Alcuni anni fa, mentre nel nostro hospice stavo girando su un fianco un paziente per lavargli la schiena, lui mi disse, voltando il viso sopra la spalla: "Sai, non ho mai pensato che fosse cosi!".
lo sono molto sincero con gli altri e così gli ho chiesto: "Come pensavi che fosse?" e lui mi rispose: "Non ci avevo mai pensato". In quel momento capii che questa comprensione per lui rappresentava una sofferenza maggiore del cancro in fase terminale che aveva al polmone.La morte lo aveva afferrato di sorpresa.
Per ciascuno di noi c'è un angolo molto scuro nella nostra mente. E lì, proprio in quell'angolo, c'è una voce che ci dice: "Un giorno morirò".
Il modo in cui diamo ascolto o respingiamo questa voce determina come vivremo le nostre vite. A volte la voce ci parla molto chiaramente, ad esempio quando a stento sfuggiamo a una disgrazia o quando muore qualcuno che conoscevamo.
Invecchiando i capelli si diradano e diventano grigi e le nostre pance più molli
ed è allora che la voce si fa sentire con più frequenza. Man mano che la morte si accumula nella nostra vita,la voce ci parla più spesso.
Quando muore qualcuno che amiamo allora ci urla; ci fa sapere che la nostra vita
non sarà mai più la stessa, ma che è stata alterata per sempre.
La morte è la questione centrale delle nostre vite eppure a mala pena pronunciamo la parola. In America impieghiamo tutta una serie di eufemismi al posto della parola 'morte'.
Le persone non muoiono, se ne vanno o finiscono, come una carta di credito.
Nella vita facciamo piani su tutto: con chi ci sposeremo, dove andremo in vacanza,
quale carriera intraprendere, quanti bambini avere... tutte cose che potranno non
accadere mai. Ma per l'unica cosa certa che ci capiterà non ci prepariamo. E anch'io non sono poi tanto diverso dagli altri.
Ogni giorno lavoro con persone che stanno morendo e ancora ci sono dei giorni in cui penso che a me non capiterà.
Ma molto lentamente. nel corso di questi vent'anni, la morte ha iniziato a richiedere la mia attenzione ed è proprio perché richiama la nostra attenzione che essa ha una tale grazia e un tale potere. In qualche modo galvanizza la nostra attenzione nel momento.
Quando parlo della morte non lo faccio per spaventarci o intristirci ma perché in base alla mia esperienza,stando con persone che stanno morendo e riflettendo quotidianamente sulla morte, ho visto che è il migliore dei modi che conosco per entrare pienamente nella vita. Non conosco nessuna altra cosa che mi mostri a me stesso con la stessa chiarezza
come lo stare accanto a qualcuno che sta morendo.
Quando vediamo la morte da vicino, a portata di mano, proprio sulla punta delle dita, iniziamo a capire qualcosa della vita.
Cominciamo ad apprezzare che ogni cosa cambi: ogni pensiero, ogni relazione, ogni atto
d'amore viene e va.
E una volta compreso questo, non ci attacchiamo più troppo strettamente a ogni cosa. Forse non ci prendiamo più nemmeno troppo sul serio.
E questa qualità coltiva in noi la capacità di cedere, abbandonare e
incoraggia la nostra generosità. Mi sembra strano, ma è vero, che la riflessione sulla morte ci rende più gentili gli uni con gli altri.
Quando si inizia a vedere quanto sia precaria la vita, allora si capisce anche quanto essa sia preziosa e allora non si vuole sprecare nemmeno un momento.
Si desidera vivere pienamente, si vuole dire agli altri che li amiamo sul serio.
FRANK OSTASESKI
Frank Ostaseski è stato il fondatore, nel 1987, dello Zen Hospice Project e oggi ne è l'insegnante guida.
Attraverso il suo insegnamento e i suoi scritti ha introdotto migliaia di persone negli Stati Uniti e in Europa all'esercizio della compassione e della consapevolezza nell'accompagnamento dei morenti.
Tiene regolarmente conferenze e ritiri in varie parti del mondo per chi è impegnato in
attività di assistenza e per chi sta affrontando malattie gravi.
Viene regolarmente in Italia dal 1999.
Attraverso il suo insegnamento e i suoi scritti ha introdotto migliaia di persone negli Stati Uniti e in Europa all'esercizio della compassione e della consapevolezza nell'accompagnamento dei morenti.
Tiene regolarmente conferenze e ritiri in varie parti del mondo per chi è impegnato in
attività di assistenza e per chi sta affrontando malattie gravi.
Viene regolarmente in Italia dal 1999.
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