“E quando finalmente sei uscito dalla nebbia...” Fu un momento esaltante: luce, luce, luce.
Così un’altra anima, Orazio, ricorda il suo venir fuori dalla condizione oscura, solitaria,
desolata dell’espiazione per approdare alle sfere astrali dove si può vivere un periodo più o
meno lungo di esistenza libera e felice (302).
L’approdo alla luce è esperienza che accomuna sia le anime che escono da un periodo di
espiazione, sia le altre anime. che, non essendo gravate da particolari scorie, arrivano alle
sfere astrali senza dover passare per quella penosa condizione intermedia.
Sono nella luce: è l’espressione con cui Livia qualifica la propria appartenenza alle sfere
astrali di cui si è fatto cenno e di cui ora si cercherà di dare un’idea più chiara (7).
Non sempre le descrizioni più precise di un tale stato riescono a veicolarsi, attesa la
relativa impreparazione di chi tra noi vivi sulla terra dovrebbe recepire il discorso: tuttavia
l’espressione luce, luce, luce appare la più ricorrente un po’ in tutte le comunicazioni di
queste anime.
È un’espressione che si attaglia a qualificare anche e soprattutto le sfere più alte, di cui
dirò più appresso: la vita ultraterrena si svolge ormai sotto il segno della luce in proporzione
crescente.
Dice Maria: La cosa più bella era che vedevo, vedevo, vedevo. Maria era una vecchia
decrepita, divenuta quasi cieca e completamente sorda. Confinata nel suo letto, aveva vissuto
un’esistenza ormai puramente vegetativa in una casa di riposo per anziani. Le chiedo: “Che
cosa hai visto in particolare al tuo approdo all’aldilà?” Mi risponde: Colori, il sole, il verde e
l’erba di un immenso prato. E poi mi sono accorta che sentivo, sentivo, sentivo musiche,
canti di uccelli, lo stormire del vento.
Giova, qui, riportare ancora qualche altra espressione di quest’anima che rievoca il suo
trapasso: ...Mi sentivo bene e avevo riacquistato tutte le facoltà. vista, udito. Potevo
camminare. Ero diritta in carne (88). Ora che il vecchio organismo con la sua decadenza
estrema e con i suoi acciacchi e malattie è venuto meno, l’anima è libera e tale si avverte
nella pienezza delle sue facoltà, che erano rimaste pur sempre inalterate per quanto fossero
temporaneamente impedite dalla prigione corporea.
Ricorda un altro infermo, Livio: Potersi muovere liberamente senza l’aiuto del servo mi
rendeva felice... La cosa meravigliosa è il benessere: non sentire più i dolori di un corpo
vecchio e ammalato (291).
Nell’ambiente mentale di quelle prime sfere dell’altra dimensione che per essere più
vicine alla terra le appaiono simili, alla fine ti accorgevi, ricorda ancora Orazio, che stavi
muovendoti senza camminare. “Cioè”, chiedo io, “senza muovere le gambe, senza mettere i
piedi l’uno davanti all’altro con moto alterno?” Sì. “Avevi i piedi alquanto sollevati dal
terreno (sempre s’intende dal terreno astrale)?” La sensazione come se scivolassi (307). Il
senso di leggerezza che l’anima prova in sé trova la sua espressione simbolica in questa
immagine visiva di se medesima, cui dà forma con un atto mentale.
L’anima si avverte leggera, al punto da potersi spostare con la velocità del pensiero
dall’una all’altra sfera e anche da un luogo terreno a un altro luogo sito a distanza geografica:
basta a un’anima concentrare il pensiero su un qualsiasi luogo anche all’altro capo del
mondo, ed ecco che in un attimo si trova là.
Così come avverte se stessa incredibilmente leggera, l’anima si accorge che invero tutte le
realtà dell’altra dimensione hanno la medesima leggerezza: “Facevi anche nella sfera i
trasporti di vino?” chiedo a Opimio, che mi risponde: Sì. Se volevo, sì. Ma tutto era lieve.Un’anfora sollevata e messa sul carro non è pesante (288).
Tale estrema leggerezza delle realtà della sfera similmondana dell’altra dimensione è
spiegabile col fatto che esse hanno un puro carattere mentale. Chiedo a Umberto: “Nella tua
sfera, quando tu cammini, come ti pare il terreno su cui posi i piedi: soffice o duro?” Solido,
mi risponde. È materia mentale (36). L’ha creato, sì, il pensiero; ma si tratta di un pensiero
forte, che pone in essere creazioni mentali forti.
Variazioni sul tema, per acquisire meglio il concetto: “Se tu”, chiedo a Ubaldo, “nel tuo
ambiente astrale tocchi un albero, come ti appare: solido o evanescente?” Solido, mi risponde
senza esitazione. “E se dai un morso a una mela...?” È come la terrena, ma sei tu che non la
gusti. “È insipida, vuoi dire”. Sì. Non sanno di niente. “Un’anima femminile della tua sfera
dovrebbe presentarsi parimenti concreta. Ora, se tu ti avvicini a una bella donna astrale e
l’abbracci, che sensazione provi?” La senti solida,ma non c’è l’impulso sessuale (211).
Domande precise vogliono repliche il più possibile precise e circostanziate. E ottengono,
all’ultimo, risposte come questa che segue. Al quesito “Un albero astrale ti appare solido o
nebuloso?” Maila replica: Dipende dalla mia consistenza. “Cioè...?” chiedo ancora. Ed ecco
che l’entità distingue tre casi.
1) Se sono solo energia, nulla. (In altre parole: se non ho più la forma umana, non vedo
nemmeno le altre forme astrali similterrene).
2) Se la mia consistenza è debole, tutto mi appare affievolito. È la situazione dell’anima
che sta perdendo la forma e diviene sempre più evanescente in un ambiente mentale che le
sembra divenire sempre più evanescente anch’esso).
3) Quando avevo una consistenza stabile, tutto era solido. (È la situazione che stiamo
considerando ora, per poi passare a quella n. 2 e infine a quella n. 1, dove le stesse
articolazioni rispettive di questa replica diverranno via via più comprensibili).
Quale giustificazione razionale possiamo dare di questo fatto apparentemente cosi strano:
che cioè le sfere più vicine alla terra dell’aldilà risultino affollate di esseri così simili a quelli
del nostro mondo? Li creiamo noi con le energie spirituali, è la spiegazione semplicissima di
Livia (7). Sono tutte creazioni della mente: e si può ben capire come tale creatività si orienti
in maniera assai più spontanea e facile verso quanto corrisponde alle abitudini mentali del
soggetto.
