervengono per accogliere e guidare i nuovi arrivati, prima che si inizi per essi la
fase del sonno riparatore.
2) Quando narrano di aver visto il proprio cadavere sul letto di
- 237 -
morte, per lo più accennano concordemente al fenomeno del loro «corpo eterico»
condensatosi al di sopra del «corpo somatico», particolare che conferma quanto ebbero
sempre ad affermare i «veggenti» ai quali avvenne di trovarsi al capezzale dei morenti.
3) Essi informano concordemente che come non possono esistere individualità di
viventi assolutamente identiche, così non possono esistere individualità disincarnate
talmente identiche da trovarsi a percorrere la medesima graduatoria di elevazione
spirituale; quindi anche per le cosiddette «anime gemelle» dell'esistenza terrena
giunge il momento in cui debbono separarsi nel mondo spirituale, per quanto possano
sempre rivedersi quando lo desiderano.
4) Essi concordano nell'affermare che per quanto gli spiriti siano in grado di creare
più o meno bene con la forza del pensiero ciò che loro abbisogna, tuttavia
ogniqualvolta si tratti di creazioni complesse o ragguardevoli, il compito è affidato a
schiere di spiriti che si sono specializzati in tal senso.
5) I comunicanti concordano nell'affermare che gli spiriti defunti dominati dalle
passioni umane rimangono vincolati all'ambiente in cui vissero per un periodo di tempo
più o meno lungo; con la conseguenza che, non avendo il beneficio del sonno riparatore,
perseverano nell'illusione di credersi ancora viventi, per quanto in preda a un sogno
curioso, o ad un incubo opprimente; nel qual caso essi molto spesso divengono «spiriti
infestatori».
6)
Essi
concordano
nell'affermare
che
nel
mondo
spirituale
gli
«spiriti
gerarchicamente inferiori» non possono scorgere gli spiriti ad essi superiori a causa
delle tonalità vibratorie diverse dei loro «corpi eterici».
7) Essi concordano nell'affermare che le crisi strazianti di dolore che si realizzano
spesso al letto di morte non solo risultano penose per gli spiriti dei defunti, ma
impediscono ai medesimi di entrare in rapporto con i loro cari e li trattengono in
ambiente terreno.
8) Infine, essi concordano nell'affermare che talora, quando si trovano soli e in
preda ad incertezza o perplessità di qualsiasi natura, percepiscono una voce che loro
giunge da lontano, e li consiglia sul da farsi; voce proveniente da spiriti amici, i
quali avendo percepito il loro pensiero, si affrettano ad inviare il loro consiglio.
E' evidente come le concordanze cumulative intorno a numerosi particolari secondari
della natura indicata risultino inesplicabili
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
- 238 -
con qualunque teoria, salvo quella per cui si presume che le personalità medianiche,
risultando effettivamente gli spiriti dei defunti, espongono vicende veridiche comuni
all'esperienza di tutti; la concordanza delle rivelazioni trascendentali non
implicherebbe un mistero da risolvere, visto che tutto si spiegherebbe nel modo più
semplice e naturale immaginabile.
Tuttavia, rimane ancora da discutere intorno al secondo quesito da risolvere in
rapporto alla tesi in esame: quello, cioè, vertente sul fatto che delle concordanze
potrebbero ascriversi a «coincidenze fortuite», o rammemorazioni subcoscienti di
cognizioni acquisite dai medium (criptomnesia).
Escludo senz'altro l'ipotesi delle «coincidenze fortuite», la quale non regge di
fronte alla natura delle concordanze rilevate, tanto più se si tiene conto che la loro
efficacia dimostrativa presenta carattere cumulativo.
Rimane l'ipotesi della «criptomnesia», secondo la quale i medium avrebbero espresso
in precedenza i ragguagli ch'essi forniscono sul mondo spirituale; e anche nel caso che
più non li ricordassero, si dovrebbe presumere che i ragguagli stessi siano emersi
dalle loro subcoscienze per effetto delle condizioni medianiche.
Contro tale ipotesi si possono formulare numerose obiezioni-confutazioni. La prima
consiste nell'osservare che risulterebbe assolutamente arbitrario, nonché contrario
alla logica, presumere che tutti i medium con i quali si ottennero i messaggi qui
considerati si dovessero trovare in condizione di erudizione plenaria a proposito di
dottrine spiritiche, e così si dovrebbe affermare per tutti quei medium che dettarono
trattati di rivelazioni trascendentali. Anche a priori basterebbe il buon senso per
ammonire che una tesi del genere non è plausibile ma, in ogni modo, vi sono i fatti i
quali, a posteriori, la dimostrano sbagliata.
