venerdì 18 marzo 2011


Dopo anni di ricerche e di lavoro, la dottoressa Elizabeth Kübler-Ross ha una
certezza incrollabile: “Non è una questione di fede o una opinione
personale. La vita dopo la morte esiste senz’ombra di dubbio”.


Mio marito è morto nel settembre 1978, dopo 7 mesi di malattia cancro e
metastasi. Era un uomo meraviglioso, il nostro era un matrimonio molto
felice. Fu curato con la “non medicina” americana. Un blocco renale
accorciò la sua agonia, e la mia.
Non gli sono mai stati dati sedativi di nessuna qualità. Era lucido,
razionale. Negli ultimi tre giorni dormivo su una sdraio accanto a lui. Era in
coma. Gli avevo bagnato la fronte e le labbra con la garza. Poi mi ero
addormentata. Mi ha svegliato mio marito prima di lasciarmi!... Chi gli ha
dato la forza di farlo? Mi ha aleggiato la garza sul viso e con un filo di voce
mi ha detto: “Adriana, la tua mamma (morta da tre anni) mi aiuta ad uscire
da questo corpo schifoso. C’è tanta, tanta luce qui, tanta pace...”. Ed è
morto lasciandomi questo messaggio d’amore, che mi aiuta ad accettare la
vita anche senza di lui.
Adriana P, (La Spezia)


Nel gennaio 1919 mia madre si ammalò e sebbene curata amorevolmente
continuò a peggiorare. Verso le 12 del giorno in cui morì, io ero al suo
capezzale; lei era immobile, sembrava addormentata, ma avevo
l’impressione che non respirasse più. Però dopo poco si mosse, aprì gli
occhi e, con la faccia trasfigurata, meravigliata di vedermi vicino a lei, mi
disse che aveva visto cose meravigliose, grandiose e tanto belle che non
aveva mai visto nulla di simile, e che suo padre e i suoi tre fratelli morti
erano venuti là ad attenderla. Mi abbracciò e spirò serenamente.
Maurilio T. (Savona)


Alcuni giorni prima che la mamma morisse, diceva di vedere il figlio
morto e a noi increduli diceva: “Non lo vedete? È davanti a me che mi
sorride”. Non solo lo vedeva, ma lo chiamava per nome.
Alcune ore prima che la mamma spirasse, sentii bussare alla porta di casa;
con me c’erano mia sorella e il medico e anche loro sentirono bussare. Mi
alzai, sicuro che fossero parenti o amici, ma davanti alla porta non c’era
nessuno. Gli anziani della mia città hanno detto: “Sono i parenti defunti che
si presentano per accogliere fra loro i morenti!”.
Poco tempo dopo l’immatura scomparsa di mio fratello, avvenuta nel 1963
all’età di 34 anni, anch’io l’avevo visto e sentito. Una sera del maggio 1964
ero in cucina con mia madre e mia sorella in attesa di cenare. A un tratto
sentii la voce inconfondibile di mio fratello chiamare: “Mamà! Mamà!
Mamà!”.A tale richiamo provai viva emozione e gli occhi mi si riempirono
di lacrime. Volsi lo sguardo verso i miei familiari: la mamma e mia sorella
avevano anche loro le lacrime agli occhi. Avevano, come me, sentito quella
cara voce.
Pochi mesi dopo ero a letto col mio nipotino di 3 anni, figlio di mio
fratello. Era l’alba e avevo appena aperto gli occhi quando di fronte al letto
vidi mio fratello circondato da una luce argentea. Guardava con aria
soddisfatta verso di me e il figlioletto. La visione durò alcuni secondi...
Giuseppe Pipito, Mistretta (ME)

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