È per questo che, dal proprio soggiorno nelle sfere iniziali di luce dominate dalla forma,
Orazio può ricordare: Si viveva una vita quasi terrena. Avevi gli abiti e incontravi amici. Si
poteva, con la forza del pensiero, ottenere ciò che desideravi. Era, insomma, una sfera simile
alla terra.
A questo punto l’antico maestro di scuola aggiunge: Se avessi voluto, avrei ricreato anche
la mia aula. “Ma te ne sei guardato bene”, obietto in tono scherzoso. Sì, sì, sì, replica: per il
momento dei suoi scolaretti ne aveva abbastanza.
Poteva, piuttosto, avvertire il bisogno — ovviamente non fisico, sibbene mentale, di pura
abitudine mentale — di avere ancora una casa. Alla domanda “Avevi una casa?” replica in
modo affermativo precisando: Con altri. “Della tua stessa famiglia?” Sì, parenti.
“C’era sempre il cielo luminoso? Veniva mai la notte, l’oscurità?” Se lo pensavi, si. “Se lo
pensavi individualmente?” Collettivamente. Così pure avviene in genere la costruzione di
oggetti: si possono fare da soli, se sono semplici; ma, se complessi, ci vuole il lavoro mentale
di molti.
Non starò, qui, a descrivere minutamente tutte le modalità dell’esistenza nella forma. Mi
limiterò a darne qualche cenno di massima. L’esistenza spirituale nelle sfere similterrene è
come un lungo sogno in cui le anime possono vivere qualche esperienza che maggiormente le
gratifica a seconda delle inclinazioni e delle abitudini mentali di ciascuna. È una sorta di
sogno collettivo, sognato in comune.
In comune tra chi? Per necessità di cose, le anime disincarnate si raggruppano a seconda
della loro potenzialità di sognare le medesime cose. In altre parole, si raggruppano per
affinità.
La loro vita ha ormai un puro carattere mentale; ma i contenuti sono ancora terreni:
corrispondono agli attaccamenti per queste o quelle determinate cose, per questo o quel modo
di vivere.Quei contenuti vanno sognati a oltranza, fino a che, sopraggiunta la sazietà, l’anima
spontaneamente non se ne liberi. Un tale smaltimento dei residui attaccamenti terreni può
essere facilitato dal modo in cui l’anima decide, da sé, di orientarsi: si tratta, per essa, di
optare per una vita spirituale più pura e più alta e di perseverare in tale decisione col
necessario impegno.
È, poi, in atto un processo di disincarnazione spontaneo, in forza del quale molti residui
psichici vengono via via a cadere. L’anima viene, così, a spogliarsi di quanto, dopo la morte
fisica, le era rimasto in termini di corporeità più sottile. Col venir meno della corporeità viene
meno la memoria, che alla corporeità pare strettamente legata.
Ma quali sono le possibilità che la vita astrale formale offre a ciascun’anima? L’anima può
incontrare di nuovo i propri cari che sono trapassati prima di lei, e può anche intrattenersi con
i più cari amici. C’è, però, qui una limitazione: bisogna che con amici e familiari ci sia una
reale affinità, una reale intesa, e che i loro cammini coincidano almeno per un tratto con
quello del nostro disincarnato.
È un affollarsi di parenti o amici che accoglie Albino al risveglio dal sonno rigeneratore.
Quando però gli chiedo se qualcuno mancasse all’appello, risponde che, sì, un fratello
risultava assente. “Come mai?” Altra sfera e impossibilità di venire (374).
A Giorgio, che nell’altra dimensione soggiorna coi nonni e con una zia, chiedo dei
genitori: Non li ho mai incontrati, replica, e il desiderio era grande. Mi è stato spiegato così.
diverso cammino spirituale. Solo nel mondo perfetto ci incontreremo (277).
Questo che ho detto ora deluderà qualche lettore, la cui massima aspirazione sia di
incontrare nell’aldilà un’anima cara. Per quanto io desideri offrire a tutti il massimo conforto,
non posso farlo a tutti i costi, ma solo nel rispetto assoluto dei dati che mi risultano. (Nel
rispetto dei dati, ho detto, non della verità, che chissà poi qual è). Mi è comunque lecito
confortare quel lettore, o lettrice, con le due considerazioni che seguono.
1) L’amore che unisce due persone, la loro intesa profonda è il fattore essenziale e primo
che opererà nel senso di farle incontrare di nuovo e stare assieme nell’altra dimensione.
2) Se il vero amore è eterno, e se esso esige che coloro che si amano finiscano per riunirsi
senza più separarsi, l’eternità da vivere insieme è quella dove ci si immetterà al compimento
ultimo di quel processo di elevazione, di purificazione, di santificazione, che pur sempre
esige temporanei distacchi, data la diversità inevitabile dei cammini individuali. L’eternità da
vivere insieme è la condizione finale e definitiva, cui noi accederemo per ultimo, allorché ci
ridesteremo dal sonno della morte. Lasciando la condizione disincarnata (che è pur sempre
una condizione diminuita), noi allora ci reintegreremo a tutti i livelli per attuare in noi stessi
la pienezza della vita sia divina che umana.
Nell’altra dimensione si può godere la compagnia di anime in parte già note e di altre non
conosciute ma congeniali (322).
Tutti questi spiriti si possono, sì, definire amici, ma non è l’amicizia terrena: è più
un’affinità che ti lega e non una carnalità, spiega Joseph (322).
Nell’altra dimensione si può riprendere e continuare la propria vita di famiglia in
compagnia della persona amata o delle persone care lasciate e poi ritrovate.
Grazie all’aiuto sollecito — e ovviamente gratuito — di anime esperte nelle tecniche di
creazione mentale si può ottenere un facsimile astrale della casa che si possedeva sulla terra,
così come si può vivere in un facsimile astrale del proprio amato villaggio, paese o città, che
apparirà creazione collettiva di sempre più vasto impegno. Si potrà tornare a vivere, in
qualche modo, nel proprio ambiente, tra gente della propria epoca con quel tipo di abitazioni
e di arredamenti, di mezzi di locomozione, di usi e costumi.
Si potrà avere esperienze e compiere ricerche e studi che non si siano potuti portare avanti
sulla terra a causa di una morte avvenuta in età immatura. Tale è il caso, per esempio, dei
bambini che vengono educati nelle scuole astrali e si maturano e crescono attraverso
esperienze che in qualche modo rimpiazzano e surrogano quelle che sulla terra gli sono state
negate.
In quanto e fin quando l’anima ha una forma similcorporea, la crescita che avviene via via
troverà la sua espressione simbolico-visiva nell’aspetto umano, che anch’esso cresce e si
sviluppa in proporzione.