Per quanto il tema circoscritto della presente monografia mi abbia impedito di far
valere i fatti in tutta la loro efficienza numerica, si è visto che, fra i casi
riferiti, ve ne sono cinque che contraddicono tale affermazione; in tre episodi le
medium si dedicavano da poco tempo alle indagini medianiche, e nulla o ben poco
conoscevano intorno alle dottrine spiritiche; mentre negli altri due le medium non si
erano mai dedicate a ricerche medianiche, tutto ignoravano in proposito, e solo in
conseguenza della morte improvvisa dei loro cari erano state indotte a interessarsene,
rivelandosi improvvisa-
- 239 -
mente fornite di facoltà medianiche. Ed è precisamente con queste cinque medium che si
ottennero le più eloquenti e complete rivelazioni intorno alla «crisi della morte» e al
primo ingresso dei defunti in ambiente spirituale (Casi V - VIII - IX - XII - XVI).
Tutto ciò appare già sufficiente a convalidare la mia asserzione che, cioè, sarebbe
assurdo conferire all'obiezione in esame una portata d'ordine generale. Dirò, anzi, che
tutto concorre a dimostrare come anche nei casi in cui il medium è versato nelle
dottrine spiritiche, l'obiezione in questione non basta a dare ragione del complesso
delle rivelazioni fornite per il tramite, nelle quali si rinvengono sempre dei
particolari che sfuggono per multiple ragioni all'obiezione stessa. Né bisogna
dimenticare talune circostanze collaterali probanti l'origine estrinseca delle
rivelazioni in questione. Ad esempio, quando l'entità comunicante fornisce prove
mirabili d'identificazione personale; nel caso, si deve concludere logicamente che se
l'entità medesima si è dimostrata veritiera nei ragguagli controllabili forniti nel
proprio messaggio, allora si deve ritenere veritiera anche nei ragguagli non
controllabili contenuti nel messaggio medesimo. Si aggiunga che molto spesso, nelle
narrazioni di episodi di convivenza spirituale, si rinvengono ragguagli controllabili,
i quali risultano mirabilmente veridici. Riferisco un esempio del genere, per chiarire
il mio pensiero.
In un interessante volumetto di «rivelazioni trascendentali», intitolato The Morrow
of Death, di «Amicus», l'episodio più ostico per la mentalità dei non iniziati consiste
nella narrazione di una adunanza spirituale ordinata in onore del romanziere Charles
Dickens. La personalità medianica informatrice a un dato momento osservò che, tra la
folla degli spiriti convenuti all'adunanza, aveva notato la figura di un solitario,
giunto da poco tempo nel mondo spirituale, il quale era stato un grande ammiratore di
Charles Dickens. Aggiunse che in vita questi compiva ogni anno un devoto pellegrinaggio
alla tomba di Charles Dickens, a Westminster, sulla quale deponeva una corona di fiori.
Disse infine che il nome di quel solitario era Edwin Drew.
Ora avvenne che la ben nota cultrice di ricerche metapsichiche Felicita Scatcherd, la
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
quale si era assunta l'incarico di curare l'edizione di quel volumetto, rimase
piuttosto imbarazzata dinanzi al nome di Edwin Drew, in quanto il nome da una parte le
suonava strano e dall'altra risultava la pronuncia fonetica del titolo dell'ulti-
- 240 -
mo romanzo di Dickens: Edwin Drood. Queste considerazioni persuasero la Scatcherd che
doveva trattarsi di un errore di trascrizione medianica. Chiese pertanto delucidazioni
in proposito allo spirito che aveva dettato i messaggi, ma questi rispose affermando
categoricamente che il nome dello spirito solitario era proprio «Edwin Drew». E allora
la Scatcherd, sebbene non convinta, lasciò che nel libro venisse stampato quel nome.
