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Il mio destino non era quello di restare nel Paese dell’Alba. La mia nuova
dimora si trovava nel «Paese del Mattino», dove i miei amici mi accompa-
gnarono. Il Paese era situato oltre la montagna dietro la quale avevo l’abi-
tudine di osservare la luce nascente, che mai si levava totalmente nel Paese
dell’Alba.
Nel Paese del Mattino scoprii che potevo avere una piccola casa, qualco-
sa che avevo guadagnato con i miei sforzi. Ho sempre amato avere un luogo
tutto mio, e quel piccolo cottage mi era molto caro. Il luogo era piacevole e
tranquillo, circondato da colline che si aprivano su praterie coperte di ve-
getazione verde e gialla. Vicino alla mia casa comunque non vi era nessun
albero, nessun cespuglio, nessun fiore sul quale l’occhio potesse posarsi,
perché i miei sforzi non erano ancora sbocciati come fiori. Ma un magnifico
caprifoglio si appoggiava al portico, e il suo profumo giungeva fino alla mia
camera. Era un regalo di Bianca, il risultato dei suoi pensieri puri e amore-
voli, la testimonianza della sua fedeltà.
La mia piccola casa aveva solo due stanze: una per ricevere gli amici e per
studiare, l’altra per riposarmi quando rientravo dal Piano Terrestre, stanco
del mio lavoro. Al suo interno vi erano anche l’immagine di Bianca, circon-
data di rose, e gli altri miei piccoli tesori. All’esterno, il cielo blu risplendeva
di una luce pura e i miei occhi, che avevano tanto desiderato vederlo, vi si
volgevano spesso; la tenera erba verde, dopo i miei viaggi nelle tenebre, mi
sembrava così bella che provavo un profondo sentimento di riconoscenza.
Una voce amorevole mi risvegliò dalle mie fantasticherie. Aprii gli occhi
e vidi mio padre. Quale gioia! La mia felicità raddoppiò quando mi chiese
di andare con lui sulla Terra per mostrare in visione a Bianca la mia casa.
Penso sempre con gioia e fierezza a quella casa nel Mondo Spirituale, la
prima che avessi davvero guadagnato. Quella dove risiedo ora è molto più
elegante, la sfera nella quale ora vivo è molto più bella in ogni aspetto, ma
mai sono stato così felice come quando ricevetti la mia prima casa.
Non cercherò di descrivere tutte le mie attività sul Piano terrestre duran-
te quel periodo; basterà un esempio per tutti.
Per gli spiriti e per i mortali, il tempo passa, e porta dei cambiamenti.
Mentre operavo per aiutare gli altri, imparavo poco alla volta la lezione che
per me era sempre stata così difficile: perdonare i miei nemici e rendere loro
il bene per il male ricevuto. Era stata per me una dura battaglia superare
il mio desiderio di vendetta, o l’auspicare che chi mi aveva fatto dei grandi
torti fosse colpito da una qualche forma di punizione; ed era ancora più
difficile voler fare del bene, di mia spontanea volontà, a quelle persone.
Quando lavoravo sul Piano Terrestre, andavo spesso dal mio peggior ne-
mico. Percepiva inconsciamente la mia presenza, che gli risvegliava il ricor-
do di me. Notavo ogni volta che i suoi pensieri al mio riguardo erano tanto
amari quanto i miei nei suoi confronti. Non sentivamo certo la mancanza
l’uno dell’altro. In visione, vedevo spesso gli avvenimenti passati delle no-
stre vite, oscurati dalle nubi nere dell’odio reciproco. Vedevo, con la mia
nuova conoscenza spirituale, dove avevo sbagliato nei suoi confronti, con
la stessa chiarezza con cui vedevo gli errori del mio nemico. Dopo quelle
visite ritornavo a casa mia, pieno di dispiacere e rimpianto. Ma mi sentivo
sempre incapace di provare null’altro che amarezza verso colui la cui vita
era stata legata alla mia solo per il peggio.
Un giorno in cui mi trovavo vicino a quel mortale, mi accorsi che co-
minciavo a provare un nuovo sentimento, simile alla compassione, perché
anche quella persona sentiva amarezza nel pensare al comune passato. Era
nato in lui il rimpianto di non essere stati legati da un destino diverso da
quello che ci aveva uniti. Nacque così tra noi un’opinione reciproca più fa-
vorevole, che per quanto fragile e sottile, costituiva per me il primo frutto
degli sforzi che facevo per superare la mia ira. Il muro di odio che ci sepa-
rava, e ci rendeva prigionieri l’uno dell’altro, cominciava a crollare. Poi,
proprio come in passato mi era stata offerta l’occasione di fargli del male,
mi fu data quella di fargli del bene. E fu la mia mano – quella che in vita
avevo puntato contro di lui per maledirlo – che lo aiutò.
Il mio nemico non era consapevole della mia presenza e del mio inter-
vento in suo favore, ma sentì vagamente che l’odio tra noi si era spento, e
che valeva la pena ormai di dimenticare qualunque disaccordo. Venne così
il momento in cui fummo in grado di perdonarci reciprocamente, scio-
gliendo per sempre i legami che avevano per così tanto tempo incatenato
l’una all’altra le nostre vite terrene.
Come nel caso del mio amico Benedetto, i nostri spiriti si incontreranno
ancora una volta, quando la morte avrà tagliato il filo della sua vita terre-
na, in modo tale che ognuno possa ottenere il perdono completo dall’al-
tro. Solo allora saremo liberati definitivamente dall’odio e dal rimorso, e
ognuno raggiungerà la rispettiva sfera. Perché l’influenza dei nostri amori
e dei nostri odi terreni sulla nostra anima è molto forte e dura per molto,
molto tempo dopo che la nostra vita sulla Terra ha fine. Ho visto infatti un
gran numero di spiriti legati l’uno all’altro, non dall’amore condiviso, ma
dall’odio reciproco.
tratto da Franchezzo - Un viaggiatore nel mondo dello spirito