Anime appassionate agli studi potranno continuare ad istruirsi frequentando scuole anche
di livello superiore. Anime appassionate della lettura potranno continuare a leggere o
captando mentalmente il contenuto di libri esistenti sulla terra; o addirittura, se ancora
avvertono il bisogno psicologico di farlo, sfogliando libri astrali. Si tratta di volumi che in
qualche modo riproducono quelli terreni. Se ne scorgono i caratteri di similstampa su pagine
che, voltate, possono dare l’impressione anche similacustica del caratteristico fruscio dei libri
esistenti nel nostro mondo.
Così, per quanto possa parere strano o anche buffo, o al limite ridicolo, nelle sfere formali
dell’altra dimensione si possono trovare un po’ tutte le cose, le attività, gli hobbies, i giochi,
gli edifici, le istituzioni che esistono sulla terra. Son tutte realtà mentali e costruzioni mentali,
che vengono poste in essere individualmente o collettivamente, a soddisfare quelli che delle
anime sono i residui bisogni psicologici non ancora smaltiti.
In questa sorta di mondo parallelo un’anima appassionata del proprio lavoro potrebbe
continuare a svolgerlo, o potrebbe svolgerne uno simile per soddisfazione propria e per utilità
comune.
È un mondo parallelo dove, a quanto pare, si compongono poesie e musiche per recitare le
prime in accademie poetiche ed eseguire le seconde in cooperazione con altri in sale per
concerti.
È un mondo parallelo dove, a quanto pare, si creano opere di arte figurativa. Questo si
realizzerebbe con puri atti di creazione mentale diretta e immediata; o anche, se si preferisce,
creando prima, per mezzo di puri atti mentali, scalpelli, pennelli, tele, colori e poi scolpendo
o dipingendo proprio come fanno scultori e pittori qui su questa terra. Ci può essere, invero,
un bisogno psicologico non solo di creare certe opere, ma di crearle proprio con quelle
tecniche precise.
Quello astrale è un mondo parallelo dove, sempre a quanto pare, si può andare a caccia o a
cavallo o in bicicletta o in automobile o in barca; dove si può correre e danzare e compiere
operazioni mentali sostitutive del mangiare, del bere, del fumare e, specialmente ora, del
drogarsi.
Oltre a svolgere le attività che si vuole in un ambiente familiare, i disincarnati, ove ne
avvertano il desiderio o l’inclinazione, possono esplorare gli ambienti più diversi.
Si possono visitare le più diverse sfere: e questo in forza dell’interesse e del desiderio di
entrarvi in contatto, ma anche nei limiti in cui un tale contatto è reso possibile dal grado di
affinità.
Si può di nuovo scendere sulla terra ed entrare nella propria casa di una volta, dove ancora
abitano le persone di famiglia che lì si sono lasciate.
Si possono visitare gli amici, invisibilmente, nelle loro abitazioni e nei luoghi che
frequentano per seguirne la vita, anche per aiutarli, per dare loro ispirazione ed energie
spirituali nei limiti del possibile.
Ci si può manifestare in sedute medianiche. Si possono fare viaggi nei luoghi geografici
più lontani. Si può anche viaggiare nel tempo per conoscere le epoche passate. Naturalmente
è necessario apprendere e porre in atto le tecniche giuste, altrimenti si rischia di captare non
tanto gli eventi del passato come sono accaduti realmente, quanto piuttosto le immagini
spesso fantasiose e distorte che molte persone se ne fanno; e, analogamente, si rischia di
vedere certi lontani luoghi non tanto come sono realmente, quanto piuttosto come sono
falsamente immaginati e vagheggiati.
Non sempre le incursioni che i disincarnati compiono su questa terra hanno un carattere
positivo. Vi si può scendere per imparare o per insegnare, per portare a noi un messaggio
utile ai fini del nostro orientamento spirituale, ma anche per soddisfare un desiderio che in
certi particolari momenti del proprio impegno di elevazione l’anima farebbe meglio a non
assecondare.
Si può anche scendere sulla terra al fine di procurarsi gratificazioni del livello più basso:
un’anima violenta può gratificarsi nell’assistere a scene di violenza; un defunto bevitore che
non si sia ancora liberato delle scorie del proprio antico vizio può trarre piacere dal
frequentare osterie, dove ancora gli sia dato in qualche maniera di assaporare il gusto del vino
prediletto; un lussurioso può, sempre invisibilmente, frequentare bordelli o spiare coppiette o comunque immedesimarsi il più possibile con chi si accinge a compiere un atto sessuale.
Quando poi un’anima pervenga addirittura a possedere una persona vivente o comunque a
controllarla in qualche modo, a influenzarne le azioni, la sua bramosia di soddisfare certe
inclinazioni vicariamente può indurla a fare del tutto per spingere quella persona a compiere
ancora e ancora quei corrispondenti atti.
Come si vede, non tutto quel che è possibile fare è parimenti accettabile, consigliabile e
lecito. Ci sono, poi, iniziative che, per quanto possano convenire all’anima disincarnata fino a
che essa permanga a certi stadi evolutivi, sarebbero controproducenti in quegli stati ulteriori,
nei quali l’anima fosse ormai decisamente incamminata sul sentiero dell’elevazione, in un
impegno che esige un’attenzione esclusiva e la massima concentrazione di forze.
Il periodo del soggiorno dell’anima disincarnata nelle sfere astrali della forma è pur
sempre qualcosa di simile a una lunga vacanza. Quando si è in vacanza non disdice un po’ di
turismo: e l’andare in giro di qua e di là consente sempre al soggetto di compiere nuove
esperienze che, alla loro maniera, non possono non essere formative della sua personalità
complessiva integrale. Con tutto questo, il soggiorno nel mondo astrale rimane comunque
definibile come una sorta di lunga vacanza che precede il lungo, duro, formidabile impegno
dell’elevazione e della santificazione.
Un’anima che, avendo obliato il proprio nome, mi suggerisce di chiamarla Attesa (nome
d’arte, o di battaglia, coniato lì per lì) mi conforta in questo senso con le parole che qui
riporto: Gli stadi di evoluzione spirituale sono individuali e soggettivi. Tu che sei curioso di
tutto potresti non volerti evolvere per godere esperienze che nulla hanno con l’amore di Dio:
volare, entrare in case, tornare in epoche passate (sono solo esempi). A un certo punto ci si
viene a trovare dinanzi a un bivio: o... inizi subito la via della purificazione, o non vorrai
avere esperienze come quelle dette prima? “Beh, io sono senz’altro dell’idea di intraprendere
il cammino dell’elevazione spirituale, religiosa, fino all’obiettivo della santificazione. Però
non vorrei farlo proprio subito, immediatamente dopo il trapasso. Vorrei trattenermi per un
poco a esplorare l’aldilà nelle sue varie sfere e magari fare qualche capatina anche
nell’aldiquà, per vedere le cose che non ho visto ancora, per ritornare ai luoghi più amati.