Qualche tempo dopo, le avvenne di accennare a tale incidente in una conversazione con
David Grow, il direttore della rivista spiritualista Light, e questi la informò di aver
conosciuto personalmente quell'Edwin Drew di cui parlava lo spirito comunicante. Disse
ch'egli era stato un giornalista innamorato dei romanzi di Dickens, alla tomba del
quale si recava in pellegrinaggio ad ogni anniversario della morte. Aggiunse che era
noto ed apprezzato in ambiente giornalistico, ma era troppo povero ed oscuro perché la
sua morte, avvenuta da poco tempo, come aveva affermato lo spirito comunicante, fosse
stata segnalata dai giornali.
Questo esempio m'indusse a citare a chiarimento del mio rilievo che talvolta, nelle
narrazioni episodiche riguardanti le modalità della esistenza spirituale, si rinvengono
elementi di verità che risultano controllabili e si riscontrano veridici; questo fatto
assume un valore teorico ragguardevolissimo perché se tali elementi risultano veridici,
allora anche il contenuto delle narrazioni trascendentali in cui gli elementi stessi
sono contenuti, deve sostanzialmente risultare veridico.
Noto, infine, che se le «rivelazioni trascendentali» fossero in massa dei «romanzi
subliminali», allora non solo dovrebbero contraddirsi a vicenda, non solo non
dovrebbero estrinsecarsi assieme a prove d'identificazione spiritica, non solo non
dovrebbero contenere elementi veridici contenuti nelle descrizioni di ambiente, ma
soprattutto dovrebbero riflettere in gran parte le credenze dell'ortodossia cristiana
intorno alle modalità dell'esistenza spirituale, credenze assimilate dai medium con il
latte materno. E invece nulla di tutto questo. Già dai primordi del movimento
spiritualista le personalità medianiche avevano fornito sull'esistenza spirituale le
informazioni che forniscono oggi, in contrasto assoluto con quelle professate dai
medium e dai presenti. Noto che tale circostanza fu causa di grandi delusioni nei primi
spiritisti, in quanto l'apparente assurdità di simili narrazioni li aveva portati a
concludere di essere
- 241 -
costantemente zimbello di «spiriti mistificatori». E fino ai giorni nostri le
narrazioni stesse sono apparse ai benpensanti - senza distinzione di scuole - così
assurde, inverosimili, antropomorfiche, puerili e ridicole, da spingerli a negare ogni
valore alle rivelazioni trascendentali nel loro insieme. Senonché le odierne
recentissime scoperte sulle forze fisiche e psichiche preparano inaspettatamente il
terreno per comprenderle ed apprezzarle, in quanto le presunte inverosomiglianze
fenomeniche trovano il loro riscontro in esperienze analoghe realizzabili nel mondo dei
viventi. Le «rivelazioni trascendentali» sono quindi considerate sotto un aspetto
letteralmente mutato che lascia intravedere la verosomiglianza e perfino la necessità
psicologica di una prima fase di esistenza spirituale in un ambiente quale veniva
descritto concordemente dalle personalità dei defunti comunicanti.
Il valore teorico implicito nella circostanza dei primissimi medium, i quali già dal
1853 avevano fornito ragguagli sull'esistenza spirituale contrari alle opinioni dei
medium e di tutti, non era sfuggito alla mentalità indagatrice del dottor Gustavo
Geley, il quale vi allude in questi termini:
«Si deve pertanto concludere che non erano razionali le obiezioni rivolte con tanta
leggerezza allo Spiritismo a proposito del contenuto intellettuale delle comunicazioni
trascendentali, delle oscurità, delle banalità, delle menzogne e delle contraddizioni
in esse contenute. Si aggiunga, inoltre, che il tenore stesso delle comunicazioni,
tanto diverso da quanto a priori ci si sarebbe dovuti aspettare, specialmente agli
inizi del movimento spiritista (in quanto si trattava di un contenuto contrario al
concetto che i popoli cristiani si erano formati intorno all'esistenza spirituale),
costituisce un'ottima prova in favore della veridicità della dottrina che ha saputo
ordinare e spiegare ogni cosa in modo esauriente» (Gustavo Geley, Essai de Revue
Générale du Spiritisme).
Il fatto che le personalità dei defunti, già dai primordi del movimento
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
spiritualista, descrivessero modalità di esistenza spirituale diametralmente contrarie
alle opinioni dei medium e dell'ambiente cristiano in generale potrebbe valere da solo
ad escludere le ipotesi della suggestione, dell'autosuggestione e dei «romanzi
subliminali».
Ma, come si è visto, tale circostanza non è che una delle molteplici prove in favore
della genesi, positivamente estrinseca, delle «rivelazioni trascendentali» considerate
nel loro complesso.
