Ma se i morti sono vivi, che genere di vita conducono? Vi sono molte gradazioni e varietà, ma essa è sempre più felice di quella terrena. Come dice un'Antica Scrittura: "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e là nessun tormento può toccarli".
Alla vista dell'ignorante le persone sembrano morire; la loro scomparsa è considerata come una sventura ed il loro allontanarsi da noi come una completa distruzione, ma esse sono in pace.
Liberiamoci dunque da teorie antiquate: chi muore non balza improvvisamente in un cielo impossibile od in un impossibile inferno. Non esiste inferno, nel senso empio della parola, e non esiste inferno in alcun luogo ed in alcun senso, tranne quello che ogni uomo forma per sé stesso.
La morte non porta alcun mutamento all'uomo; essa non lo fa diventare ad un tratto un angelo od un santo né gli conferisce immediatamente la sapienza dei secoli: il giorno dopo la sua morte egli è precisamente lo stesso uomo dei giorno prima, con gli stessi sentimenti, le stesse disposizioni, lo stesso sviluppo intellettuale. La sola differenza è che egli ha perduto il corpo fisico.
E ciò cosa significa?
Significa liberazione da ogni possibilità di dolore o di stanchezza; liberazione da ogni faticoso dovere, libertà completa, forse per la prima volta nella sua vita, di fare precisamente quello che vuole.
Nella vita fisica è legato ed impacciato, a meno che non appartenga a quella piccola minoranza che vive di rendita, e si trova sempre nella necessità di lavorare per guadagnare il denaro necessario per procurarsi il cibo, il vestiario e la casa per sé e per coloro che dipendono da lui. In ben pochi casi, forse quelli dell'artista o del letterato, il lavoro è una gioia, ma la maggior parte degli uomini è costretta ad un lavoro che non farebbe se non fosse spinta dalla necessità.
Nel mondo spirituale non occorre denaro, non occorrono né cibo né vestiti né riparo; il suo splendore e le sue bellezze sono a disposizione di quanti vi dimorano, senza bisogno di comprarli.
Nella materia rarefatta dei corpo spirituale ci si può aggirare liberamente ovunque ed a piacere: chi ama le bellezze delle foreste, dei mare, dei cielo, può a suo piacimento visitare i più pittoreschi paesi della Terra.
Chi ama l'arte può trascorrere il suo tempo nella contemplazione dei capolavori dei più grandi uomini. Chi è amante della musica può assistere alle esecuzioni dei più celebri artisti e delle migliori orchestre dei mondo. Ciascuno può dedicarsi interamente alla soddisfazione dei suoi gusti purché il godimento che desidera sia fra quelli dell'intelletto o dei sentimenti superiori e non abbia bisogno dei corpo fisico per essere appagato.
È quindi evidente che ogni persona rispettabile e ragionevole è infinitamente più felice dopo la morte che non prima, avendo la possibilità non solo di procurarsi i piaceri che desidera, ma anche di fare progressi nelle cose che più lo interessano.
Vi sono infelici nel mondo dell'oltretomba? Sì, vi sono. Poiché quella vita è il seguito inevitabile di questa, ed ogni persona è la stessa di ciò che era prima di abbandonare il proprio corpo fisico e morire, e se i piaceri che essa amava nel mondo materiale erano bassi e grossolani, si troverà nell'altro mondo nell'impossibilità di soddisfare i suoi desideri: il beone soffrirà una sete inestinguibile, non avendo più un corpo con il quale calmarla; il goloso sarà tormentato dalla privazione dei piaceri della tavola; l'avaro non troverà più denaro da accumulare.
Chi si sarà abbandonato in vita a basse passioni le troverà nell'altro mondo come roditrici implacabili: l'uomo sensuale palpiterà ancora di brame che non potrà soddisfare; il geloso sarà lacerato dalla gelosia, ed inoltre non potrà più intromettersi nelle azioni che vorrebbe impedire.
Tutti questi tipi di persone soffrono senza dubbio nell'aldilà, ma soltanto coloro le cui passioni sono state grossolane e fisiche per natura. In ogni caso anche allora essi sono padroni dei loro destino: non devono far altro che vincere le loro basse inclinazioni e subito sono liberati dalle sofferenze che esse procurano loro.
In breve, non esiste ciò che normalmente si chiama punizione, ma solo il risultato naturale di cause messe in moto. Basta togliere la causa per farne cessare l'effetto, non sempre immediatamente, ma non appena si sia esaurita l'energia della causa ecco che anche l'effetto svanisce.
tratto da : http://www.cmseritti.altervista.org/index_file/Page2339.htm
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