Faccio male?”
Bravo! Hai risposto con onestà e con intelligenza. È ipocrito (sic) colui che risponda di
non voler volare eccetera. Reputo falsa quell’anima che non vuole passare esperienze.
Costruirsi un piccolo oggetto mentale, tornare in un’epoca passata, tornare invisibilmente
presso i cari lasciati sono emozioni meravigliose che nessun’anima bella perde.
Questo, prosegue Attesa, non vuol dire che, una volta fatte simili esperienze, l’anima non
inizi il suo cammino, prima di purificazione e poi di santificazione. “Solo che”, aggiungo io,
“una volta iniziato il cammino bisogna lasciar perdere tutto il resto”. Questa è la condizione,
perché, quando l’anima è sazia di tutte le curiosità, con consapevolezza inizia la via, certa
che avrà tutto centuplicato. “Riavremo, quindi, centuplicate anche tutte quelle conoscenze
che avremo dovuto lasciare, o mettere in frigorifero”. Sì, sì. Nulla si perde e nulla si
distrugge. In Dio tutto si conserva intatto (239).
Già mesi prima avevo confidato alla guida Sino: “Quando verrò da voi nell’altra
dimensione, una volta che avrò scontato peccati che non mi sarà riuscito di espiare su questa
terra, senti che bel programma che ho: prima mi riposo, perché un buon periodo di riposo mi
ci vuole”. È di tutti. “Poi vado a gironzare e a sficcanasare per il mondo spirituale di qua, di
là, dappertutto. Mi sarà consentito?” Sì. “Infine mi affiderò a voi guide e sarò un allievo
modello. Che ne dici del mio programma?” È un buon percorso, mi ha confermato la cara
guida (120). Almeno per me, senz’altro per molti; forse non proprio per tutti, come poi mi ha
fatto chiaramente capire. Ma ciascuno troverà la propria strada.
Ho cercato qui di svolgere il tema – invero non facile – delle possibilità che, sempre a
quanto pare, avremo in questa prima tappa della nostra vita dopo la morte, dopo essere entrati
nelle sfere di luce. Un’esemplificazione abbastanza varia è stata già offerta in merito nei
Colloqui con l’altra dimensione oltre che in Eternità.
Ma la grande chance, la grande opportunità che la vita dopo la morte soprattutto offre è
quella dell’ascesa spirituale-religiosa. Le attività umanistiche, le scienze e le tecnologie, la
cultura e le arti, l’impegno politico-sociale appartengono più, per loro natura, alla terra. È, all’opposto, con riferimento al mondo delle anime disincarnate, cui ormai appartiene, che il
giovanissimo Tino mi dice: Pensa, questo mondo è proprio adatto alla religione (356).
Un’altra anima, dopo avermi detto che posso chiamarla Bene, senza ovviamente
confonderla col Bene sommo, dice di sé: Sono un bene che vuole far sapere che il nostro
mondo è effettivamente realizzante per l’anima (233).
Sempre parlando della dimensione spirituale dove la mancanza del corpo cambia di molto
le cose, Agostino dice che quel modo di esistenza è finalizzato essenzialmente alla
santificazione. Ne consegue che i valori dell’umanesimo vi sono trascurati. In attesa di quella
resurrezione finale che li reintegrerà in una con la reintegrazione della corporeità, della
materia, finché perdura la condizione disincarnata si punta più sulla preghiera, sulla tecnica
della meditazione, della concentrazione, della contemplazione a scapito della storia, della
scienza ecc. (125).
Pur in forma diversa, il concetto pare sostanzialmente ribadito in queste parole di Attesa:
Sappi che la saggezza è del mondo. L’amore impera qui. Tutto ciò che è cultura non viene
dal nostro, ma dal sapere terreno (239).
Ne deriva, chiaramente, che i problemi che un’anima deve affrontare nell’altra dimensione
sono di natura ben diversa da quelli nostri; e nulla dice che siano meno ardui, se dobbiamo
prendere sul serio, per esempio, le testimonianze che seguono: Sono in una condizione dove
la terra non dà problemi, dice Belive. E al mio “Beato te!” replica: ...Ma dove un cammino
spirituale è più irto di problemi (336).
Anzi, ci previene Grande Aria: Il lavoro spirituale è qui più pesante di quello terrestre
(212).
La vita ultraterrena delle sfere astrali può arricchire la personalità di coloro che in
definitiva sono destinati a risorgere a vita piena. In rapporto a questa espansione integrale
della personalità tutto può servire di quel che noi impariamo sia sulla terra, sia in quella sfera
dove l’esistenza terrena pur si continua in qualche modo. La vita similterrena delle sfere
astrali va, perciò, fruita per tutto quel che può dare.
A un certo momento va, però, abbandonata. Al di là di un certo limite ogni attaccamento
ad essa è di troppo e finisce per dimostrarsi negativo. E di chiaro impedimento a quel
cammino spirituale-religioso in senso stretto, a quell’itinerario mistico al quale la vita
ultraterrena è finalizzata nella maniera più specifica e propria.
Non tutte le anime si dicono soddisfatte della condizione astrale pur luminosa in cui si
svolge la loro esistenza dominata dalla forma: tante, però, vi si trovano a loro pieno agio.
Entusiasmo autentico è quello che esprimono le parole del defunto pastore serbo, o
macedone, Jansko Pijetor. Egli si trova in una replica astrale della valle in cui è nato e
vissuto. Quando gli faccio sapere che Bettina ed io non siamo disincarnati, bensì ancora vivi
sulla terra, prima appare incredulo, ma poi, persuaso dalla mia insistenza, dice: Non siete qui?
Bene, allora presto venite. “Vuoi farci morire prima del tempo?” Ma la valle è bella,
tranquilla e si sta bene. “Abbiamo un po’ di cose da fare, qui, a meno che la Provvidenza non
disponga altrimenti”. Se devi fare, rimani; ma sbrigati. “E tu quando eri vivo sulla terra avevi
tanta fretta di morire?” No. “Neanche noi abbiamo tanta fretta. E poi, malgrado tutto, l’idea
della morte fa sempre una certa impressione al diretto interessato”. Perché non si sa come stiamo bene.
continua.....