- 242 -
Già si comprende che mi riferisco al complesso delle «rivelazioni trascendentali»
genuinamente tali; vale a dire che, prima di accogliere in una classificazione
scientifica le raccolte di rivelazioni del genere, occorre procedere a una diligente
severissima analisi del loro contenuto, sottomettendole ai processi dell'analisi
comparata e della convergenza delle prove. E, come dissi, tra le prove che convergono a
segnalare l'origine estrinseca sono da rilevarsi gli episodi d'identificazione
personale del defunto comunicante, e soprattutto i particolari verificabili che molto
spesso si rinvengono nelle descrizioni d'incidenti di convivenza spirituale,
particolari che risultano eccezionalmente eloquenti.
Tutti sappiamo per esperienza quanto appaia indispensabile tale lavoro preliminare di
selezione in materia di «rilevazioni trascendentali», giacché nelle sedute familiari
avviene troppo sovente di imbattersi in pseudomedium, i quali gratificano i convenuti
con prolisse, verbose e vuote elucubrazioni la cui origine subcosciente non può
mettersi in dubbio e che sono contraddittorie fra loro e in sé. Queste malaugurate
esperienze, condotte senza criterio e preparazione scientifica, spargono il discredito
sul complesso intero delle «rivelazioni trascendentali». Eppure anche ricercatori
esperti in metapsichica - i quali dovrebbero saper distinguere al riguardo - persistono
a fondarsi su questi prodotti inconcludenti dell'attività subcosciente per condannare
all'ostracismo le rivelazioni genuinamente trascendentali. Costoro non dovrebbero
cadere in confusionismi di simile natura. Nessuno si è mai sognato di negare
l'esistenza di un'attività subcosciente, la quale si estrinseca attraverso la
«scrittura automatica»; nessuno si è mai sognato di negare che la grande maggioranza
dei messaggi ottenuti nelle riunioni familiari, grazie a pseudomedianità di natura
sonnambolica, appartengano a tale categoria; nessuno si è mai sognato di contestare il
fatto che simili accozzaglie di elucubrazioni verbose e vacue si contraddicono a
vicenda. E' inevitabile che sia così, dal momento che si tratta di elucubrazioni
subcoscienti di natura onirica; ma potrebbe bastare il senso comune a sceverarle dai
messaggi genuinamente supernormali, visto che tra questi ultimi e le prime si interpone
un abisso. Comunque, anche dal punto di vista scientifico, si perviene facilmente a
sceverarle sottomettendole ai quattro criteri di prova sopra enumerati.
Ora, siccome tali criteri d'indagine scientifica furono applicati -
- 243 -
nei limiti del possibile - al materiale metapsichico qui considerato, si dovrà
convenire che il presente lavoro vale già a dimostrare il valore scientifico delle
«rivelazioni trascendentali» fuor d'ogni dubbio; e in conseguenza, che chiunque si
appresti ad indagarle ulteriormente farà opera altamente meritoria e proficua, giacché
si tratta di una branca della metapsichica destinata a divenire la più importante fra
tutte, nonché ad influire enormemente sul futuro orientamento della scienza, della
filosofia, della sociologia e della morale.
Ed ora riflettiamo un momento. Perché inalberarsi e recalcitrare dinanzi all'idea di
un ambiente spirituale, il quale nelle prime sue graduazioni gerarchiche risulterebbe
analogo all'ambiente terreno, e ciò per cause psichiche già rilevabili ed agenti
nell'esistenza incarnata? Per me, e per chiunque abbia senso filosofico, il quesito
trascendentale che rimarrà in eterno il massimo tra i massimi, l'inconcepibile per
eccellenza tra i molteplici misteri inconcepibili che confondono il criterio del
pensatore, è quello vertente sull'esistenza di un universo di mondi e di soli
condizionati da uno Spazio e da un Tempo infiniti, un universo brulicante di vita
vegetale, animale ed umana. Ora è indubitabile che se è così, allora tutto può essere,
perché nulla può immaginarsi più portentoso e inconoscibile dell'esistenza di un
universo infinito ed increato. Parola quest'ultima che induce le vertigini, perché da
una parte la ragione umana non può assimilare l'idea dell'esistenza di una materia
increata, mentre dall'altra è forzata a pensarla increata; così come non può assimilare
l'idea di uno Spazio increato eternamente esistito, mentre dall'altra è forzata a
pensarlo increato visto che il nulla dello spazio è impensabile.