Così un’altra anima, Orazio, ricorda il suo venir fuori dalla condizione oscura, solitaria,
desolata dell’espiazione per approdare alle sfere astrali dove si può vivere un periodo più o
meno lungo di esistenza libera e felice (302).
L’approdo alla luce è esperienza che accomuna sia le anime che escono da un periodo di
espiazione, sia le altre anime. che, non essendo gravate da particolari scorie, arrivano alle
sfere astrali senza dover passare per quella penosa condizione intermedia.
Sono nella luce: è l’espressione con cui Livia qualifica la propria appartenenza alle sfere
astrali di cui si è fatto cenno e di cui ora si cercherà di dare un’idea più chiara (7).
Non sempre le descrizioni più precise di un tale stato riescono a veicolarsi, attesa la
relativa impreparazione di chi tra noi vivi sulla terra dovrebbe recepire il discorso: tuttavia
l’espressione luce, luce, luce appare la più ricorrente un po’ in tutte le comunicazioni di
queste anime.
È un’espressione che si attaglia a qualificare anche e soprattutto le sfere più alte, di cui
dirò più appresso: la vita ultraterrena si svolge ormai sotto il segno della luce in proporzione
crescente.
Dice Maria: La cosa più bella era che vedevo, vedevo, vedevo. Maria era una vecchia
decrepita, divenuta quasi cieca e completamente sorda. Confinata nel suo letto, aveva vissuto
un’esistenza ormai puramente vegetativa in una casa di riposo per anziani. Le chiedo: “Che
cosa hai visto in particolare al tuo approdo all’aldilà?” Mi risponde: Colori, il sole, il verde e
l’erba di un immenso prato. E poi mi sono accorta che sentivo, sentivo, sentivo musiche,
canti di uccelli, lo stormire del vento.
Giova, qui, riportare ancora qualche altra espressione di quest’anima che rievoca il suo
trapasso: ...Mi sentivo bene e avevo riacquistato tutte le facoltà. vista, udito. Potevo
camminare. Ero diritta in carne (88). Ora che il vecchio organismo con la sua decadenza
estrema e con i suoi acciacchi e malattie è venuto meno, l’anima è libera e tale si avverte
nella pienezza delle sue facoltà, che erano rimaste pur sempre inalterate per quanto fossero
temporaneamente impedite dalla prigione corporea.
Ricorda un altro infermo, Livio: Potersi muovere liberamente senza l’aiuto del servo mi
rendeva felice... La cosa meravigliosa è il benessere: non sentire più i dolori di un corpo
vecchio e ammalato (291).
Nell’ambiente mentale di quelle prime sfere dell’altra dimensione che per essere più
vicine alla terra le appaiono simili, alla fine ti accorgevi, ricorda ancora Orazio, che stavi
muovendoti senza camminare. “Cioè”, chiedo io, “senza muovere le gambe, senza mettere i
piedi l’uno davanti all’altro con moto alterno?” Sì. “Avevi i piedi alquanto sollevati dal
terreno (sempre s’intende dal terreno astrale)?” La sensazione come se scivolassi (307). Il
senso di leggerezza che l’anima prova in sé trova la sua espressione simbolica in questa
immagine visiva di se medesima, cui dà forma con un atto mentale.
L’anima si avverte leggera, al punto da potersi spostare con la velocità del pensiero
dall’una all’altra sfera e anche da un luogo terreno a un altro luogo sito a distanza geografica:
basta a un’anima concentrare il pensiero su un qualsiasi luogo anche all’altro capo del
mondo, ed ecco che in un attimo si trova là.
Così come avverte se stessa incredibilmente leggera, l’anima si accorge che invero tutte le
realtà dell’altra dimensione hanno la medesima leggerezza: “Facevi anche nella sfera i
trasporti di vino?” chiedo a Opimio, che mi risponde: Sì. Se volevo, sì. Ma tutto era lieve.Un’anfora sollevata e messa sul carro non è pesante (288).
Tale estrema leggerezza delle realtà della sfera similmondana dell’altra dimensione è
spiegabile col fatto che esse hanno un puro carattere mentale. Chiedo a Umberto: “Nella tua
sfera, quando tu cammini, come ti pare il terreno su cui posi i piedi: soffice o duro?” Solido,
mi risponde. È materia mentale (36). L’ha creato, sì, il pensiero; ma si tratta di un pensiero
forte, che pone in essere creazioni mentali forti.
Variazioni sul tema, per acquisire meglio il concetto: “Se tu”, chiedo a Ubaldo, “nel tuo
ambiente astrale tocchi un albero, come ti appare: solido o evanescente?” Solido, mi risponde
senza esitazione. “E se dai un morso a una mela...?” È come la terrena, ma sei tu che non la
gusti. “È insipida, vuoi dire”. Sì. Non sanno di niente. “Un’anima femminile della tua sfera
dovrebbe presentarsi parimenti concreta. Ora, se tu ti avvicini a una bella donna astrale e
l’abbracci, che sensazione provi?” La senti solida,ma non c’è l’impulso sessuale (211).
Domande precise vogliono repliche il più possibile precise e circostanziate. E ottengono,
all’ultimo, risposte come questa che segue. Al quesito “Un albero astrale ti appare solido o
nebuloso?” Maila replica: Dipende dalla mia consistenza. “Cioè...?” chiedo ancora. Ed ecco
che l’entità distingue tre casi.
1) Se sono solo energia, nulla. (In altre parole: se non ho più la forma umana, non vedo
nemmeno le altre forme astrali similterrene).
2) Se la mia consistenza è debole, tutto mi appare affievolito. È la situazione dell’anima
che sta perdendo la forma e diviene sempre più evanescente in un ambiente mentale che le
sembra divenire sempre più evanescente anch’esso).
3) Quando avevo una consistenza stabile, tutto era solido. (È la situazione che stiamo
considerando ora, per poi passare a quella n. 2 e infine a quella n. 1, dove le stesse
articolazioni rispettive di questa replica diverranno via via più comprensibili).
Quale giustificazione razionale possiamo dare di questo fatto apparentemente cosi strano:
che cioè le sfere più vicine alla terra dell’aldilà risultino affollate di esseri così simili a quelli
del nostro mondo? Li creiamo noi con le energie spirituali, è la spiegazione semplicissima di
Livia (7). Sono tutte creazioni della mente: e si può ben capire come tale creatività si orienti
in maniera assai più spontanea e facile verso quanto corrisponde alle abitudini mentali del
soggetto.
È per questo che, dal proprio soggiorno nelle sfere iniziali di luce dominate dalla forma,
Orazio può ricordare: Si viveva una vita quasi terrena. Avevi gli abiti e incontravi amici. Si
poteva, con la forza del pensiero, ottenere ciò che desideravi. Era, insomma, una sfera simile
alla terra.
A questo punto l’antico maestro di scuola aggiunge: Se avessi voluto, avrei ricreato anche
la mia aula. “Ma te ne sei guardato bene”, obietto in tono scherzoso. Sì, sì, sì, replica: per il
momento dei suoi scolaretti ne aveva abbastanza.
Poteva, piuttosto, avvertire il bisogno — ovviamente non fisico, sibbene mentale, di pura
abitudine mentale — di avere ancora una casa. Alla domanda “Avevi una casa?” replica in
modo affermativo precisando: Con altri. “Della tua stessa famiglia?” Sì, parenti.
“C’era sempre il cielo luminoso? Veniva mai la notte, l’oscurità?” Se lo pensavi, si. “Se lo
pensavi individualmente?” Collettivamente. Così pure avviene in genere la costruzione di
oggetti: si possono fare da soli, se sono semplici; ma, se complessi, ci vuole il lavoro mentale
di molti.
Non starò, qui, a descrivere minutamente tutte le modalità dell’esistenza nella forma. Mi
limiterò a darne qualche cenno di massima. L’esistenza spirituale nelle sfere similterrene è
come un lungo sogno in cui le anime possono vivere qualche esperienza che maggiormente le
gratifica a seconda delle inclinazioni e delle abitudini mentali di ciascuna. È una sorta di
sogno collettivo, sognato in comune.
In comune tra chi? Per necessità di cose, le anime disincarnate si raggruppano a seconda
della loro potenzialità di sognare le medesime cose. In altre parole, si raggruppano per
affinità.
La loro vita ha ormai un puro carattere mentale; ma i contenuti sono ancora terreni:
corrispondono agli attaccamenti per queste o quelle determinate cose, per questo o quel modo
di vivere.Quei contenuti vanno sognati a oltranza, fino a che, sopraggiunta la sazietà, l’anima
spontaneamente non se ne liberi. Un tale smaltimento dei residui attaccamenti terreni può
essere facilitato dal modo in cui l’anima decide, da sé, di orientarsi: si tratta, per essa, di
optare per una vita spirituale più pura e più alta e di perseverare in tale decisione col
necessario impegno.
È, poi, in atto un processo di disincarnazione spontaneo, in forza del quale molti residui
psichici vengono via via a cadere. L’anima viene, così, a spogliarsi di quanto, dopo la morte
fisica, le era rimasto in termini di corporeità più sottile. Col venir meno della corporeità viene
meno la memoria, che alla corporeità pare strettamente legata.
Ma quali sono le possibilità che la vita astrale formale offre a ciascun’anima? L’anima può
incontrare di nuovo i propri cari che sono trapassati prima di lei, e può anche intrattenersi con
i più cari amici. C’è, però, qui una limitazione: bisogna che con amici e familiari ci sia una
reale affinità, una reale intesa, e che i loro cammini coincidano almeno per un tratto con
quello del nostro disincarnato.
È un affollarsi di parenti o amici che accoglie Albino al risveglio dal sonno rigeneratore.
Quando però gli chiedo se qualcuno mancasse all’appello, risponde che, sì, un fratello
risultava assente. “Come mai?” Altra sfera e impossibilità di venire (374).
A Giorgio, che nell’altra dimensione soggiorna coi nonni e con una zia, chiedo dei
genitori: Non li ho mai incontrati, replica, e il desiderio era grande. Mi è stato spiegato così.
diverso cammino spirituale. Solo nel mondo perfetto ci incontreremo (277).
Questo che ho detto ora deluderà qualche lettore, la cui massima aspirazione sia di
incontrare nell’aldilà un’anima cara. Per quanto io desideri offrire a tutti il massimo conforto,
non posso farlo a tutti i costi, ma solo nel rispetto assoluto dei dati che mi risultano. (Nel
rispetto dei dati, ho detto, non della verità, che chissà poi qual è). Mi è comunque lecito
confortare quel lettore, o lettrice, con le due considerazioni che seguono.
1) L’amore che unisce due persone, la loro intesa profonda è il fattore essenziale e primo
che opererà nel senso di farle incontrare di nuovo e stare assieme nell’altra dimensione.
2) Se il vero amore è eterno, e se esso esige che coloro che si amano finiscano per riunirsi
senza più separarsi, l’eternità da vivere insieme è quella dove ci si immetterà al compimento
ultimo di quel processo di elevazione, di purificazione, di santificazione, che pur sempre
esige temporanei distacchi, data la diversità inevitabile dei cammini individuali. L’eternità da
vivere insieme è la condizione finale e definitiva, cui noi accederemo per ultimo, allorché ci
ridesteremo dal sonno della morte. Lasciando la condizione disincarnata (che è pur sempre
una condizione diminuita), noi allora ci reintegreremo a tutti i livelli per attuare in noi stessi
la pienezza della vita sia divina che umana.
Nell’altra dimensione si può godere la compagnia di anime in parte già note e di altre non
conosciute ma congeniali (322).
Tutti questi spiriti si possono, sì, definire amici, ma non è l’amicizia terrena: è più
un’affinità che ti lega e non una carnalità, spiega Joseph (322).
Nell’altra dimensione si può riprendere e continuare la propria vita di famiglia in
compagnia della persona amata o delle persone care lasciate e poi ritrovate.
Grazie all’aiuto sollecito — e ovviamente gratuito — di anime esperte nelle tecniche di
creazione mentale si può ottenere un facsimile astrale della casa che si possedeva sulla terra,
così come si può vivere in un facsimile astrale del proprio amato villaggio, paese o città, che
apparirà creazione collettiva di sempre più vasto impegno. Si potrà tornare a vivere, in
qualche modo, nel proprio ambiente, tra gente della propria epoca con quel tipo di abitazioni
e di arredamenti, di mezzi di locomozione, di usi e costumi.
Si potrà avere esperienze e compiere ricerche e studi che non si siano potuti portare avanti
sulla terra a causa di una morte avvenuta in età immatura. Tale è il caso, per esempio, dei
bambini che vengono educati nelle scuole astrali e si maturano e crescono attraverso
esperienze che in qualche modo rimpiazzano e surrogano quelle che sulla terra gli sono state
negate.
In quanto e fin quando l’anima ha una forma similcorporea, la crescita che avviene via via
troverà la sua espressione simbolico-visiva nell’aspetto umano, che anch’esso cresce e si
sviluppa in proporzione.