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Dinanzi
a
tale
formidabile
abisso
di
quesiti
insolubili
sarebbe
quindi
antifilosofico, antiscientifico e assurdo contestare la possibilità dell'esistenza di
un mondo spirituale quale i defunti concordemente descrivono, quasi che di fronte al
miracolo dell'esistenza di un universo infinito, condizionato da due altri infiniti -
lo Spazio ed il Tempo - sia lecito arbitrarsi a designare i limiti con cui potrebbe
estrinsecarsi la Vita nell'universo stesso; come se le modalità di esistenza descritte
dai defunti risulterebbero più verosimili del fatto che noi siamo qui, viventi,
senzienti, consapevoli di esistere. Quando qualcuno tra gli oppositori saprà dirmi che
cosa sia la Vita, allora soltanto concederò a costui di teorizzare intorno ai limiti
delle modalità con cui si estrinseca la Vita nell'universo.
- 244 -
Comunque, non è meno vero che, dati i preconcetti inveterati esistenti in ogni strato
sociale contro l'esistenza di un mondo spirituale corrispondente a quanto emerge dal
presente lavoro, occorre una buona dose di coraggio morale per dichiarare pubblicamente
la propria opinione sull'argomento, correndo il rischio di compromettere il valore
scientifico di tutta l'opera compiuta in mezzo secolo d'indagini. Mi consolerò
meditando le parole con cui il sommo filosofo Herbert Spencer termina il capitolo
sull'«Inconoscibile» nei Primi Principi. Egli osserva:
«Chiunque esiti a proclamare ciò ch'egli crede la più alta Verità, nel dubbio ch'essa
risulti troppo avanzata rispetto al suo tempo, può rassicurarsi considerando i suoi
atti da un punto di vista impersonale. Si ricordi, cioè, che la propria opinione
sull'argomento è una unità di forza la quale, con le altre unità congeneri, costituisce
la potenza cumulativa con la quale si determinano i cambiamenti sociali; e allora
comprenderà di poter legittimamente manifestare la sua intima convinzione, lasciando
ch'essa produca l'effetto che vuole. Non per nulla si sono in lui maturate simpatie per
alcuni principi e ripugnanze per altri. Egli con tutte le sue capacità, e aspirazioni,
e convinzioni, non è un accidente ma un prodotto del suo tempo. Mentre è un discendente
del passato, è il padre del futuro e i suoi pensieri sono come i figli suoi, ch'egli è
tenuto a non lasciare perire negligentemente. Al pari di ogni altro pensatore egli può
giustamente considerarsi una unità di forza tra le miriadi di altre forze esistenti,
tramite le quali opera la Causa Ignota: e quando la Causa Ignota fa germogliare in lui
una data credenza, egli è con ciò autorizzato a professarla e a divulgarla...
Non come avventizio, dunque, l'uomo saggio dovrà considerare il germe di Fede che in
lui si concretizza. Ne consegue che senza esitazioni dovrà dare alle genti la Verità
più alta che egli è pervenuto a intravedere, consapevole di compiere con ciò tutto il
suo dovere dinanzi al mondo, qualunque cosa avvenga, consapevole altresì che s'egli
perverrà ad effettuare il cambiamento cui aspira, conseguirà con ciò il massimo bene;
ma se così non fosse, bene ancora, per quanto non così bene» (Herbert Spencer, First
Principles).
Mi trovo pertanto confortato dal consenso del grande filosofo.
E qui, tornando sull'argomento, concludo dichiarando che il presente lavoro di
analisi comparata autorizza a preconizzare l'evento non lontano del giorno in cui si
arriverà a prospettare dinanzi all'u-
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manità pensante e brancicante nelle tenebre un quadro riassuntivo, più o meno generico,
più o meno simbolico, ma intrinsecamente vero e scientificamente legittimo, circa le
modalità dell'esistenza spirituale nelle Sfere più prossime al mondo nostro, Sfere in
cui tutti i viventi dovranno convenire dopo la crisi della morte. Si arriverà così ad
orientare altrettanto sicuramente l'umanità in ordine ai grandi quesiti che contemplano
la vera natura dell'esistenza incarnata, gli scopi della vita, le basi della morale e
dei doveri dell'uomo, i quali nella crisi di sviluppo attualmente attraversata
dall'umanità civilizzata, dovranno decidere delle due sorti in avvenire: se i popoli
civili li riconosceranno e li praticheranno, si troveranno avviati a una meta sempre
più radiosa di progresso sociale e spirituale, ma se li respingeranno e li
trascureranno, allora dovrà seguire fatalmente la decadenza dei popoli civili, a
vantaggio di altre razze intrinsecamente meno corrotte della razza dominante.