Anime appassionate agli studi potranno continuare ad istruirsi frequentando scuole anche
di livello superiore. Anime appassionate della lettura potranno continuare a leggere o
captando mentalmente il contenuto di libri esistenti sulla terra; o addirittura, se ancora
avvertono il bisogno psicologico di farlo, sfogliando libri astrali. Si tratta di volumi che in
qualche modo riproducono quelli terreni. Se ne scorgono i caratteri di similstampa su pagine
che, voltate, possono dare l’impressione anche similacustica del caratteristico fruscio dei libri
esistenti nel nostro mondo.
Così, per quanto possa parere strano o anche buffo, o al limite ridicolo, nelle sfere formali
dell’altra dimensione si possono trovare un po’ tutte le cose, le attività, gli hobbies, i giochi,
gli edifici, le istituzioni che esistono sulla terra. Son tutte realtà mentali e costruzioni mentali,
che vengono poste in essere individualmente o collettivamente, a soddisfare quelli che delle
anime sono i residui bisogni psicologici non ancora smaltiti.
In questa sorta di mondo parallelo un’anima appassionata del proprio lavoro potrebbe
continuare a svolgerlo, o potrebbe svolgerne uno simile per soddisfazione propria e per utilità
comune.
È un mondo parallelo dove, a quanto pare, si compongono poesie e musiche per recitare le
prime in accademie poetiche ed eseguire le seconde in cooperazione con altri in sale per
concerti.
È un mondo parallelo dove, a quanto pare, si creano opere di arte figurativa. Questo si
realizzerebbe con puri atti di creazione mentale diretta e immediata; o anche, se si preferisce,
creando prima, per mezzo di puri atti mentali, scalpelli, pennelli, tele, colori e poi scolpendo
o dipingendo proprio come fanno scultori e pittori qui su questa terra. Ci può essere, invero,
un bisogno psicologico non solo di creare certe opere, ma di crearle proprio con quelle
tecniche precise.
Quello astrale è un mondo parallelo dove, sempre a quanto pare, si può andare a caccia o a
cavallo o in bicicletta o in automobile o in barca; dove si può correre e danzare e compiere
operazioni mentali sostitutive del mangiare, del bere, del fumare e, specialmente ora, del
drogarsi.
Oltre a svolgere le attività che si vuole in un ambiente familiare, i disincarnati, ove ne
avvertano il desiderio o l’inclinazione, possono esplorare gli ambienti più diversi.
Si possono visitare le più diverse sfere: e questo in forza dell’interesse e del desiderio di
entrarvi in contatto, ma anche nei limiti in cui un tale contatto è reso possibile dal grado di
affinità.
Si può di nuovo scendere sulla terra ed entrare nella propria casa di una volta, dove ancora
abitano le persone di famiglia che lì si sono lasciate.
Si possono visitare gli amici, invisibilmente, nelle loro abitazioni e nei luoghi che
frequentano per seguirne la vita, anche per aiutarli, per dare loro ispirazione ed energie
spirituali nei limiti del possibile.
Ci si può manifestare in sedute medianiche. Si possono fare viaggi nei luoghi geografici
più lontani. Si può anche viaggiare nel tempo per conoscere le epoche passate. Naturalmente
è necessario apprendere e porre in atto le tecniche giuste, altrimenti si rischia di captare non
tanto gli eventi del passato come sono accaduti realmente, quanto piuttosto le immagini
spesso fantasiose e distorte che molte persone se ne fanno; e, analogamente, si rischia di
vedere certi lontani luoghi non tanto come sono realmente, quanto piuttosto come sono
falsamente immaginati e vagheggiati.
Non sempre le incursioni che i disincarnati compiono su questa terra hanno un carattere
positivo. Vi si può scendere per imparare o per insegnare, per portare a noi un messaggio
utile ai fini del nostro orientamento spirituale, ma anche per soddisfare un desiderio che in
certi particolari momenti del proprio impegno di elevazione l’anima farebbe meglio a non
assecondare.
Si può anche scendere sulla terra al fine di procurarsi gratificazioni del livello più basso:
un’anima violenta può gratificarsi nell’assistere a scene di violenza; un defunto bevitore che
non si sia ancora liberato delle scorie del proprio antico vizio può trarre piacere dal
frequentare osterie, dove ancora gli sia dato in qualche maniera di assaporare il gusto del vino
prediletto; un lussurioso può, sempre invisibilmente, frequentare bordelli o spiare coppiette o comunque immedesimarsi il più possibile con chi si accinge a compiere un atto sessuale.
Quando poi un’anima pervenga addirittura a possedere una persona vivente o comunque a
controllarla in qualche modo, a influenzarne le azioni, la sua bramosia di soddisfare certe
inclinazioni vicariamente può indurla a fare del tutto per spingere quella persona a compiere
ancora e ancora quei corrispondenti atti.
Come si vede, non tutto quel che è possibile fare è parimenti accettabile, consigliabile e
lecito. Ci sono, poi, iniziative che, per quanto possano convenire all’anima disincarnata fino a
che essa permanga a certi stadi evolutivi, sarebbero controproducenti in quegli stati ulteriori,
nei quali l’anima fosse ormai decisamente incamminata sul sentiero dell’elevazione, in un
impegno che esige un’attenzione esclusiva e la massima concentrazione di forze.
Il periodo del soggiorno dell’anima disincarnata nelle sfere astrali della forma è pur
sempre qualcosa di simile a una lunga vacanza. Quando si è in vacanza non disdice un po’ di
turismo: e l’andare in giro di qua e di là consente sempre al soggetto di compiere nuove
esperienze che, alla loro maniera, non possono non essere formative della sua personalità
complessiva integrale. Con tutto questo, il soggiorno nel mondo astrale rimane comunque
definibile come una sorta di lunga vacanza che precede il lungo, duro, formidabile impegno
dell’elevazione e della santificazione.
Un’anima che, avendo obliato il proprio nome, mi suggerisce di chiamarla Attesa (nome
d’arte, o di battaglia, coniato lì per lì) mi conforta in questo senso con le parole che qui
riporto: Gli stadi di evoluzione spirituale sono individuali e soggettivi. Tu che sei curioso di
tutto potresti non volerti evolvere per godere esperienze che nulla hanno con l’amore di Dio:
volare, entrare in case, tornare in epoche passate (sono solo esempi). A un certo punto ci si
viene a trovare dinanzi a un bivio: o... inizi subito la via della purificazione, o non vorrai
avere esperienze come quelle dette prima? “Beh, io sono senz’altro dell’idea di intraprendere
il cammino dell’elevazione spirituale, religiosa, fino all’obiettivo della santificazione. Però
non vorrei farlo proprio subito, immediatamente dopo il trapasso. Vorrei trattenermi per un
poco a esplorare l’aldilà nelle sue varie sfere e magari fare qualche capatina anche
nell’aldiquà, per vedere le cose che non ho visto ancora, per ritornare ai luoghi più amati.
Faccio male?”
Bravo! Hai risposto con onestà e con intelligenza. È ipocrito (sic) colui che risponda di
non voler volare eccetera. Reputo falsa quell’anima che non vuole passare esperienze.
Costruirsi un piccolo oggetto mentale, tornare in un’epoca passata, tornare invisibilmente
presso i cari lasciati sono emozioni meravigliose che nessun’anima bella perde.
Questo, prosegue Attesa, non vuol dire che, una volta fatte simili esperienze, l’anima non
inizi il suo cammino, prima di purificazione e poi di santificazione. “Solo che”, aggiungo io,
“una volta iniziato il cammino bisogna lasciar perdere tutto il resto”. Questa è la condizione,
perché, quando l’anima è sazia di tutte le curiosità, con consapevolezza inizia la via, certa
che avrà tutto centuplicato. “Riavremo, quindi, centuplicate anche tutte quelle conoscenze
che avremo dovuto lasciare, o mettere in frigorifero”. Sì, sì. Nulla si perde e nulla si
distrugge. In Dio tutto si conserva intatto (239).
Già mesi prima avevo confidato alla guida Sino: “Quando verrò da voi nell’altra
dimensione, una volta che avrò scontato peccati che non mi sarà riuscito di espiare su questa
terra, senti che bel programma che ho: prima mi riposo, perché un buon periodo di riposo mi
ci vuole”. È di tutti. “Poi vado a gironzare e a sficcanasare per il mondo spirituale di qua, di
là, dappertutto. Mi sarà consentito?” Sì. “Infine mi affiderò a voi guide e sarò un allievo
modello. Che ne dici del mio programma?” È un buon percorso, mi ha confermato la cara
guida (120). Almeno per me, senz’altro per molti; forse non proprio per tutti, come poi mi ha
fatto chiaramente capire. Ma ciascuno troverà la propria strada.
Ho cercato qui di svolgere il tema – invero non facile – delle possibilità che, sempre a
quanto pare, avremo in questa prima tappa della nostra vita dopo la morte, dopo essere entrati
nelle sfere di luce. Un’esemplificazione abbastanza varia è stata già offerta in merito nei
Colloqui con l’altra dimensione oltre che in Eternità.
Ma la grande chance, la grande opportunità che la vita dopo la morte soprattutto offre è
quella dell’ascesa spirituale-religiosa. Le attività umanistiche, le scienze e le tecnologie, la
cultura e le arti, l’impegno politico-sociale appartengono più, per loro natura, alla terra. È, all’opposto, con riferimento al mondo delle anime disincarnate, cui ormai appartiene, che il
giovanissimo Tino mi dice: Pensa, questo mondo è proprio adatto alla religione (356).
Un’altra anima, dopo avermi detto che posso chiamarla Bene, senza ovviamente
confonderla col Bene sommo, dice di sé: Sono un bene che vuole far sapere che il nostro
mondo è effettivamente realizzante per l’anima (233).
Sempre parlando della dimensione spirituale dove la mancanza del corpo cambia di molto
le cose, Agostino dice che quel modo di esistenza è finalizzato essenzialmente alla
santificazione. Ne consegue che i valori dell’umanesimo vi sono trascurati. In attesa di quella
resurrezione finale che li reintegrerà in una con la reintegrazione della corporeità, della
materia, finché perdura la condizione disincarnata si punta più sulla preghiera, sulla tecnica
della meditazione, della concentrazione, della contemplazione a scapito della storia, della
scienza ecc. (125).
Pur in forma diversa, il concetto pare sostanzialmente ribadito in queste parole di Attesa:
Sappi che la saggezza è del mondo. L’amore impera qui. Tutto ciò che è cultura non viene
dal nostro, ma dal sapere terreno (239).
Ne deriva, chiaramente, che i problemi che un’anima deve affrontare nell’altra dimensione
sono di natura ben diversa da quelli nostri; e nulla dice che siano meno ardui, se dobbiamo
prendere sul serio, per esempio, le testimonianze che seguono: Sono in una condizione dove
la terra non dà problemi, dice Belive. E al mio “Beato te!” replica: ...Ma dove un cammino
spirituale è più irto di problemi (336).
Anzi, ci previene Grande Aria: Il lavoro spirituale è qui più pesante di quello terrestre
(212).
La vita ultraterrena delle sfere astrali può arricchire la personalità di coloro che in
definitiva sono destinati a risorgere a vita piena. In rapporto a questa espansione integrale
della personalità tutto può servire di quel che noi impariamo sia sulla terra, sia in quella sfera
dove l’esistenza terrena pur si continua in qualche modo. La vita similterrena delle sfere
astrali va, perciò, fruita per tutto quel che può dare.
A un certo momento va, però, abbandonata. Al di là di un certo limite ogni attaccamento
ad essa è di troppo e finisce per dimostrarsi negativo. E di chiaro impedimento a quel
cammino spirituale-religioso in senso stretto, a quell’itinerario mistico al quale la vita
ultraterrena è finalizzata nella maniera più specifica e propria.
Non tutte le anime si dicono soddisfatte della condizione astrale pur luminosa in cui si
svolge la loro esistenza dominata dalla forma: tante, però, vi si trovano a loro pieno agio.
Entusiasmo autentico è quello che esprimono le parole del defunto pastore serbo, o
macedone, Jansko Pijetor. Egli si trova in una replica astrale della valle in cui è nato e
vissuto. Quando gli faccio sapere che Bettina ed io non siamo disincarnati, bensì ancora vivi
sulla terra, prima appare incredulo, ma poi, persuaso dalla mia insistenza, dice: Non siete qui?
Bene, allora presto venite. “Vuoi farci morire prima del tempo?” Ma la valle è bella,
tranquilla e si sta bene. “Abbiamo un po’ di cose da fare, qui, a meno che la Provvidenza non
disponga altrimenti”. Se devi fare, rimani; ma sbrigati. “E tu quando eri vivo sulla terra avevi
tanta fretta di morire?” No. “Neanche noi abbiamo tanta fretta. E poi, malgrado tutto, l’idea
della morte fa sempre una certa impressione al diretto interessato”. Perché non si sa come stiamo bene.
continua.....
Nessun commento:
Posta un commento