- 246 -
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Note
Introduzione
1) Oliver Lodge, Raymond, or Life after Death, (con esempi sull'evidenza della
sopravvivenza della memoria e dell'affetto dopo la morte). Prima ed., London, 1916,
pagg. XI-403, in ottavo.
Casistica e commenti
1) London, 1874, pagg. 358 (Memorial Edition).
2) London, 1863, pagg. 388.
3) In ottavo. Pagg. XVII-543. Cincinnati, 1874. (Seconda edizione: Chicago, 1875,
idem).
4) Ernesto Bozzano, "Pensiero Volontà forze plasticizzanti e organizzanti",
pubblicato in sette puntate in Luce e Ombra, anni 1926 e 1927. Pagg. 69 in tutto.
5) Fox-Taylor Automatic Writing, 1869-1892, Unabridged Record, Minneapolis, 1932,
pagg. 400. In ottavo.
6) Hutchinson, London, 1920, pagg. 288.
7) A. H. Stockwell, London, 1922, pagg. 64.
8) London, 1930, pagg. 181.
9) The Religion-Philosophycal Publishing House, Chicago, USA, 1889, pagg. 101.
Seconda edizione: The Two Worlds Publishing Co., Manchester, 1895, pag. 69.
10) The Psychic Press, London, 1930, pagg. 90.
11) N.d.A.: Dello stesso autore, Indagini sulle manifestazioni su-
- 249 -
pernormali, Vol. V, Città della Pieve, 1938.
12) A Heretic in Heaven (Being the Post-Mortem) Memoirs and Reflections of "Daddy",
Hutchinson, London, s.d., pagg. 160.
13) Messages to C. A. Dawson-Scott, London, 1926, pagg. 192.
14) Old Royalty Book Publishers, London, 1928, pagg. 123.
15) Messages front Sir William Barrett, Edited by his wife, Longmans, Green & Co.,
London, 1937, pagg. 204.
16) London, 1928, pagg. 296.
17) Manchester, 1937, pagg. 178.
18) William Rider, London, 1914, pagg. 309. Lettere di un morto tuttora vivente,
Bocca, Torino, 1928, pagg. 214.
19) Questa monografia fu pubblicata in otto puntate, per complessive pagine 84, nella
rivista Luce e Ombra, da pag. 225 del 1920 e dapag. 208 del 1921.
20) Vedi Luce e Ombra, 1921, pagg. 41-44.
21) Le Letters from Julia furono pubblicate sulla rivista Borderland (che apparve dal
1893 al 1897); indi furono raccolte in volume con il titolo di After Death, Enlarged
Edition of Letters from Julia, Stead's Publishing House, London, 1914, pagg. 164. (Nel
1921 comparve la decima edizione). (G. D. B.).
22) Luce e Ombra, 1920, pagg. 239-242.
23) Luce e Ombra, 1920, pagg. 305-308.
24) By A Mother, London, 1913, pagg. 251.
25) London, 1933, pagg. 304.
26) London, 1926, pagg. 224.
27) "Il ritorno di Oscar Wilde", in Luce e Ombra, 1925, fascicoli 10 e 11.
28) Writings Given By Him After His Passing to the Spirit-World. Stead's Publishing
House, London, 1923, pagg. 222.
29) Una monografia di 41 pagine pubblicata in Luce e Ombra, 1926, fascicoli 7-8-9-10.
30) Rider, London, 1932, pagg. 143.
31) London, 1883, Sotto il titolo di Insegnamenti spiritici fu pubblicato in Italia a
Città della Pieve, in due volumi. Vol. I, 1920 pagg. 323, traduzione di C. Bruno, Vol.
II, 1921, pagg. 283, traduzione e prefazione di E. Bozzano.
32) London, s.d., pagg. 159.
- 250 -
LA CRISI DELLA MORTE di Ernesto Bozzano
Indice
Prefazione alla nuova edizione
9
Introduzione 15
Casistica e commenti 23
Conclusioni 235
Note 249
FINE

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